A cura di Lizy
Uscirà il 6 Novembre in Italia “Miele”,
il nuovo romanzo di una “divinità” della letteratura inglese quale Ian McEwan. Anche
questa volta, l’edizione nostrana (pagine:
368; prezzo: € 20,00) sarà edita Einaudi,
che ha curato la traduzione dell’intera opera letteraria dell’acclamato autore
di “Espiazione”.
McEwan è stato recentemente
protagonista di diversi festival della letteratura, primo tra tutti l’Edimburgh International Book Festival
(10-26 Agosto) e, proprio in questi giorni, al Cheltenham Literature Festival organizzato dal Times (5-14 Ottobre), dove ha dichiarato la sua volontà di scrivere
il racconto “perfetto”, con la giusta
lingua, riaffermando la sua valenza letteraria, sebbene questa forma breve
venga stroncata dalla critica moderna.
Durante l’Edimburgh Festival, il Guardian ha dedicato numerose colonne
della sua testata online a ricchi approfondimenti sugli ospiti della
manifestazione, e tra questi c’era un’interessante articolo che riportava un estratto del nuovo romanzo, per calarci in quella che sarà una spy-story che avrà come
protagonista la letteratura stessa. Anche questa volta McEwan affida il ruolo
di protagonista ad una donna, Serena Frome, studentessa di matematica decisa a
diventare una vera spia durante il periodo della guerra fredda. Viene integrata
nel MI5, l’agenzia per la sicurezza e il controspionaggio del Regno Unito, e il
suo primo incarico è quello di incontrare un promettente giovane scrittore.
Anche questa volta, lo scrittore ha basato il suo romanzo su un caso reale,
ossia lo scandalo “Encounter” del 1967, nel quale si scoprì che il direttore di
un magazine americano era in realtà dipendente dalla CIA.
Non ci resta che attendere di
poter sfogliare il libro o, per i più curiosi, leggere la versione originale
uscita in patria il 21 Agosto col titolo “Sweet
Tooth”. Godetevi la trama e il primo assaggio di un romanzo che si
prospetta davvero accattivante!
Miele – Ian McEwan
Per Serena Frome, bella figlia di
un vescovo anglicano, l'avventura sta tutta nei romanzi che divora uno dopo
l'altro per sfuggire alla noia. Ma quando l'agenzia d'intelligence britannica
MI5 la ingaggia come spia al servizio della guerra fredda, per lei il rischio e
la passione si trasferiscono dalla carta alla vita.
«Miele» è il nome in codice
dell'operazione cui deve prendere parte, Tom Haley quello del romanziere che ha
il compito di adescare. Dovrà avvicinarlo, coprirlo di quattrini e segretamente
assoldarlo alla causa dell'Occidente. Dovrà batterlo sul suo stesso terreno,
quello della finzione. Non tradirsi. Non fidarsi. E perderà.
Estratto dal romanzo
Fu piacevole prendersi una pausa
dalla routine per viaggiare fino a Brighton, in un’insolitamente calda mattina
di metà ottobre, attraversare la cavernosa stazione ferroviaria e sentire
l'odore dell'aria salmastra e le grida dei gabbiani reali in picchiata sul
mare. Mi venne in mente che quella parola l’avevo sentita durante una
messinscena estiva dell’Otello di Shakespeare sul prato reale. Un gabbiano. Ero
alla ricerca di un gabbiano? Certo che no. Presi un fatiscente treno a tre
vagoni per Lewes e scesi alla fermata Falmer per percorrere un quarto di miglio
a piedi fino all’edificio di mattoni rossi che ospitava l’Università del Sussex
o, come era stato noto alla stampa di altri tempi, il Balliol della costa1.
Indossavo una minigonna rossa e una giacca nera a collo alto, tacchi alti neri
e una borsa da spalla in pelle lucida bianca con manico corto. Ignorando il
dolore ai piedi, mi pavoneggiavo sul lastricato che conduceva all'ingresso
principale tra la folla sprezzante di
ragazzi - li ho considerati ragazzi – scialbamente abbigliati con abiti che
sembrava fossero avanzati all’esercito, e ancora di più le ragazze con i loro
capelli lunghi con la riga centrale, senza trucco e con gonne di tessuto
pesante. Alcuni studenti erano a piedi nudi, simpatizzanti, ho pensato, dei
contadini di tutti i paesi in via di sviluppo. La stessa parola
"campus" mi sembrava un frivolo termine d’importazione statunitense. Quando
consapevolmente feci grandi passi verso la creazione di Sir Basil Spence2
in un’ala del Sussex Downs3, ero sconcertata all'idea che avessero
aperto una nuova università. Per la prima volta nella mia vita fui orgogliosa
della mia formazione a Cambridge e Newnham. Come potrebbe una università seria
essere nuova? E come si poteva resistermi nella mia confezione di rosso, bianco
e nero, tagliandomi con indifferenza la strada verso la postazione dei portinai,
dove avevo intenzione di chiedere indicazioni?
Entrai in quella che era
probabilmente un riferimento architettonico ad un quadrato. Era arricchito da
giochi d'acqua poco profondi, stagni rettangolari rivestiti da un morbido letto
di pietre di fiume. Ma l'acqua era stata tolta per far posto a lattine di birra
e involucri di panino. Dalla struttura in mattoni, pietra e vetro davanti a me si
udiva un pulsante lamento di musica rock. Riconobbi la graffiante armonia del
flauto dei Jethro Tull. Attraverso la finestra di vetro al primo piano, vidi le
sagome di alcuni ragazzi, giocatori e spettatori, curvi su un biliardino. Sicuramente
si trattava di un’associazione studentesca. Come in tutto il mondo, questi
luoghi, erano riservati ad uso esclusivo di zucconi, matematici e chimici per
lo più. Le ragazze e gli esteti stavano altrove. Quel primo ingresso nell’università
mi fece una cattiva impressione. Affrettai il passo, risentita dal rumore
prodotto dalle mie scarpe, simile ad una batteria martellante. Fu come arrivare
in prossimità di un campo estivo.
La via lastricata passava sotto
l'associazione studentesca e qui entrai dalle porte girevoli di vetro, diretta
alla reception. Almeno i portieri in divisa dietro un lungo bancone si
mostrarono conviviali - quella razza speciale di uomini con la loro aria di
tolleranza stanca, e la certezza di essere i burberi più saggi di quanto tutti
gli studenti fossero mai stato. Con la musica in dissolvenza dietro di me,
seguii le loro indicazioni, attraversai un ampio spazio aperto, oltrepassai i
giganteschi pali in cemento del campo da rugby per entrare nel Dipartimento d’Arte
A e uscire fuori dall'altro lato per avvicinarmi al Dipartimento d’Arte B. Non
potevano dare un nome più significativo ai loro edifici, quello di un artista o
un filosofo? All'interno, girai per un corridoio, notando i biglietti appesi
alle porte degli insegnanti. Un foglio di carta recitava: "Il mondo è
tutto ciò che è il caso", un manifesto delle Black Panthers, qualcosa in
tedesco da Hegel, qualcosa in francese da Merleau-Ponty. Spacconi. Proprio alla
fine di un secondo corridoio c’era l’ufficio di Haley. Esitai un attimo prima
di bussare.
Ero in un corridoio cieco, in
piedi davanti ad una finestra alta e stretta che dava su un giardino quadrato.
La luce era tale che potei vedere nitidamente il mio riflesso, così tirai fuori
un pettine e rapidamente riordinai i capelli e raddrizzai il colletto. Ero nervosa
perché nelle ultime settimane mi ero fatta un’idea tutta mia di Haley, avevo
letto i suoi scritti sul sesso e l'inganno, l'orgoglio e il fallimento. Eravamo
già in contatto, e sapevo che questo legame stava per consolidarsi o autodistruggersi.
Chiunque fosse stato in realtà sarebbe stato una sorpresa e, probabilmente, una
delusione. Non appena ci saremmo stretti la mano, l’intimità che sentivo di
aver con lui sarebbe andato in retromarcia. Avevo riletto tutti i suoi articoli
durante il viaggio verso Brighton. A differenza del romanzo erano ragionevoli,
scettici, piuttosto accademici nel tono, come se avesse supposto di scrivere
per sciocchi ideologi. L'articolo sulla rivolta della Germania dell’Est del
1953 iniziava con "Nessuno pensi che lo Stato dei Lavoratori ama i suoi
lavoratori. In realtà, li odia", ed era stato sprezzante del poema di Brecht
sul governo che scaccia sue componenti per eleggerne altre. Il primo impulso di
Brecht, secondo Haley, era stato quello di "leccare i piedi" allo
Stato tedesco, dando sostegno pubblico alla brutale repressione sovietica degli
scioperi. I soldati russi avevano sparato direttamente sulla folla. Senza
sapere molto su di lui, avevo sempre pensato che Brecht si fosse schierato con
i buoni. Non sapevo se Haley avesse ragione, o fosse solo un modo di conciliare
il suo semplice linguaggio giornalistico con l'intimità astuta della finzione
romanzesca, e pensai che quando ci saremmo incontrati mi sarebbe stato tutto
meno chiaro.
Il pezzo principale dipingeva i
romanzieri occidentali tedeschi come deboli codardi per aver ignorato, nella
loro produzione letteraria, l’esistenza del Muro di Berlino. Certamente ne detestavano
l’esistenza, ma temevano che dichiararlo sarebbe stato come allinearsi con la
politica estera americana. Eppure si trattava di un soggetto brillante e
necessario, unire la geo-politica con la tragedia personale. Sicuramente, ogni
scrittore britannico avrebbe avuto qualcosa da dire su un ipotetico muro di
Londra. Avrebbe potuto Norman Mailer ignorare un muro che divideva Washington? Avrebbe
Philip Roth preferito non notare che le case di Newark erano state divise in
due? I personaggi di John Updike avrebbero potuto cogliere l'opportunità di un
buon matrimonio in un New England diviso? Questa coccolata, ultra-sovvenzionata
cultura letteraria, protetta dalla repressione sovietica della Pax Americana,
preferì odiare la mano che la teneva
libera. Gli scrittori tedeschi dell’Ovest facevano finta che il Muro non esistesse
e quindi avevano perso ogni autorità morale. Il titolo del saggio, pubblicato sull’Index
on Censorship4, è "La
trahison des Clercs"5.
Con le mie unghie rosa perlato ho
bussato leggermente alla porta e, al suono di un mormorio indistinto, la aprì. Avevo
fatto bene ad essermi preparata per la delusione. Una figura esile si alzò
dalla scrivania, un po' curva, anche se fece lo sforzo di raddrizzare la
schiena mentre si alzava. “Lui” era esile come una ragazzina, con i polsi
stretti e la sua mano, non appena la strinsi, mi sembrò più piccola e più
morbida della mia. La pelle molto pallida, gli occhi verde scuro, lunghi
capelli castano scuro, tagliati in uno stile che somigliava quasi ad un bob. In
quei primi secondi mi chiesi mi fossi persa
l’elemento “transessuale” nei suoi scritti. Indossava una camicia senza
colletto in flanella bianca puntinata, jeans stretti con una larga cintura e
stivali di pelle consumata. Ero confusa da lui. La voce di tale essere delicato
era profonda, senza accento regionale, non classificabile.
"Mi faccia spostare queste
cose, così che la possa fare accomodare".
Spostò alcuni libri da una poltrona
senza braccioli. Pensai, con un pizzico di fastidio, che voleva farmi capire
che non si era preparato in alcun modo speciale per il mio arrivo.
"Il suo viaggio è andato
bene? Gradisce un caffè?"
Il viaggio è stato piacevole,
risposi, e che il caffè non mi andava.
Si sedette alla scrivania e fece
ruotare la sedia verso di me, accavallò una caviglia su un ginocchio e con un
piccolo sorriso aprì le braccia coi palmi all’insù, in modo interrogativo.
"Allora, signorina Frome ..."
"Si fa rima con pennacchio6.
Per favore mi chiami Serena."
Piegò la testa da un lato, ripetendo
il mio nome. Poi i suoi occhi si posarono dolcemente sui mie in attesa. Notai
le sue lunghe ciglia. Avevo studiato così tanto per quel momento che ero sicura
di poter ripetere tutto alla perfezione. Abbastanza sicura. Il lavoro della
Freedom International, il suo ampio mandato, la sua estesa portata globale, la
sua apertura mentale e la mancanza di ideologia. Mi ascoltò, la testa ancora
ciondolante, e con uno sguardo di scetticismo divertito, le labbra tremanti un
po' come se da un momento all'altro fosse pronto a partecipare o a prendere in
consegna le mie parole per migliorarle a modo suo. Indossava l'espressione di
un uomo all'ascolto di uno scherzo di lunga durata, anticipando una battuta
finale esplosiva con gioia repressa che gonfia e increspa le labbra. Quando
nominai gli scrittori e gli artisti che la Fondazione ha aiutato, fantasticai
che avesse già letto dalla mia mente quello che avevo da dire e che non avesse
alcuna intenzione di darmene l’impressione. Voleva convincermi a fare un passo falso
per poter osservare un bugiardo da vicino. Esperienza utile per un nuovo
romanzo. Inorridita, scacciai via questo pensiero e tentai di dimenticarlo.
Avevo bisogno di concentrarmi. Passai a parlare della fonte della ricchezza
della Fondazione. Max aveva pensato che ad Haley andasse detto quanto la Freedom
International fosse ricca. Il denaro proveniva da un fondo in dotazione di
un’esperta d’arte, vedova di un immigrato bulgaro negli Stati Uniti che aveva
fatto la sua fortuna con l’acquisto e lo
sfruttamento dei brevetti negli anni Venti e Trenta. Negli anni successivi alla
sua morte, la moglie acquistò dipinti impressionisti dall’Europa martoriata del
dopoguerra prima che si sviluppasse una guerra dei prezzi. Nell'ultimo anno
della sua vita si era invaghita di un politico che si interessava di cultura,
che stava creando la Fondazione. Fu a lui che lasciò la sua e la fortuna del
marito per il suo progetto.
Tutto quello che avevo detto fino
a quel momento erano fatti, facilmente verificabile. Ora dovetti fare il mio
primo tentativo di mentire. "Sarò sincera con lei", dissi. "A
volte sento che la Freedom International non ha progetti sufficienti in cui
investire il suo denaro."
"Sono lusingato,
allora," disse Haley. Forse mi vide arrossire, perché aggiunse "non
volevo essere scortese."
"Mi ha frainteso, signor
Haley ..."
"Tom".
"Tom. Scusi. Mi sono
espressa male. Volevo dire questo: ci sono moltissimi artisti imprigionati o
oppressi da governi malsani. Facciamo tutto il possibile per aiutare queste
persone e fare in modo che il loro lavoro venga conosciuto. Ma, naturalmente, subire
la censura non significa necessariamente che uno scrittore o uno scultore sia
bravo. Ad esempio, ci siamo trovati a sostenere un drammaturgo terribile semplicemente
perché il suo lavoro in Polonia è vietato. E continueremo a sostenerlo. Abbiamo
comprato qualsiasi tipo di rifiuto da parte di un prigioniero ungherese che si
dichiara un’impressionista astratto. Così, il comitato direttivo ha deciso di
aggiungere un'altra dimensione al portfolio. Vogliamo incoraggiare l'eccellenza
ovunque questa si trovi, oppressa o no. Siamo particolarmente interessati ad artisti
giovani all'inizio della loro carriera ... "
"E lei quanti anni ha,
Serena?" Tom Haley si sporse in avanti con sollecitudine, come se stesse chiedendo
di una grave malattia.
Gli risposi. Me lo aveva chiesto
per farmi capire che avevo utilizzato un modo di parlare che non era mio. Ed
era vero, presa dal nervosismo, avevo usato un distaccato tono ufficiale. Avevo
bisogno di rilassarmi, essere meno pomposa, dovevo chiamarlo Tom. Capii che non
ero brava in niente di tutto questo. Mi chiese se avessi frequentato l'università.
Annuii e gli dissi il nome del mio college.
"In quale materia si è
laureata?"
Esitai, inciampai sulle mie
parole. Non mi aspettavo mi venisse chiesto, e improvvisamente rispondere “matematica”
suonava sospetto e, senza sapere quello che stavo facendo, esclamai
"inglese".
Sorrise piacevolmente, apparentemente
soddisfatto di trovare un terreno comune. "Suppongo che abbia ottenuto una
laurea con menzione di prima classe7…"
"Di seconda, in
realtà." Non sapevo quello che stavo dicendo. Dire che avevo ottenuto la
menzione di terza classe sembrava qualcosa di vergognoso, ma dire che avevo ottenuto
la prima classe avrebbe portato il discorso su un terreno pericoloso. Avevo
detto due bugie inutili. E anche male. Per quanto ne sapevo, una telefonata a
Newnham avrebbe stabilito non esisteva nessuna Serena Frome laureata in
inglese. Non mi aspettavo di subire un interrogatorio. Tanto lavoro per
prepararmi al meglio, e alla fine avevo fallito miseramente. Perché Max non
aveva pensato di aiutarmi a costruirmi una decente storia personale a tenuta
stagna? Mi sentivo agitata e sudata. Immaginai di saltare in piedi senza dire
una parola, afferrare la mia borsa e darmi alla fuga.
Tom mi guardò in quel modo tutto
suo, tra il gentile e l’ironico. "La mia ipotesi è che si aspettava una
prima classe. Ad ogni modo, non c’è nulla di sbagliato nella seconda classe".
"Sono rimasta deluso,"
dissi, recuperando un po' "C'era questo, um, forte, um ..."
"Peso dell’aspettativa
altrui?"
I nostri occhi si incontrarono
per un frangente più lungo di due o tre secondi, poi distolse lo sguardo.
Avendo letto di lui, conoscevo fin troppo bene ogni angolo della sua mente, per
cui feci fatica a guardarlo negli occhi per molto tempo. Lasciai che il mio
sguardo cadesse sotto il suo mento e notai una catenella d'argento al collo.
"Così, mi stavi dicendo, scrittori
all'inizio della loro carriera." Stava consapevolmente recitando la parte
del dirigente amichevole che induce una nervosa candidata a continuare a
parlare durante il colloquio di selezione. Sapevo che dovevo tornare ad avere
il controllo della conversazione.
Ripresi "Guardi, signor
Haley ..."
"Tom".
"Non voglio sprecare il suo
prezioso tempo. Ci è stato indicato da persone esperte nel settore. Ci hanno
pensato a lungo. A loro piacciono i suoi articoli, e amano i suoi racconti. Li
amano sul serio. La speranza è ... "
"E lei? Li ha letti?"
"Certo".
"E che cosa ha
pensato?"
"Io sono solo un messaggero.
Quello che penso è irrilevante".
"È 'importante per me. Che
cosa hai fatto di loro?"
La camera sembrò scurirsi. Guardai
oltre la sua figura, fuori dalla finestra. C'era una striscia di erba e
l'angolo di un altro edificio. Vidi una stanza come quella in cui eravamo, dove
era in corso una lezione. Una ragazza non molto più giovane di me stava
leggendo ad alta voce il suo saggio. Al suo fianco c’era un ragazzo con una giacca
bomber, il mento barbuto poggiato su una mano, che annuiva saggiamente. Il professore
si voltò verso di me. Spostai il mio sguardo indietro nella nostra stanza,
chiedendomi se non stessi esagerando con quella pausa significativa. I nostri
occhi si incontrarono di nuovo e mi costrinsi a tener duro. Uno strano verde
scuro, ciglia lunghe come quelle dei bambini e folte sopracciglia nere. Ma ci
fu esitazione nel suo sguardo: stava per distoglierlo, e questa volta il potere
era passato a me.
Dissi molto tranquillamente:
"Io penso che siano assolutamente brillanti".
Si ritrasse come se qualcuno lo avesse
colpito al petto, al cuore, e respirò come se stesse per ridere. Fece per
parlare, ma non riuscì a trovare le parole. Mi fissò, in attesa, sperando che continuassi,
che gli dicessi di più di quello che pensavo di lui e del suo talento, ma mi
trattenni. Pensai che le mie parole avessero troppo potere per lasciare che
questo si diluisse. E non ero sicura di potermi fidare abbastanza da lasciarmi
andare a commenti più profondi. La formalità che avevo mostrato aveva rivelato
un suo segreto imbarazzante. Era riuscita a captare la sua sete di
affermazione, di essere elogiato, tutte cose che avrei potuto dire. Pensai che nulla
fosse più importante per lui. I suoi racconti probabilmente erano passati inosservati
tra la critica, al di là di un ringraziamento di routine e un colpetto sulla spalla
da qualche editore. Era probabile che nessuno, non un estraneo almeno, avesse
mai giudicato un suo romanzo brillante. Ora si stava metabolizzando quelle
parole e rendendosi conto che aveva sempre sospettato fosse così. Gli avevo regalato
una notizia stupenda. Come avrebbe potuto dire di esser bravo, finché qualcuno non
glielo avesse confermato? Ora sapeva che era vero e mi era grato.
Quando riprese a parlare, quel
momento aulico si spezzò e la camera riprese i suoi colori di sempre "Ce
n’è uno che ti è piaciuto particolarmente?"
Non fu altro che una stupida domanda
imbarazzata che avevo dettato volontariamente alla sua vulnerabilità.
"Sono tutti notevole", dissi. "Ma quello sui due gemelli, ‘This is
Love’, è il più ambizioso. Ho pensato che avesse la stoffa per essere un grande
romanzo. Un romanzo di speranza e sentimento. E Jean è un personaggio
meraviglioso, così insicuro, distruttivo e seducente. Si tratta di un
bellissimo racconto. Ha mai pensato di trasformarlo in un romanzo, cioè, ampliarlo
un po'? "
Mi guardò incuriosito. "No,
non ho mai pensato di ampliarlo." Sentir ripetere in modo impassibile le
mie parole mi allarmò.
"Mi dispiace, è stato sciocco
da parte mia ..."
"È la lunghezza che volevo. Circa
quindicimila parole. Ma sono contento che le sia piaciuto."
Sardonico e scherzoso, mi sorrise
e mi fece capire che era tutto apposto, ma il mio vantaggio su di lui si era
affievolito. Non avevo mai sentito quantificare una storia in modo così tecnico.
La mia ignoranza sembrò diventare un peso per la mia parlantina.
Continuai "E ‘Lovers’,
l'uomo con il manichino, era così strano e del tutto convincente, ha spiazzato
tutti". Ora era permesso dire bugie. "Abbiamo due professori e due
noti recensori in squadra. Vedono migliaia di testi nuovi. Avrebbe dovuto
vedere l'emozione con la quale hanno partecipato all'ultima riunione.
Onestamente, Tom, non riuscivano a smettere di parlare dei suoi racconti. Per
la prima volta il voto è stato unanime. "
Il suo sorriso svanì. I suoi
occhi avevano uno sguardo vitreo, come se lo avessi ipnotizzato. Lo avevo
colpito nel profondo.
"Bene" disse, scuotendo
la testa per uscire dalla trance. "Tutto questo è molto piacevole. Che
altro posso dire?" Poi ha aggiunto: "Chi sono i due critici?"
"Dobbiamo rispettare il loro
anonimato, temo".
"Capisco".
Si allontanò da me per un attimo
e sembrava perso in qualche pensiero privato. Poi disse: "Allora, che cosa
è che mi sta offrendo, e che cosa vuole
da me?"
"Posso rispondere con una
domanda? Cosa farà quando avrà concluso il dottorato?"
"Sono impegnato di diversi
lavori didattici, incluso uno qui."
"A tempo pieno?"
"Sì".
"Vorremmo darle la possibilità
di non doversi occupare del suo lavoro. Così potrà concentrarsi su ciò che
scrive, anche alla saggistica, se vuole".
Mi chiese quanto denaro gli
offrivo e risposi. Mi chiese per quanto tempo avrebbe lavorato e gli dissi
"Diciamo per due o tre anni."
"E se non produco
nulla?"
"Rimarremmo delusi e passeremmo
ad altro. Ma non le chiederemo di restituirci il denaro".
Incassò la risposta e chiese:
"E volete i diritti su quello che scriverò?"
"No. E non le chiederemo di
farci vedere il suo lavoro. Non ha nemmeno bisogno di conoscerci tutti. La
Fondazione pensa che lei sia un talento unico e straordinario. Se i suoi
racconti e i suoi saggi verranno scritti, pubblicati e letti, allora saremo
felici. Quando la sua carriera sarà lanciata e sarà in grado di auto-pubblicarsi,
allora usciremo dalla sua vita. Avremo raggiunto i termini del nostro contratto.
"
Si alzò, fece il giro dall'altra
parte della scrivania e si fermò davanti alla finestra, dandomi la schiena. Si
passò una mano tra i capelli e mormorò qualcosa sibilando un respiro, qualcosa
come ‘Ridicolo’, o forse, ‘Basta con queste scemenze’. Stava guardando verso la
stessa stanza che avevo adocchiato io prima. Ora il ragazzo con la barba stava
leggendo il suo saggio, mentre il suo compagno d’ esercitazione guardava
davanti a sé, con sguardo vacuo. Stranamente, il professore stava parlando al
telefono.
Tom tornò alla sua sedia e
incrociò le braccia. Il suo sguardo era diretto oltre la mia spalla e le sue
labbra era sigillate. Sentivo che stava per fare una seria obiezione.
Dissi "Pensaci per un giorno
o due, parlane con un amico... Pensaci bene".
Egli disse: "Il fatto è che
..." poi si interruppe. Guardò la lampada e continuò. "È questo. Ogni
giorno penso a questo problema. Non ho più nulla di più importante a cui
pensare. Mi tiene sveglio la notte. Sempre gli stessi quattro passaggi. Uno,
voglio scrivere un romanzo. Due, sono cagionevole. Tre, sono riuscito ad
ottenere un posto di lavoro. Quattro, il lavoro ucciderà la mia scrittura. Non riesco a vedere il modo di
uscirne. Nessuna via d’uscita. Poi una donna bella giovane bussa alla mia porta
e mi offre una grossa pensione in cambio di nulla. È troppo bello per essere
vero. La cosa mi insospettisce ".
"Tom, lei fa sembrare più
semplice di quanto non lo sia in realtà. Non è passivo in questa vicenda. La
prima mossa è sua. Lei ha scritto queste storie brillanti. A Londra la gente
sta cominciando a parlare di lei. In quale altro modo saremmo potuti arrivare a
lei? Ha fatto la sua fortuna con il talento e il duro lavoro".
Il sorriso ironico, la faccia di
bronzo – avevo fatto centro.
Disse: "Mi piace quando dice
‘brillante’".
"Bene. Brillante, geniale,
brillante." Afferrai la mia borsa per terra e tirai fuori la brochure
della Fondazione. "Questo è il lavoro che facciamo. Può venire in ufficio
in Upper Regent Street e parlare con gli impiegati. Le piaceranno".
"Ci sarà anche lei?"
"Io dipendo dalla Word
Unpenned. Lavoriamo a stretto contatto con la Freedom International e sono loro
che stanno investendo il loro denaro. Ci aiutano a trovare gli artisti. Viaggio
molto e lavoro da casa. Tuttavia, tutti i messaggi che giungono per me
all’ufficio della Fondazione mi vengono girati".
Guardò l'orologio e si alzò, così
feci anch'io. Ero una giovane donna ligia al dovere, determinata a realizzare
ciò che ci si aspettava da me. Volevo che Haley accettasse subito, prima di
pranzo, di venir mantenuto da noi. Volevo dare la notizia per telefono a Max
nel pomeriggio e la mattina seguente speravo di ricevere una nota di congratulazioni
da Peter Nutting, senza enfasi, senza firma, scritta da qualcun altro, ma davvero
importante per me.
"Non le sto chiedendo di
impegnarsi in qualcosa adesso" dissi, sperando non si notasse che lo stavo
supplicando. "Lei non è legato a niente. Mi basta che mi dia il suo
benestare e io organizzo il suo pagamento mensile. Ho solo bisogno delle sue
coordinate bancarie."
Benestare? Non avevo mai usato
quella parola nella mia vita. Sbatté le palpebre in segno di assenso, ma non
per i soldi, quanto al senso generico di quello che avevo detto. Eravamo a meno
di sei piedi di distanza. La sua vita era sottile e attraverso la camicia in
disordine in camicia intravidi un lembo di pelle e peluria sopra il suo
ombelico.
"Grazie," disse "ci
penserò molto attentamente. Sarò a Londra venerdì. Così potrà visitare i vostri
uffici".
"Bene allora" dissi e sporsi
la mano. Lui la prese, ma non me la strinse. Prese le mie dita nel suo palmo e le
accarezzò con il pollice, un solo passaggio lento. Solo quello, un passaggio, e
nel frattempo mi guardò fisso. Quando stavo per scostare via la mia mano, ho
lasciato che il mio pollice scorresse lungo tutta la lunghezza del dito indice.
Penso che fosse sul punto di avvicinarsi quando udimmo un forte e ridicolmente
animoso bussare alla porta. Si allontanò da me ed esclamò "Avanti". La
porta si aprì e rivelò due ragazze, i capelli biondi con la riga centrale, l’abbronzatura
sbiadita, ai piedi con le unghia dipinte dei sandali, braccia nude, sorriso
dolce, insopportabilmente belle. La quantità di libri e carte che avevano sotto
braccio era qualcosa di inconcepibile per me.
"Ah," disse Tom. "La
nostra lezione su ‘Faerie Queene’".
Gli ero vicina, a poca distanza
dalla porta "Quello non l’ho letto"
dissi.
Si mise a ridere, e le due
ragazze si unirono, come se avessi fatto una battuta molto simpatica.
Probabilmente non mi avevano creduto.
Note di traduzione
1 Il Balliol è un
college dell’università di Oxford, forse tra i più antichi, fondato nel 1263 da
un gruppo di accademici scozzesi.
2 Sir Basil Spence fu
un importante architetto del Novecento.
3 Il Sussex Downs è il
college dove si trova Serena.
4 L’Index on
Censorship è un organizzazione editoriale che si vigila sulla libertà
d’espressione. Pubblica un suo giornale nel Regno Unito.
5 “Il tradimento degli
impiegati”.
6 La rima si perde
nella traduzione, e per assonanza, in originale, è “Frome, plume”.
7 Il sistema delle
lauree nel Regno Unito è diverso da quello italiano, dove è possibile ottenere
solo la lode come menzione. La laurea britannica è distinta per gradi e
menzioni: i gradi possono essere ordinari o con distinzioni
("honours"), i gradi con distinzioni sono più difficili e con più
corsi e durano di solito 3 anni (360 crediti, 1 credito ogni 10 ore). Sono
segnalati dall'aggiunta di (Hons) dopo il diminutivo del diploma, ad es.
"BSc (Hons)". Le menzioni associate a tali gradi sono: prima classe
(First-class, abbreviazione: 1st), seconda classe superiore (Upper Second,
abbreviazione: 2.1), seconda classe inferiore (Lower Second, abbreviazione:
2.2), terza classe (Third Class, abbreviazione: 3rd). [fonte: Wikipedia]
Ian McEwan
Ian McEwan è nato nel 1948 ad
Aldershott e vive a Londra. È autore di due raccolte di racconti: Primo amore,
ultimi riti e Fra le lenzuola; un libro per ragazzi: L'inventore di sogni; un
libretto d'opera: For You. Ha pubblicato il saggio Blues della fine del mondo e
i romanzi: Il giardino di cemento, Cortesie per gli ospiti, Bambini nel tempo,
Lettera a Berlino, Cani neri, L'amore fatale, L'inventore di sogni, Amsterdam,
Espiazione, Sabato, Chesil Beach e Solar.
Tutti i suoi libri sono stati
pubblicati in Italia da Einaudi.
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per aver condiviso la tua opinione!