domenica 18 marzo 2012

I maestri del fantastico (4) Speciale Tolkien: Gandalf

 

Il Signore degli Anelli e il Silmarillion tra contaminazione e purificazione
di Lavinia Scolari

1. Divinità e personaggi guaritori
Gandalf

Oltre alle divinità salvifiche del Silmarillion, il compito di risanamento e purificazione è condiviso da un altro personaggio centrale nella sub-creazione tolkieniana: Gandalf, messaggero dei Valar e custode della Terra di Mezzo. Questi, nel Signore degli Anelli, si rivela in tutta la sua essenza di guaritore, portatore di salvezza e depositario di antica sapienza.
Il Grigio Pellegrino è di certo lo Stregone più importante delle storie tolkieniane, per certi versi accostabile alla figura mitica di Merlino e di Odino (cfr. NOEL R. S., The mythology of Middle-Earth, Boston 1977, pp. 109 e sgg.). Parte del suo potere gli deriva dall’essere il custode di uno dei Tre Anelli: Narya, l’Anello di Fuoco, che gioca un ruolo importante nella sconfitta del Balrog e che gli permette di respingere l’attacco dei Nazgûl.
Non va trascurato l’elemento dell’Anello di cui è portatore: il fuoco, che è da sempre associato alla forza della purificazione, al sole e al ciclo delle stagioni. La funzione purificatrice e rigeneratrice del fuoco è confermata dall’uso che ne facevano le popolazioni scandinave per consacrare una terra conquistata o in cui ci si stabiliva :“Il fuoco è dunque calore vitale, purificazione, rigenerazione, sublimazione, amore: è perciò fonte di fecondità e di conoscenza illuminante.” (CHIESA ISNARDI G., I Miti Nordici, Milano 1991, 2008, p. 457).
Tornato dal baratro di Moria, rigenerato nel corpo e nell’animo, Gandalf è pronto a far mostra della sua forza purificatrice contro la corruzione che Saruman ha imposto su Re Théoden:
[…] un Uomo, così curvo sotto il peso degli anni da sembrare quasi un Nano; ma i suoi capelli bianchi erano lunghi e folti e scendevano in grandi ciocche sotto un fine cerchietto d’oro che gli cingeva la fronte: nel centro sfavillava un grande diamante bianco. La barba gli scendeva come neve sulle ginocchia, ma i suoi occhi brillavano ancora di una luce ardente che divenne ancor più intensa quand’egli fissò gli stranieri.(J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, ed. it. Milano, Rusconi, 1997, p. 624)
Théoden appare profondamente mutato: ridimensionato nel suo ruolo di re, sminuito nel suo onore, rimpicciolito nel corpo tanto da sembrare un vecchio avvizzito e non il possente sire del Mark e di Rohan. Qualcosa lo incatena nel profondo, lo svuota dentro e lo fa appassire, fiaccandone il vigore, rendendolo vacuo e muto: ormai incapace di governare autonomamente, ma pronto solo a esprimere il pensiero di altri che in sua vece comandano e regnano. Accanto a lui costante è la presenza di due personaggi, significativamente la più fedele e la più infida: Dama Éowyn e Gríma Vermilinguo.
Gandalf è giunto presso uno degli ultimi signori di Uomini per destarlo dal suo sonno e sollevare con lui i Cavalieri di Rohan contro la vera minaccia che imperversa ad est. Nella schermaglia verbale che ha con Gríma, quest’ultimo gli si oppone, paventandone il potere e la saggezza e accusandolo delle sventure abbattutesi sulle terre degli Uomini: la morte prematura del giovane figlio del re, lo spirito ribelle di Éomer, la guerra stessa. Ma Gandalf lo redarguisce con parole severe e solleva il bastone da Stregone, splendendo nelle tenebre.
«Non è poi così buio qui», disse Théoden.
«No», disse Gandalf. «E gli anni non pesano sulle tue spalle come alcuni vorrebbero. Getta via il bastone!».
Dalla mano del Re il nero bordone cadde rumorosamente sulle pietre egli si rizzò, pian piano, come un uomo rigido dal lungo curvarsi su qualche triste e duro lavoro. Infine si eresse alto e dritto, e i suoi occhi blu guardarono il cielo che si apriva.
«Cupi sono stati di recente i miei sogni», disse, «e mi sento come svegliato da poco». (Op. cit., p. 628)
Lo Stregone Bianco riesce a scuotere re Théoden dalla condizione innaturale in cui versava. Questi si risveglia come da oscuri sogni  e la melliflua voce dei suoi nemici è soffocata da quella limpida e tersa di Gandalf:
Gandalf si mise allora a parlare rapidamente; la sua voce era bassa e misteriosa e nessuno oltre il re udì ciò che diceva. Ma a mano a mano che andava avanti, la luce negli occhi di Théoden divenne più intensa, finché il re si levò in tutta la sua statura e, assieme a Gandalf, fece spaziare il suo sguardo da quel posto elevato sino ad oriente. (Op. cit., p. 629)
La potenza della voce di Gandalf è affrancatrice e quasi taumaturgica, capace di purificare dalla parola incantatoria e velenosa inoculata quotidianamente da Vermilinguo. Ma dietro ai malvagi artifici linguistici di Gríma, si celano i disegni di un altro, ben più pericoloso, traditore: Saruman, il padrone di Orthanc, il sapiente decaduto. Il suo maleficio attecchisce in re Théoden tramite l’azione contaminatrice di Vermilinguo capace di pietrificare mente e volontà e assorbire ogni forza vitale fino a rendere il sovrano un uomo invecchiato anzitempo, sfibrato nel corpo e nella volontà.
Ma quella di re Théoden non è l’unica guarigione compiuta da Gandalf. Quando Pipino, dopo aver guardato nel Palantír, giace immobile e rigido come una statua di marmo, lo Stregone accorre in suo soccorso: solo lui ha la forza e le capacità per guarire il Mezzuomo e scuotere via da lui la paralisi innaturale in cui è stato gettato:
Prese la mano di Pipino e curvandosi sul suo viso ne ascoltò il respiro; poi gli posò una mano sulla fronte. L’Hobbit rabbrividì. Gli occhi gli si chiusero; poi, levandosi improvvisamente e fissando attonito i visi intorno a lui, urlò con voce stridula e atona, pallido sotto i raggi di luna. (Op. cit., p. 718)
Gandalf poggia la mano sullo Hobbit per eliminare da lui ogni residuo di Mordor e in tal modo lo libera dal tremendo potere dell’Occhio.
Lo Stregone Bianco si qualifica dunque come attore del ripristino dell’ordine e del suo risanamento: non allo stesso livello della divinità, lontana e a tratti indifferente, ma ad un grado esperienziale più coinvolgente e intenso: la sua conoscenza del male e delle tenebre dalle quali ritorna rigenerato, lo rende un personaggio profondamente umano e straordinariamente eroico.



1 commento:

  1. "Il Signore degli Anelli" e in generale tutta la cosmologia di Tolkien sono tra i miei libri preferiti in assoluto, quindi è un piacere leggere questi approfondimenti... Complimenti all'autrice!

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