A cura di Surymae Rossweisse
Nell'ambito dell'auto
pubblicazione, la tecnica del print-on-demand occupa un posto di rilievo. In
teoria, è tempo di dire addio alle pile di copie invendute: viene stampata una
copia soltanto quando c'è un'effettiva richiesta, abbattendo perciò i costi. Ma
come in tutte le cose, c'è anche il rovescio della medaglia: l'agenzia di
print-on-demand si occupa della stampa, ma chi controlla gli altri aspetti
della pubblicazione del romanzo, come selezione delle bozze, editing,
impaginazione/rilegatura? Youcanprint
assicura di curare la realizzazione passaggio per passaggio, offrendo
assistenza anche fisica agli aspiranti autori, ma non sempre le buone
intenzioni riescono a concretizzarsi. Sembra essere il caso de “I racconti del
finanziere” di Ernesto Giuseppe Ammerata.
I racconti del finanziere – Ernesto Giuseppe Ammerata
A cavallo tra la prima e la
seconda guerra mondiale, il finanziere Ernesto viene inviato, per brevi
periodi, da un paesino all’altro della provincia italiana.
In ogni piccolo e sperduto comune
in cui si troverà, Ernesto vivrà avventure rocambolesche e oniriche. Incontrerà
personaggi singolari e s’imbatterà in storie d’amore, d’amicizia e follia.
Crispano, Aprigliano, San Lorenzo e Porto Ceresio sono i luoghi che gli faranno
conoscere Don Stellario e la sua potenza insuperabile, Enrico e la profezia del
sagrestano, la bruna fatina dalla voce suadente, e la bella Alilde Belfiore con
la sua storia triste.
Voto:
Tra la prima e la seconda guerra
mondiale, tra sogno e realtà, tra grandi città e paesini, si muove il
finanziere Ernesto, con le sue esperienze e quelle delle persone a lui vicino,
racchiuse in questi brevi racconti.
Senza dubbio è una premessa
interessante, non priva di potenzialità: la modalità narrativa del racconto è
la scelta migliore per l'economia del libro, l'ambientazione offre numerosi
spunti di riflessione, e di tanto in tanto è piacevole immergersi in delle
storie che affondano le radici in un passato quasi rassicurante.
Tuttavia Ammerata non riesce a
sfruttare niente di tutto questo. I racconti, alla lunga, diventano ripetitivi,
sia per tematiche che per svolgimento: e per una buona metà di questi Ernesto
ha soltanto un ruolo di narratore, al punto che non viene nemmeno chiamato per
nome. Per quanto riguarda l'ambientazione, l'unica cosa certa è che non siamo
ai giorni nostri. Se non fosse stato per la sinossi non avrei mai saputo che ci
troviamo tra i due conflitti mondiali, perché non viene mai dato un riferimento
storico preciso, a parte in un racconto in cui si festeggia il capodanno: per
il resto, nessuna menzione di eventi storici – e di cose ce ne sarebbero da
dire... - e nemmeno di tecnologie o usanze particolari.
“Le radici del passato” a dire il
vero sono più presenti. E' infatti probabile che dietro molti di questi
racconti ci siano state storie realmente accadute, magari proprio ad Ernesto –
nonno dell'autore, come affettuosamente ricordato. Vengono inoltre spesso
citati direttamente testi come canzoni popolari, poesie, o addirittura la
Bibbia.
Purtroppo nessun racconto spicca
sulla media, a parte il primo, più ironico, con un lieve accenno di quegli
argomenti – e stereotipi - che monopolizzeranno la scena in seguito. E' un tema
ricorrente quello della donna angelica, dalla bellezza “indescrivibile” (cit.),
la cui unica funzione è quella di innamorarsi del protagonista di turno. Ma la
storia d'amore è minacciata da una profezia funesta – il secondo argomento – la
quale si avvererà nel più tragico dei modi. Alla fine della raccolta si è perso
il conto di tutte le volte che questo scenario si è verificato: tuttavia
Ernesto non si accorge mai della sciagura incombente fino a quando è troppo
tardi, e in ogni racconto l'affronta come se non l'avesse già vissuta – persino
in prima persona! - ormai svariate volte.
Un'altra causa dello scarso
coinvolgimento emotivo durante la lettura risiede nei personaggi. Come già
detto, Ernesto non ha alcuna importanza nell'economia nella storia: anche
quando finalmente verremo a sapere il suo nome e la sua professione, non si
distinguerà da coloro di cui ha narrato le vicende in precedenza. Forse non è
un'esagerazione dire che tutto il cast sia sempre uguale, senza alcun guizzo
personale. Le donne sono immacolate, buone, care, e belle, bellissime: uniche
due eccezioni sono una che all'inizio sembra odiare il protagonista (ma
naturalmente è tutta scena) e un'altra, che commette il peccato mortale di
essere brutta. Questa empietà non passerà inosservata ad Ernesto, che le
infliggerà la giusta punizione giocando con i suoi sentimenti – esce con lei
perché la sua migliore amica è la ragazza di cui è realmente innamorato – e la
umilierà dicendole di aver pregato Dio di non doverla sposare. Caratterialmente
questa donna non ha nulla di diverso dalle altre comprimarie, trattate con
tutti gli onori, ma del resto non si possono perdonare così gravi mancanze. Ci
sarebbe molto da dire sulle implicazioni di questa scelta narrativa, ma è meglio
non spostarsi dal terreno neutro dell'ironia.
I personaggi maschili non hanno
neanche la bellezza esteriore, e quindi ancor meno spessore. Uno dei
protagonisti di un racconto all'improvviso comincia “a dare segni di squilibrio
mentale”, senza nessuna spiegazione sul come e perché, ed anzi liquidata a due
righe due alla fine di una sequenza.
Vorrei potervi parlare dello
stile di scrittura dell'autore, adesso, ma è imprescindibile da un altro
aspetto: la formattazione. Nell'introduzione vi avevo accennato che la casa
editrice cura personalmente l'editing del testo, corregge le bozze, ecc.
Purtroppo, però, non lo fa in maniera sufficiente, perché “I racconti del
finanziere” hanno una qualità molto, molto bassa. Badate bene, non sto parlando
della storia, ma di come è scritta graficamente. Tanto per cominciare, sono
presenti ad inizio capitolo delle immagini, scelta non proprio felice quando si
vuole garantire la professionalità di un prodotto.
La prima cosa che si nota del
testo vero e proprio è il carattere: dall'andatura sgradevolmente altalenante –
come se si stesse leggendo uno scritto a mano – e, alla lunga, faticoso da
leggere. I dialoghi non sono introdotti dalle classiche virgolette, bensì dal
corsivo, che più di una volta prosegue anche dopo la fine delle battute.
Infine, sono presenti tanti errori di battitura e di grammatica: cambi di tempi
verbali all'interno della stessa sequenza ed addirittura, in almeno
un'occasione, di soggetto.
Non è una parola professionale
per una recensione, ma è quella giusta: tutto questo è inaccettabile.
Inaccettabile per il lettore, che paga per avere un prodotto altamente
deficitario. Ma soprattutto, inaccettabile per l'autore, che ha investito
tempo, passione – e nel caso di Ammerata – ricordi a lui cari per ritrovarsi
così poco in mano.
Lo stile di scrittura, comunque,
non è molto personale, ed ha diverse pecche, come la carenza cronica di
mostrato (una donna è sempre “di una bellezza indescrivibile”, ma non ci viene
mai spiegato cos'abbia di così bello). Le scene ed i racconti vengono
interrotti bruscamente, quasi troncati. Di positivo, però, c'è da segnalare
qualche metafora originale, come qualcosa che cresce “bello come un amore” o il
rumore delle scarpe bagnate di pioggia rapportato alle note musicali.
“I racconti del finanziere” è
un'opera che avrebbe avuto bisogno di tempo per crescere: Ammerata avrebbe
avuto bisogno di tempo per affinare le sue capacità tecniche, e ci sarebbe
stato bisogno anche di tempo per rivedere il manoscritto prima della sua
pubblicazione, e curarne i diversi aspetti. Così com'è, purtroppo, è molto al
di sotto della sufficienza; e soprattutto, molto al di sotto delle sue vere
potenzialità.
Sono in parziale disaccordo con quanto scritto sulla recensione, di questo libro, devo dire che io al momento ho letto solo due dei racconti riportati nel libro "I racconti del finanziere", e uno dei due mi ha colpito più che positivamente.
RispondiEliminaCollegandomi al sito dell'autore, ho avuto la possibilità di leggere gratuitamente uno dei cinque racconti, che nel libro è intitolato, le sedici bare di san lucido, mentre nel sito dell'autore è intitolato la profezia.
Ho letto questo racconto tutto d'un fiato. Mi ha letteralmente trasportato in un mondo che non esiste più, ma che ricordo molto bene, quando contavano le buone maniere, i comportamenti, l'educazione.
Ho sentito forte la nostalgia e l'affetto per quella vita e quelle sensazioni che erano rimaste là, nella mia memoria, semidimenticate.
Il racconto della tragedia è tuttavia sfumato in una colorazione tenue, dolce, come un sussurro... Bravo! I miei complimenti al maresciallo che non c'è più!
Dicevo che sono in disaccordo parzialmente, nel senso che mi trovo invece d'accordo quando si dice nella recensione, che poteva essere impaginato meglio e alcuni errori di battitura potevano e dovevano essere evitati, per dare un maggior lustro alla casa di selfpublishing e supportare meglio l'autore che ha impiegato tempo per i suoi racconti.
Un'altra cosa che mi trova in disaccordo sulla recensione, è l'ambientazione temporale, si dice che no c'è alcun riferimento temporale, ma questo non è vero, assolutamente, proprio nel racconto la ciocca insaguinata, l'autore agli inizi del racconto dice chiaramente di trovarsi in servizio durante la seconda guerra mondiale.
Tuttavia altri riferimenti più precisi che magari potevano essere inseriti, effetivamente mancano.
Ciao Elisabetta, grazie per aver commentato!
RispondiEliminaEffettivamente, durante la lettura, potrebbero essermi sfuggiti dei riferimenti temporali, quindi faccio mea culpa. Non posso nemmeno negare l'aria del "mondo che non esiste più", che è effettivamente palpabile, ad esempio in tutte le citazioni della Bibbia e di poeti locali. Tuttavia, il problema è nel libro nel suo insieme, i cui racconti sono - a mio parere - troppo ripetitivi, visto che in fondo trattano tutti degli stessi argomenti. Uno va bene, ma quando il numero si alza allora si comincia a sentire la monotonia del tutto. La formattazione, poi, è la "ciliegina sulla torta". Grazie comunque per il commento! :)