sabato 10 novembre 2012

Recensione: “I racconti del finanziere” di Ernesto Giuseppe Ammerata


A cura di Surymae Rossweisse

Nell'ambito dell'auto pubblicazione, la tecnica del print-on-demand occupa un posto di rilievo. In teoria, è tempo di dire addio alle pile di copie invendute: viene stampata una copia soltanto quando c'è un'effettiva richiesta, abbattendo perciò i costi. Ma come in tutte le cose, c'è anche il rovescio della medaglia: l'agenzia di print-on-demand si occupa della stampa, ma chi controlla gli altri aspetti della pubblicazione del romanzo, come selezione delle bozze, editing, impaginazione/rilegatura?  Youcanprint assicura di curare la realizzazione passaggio per passaggio, offrendo assistenza anche fisica agli aspiranti autori, ma non sempre le buone intenzioni riescono a concretizzarsi. Sembra essere il caso de “I racconti del finanziere” di Ernesto Giuseppe Ammerata.

I racconti del finanziere – Ernesto Giuseppe Ammerata

A cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale, il finanziere Ernesto viene inviato, per brevi periodi, da un paesino all’altro della provincia italiana.
In ogni piccolo e sperduto comune in cui si troverà, Ernesto vivrà avventure rocambolesche e oniriche. Incontrerà personaggi singolari e s’imbatterà in storie d’amore, d’amicizia e follia. Crispano, Aprigliano, San Lorenzo e Porto Ceresio sono i luoghi che gli faranno conoscere Don Stellario e la sua potenza insuperabile, Enrico e la profezia del sagrestano, la bruna fatina dalla voce suadente, e la bella Alilde Belfiore con la sua storia triste.








Voto

Tra la prima e la seconda guerra mondiale, tra sogno e realtà, tra grandi città e paesini, si muove il finanziere Ernesto, con le sue esperienze e quelle delle persone a lui vicino, racchiuse in questi brevi racconti.
Senza dubbio è una premessa interessante, non priva di potenzialità: la modalità narrativa del racconto è la scelta migliore per l'economia del libro, l'ambientazione offre numerosi spunti di riflessione, e di tanto in tanto è piacevole immergersi in delle storie che affondano le radici in un passato quasi rassicurante.
Tuttavia Ammerata non riesce a sfruttare niente di tutto questo. I racconti, alla lunga, diventano ripetitivi, sia per tematiche che per svolgimento: e per una buona metà di questi Ernesto ha soltanto un ruolo di narratore, al punto che non viene nemmeno chiamato per nome. Per quanto riguarda l'ambientazione, l'unica cosa certa è che non siamo ai giorni nostri. Se non fosse stato per la sinossi non avrei mai saputo che ci troviamo tra i due conflitti mondiali, perché non viene mai dato un riferimento storico preciso, a parte in un racconto in cui si festeggia il capodanno: per il resto, nessuna menzione di eventi storici – e di cose ce ne sarebbero da dire... - e nemmeno di tecnologie o usanze particolari.
“Le radici del passato” a dire il vero sono più presenti. E' infatti probabile che dietro molti di questi racconti ci siano state storie realmente accadute, magari proprio ad Ernesto – nonno dell'autore, come affettuosamente ricordato. Vengono inoltre spesso citati direttamente testi come canzoni popolari, poesie, o addirittura la Bibbia.

Purtroppo nessun racconto spicca sulla media, a parte il primo, più ironico, con un lieve accenno di quegli argomenti – e stereotipi - che monopolizzeranno la scena in seguito. E' un tema ricorrente quello della donna angelica, dalla bellezza “indescrivibile” (cit.), la cui unica funzione è quella di innamorarsi del protagonista di turno. Ma la storia d'amore è minacciata da una profezia funesta – il secondo argomento – la quale si avvererà nel più tragico dei modi. Alla fine della raccolta si è perso il conto di tutte le volte che questo scenario si è verificato: tuttavia Ernesto non si accorge mai della sciagura incombente fino a quando è troppo tardi, e in ogni racconto l'affronta come se non l'avesse già vissuta – persino in prima persona! - ormai svariate volte.

Un'altra causa dello scarso coinvolgimento emotivo durante la lettura risiede nei personaggi. Come già detto, Ernesto non ha alcuna importanza nell'economia nella storia: anche quando finalmente verremo a sapere il suo nome e la sua professione, non si distinguerà da coloro di cui ha narrato le vicende in precedenza. Forse non è un'esagerazione dire che tutto il cast sia sempre uguale, senza alcun guizzo personale. Le donne sono immacolate, buone, care, e belle, bellissime: uniche due eccezioni sono una che all'inizio sembra odiare il protagonista (ma naturalmente è tutta scena) e un'altra, che commette il peccato mortale di essere brutta. Questa empietà non passerà inosservata ad Ernesto, che le infliggerà la giusta punizione giocando con i suoi sentimenti – esce con lei perché la sua migliore amica è la ragazza di cui è realmente innamorato – e la umilierà dicendole di aver pregato Dio di non doverla sposare. Caratterialmente questa donna non ha nulla di diverso dalle altre comprimarie, trattate con tutti gli onori, ma del resto non si possono perdonare così gravi mancanze. Ci sarebbe molto da dire sulle implicazioni di questa scelta narrativa, ma è meglio non spostarsi dal terreno neutro dell'ironia.
I personaggi maschili non hanno neanche la bellezza esteriore, e quindi ancor meno spessore. Uno dei protagonisti di un racconto all'improvviso comincia “a dare segni di squilibrio mentale”, senza nessuna spiegazione sul come e perché, ed anzi liquidata a due righe due alla fine di una sequenza.

Vorrei potervi parlare dello stile di scrittura dell'autore, adesso, ma è imprescindibile da un altro aspetto: la formattazione. Nell'introduzione vi avevo accennato che la casa editrice cura personalmente l'editing del testo, corregge le bozze, ecc. Purtroppo, però, non lo fa in maniera sufficiente, perché “I racconti del finanziere” hanno una qualità molto, molto bassa. Badate bene, non sto parlando della storia, ma di come è scritta graficamente. Tanto per cominciare, sono presenti ad inizio capitolo delle immagini, scelta non proprio felice quando si vuole garantire la professionalità di un prodotto.
La prima cosa che si nota del testo vero e proprio è il carattere: dall'andatura sgradevolmente altalenante – come se si stesse leggendo uno scritto a mano – e, alla lunga, faticoso da leggere. I dialoghi non sono introdotti dalle classiche virgolette, bensì dal corsivo, che più di una volta prosegue anche dopo la fine delle battute. Infine, sono presenti tanti errori di battitura e di grammatica: cambi di tempi verbali all'interno della stessa sequenza ed addirittura, in almeno un'occasione, di soggetto.
Non è una parola professionale per una recensione, ma è quella giusta: tutto questo è inaccettabile. Inaccettabile per il lettore, che paga per avere un prodotto altamente deficitario. Ma soprattutto, inaccettabile per l'autore, che ha investito tempo, passione – e nel caso di Ammerata – ricordi a lui cari per ritrovarsi così poco in mano.
Lo stile di scrittura, comunque, non è molto personale, ed ha diverse pecche, come la carenza cronica di mostrato (una donna è sempre “di una bellezza indescrivibile”, ma non ci viene mai spiegato cos'abbia di così bello). Le scene ed i racconti vengono interrotti bruscamente, quasi troncati. Di positivo, però, c'è da segnalare qualche metafora originale, come qualcosa che cresce “bello come un amore” o il rumore delle scarpe bagnate di pioggia rapportato alle note musicali.

“I racconti del finanziere” è un'opera che avrebbe avuto bisogno di tempo per crescere: Ammerata avrebbe avuto bisogno di tempo per affinare le sue capacità tecniche, e ci sarebbe stato bisogno anche di tempo per rivedere il manoscritto prima della sua pubblicazione, e curarne i diversi aspetti. Così com'è, purtroppo, è molto al di sotto della sufficienza; e soprattutto, molto al di sotto delle sue vere potenzialità.

2 commenti:

  1. Sono in parziale disaccordo con quanto scritto sulla recensione, di questo libro, devo dire che io al momento ho letto solo due dei racconti riportati nel libro "I racconti del finanziere", e uno dei due mi ha colpito più che positivamente.
    Collegandomi al sito dell'autore, ho avuto la possibilità di leggere gratuitamente uno dei cinque racconti, che nel libro è intitolato, le sedici bare di san lucido, mentre nel sito dell'autore è intitolato la profezia.
    Ho letto questo racconto tutto d'un fiato. Mi ha letteralmente trasportato in un mondo che non esiste più, ma che ricordo molto bene, quando contavano le buone maniere, i comportamenti, l'educazione.
    Ho sentito forte la nostalgia e l'affetto per quella vita e quelle sensazioni che erano rimaste là, nella mia memoria, semidimenticate.
    Il racconto della tragedia è tuttavia sfumato in una colorazione tenue, dolce, come un sussurro... Bravo! I miei complimenti al maresciallo che non c'è più!
    Dicevo che sono in disaccordo parzialmente, nel senso che mi trovo invece d'accordo quando si dice nella recensione, che poteva essere impaginato meglio e alcuni errori di battitura potevano e dovevano essere evitati, per dare un maggior lustro alla casa di selfpublishing e supportare meglio l'autore che ha impiegato tempo per i suoi racconti.
    Un'altra cosa che mi trova in disaccordo sulla recensione, è l'ambientazione temporale, si dice che no c'è alcun riferimento temporale, ma questo non è vero, assolutamente, proprio nel racconto la ciocca insaguinata, l'autore agli inizi del racconto dice chiaramente di trovarsi in servizio durante la seconda guerra mondiale.
    Tuttavia altri riferimenti più precisi che magari potevano essere inseriti, effetivamente mancano.

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  2. Ciao Elisabetta, grazie per aver commentato!
    Effettivamente, durante la lettura, potrebbero essermi sfuggiti dei riferimenti temporali, quindi faccio mea culpa. Non posso nemmeno negare l'aria del "mondo che non esiste più", che è effettivamente palpabile, ad esempio in tutte le citazioni della Bibbia e di poeti locali. Tuttavia, il problema è nel libro nel suo insieme, i cui racconti sono - a mio parere - troppo ripetitivi, visto che in fondo trattano tutti degli stessi argomenti. Uno va bene, ma quando il numero si alza allora si comincia a sentire la monotonia del tutto. La formattazione, poi, è la "ciliegina sulla torta". Grazie comunque per il commento! :)

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