venerdì 16 marzo 2012

Il tempio degli Otaku: cinquantacinquesimo appuntamento "Helter Skelter"

 

A cura di Surymae Rossweisse


Salve a tutti, e benvenuti ad una nuova puntata de “Il tempio degli Otaku”. Tempi di grassa per il ciclo “serie che conosciamo solo io ed i loro autori”, perché ecco appena sfornata un'altra parte. Oggi parliamo di un volume conclusivo: ormai ha dieci anni di età  - è del 2003 – ma nelle nostre fumetterie è arrivato da... mai.
Un po' è perché a causa di un incidente stradale (non mortale) in cui rimase coinvolta la mangaka non si potè mai effettuare una revisione finale prima della pubblicazione definitiva, ma soprattutto perché é un titolo senza dubbio difficile come tematiche e come target. A pensarci così su due piedi, infatti, mi vengono in mente pochissime case editrici con la medesima linea editoriale di questo titolo.
Ma adesso questo non importa. L'antipasto è un po' amaro, vero? Beh, aspettate la portata principale, che a qualcuno potrebbe anche risultare indigesta. Fate entrare “Helter Skelter” di Kyoko Okazaki.

Ririko è la classica starlette come ne vediamo a bizzeffe tutti i giorni: bellezza inversamente proporzionale al vero talento, un fidanzamento da sogno che nasconde abitudini che definire “dissolute” è poco. Nessuno sa niente del suo passato, e nemmeno del fatto che il tanto decantato fisico non sia “roba naturale” ma frutto di ingenti interventi chirurgici, tenuti presso una clinica molto speciale.
Entri ora Michiko Hada, l'assistente di Ririko. Dopo mesi di disoccupazione occupare quella posizione è certo un bel salto, ma la ragazza non potrebbe immaginare quanto neanche volendo. Disgrazia vuole che proprio in quel periodo il bel corpo della soubrette cominci letteralmente a sfaldarsi sotto il peso dei troppi interventi. Oltre al corpo anche la sua sanità mentale comincia a cadere a pezzi: ed i suoi primi bersagli saranno proprio Michiko ed il suo fidanzato. La tuttofare non può nemmeno licenziarsi: guai se qualcuno sapesse i segreti della sua principale.
Mentre Ririko perde gradualmente la ragione e Hada rimane invischiata sempre più a fondo nei suoi guai, un giovane avvocato, Asada, si trova ad indagare sulla sopraccitata clinica, che sembra nascondere parecchi scheletri nell'armadio. Le cose si mettono sempre peggio, per la nostra soubrette...

La narrazione multipla, almeno per quanto ho letto finora, non è una modalità molto usata nei manga. Possono capitare qualche vignetta (il classico degli shonen in cui il personaggio secondario osserva dall'esterno la formidabile forza del protagonista) o qualche scena sparsa – se il cast è diviso in vari luoghi – ma in genere non è mai una formula adottata constantemente. Puoi mandarli dove vuoi, ma si deve sempre riunire.
Naturalmente anche in “Helter Skelter” le linee narrative convergono – ad esempio quelle di Ririko e Michiko sono quasi sempre insieme – ma è senza dubbio una modalità coraggiosa per un mezzo espressivo come il manga. A maggior ragione se ci troviamo di fronte ad un volume unico, formato dove purtroppo anche solo una scena di troppo può rovinare l'intera storia.
La Okazaki, forte di un'esperienza ultra ventennale, sa alla perfezione come gestire questa difficile modalità, dando spazio a tutti i personaggi, secondari e primari. Così la vicenda di Ririko è analizzata sotto tutti i punti di vista: di Ririko stessa, che sa fin troppo bene come funziona il mondo delle starlette, di Michiko, che piano piano comincia ad essere coinvolta nella sua spirale discendente; di Asada, che è da un lato consapevole contro quale mostro stia indagando ma, dall'altro, non può fare a meno di esserne affascinato...
… Come tutti noi, del resto. E' come quando al telegiornale trasmettono un fatto di cronaca particolarmente efferato: inorridiamo davanti ai particolari più morbosi, ma allo stesso tempo non riusciamo a non rimanerne coinvolti. Ririko è senza dubbio una figura negativa, eppure affascinante al tempo stesso. E' l'emblema di un sistema marcio, che propone valori vuoti e per modelli di vita persone non certo encomiabili, ma il sapere che gli ingranaggi che contribuisce ad oliare la stanno uccidendo fa sentire male per lei (almeno un po').
Il suo atteggiamento nei confronti di Michiko è inqualificabile: probabilmente un ufficiale di polizia troverebbe pane per i suoi denti nell'analizzare il loro rapporto di “lavoro”. Ma al tempo stesso ci chiediamo cosa diavolo farà stavolta. Certamente non ama il suo fidanzato, ma quando questi la lascia ne rimane ferita, fino a sfociare nella violenza pura.
E' insomma un personaggio contorto, pieno di sfaccettature: non un'eroina, ma neanche un'antagonista al 100%: in una scena la odiamo visceralmente, e in quella successiva proviamo pietà per lei. Non tutti gli antieroi possono vantare di suscitare simili effetti.
Anche tutti gli altri personaggi, comunque, hanno un'ottima introspezione psicologica. Michiko, ad esempio: nel corso dei vari capitoli eccola cadere preda del fascino (anche in senso letterale) della sua datrice di lavoro, fino a perdere più volte il controllo. E' incredibile vederla passare da una ragazza normale, con i piedi per terra, ad una complice che mano a mano viene sempre più a conoscenza dei suoi lati più oscuri, che probabilmente non sapeva nemmeno di avere. Inoltre, la figura della manager di Ririko, da quest'ultima chiamata “mamma”: non fa quasi niente per tutta la storia, ma è interessante comunque vedere il suo ascendente su chi le sta intorno.
Passando da primari a secondari, poi, non si può non citare la sorella della nostra protagonista, Chikako. Quest'ultima è grassa, con un lavoro umile: il contrario di sua sorella, insomma. Ne è affezionatissima, e la loda per il coraggio con cui si è sottoposta agli interventi; anzi, un giorno le piacerebbe diventare come lei. Anche lei esprime un po' quello che pensa la gente comune: si sofferma solo sulla superficie ma non capisce a fondo quanto sia duro il mondo di Ririko e delle starlette come lei.

Il tratto di Kyoko Okazaki è senza dubbio personale: linee scarne, fisionomie semplicissime (Michiko ed Asada a volte si assomigliano pure), retini messi soltanto per delineare l'ambiente, sfondi scarni che spesso si limitano a solo bianco o nero. Le illustrazioni a colori, però, sono diverse: molto più curate, con un uso delle sfumature veramente invidiabile. E' uno stile lontano da quello degli autori più blasonati, a volte anche difficile da farsi piacere: eppure funziona, e risulta anche affascinante. Insomma, un po' come Ririko...

… E' per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!

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