venerdì 2 novembre 2012

Tra pochi giorni esce in Italia il nuovo libro di McEwan: ecco un estratto



A cura di Lizy

Uscirà il 6 Novembre in Italia “Miele”, il nuovo romanzo di una “divinità” della letteratura inglese quale Ian McEwan. Anche questa volta, l’edizione nostrana (pagine: 368; prezzo: € 20,00) sarà edita Einaudi, che ha curato la traduzione dell’intera opera letteraria dell’acclamato autore di “Espiazione”.
McEwan è stato recentemente protagonista di diversi festival della letteratura, primo tra tutti l’Edimburgh International Book Festival (10-26 Agosto) e, proprio in questi giorni, al Cheltenham Literature Festival organizzato dal Times (5-14 Ottobre), dove ha dichiarato la sua volontà di scrivere il racconto “perfetto”, con la giusta lingua, riaffermando la sua valenza letteraria, sebbene questa forma breve venga stroncata dalla critica moderna.
Durante l’Edimburgh Festival, il Guardian ha dedicato numerose colonne della sua testata online a ricchi approfondimenti sugli ospiti della manifestazione, e tra questi c’era un’interessante articolo che riportava un estratto del nuovo romanzo, per calarci in quella che sarà una spy-story che avrà come protagonista la letteratura stessa. Anche questa volta McEwan affida il ruolo di protagonista ad una donna, Serena Frome, studentessa di matematica decisa a diventare una vera spia durante il periodo della guerra fredda. Viene integrata nel MI5, l’agenzia per la sicurezza e il controspionaggio del Regno Unito, e il suo primo incarico è quello di incontrare un promettente giovane scrittore. Anche questa volta, lo scrittore ha basato il suo romanzo su un caso reale, ossia lo scandalo “Encounter” del 1967, nel quale si scoprì che il direttore di un magazine americano era in realtà dipendente dalla CIA.
Non ci resta che attendere di poter sfogliare il libro o, per i più curiosi, leggere la versione originale uscita in patria il 21 Agosto col titolo “Sweet Tooth”. Godetevi la trama e il primo assaggio di un romanzo che si prospetta davvero accattivante!

Miele – Ian McEwan
Per Serena Frome, bella figlia di un vescovo anglicano, l'avventura sta tutta nei romanzi che divora uno dopo l'altro per sfuggire alla noia. Ma quando l'agenzia d'intelligence britannica MI5 la ingaggia come spia al servizio della guerra fredda, per lei il rischio e la passione si trasferiscono dalla carta alla vita.
«Miele» è il nome in codice dell'operazione cui deve prendere parte, Tom Haley quello del romanziere che ha il compito di adescare. Dovrà avvicinarlo, coprirlo di quattrini e segretamente assoldarlo alla causa dell'Occidente. Dovrà batterlo sul suo stesso terreno, quello della finzione. Non tradirsi. Non fidarsi. E perderà.

Estratto dal romanzo

Fu piacevole prendersi una pausa dalla routine per viaggiare fino a Brighton, in un’insolitamente calda mattina di metà ottobre, attraversare la cavernosa stazione ferroviaria e sentire l'odore dell'aria salmastra e le grida dei gabbiani reali in picchiata sul mare. Mi venne in mente che quella parola l’avevo sentita durante una messinscena estiva dell’Otello di Shakespeare sul prato reale. Un gabbiano. Ero alla ricerca di un gabbiano? Certo che no. Presi un fatiscente treno a tre vagoni per Lewes e scesi alla fermata Falmer per percorrere un quarto di miglio a piedi fino all’edificio di mattoni rossi che ospitava l’Università del Sussex o, come era stato noto alla stampa di altri tempi, il Balliol della costa1. Indossavo una minigonna rossa e una giacca nera a collo alto, tacchi alti neri e una borsa da spalla in pelle lucida bianca con manico corto. Ignorando il dolore ai piedi, mi pavoneggiavo sul lastricato che conduceva all'ingresso principale tra la folla  sprezzante di ragazzi - li ho considerati ragazzi – scialbamente abbigliati con abiti che sembrava fossero avanzati all’esercito, e ancora di più le ragazze con i loro capelli lunghi con la riga centrale, senza trucco e con gonne di tessuto pesante. Alcuni studenti erano a piedi nudi, simpatizzanti, ho pensato, dei contadini di tutti i paesi in via di sviluppo. La stessa parola "campus" mi sembrava un frivolo termine d’importazione statunitense. Quando consapevolmente feci grandi passi verso la creazione di Sir Basil Spence2 in un’ala del Sussex Downs3, ero sconcertata all'idea che avessero aperto una nuova università. Per la prima volta nella mia vita fui orgogliosa della mia formazione a Cambridge e Newnham. Come potrebbe una università seria essere nuova? E come si poteva resistermi nella mia confezione di rosso, bianco e nero, tagliandomi con indifferenza la strada verso la postazione dei portinai, dove avevo intenzione di chiedere indicazioni?

Entrai in quella che era probabilmente un riferimento architettonico ad un quadrato. Era arricchito da giochi d'acqua poco profondi, stagni rettangolari rivestiti da un morbido letto di pietre di fiume. Ma l'acqua era stata tolta per far posto a lattine di birra e involucri di panino. Dalla struttura in mattoni, pietra e vetro davanti a me si udiva un pulsante lamento di musica rock. Riconobbi la graffiante armonia del flauto dei Jethro Tull. Attraverso la finestra di vetro al primo piano, vidi le sagome di alcuni ragazzi, giocatori e spettatori, curvi su un biliardino. Sicuramente si trattava di un’associazione studentesca. Come in tutto il mondo, questi luoghi, erano riservati ad uso esclusivo di zucconi, matematici e chimici per lo più. Le ragazze e gli esteti stavano altrove. Quel primo ingresso nell’università mi fece una cattiva impressione. Affrettai il passo, risentita dal rumore prodotto dalle mie scarpe, simile ad una batteria martellante. Fu come arrivare in prossimità di un campo estivo.
La via lastricata passava sotto l'associazione studentesca e qui entrai dalle porte girevoli di vetro, diretta alla reception. Almeno i portieri in divisa dietro un lungo bancone si mostrarono conviviali - quella razza speciale di uomini con la loro aria di tolleranza stanca, e la certezza di essere i burberi più saggi di quanto tutti gli studenti fossero mai stato. Con la musica in dissolvenza dietro di me, seguii le loro indicazioni, attraversai un ampio spazio aperto, oltrepassai i giganteschi pali in cemento del campo da rugby per entrare nel Dipartimento d’Arte A e uscire fuori dall'altro lato per avvicinarmi al Dipartimento d’Arte B. Non potevano dare un nome più significativo ai loro edifici, quello di un artista o un filosofo? All'interno, girai per un corridoio, notando i biglietti appesi alle porte degli insegnanti. Un foglio di carta recitava: "Il mondo è tutto ciò che è il caso", un manifesto delle Black Panthers, qualcosa in tedesco da Hegel, qualcosa in francese da Merleau-Ponty. Spacconi. Proprio alla fine di un secondo corridoio c’era l’ufficio di Haley. Esitai un attimo prima di bussare.

Ero in un corridoio cieco, in piedi davanti ad una finestra alta e stretta che dava su un giardino quadrato. La luce era tale che potei vedere nitidamente il mio riflesso, così tirai fuori un pettine e rapidamente riordinai i capelli e raddrizzai il colletto. Ero nervosa perché nelle ultime settimane mi ero fatta un’idea tutta mia di Haley, avevo letto i suoi scritti sul sesso e l'inganno, l'orgoglio e il fallimento. Eravamo già in contatto, e sapevo che questo legame stava per consolidarsi o autodistruggersi. Chiunque fosse stato in realtà sarebbe stato una sorpresa e, probabilmente, una delusione. Non appena ci saremmo stretti la mano, l’intimità che sentivo di aver con lui sarebbe andato in retromarcia. Avevo riletto tutti i suoi articoli durante il viaggio verso Brighton. A differenza del romanzo erano ragionevoli, scettici, piuttosto accademici nel tono, come se avesse supposto di scrivere per sciocchi ideologi. L'articolo sulla rivolta della Germania dell’Est del 1953 iniziava con "Nessuno pensi che lo Stato dei Lavoratori ama i suoi lavoratori. In realtà, li odia", ed era stato sprezzante del poema di Brecht sul governo che scaccia sue componenti per eleggerne altre. Il primo impulso di Brecht, secondo Haley, era stato quello di "leccare i piedi" allo Stato tedesco, dando sostegno pubblico alla brutale repressione sovietica degli scioperi. I soldati russi avevano sparato direttamente sulla folla. Senza sapere molto su di lui, avevo sempre pensato che Brecht si fosse schierato con i buoni. Non sapevo se Haley avesse ragione, o fosse solo un modo di conciliare il suo semplice linguaggio giornalistico con l'intimità astuta della finzione romanzesca, e pensai che quando ci saremmo incontrati mi sarebbe stato tutto meno chiaro.

Il pezzo principale dipingeva i romanzieri occidentali tedeschi come deboli codardi per aver ignorato, nella loro produzione letteraria, l’esistenza del Muro di Berlino. Certamente ne detestavano l’esistenza, ma temevano che dichiararlo sarebbe stato come allinearsi con la politica estera americana. Eppure si trattava di un soggetto brillante e necessario, unire la geo-politica con la tragedia personale. Sicuramente, ogni scrittore britannico avrebbe avuto qualcosa da dire su un ipotetico muro di Londra. Avrebbe potuto Norman Mailer ignorare un muro che divideva Washington? Avrebbe Philip Roth preferito non notare che le case di Newark erano state divise in due? I personaggi di John Updike avrebbero potuto cogliere l'opportunità di un buon matrimonio in un New England diviso? Questa coccolata, ultra-sovvenzionata cultura letteraria, protetta dalla  repressione sovietica della Pax Americana, preferì odiare la mano che la  teneva libera. Gli scrittori tedeschi dell’Ovest facevano finta che il Muro non esistesse e quindi avevano perso ogni autorità morale. Il titolo del saggio, pubblicato sull’Index on Censorship4, è  "La trahison des Clercs"5.

Con le mie unghie rosa perlato ho bussato leggermente alla porta e, al suono di un mormorio indistinto, la aprì. Avevo fatto bene ad essermi preparata per la delusione. Una figura esile si alzò dalla scrivania, un po' curva, anche se fece lo sforzo di raddrizzare la schiena mentre si alzava. “Lui” era esile come una ragazzina, con i polsi stretti e la sua mano, non appena la strinsi, mi sembrò più piccola e più morbida della mia. La pelle molto pallida, gli occhi verde scuro, lunghi capelli castano scuro, tagliati in uno stile che somigliava quasi ad un bob. In quei primi secondi mi  chiesi mi fossi persa l’elemento “transessuale” nei suoi scritti. Indossava una camicia senza colletto in flanella bianca puntinata, jeans stretti con una larga cintura e stivali di pelle consumata. Ero confusa da lui. La voce di tale essere delicato era profonda, senza accento regionale, non classificabile.

"Mi faccia spostare queste cose, così che la possa fare accomodare".

Spostò alcuni libri da una poltrona senza braccioli. Pensai, con un pizzico di fastidio, che voleva farmi capire che non si era preparato in alcun modo speciale per il mio arrivo.

"Il suo viaggio è andato bene? Gradisce un caffè?"

Il viaggio è stato piacevole, risposi, e che il caffè non mi andava.

Si sedette alla scrivania e fece ruotare la sedia verso di me, accavallò una caviglia su un ginocchio e con un piccolo sorriso aprì le braccia coi palmi all’insù, in modo interrogativo. "Allora, signorina Frome ..."

"Si fa rima con pennacchio6. Per favore mi chiami Serena."

Piegò la testa da un lato, ripetendo il mio nome. Poi i suoi occhi si posarono dolcemente sui mie in attesa. Notai le sue lunghe ciglia. Avevo studiato così tanto per quel momento che ero sicura di poter ripetere tutto alla perfezione. Abbastanza sicura. Il lavoro della Freedom International, il suo ampio mandato, la sua estesa portata globale, la sua apertura mentale e la mancanza di ideologia. Mi ascoltò, la testa ancora ciondolante, e con uno sguardo di scetticismo divertito, le labbra tremanti un po' come se da un momento all'altro fosse pronto a partecipare o a prendere in consegna le mie parole per migliorarle a modo suo. Indossava l'espressione di un uomo all'ascolto di uno scherzo di lunga durata, anticipando una battuta finale esplosiva con gioia repressa che gonfia e increspa le labbra. Quando nominai gli scrittori e gli artisti che la Fondazione ha aiutato, fantasticai che avesse già letto dalla mia mente quello che avevo da dire e che non avesse alcuna intenzione di darmene l’impressione. Voleva convincermi a fare un passo falso per poter osservare un bugiardo da vicino. Esperienza utile per un nuovo romanzo. Inorridita, scacciai via questo pensiero e tentai di dimenticarlo. Avevo bisogno di concentrarmi. Passai a parlare della fonte della ricchezza della Fondazione. Max aveva pensato che ad Haley andasse detto quanto la Freedom International fosse ricca. Il denaro proveniva da un fondo in dotazione di un’esperta d’arte, vedova di un immigrato bulgaro negli Stati Uniti che aveva fatto la sua fortuna  con l’acquisto e lo sfruttamento dei brevetti negli anni Venti e Trenta. Negli anni successivi alla sua morte, la moglie acquistò dipinti impressionisti dall’Europa martoriata del dopoguerra prima che si sviluppasse una guerra dei prezzi. Nell'ultimo anno della sua vita si era invaghita di un politico che si interessava di cultura, che stava creando la Fondazione. Fu a lui che lasciò la sua e la fortuna del marito per il suo progetto.

Tutto quello che avevo detto fino a quel momento erano fatti, facilmente verificabile. Ora dovetti fare il mio primo tentativo di mentire. "Sarò sincera con lei", dissi. "A volte sento che la Freedom International non ha progetti sufficienti in cui investire il suo denaro."

"Sono lusingato, allora," disse Haley. Forse mi vide arrossire, perché aggiunse "non volevo essere scortese."

"Mi ha frainteso, signor Haley ..."

"Tom".

"Tom. Scusi. Mi sono espressa male. Volevo dire questo: ci sono moltissimi artisti imprigionati o oppressi da governi malsani. Facciamo tutto il possibile per aiutare queste persone e fare in modo che il loro lavoro venga conosciuto. Ma, naturalmente, subire la censura non significa necessariamente che uno scrittore o uno scultore sia bravo. Ad esempio, ci siamo trovati a sostenere un drammaturgo terribile semplicemente perché il suo lavoro in Polonia è vietato. E continueremo a sostenerlo. Abbiamo comprato qualsiasi tipo di rifiuto da parte di un prigioniero ungherese che si dichiara un’impressionista astratto. Così, il comitato direttivo ha deciso di aggiungere un'altra dimensione al portfolio. Vogliamo incoraggiare l'eccellenza ovunque questa si trovi, oppressa o no. Siamo particolarmente interessati ad artisti giovani all'inizio della loro carriera ... "

"E lei quanti anni ha, Serena?" Tom Haley si sporse in avanti con sollecitudine, come se stesse chiedendo di una grave malattia.

Gli risposi. Me lo aveva chiesto per farmi capire che avevo utilizzato un modo di parlare che non era mio. Ed era vero, presa dal nervosismo, avevo usato un distaccato tono ufficiale. Avevo bisogno di rilassarmi, essere meno pomposa, dovevo chiamarlo Tom. Capii che non ero brava in niente di tutto questo. Mi chiese se avessi frequentato l'università. Annuii e gli dissi il nome del mio college.

"In quale materia si è laureata?"

Esitai, inciampai sulle mie parole. Non mi aspettavo mi venisse chiesto, e improvvisamente rispondere “matematica” suonava sospetto e, senza sapere quello che stavo facendo, esclamai "inglese".

Sorrise piacevolmente, apparentemente soddisfatto di trovare un terreno comune. "Suppongo che abbia ottenuto una laurea con menzione di prima classe7…"

"Di seconda, in realtà." Non sapevo quello che stavo dicendo. Dire che avevo ottenuto la menzione di terza classe sembrava qualcosa di vergognoso, ma dire che avevo ottenuto la prima classe avrebbe portato il discorso su un terreno pericoloso. Avevo detto due bugie inutili. E anche male. Per quanto ne sapevo, una telefonata a Newnham avrebbe stabilito non esisteva nessuna Serena Frome laureata in inglese. Non mi aspettavo di subire un interrogatorio. Tanto lavoro per prepararmi al meglio, e alla fine avevo fallito miseramente. Perché Max non aveva pensato di aiutarmi a costruirmi una decente storia personale a tenuta stagna? Mi sentivo agitata e sudata. Immaginai di saltare in piedi senza dire una parola, afferrare la mia borsa e darmi alla fuga.

Tom mi guardò in quel modo tutto suo, tra il gentile e l’ironico. "La mia ipotesi è che si aspettava una prima classe. Ad ogni modo, non c’è nulla di sbagliato nella seconda classe".

"Sono rimasta deluso," dissi, recuperando un po' "C'era questo, um, forte, um ..."

"Peso dell’aspettativa altrui?"

I nostri occhi si incontrarono per un frangente più lungo di due o tre secondi, poi distolse lo sguardo. Avendo letto di lui, conoscevo fin troppo bene ogni angolo della sua mente, per cui feci fatica a guardarlo negli occhi per molto tempo. Lasciai che il mio sguardo cadesse sotto il suo mento e notai una catenella d'argento al collo.

"Così, mi stavi dicendo, scrittori all'inizio della loro carriera." Stava consapevolmente recitando la parte del dirigente amichevole che induce una nervosa candidata a continuare a parlare durante il colloquio di selezione. Sapevo che dovevo tornare ad avere il controllo della conversazione.

Ripresi "Guardi, signor Haley ..."

"Tom".

"Non voglio sprecare il suo prezioso tempo. Ci è stato indicato da persone esperte nel settore. Ci hanno pensato a lungo. A loro piacciono i suoi articoli, e amano i suoi racconti. Li amano sul serio. La speranza è ... "

"E lei? Li ha letti?"

"Certo".

"E che cosa ha pensato?"

"Io sono solo un messaggero. Quello che penso è irrilevante".

"È 'importante per me. Che cosa hai fatto di loro?"

La camera sembrò scurirsi. Guardai oltre la sua figura, fuori dalla finestra. C'era una striscia di erba e l'angolo di un altro edificio. Vidi una stanza come quella in cui eravamo, dove era in corso una lezione. Una ragazza non molto più giovane di me stava leggendo ad alta voce il suo saggio. Al suo fianco c’era un ragazzo con una giacca bomber, il mento barbuto poggiato su una mano, che annuiva saggiamente. Il professore si voltò verso di me. Spostai il mio sguardo indietro nella nostra stanza, chiedendomi se non stessi esagerando con quella pausa significativa. I nostri occhi si incontrarono di nuovo e mi costrinsi a tener duro. Uno strano verde scuro, ciglia lunghe come quelle dei bambini e folte sopracciglia nere. Ma ci fu esitazione nel suo sguardo: stava per distoglierlo, e questa volta il potere era passato a me.

Dissi molto tranquillamente: "Io penso che siano assolutamente brillanti".

Si ritrasse come se qualcuno lo avesse colpito al petto, al cuore, e respirò come se stesse per ridere. Fece per parlare, ma non riuscì a trovare le parole. Mi fissò, in attesa, sperando che continuassi, che gli dicessi di più di quello che pensavo di lui e del suo talento, ma mi trattenni. Pensai che le mie parole avessero troppo potere per lasciare che questo si diluisse. E non ero sicura di potermi fidare abbastanza da lasciarmi andare a commenti più profondi. La formalità che avevo mostrato aveva rivelato un suo segreto imbarazzante. Era riuscita a captare la sua sete di affermazione, di essere elogiato, tutte cose che avrei potuto dire. Pensai che nulla fosse più importante per lui. I suoi racconti probabilmente erano passati inosservati tra la critica, al di là di un ringraziamento di routine e un colpetto sulla spalla da qualche editore. Era probabile che nessuno, non un estraneo almeno, avesse mai giudicato un suo romanzo brillante. Ora si stava metabolizzando quelle parole e rendendosi conto che aveva sempre sospettato fosse così. Gli avevo regalato una notizia stupenda. Come avrebbe potuto dire di esser bravo, finché qualcuno non glielo avesse confermato? Ora sapeva che era vero e mi era grato.

Quando riprese a parlare, quel momento aulico si spezzò e la camera riprese i suoi colori di sempre "Ce n’è uno che ti è piaciuto particolarmente?"

Non fu altro che una stupida domanda imbarazzata che avevo dettato volontariamente alla sua vulnerabilità. "Sono tutti notevole", dissi. "Ma quello sui due gemelli, ‘This is Love’, è il più ambizioso. Ho pensato che avesse la stoffa per essere un grande romanzo. Un romanzo di speranza e sentimento. E Jean è un personaggio meraviglioso, così insicuro, distruttivo e seducente. Si tratta di un bellissimo racconto. Ha mai pensato di trasformarlo in un romanzo, cioè, ampliarlo un po'? "

Mi guardò incuriosito. "No, non ho mai pensato di ampliarlo." Sentir ripetere in modo impassibile le mie parole mi allarmò.

"Mi dispiace, è stato sciocco da parte mia ..."

"È la lunghezza che volevo. Circa quindicimila parole. Ma sono contento che le sia piaciuto."

Sardonico e scherzoso, mi sorrise e mi fece capire che era tutto apposto, ma il mio vantaggio su di lui si era affievolito. Non avevo mai sentito quantificare una storia in modo così tecnico. La mia ignoranza sembrò diventare un peso per la mia parlantina.

Continuai "E ‘Lovers’, l'uomo con il manichino, era così strano e del tutto convincente, ha spiazzato tutti". Ora era permesso dire bugie. "Abbiamo due professori e due noti recensori in squadra. Vedono migliaia di testi nuovi. Avrebbe dovuto vedere l'emozione con la quale hanno partecipato all'ultima riunione. Onestamente, Tom, non riuscivano a smettere di parlare dei suoi racconti. Per la prima volta il voto è stato unanime. "

Il suo sorriso svanì. I suoi occhi avevano uno sguardo vitreo, come se lo avessi ipnotizzato. Lo avevo colpito nel profondo.

"Bene" disse, scuotendo la testa per uscire dalla trance. "Tutto questo è molto piacevole. Che altro posso dire?" Poi ha aggiunto: "Chi sono i due critici?"

"Dobbiamo rispettare il loro anonimato, temo".

"Capisco".

Si allontanò da me per un attimo e sembrava perso in qualche pensiero privato. Poi disse: "Allora, che cosa è che  mi sta offrendo, e che cosa vuole da me?"

"Posso rispondere con una domanda? Cosa farà quando avrà concluso il dottorato?"

"Sono impegnato di diversi lavori didattici, incluso uno qui."

"A tempo pieno?"

"Sì".

"Vorremmo darle la possibilità di non doversi occupare del suo lavoro. Così potrà concentrarsi su ciò che scrive, anche alla saggistica, se vuole".

Mi chiese quanto denaro gli offrivo e risposi. Mi chiese per quanto tempo avrebbe lavorato e gli dissi "Diciamo per due o tre anni."

"E se non produco nulla?"

"Rimarremmo delusi e passeremmo ad altro. Ma non le chiederemo di restituirci il denaro".

Incassò la risposta e chiese: "E volete i diritti su quello che scriverò?"

"No. E non le chiederemo di farci vedere il suo lavoro. Non ha nemmeno bisogno di conoscerci tutti. La Fondazione pensa che lei sia un talento unico e straordinario. Se i suoi racconti e i suoi saggi verranno scritti, pubblicati e letti, allora saremo felici. Quando la sua carriera sarà lanciata e sarà in grado di auto-pubblicarsi, allora usciremo dalla sua vita. Avremo raggiunto i termini del nostro contratto. "

Si alzò, fece il giro dall'altra parte della scrivania e si fermò davanti alla finestra, dandomi la schiena. Si passò una mano tra i capelli e mormorò qualcosa sibilando un respiro, qualcosa come ‘Ridicolo’, o forse, ‘Basta con queste scemenze’. Stava guardando verso la stessa stanza che avevo adocchiato io prima. Ora il ragazzo con la barba stava leggendo il suo saggio, mentre il suo compagno d’ esercitazione guardava davanti a sé, con sguardo vacuo. Stranamente, il professore stava parlando al telefono.

Tom tornò alla sua sedia e incrociò le braccia. Il suo sguardo era diretto oltre la mia spalla e le sue labbra era sigillate. Sentivo che stava per fare una seria obiezione.

Dissi "Pensaci per un giorno o due, parlane con un amico... Pensaci bene".

Egli disse: "Il fatto è che ..." poi si interruppe. Guardò la lampada e continuò. "È questo. Ogni giorno penso a questo problema. Non ho più nulla di più importante a cui pensare. Mi tiene sveglio la notte. Sempre gli stessi quattro passaggi. Uno, voglio scrivere un romanzo. Due, sono cagionevole. Tre, sono riuscito ad ottenere un posto di lavoro. Quattro, il lavoro ucciderà la mia  scrittura. Non riesco a vedere il modo di uscirne. Nessuna via d’uscita. Poi una donna bella giovane bussa alla mia porta e mi offre una grossa pensione in cambio di nulla. È troppo bello per essere vero. La cosa mi insospettisce ".

"Tom, lei fa sembrare più semplice di quanto non lo sia in realtà. Non è passivo in questa vicenda. La prima mossa è sua. Lei ha scritto queste storie brillanti. A Londra la gente sta cominciando a parlare di lei. In quale altro modo saremmo potuti arrivare a lei? Ha fatto la sua fortuna con il talento e il duro lavoro".

Il sorriso ironico, la faccia di bronzo – avevo fatto centro.

Disse: "Mi piace quando dice ‘brillante’".

"Bene. Brillante, geniale, brillante." Afferrai la mia borsa per terra e tirai fuori la brochure della Fondazione. "Questo è il lavoro che facciamo. Può venire in ufficio in Upper Regent Street e parlare con gli impiegati. Le piaceranno".

"Ci sarà anche lei?"

"Io dipendo dalla Word Unpenned. Lavoriamo a stretto contatto con la Freedom International e sono loro che stanno investendo il loro denaro. Ci aiutano a trovare gli artisti. Viaggio molto e lavoro da casa. Tuttavia, tutti i messaggi che giungono per me all’ufficio della Fondazione mi vengono girati".

Guardò l'orologio e si alzò, così feci anch'io. Ero una giovane donna ligia al dovere, determinata a realizzare ciò che ci si aspettava da me. Volevo che Haley accettasse subito, prima di pranzo, di venir mantenuto da noi. Volevo dare la notizia per telefono a Max nel pomeriggio e la mattina seguente speravo di ricevere una nota di congratulazioni da Peter Nutting, senza enfasi, senza firma, scritta da qualcun altro, ma davvero importante per me.

"Non le sto chiedendo di impegnarsi in qualcosa adesso" dissi, sperando non si notasse che lo stavo supplicando. "Lei non è legato a niente. Mi basta che mi dia il suo benestare e io organizzo il suo pagamento mensile. Ho solo bisogno delle sue coordinate bancarie."

Benestare? Non avevo mai usato quella parola nella mia vita. Sbatté le palpebre in segno di assenso, ma non per i soldi, quanto al senso generico di quello che avevo detto. Eravamo a meno di sei piedi di distanza. La sua vita era sottile e attraverso la camicia in disordine in camicia intravidi un lembo di pelle e peluria sopra il suo ombelico.

"Grazie," disse "ci penserò molto attentamente. Sarò a Londra venerdì. Così potrà visitare i vostri uffici".

"Bene allora" dissi e sporsi la mano. Lui la prese, ma non me la strinse. Prese le mie dita nel suo palmo e le accarezzò con il pollice, un solo passaggio lento. Solo quello, un passaggio, e nel frattempo mi guardò fisso. Quando stavo per scostare via la mia mano, ho lasciato che il mio pollice scorresse lungo tutta la lunghezza del dito indice. Penso che fosse sul punto di avvicinarsi quando udimmo un forte e ridicolmente animoso bussare alla porta. Si allontanò da me ed esclamò "Avanti". La porta si aprì e rivelò due ragazze, i capelli biondi con la riga centrale, l’abbronzatura sbiadita, ai piedi con le unghia dipinte dei sandali, braccia nude, sorriso dolce, insopportabilmente belle. La quantità di libri e carte che avevano sotto braccio era qualcosa di inconcepibile per me.

"Ah," disse Tom. "La nostra lezione su ‘Faerie Queene’".

Gli ero vicina, a poca distanza dalla porta  "Quello non l’ho letto" dissi.

Si mise a ridere, e le due ragazze si unirono, come se avessi fatto una battuta molto simpatica. Probabilmente non mi avevano creduto.


Note di traduzione

1 Il Balliol è un college dell’università di Oxford, forse tra i più antichi, fondato nel 1263 da un gruppo di accademici scozzesi.
2 Sir Basil Spence fu un importante architetto del Novecento.
3 Il Sussex Downs è il college dove si trova Serena.
4 L’Index on Censorship è un organizzazione editoriale che si vigila sulla libertà d’espressione. Pubblica un suo giornale nel Regno Unito.
5 “Il tradimento degli impiegati”.
6 La rima si perde nella traduzione, e per assonanza, in originale, è “Frome, plume”.
7 Il sistema delle lauree nel Regno Unito è diverso da quello italiano, dove è possibile ottenere solo la lode come menzione. La laurea britannica è distinta per gradi e menzioni: i gradi possono essere ordinari o con distinzioni ("honours"), i gradi con distinzioni sono più difficili e con più corsi e durano di solito 3 anni (360 crediti, 1 credito ogni 10 ore). Sono segnalati dall'aggiunta di (Hons) dopo il diminutivo del diploma, ad es. "BSc (Hons)". Le menzioni associate a tali gradi sono: prima classe (First-class, abbreviazione: 1st), seconda classe superiore (Upper Second, abbreviazione: 2.1), seconda classe inferiore (Lower Second, abbreviazione: 2.2), terza classe (Third Class, abbreviazione: 3rd). [fonte: Wikipedia]


Ian McEwan
Ian McEwan è nato nel 1948 ad Aldershott e vive a Londra. È autore di due raccolte di racconti: Primo amore, ultimi riti e Fra le lenzuola; un libro per ragazzi: L'inventore di sogni; un libretto d'opera: For You. Ha pubblicato il saggio Blues della fine del mondo e i romanzi: Il giardino di cemento, Cortesie per gli ospiti, Bambini nel tempo, Lettera a Berlino, Cani neri, L'amore fatale, L'inventore di sogni, Amsterdam, Espiazione, Sabato, Chesil Beach e Solar.
Tutti i suoi libri sono stati pubblicati in Italia da Einaudi.

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