A cura di Surymae Rossweisse
Salve a tutti, e benvenuti ad una
nuova puntata de “Il tempio degli Otaku”. Tempi di grassa per il ciclo “serie che conosciamo solo io ed i loro autori”, perché ecco appena sfornata un'altra
parte. Oggi parliamo di un volume
conclusivo: ormai ha dieci anni di età
- è del 2003 – ma nelle nostre fumetterie è arrivato da... mai.
Un po' è perché a causa di un
incidente stradale (non mortale) in cui rimase coinvolta la mangaka non si potè
mai effettuare una revisione finale prima della pubblicazione definitiva, ma
soprattutto perché é un titolo senza dubbio difficile come tematiche e come
target. A pensarci così su due piedi, infatti, mi vengono in mente pochissime
case editrici con la medesima linea editoriale di questo titolo.
Ma adesso questo non importa. L'antipasto
è un po' amaro, vero? Beh, aspettate la portata principale, che a qualcuno
potrebbe anche risultare indigesta. Fate entrare “Helter Skelter” di Kyoko
Okazaki.
Ririko è la classica starlette come ne vediamo a bizzeffe tutti i
giorni: bellezza inversamente proporzionale al vero talento, un fidanzamento da
sogno che nasconde abitudini che definire “dissolute” è poco. Nessuno sa niente
del suo passato, e nemmeno del fatto che il tanto decantato fisico non sia
“roba naturale” ma frutto di ingenti interventi chirurgici, tenuti presso una
clinica molto speciale.
Entri ora Michiko Hada, l'assistente di Ririko. Dopo mesi di disoccupazione
occupare quella posizione è certo un bel salto, ma la ragazza non potrebbe
immaginare quanto neanche volendo. Disgrazia vuole che proprio in quel periodo il bel corpo della soubrette cominci
letteralmente a sfaldarsi sotto il peso dei troppi interventi. Oltre al
corpo anche la sua sanità mentale comincia a cadere a pezzi: ed i suoi primi
bersagli saranno proprio Michiko ed il suo fidanzato. La tuttofare non può
nemmeno licenziarsi: guai se qualcuno sapesse i segreti della sua principale.
Mentre Ririko perde gradualmente la ragione e Hada rimane invischiata
sempre più a fondo nei suoi guai, un giovane avvocato, Asada, si trova ad indagare sulla sopraccitata clinica, che sembra
nascondere parecchi scheletri nell'armadio. Le cose si mettono sempre peggio,
per la nostra soubrette...
La narrazione multipla, almeno per quanto ho letto finora, non è una
modalità molto usata nei manga. Possono capitare qualche vignetta (il classico
degli shonen in cui il personaggio secondario osserva dall'esterno la
formidabile forza del protagonista) o qualche scena sparsa – se il cast è
diviso in vari luoghi – ma in genere non è mai una formula adottata
constantemente. Puoi mandarli dove vuoi, ma si deve sempre riunire.
Naturalmente anche in “Helter
Skelter” le linee narrative convergono – ad esempio quelle di Ririko e Michiko
sono quasi sempre insieme – ma è senza dubbio una modalità coraggiosa per un
mezzo espressivo come il manga. A maggior ragione se ci troviamo di fronte ad
un volume unico, formato dove purtroppo anche solo una scena di troppo può
rovinare l'intera storia.
… Come tutti noi, del resto. E'
come quando al telegiornale trasmettono un fatto di cronaca particolarmente
efferato: inorridiamo davanti ai particolari più morbosi, ma allo stesso tempo
non riusciamo a non rimanerne coinvolti.
Ririko è senza dubbio una figura negativa, eppure affascinante al tempo stesso.
E' l'emblema di un sistema marcio, che propone valori vuoti e per modelli di
vita persone non certo encomiabili, ma il sapere che gli ingranaggi che
contribuisce ad oliare la stanno uccidendo fa sentire male per lei (almeno un
po').
Il suo atteggiamento nei
confronti di Michiko è inqualificabile: probabilmente un ufficiale di polizia
troverebbe pane per i suoi denti nell'analizzare il loro rapporto di “lavoro”.
Ma al tempo stesso ci chiediamo cosa diavolo farà stavolta. Certamente non ama
il suo fidanzato, ma quando questi la lascia ne rimane ferita, fino a sfociare
nella violenza pura.
E' insomma un personaggio contorto, pieno di sfaccettature: non
un'eroina, ma neanche un'antagonista al 100%: in una scena la odiamo
visceralmente, e in quella successiva proviamo pietà per lei. Non tutti gli
antieroi possono vantare di suscitare simili effetti.
Anche tutti gli altri personaggi,
comunque, hanno un'ottima introspezione
psicologica. Michiko, ad esempio: nel corso dei vari capitoli eccola cadere
preda del fascino (anche in senso letterale) della sua datrice di lavoro, fino
a perdere più volte il controllo. E' incredibile vederla passare da una ragazza
normale, con i piedi per terra, ad una complice che mano a mano viene sempre
più a conoscenza dei suoi lati più oscuri, che probabilmente non sapeva nemmeno
di avere. Inoltre, la figura della manager di Ririko, da quest'ultima chiamata
“mamma”: non fa quasi niente per tutta la storia, ma è interessante comunque
vedere il suo ascendente su chi le sta intorno.
Passando da primari a secondari,
poi, non si può non citare la sorella
della nostra protagonista, Chikako. Quest'ultima è grassa, con un lavoro umile:
il contrario di sua sorella, insomma. Ne è affezionatissima, e la loda per il
coraggio con cui si è sottoposta agli interventi; anzi, un giorno le piacerebbe
diventare come lei. Anche lei esprime un po' quello che pensa la gente comune:
si sofferma solo sulla superficie ma non capisce a fondo quanto sia duro il
mondo di Ririko e delle starlette come lei.
Il tratto di Kyoko Okazaki è
senza dubbio personale: linee scarne,
fisionomie semplicissime (Michiko ed Asada a volte si assomigliano pure),
retini messi soltanto per delineare l'ambiente, sfondi scarni che spesso si
limitano a solo bianco o nero. Le illustrazioni a colori, però, sono diverse:
molto più curate, con un uso delle sfumature veramente invidiabile. E' uno
stile lontano da quello degli autori più blasonati, a volte anche difficile da
farsi piacere: eppure funziona, e risulta anche affascinante. Insomma, un po'
come Ririko...
… E' per oggi è tutto, cari
amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!
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