venerdì 16 novembre 2012

Il tempio degli Otaku #78 “Sakamichi no Apollon – Kids on the Slope”







Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Come la scorsa volta, si parla di nuovo di anime, di nuovo di anime recenti e di nuovo di anime che è molto, molto, molto improbabile che vengano licenziati in Italia. In nessuno dei due casi non si discute sulla loro elevata qualità, ma sullo scarso appeal di pubblico. La serie di questa settimana, ad esempio, oltre ad essere uno slice of life – uno dei generi che ha meno mercato in assoluto, a giudicare da quante poche opere vengano considerate per l'esportazione – verte pure sul jazz, non esattamente la musica del momento. E a nulla varrà la seconda collaborazione del regista Shinichiro Watanabe con l'acclamata compositrice Yoko Kanno, ad anni di distanza da quel piccolo capolavoro di nicchia di “Cowboy Bebop”. Ma è inutile piangere sul piatto versato, e lamentarsi: piuttosto, concentriamoci su “Sakamichi no Apollon – Kids on the Slope”. Buona lettura (e visione)!

La storia comincia nel 1966. Kaoru non ha mai avuto troppa fortuna nel farsi degli amici. Isolato per la sua intelligenza e serietà negli studi, nel corso degli anni ha più volte cambiato scuola. Il primo giorno nel suo nuovo liceo comincia nel peggiore dei modi - nonostante le premure della capoclasse Ritsuko – con un attacco d'ansia, che il nostro riesce a placare soltanto prendendo una boccata d'aria dal tetto degli edifici. Peccato che il tetto sia già occupato da Sentaro, un ragazzo che ha la fama di essere un vero teppista.
Le differenze tra i due sono evidenti, eppure vanno subito d'accordo, tanto più quando scoprono di avere una passione in comune: la musica. Sentaro suona jazz, ed ormai la sua casa è il negozio di dischi del padre di Ritsuko, di cui è grande amico. Kaoru invece propende più per la classica, ma si farà conquistare presto da quegli strani ritmi provenienti da oltre oceano... e dalla ragazza. Tutti felici e contenti, quindi? Non proprio...

“Sakamichi no Apollon” non è certo un'opera rivoluzionaria, ed anzi aderisce a parecchi stilemi del suo genere di appartenenza. Tanto per fare un esempio, sono presenti alcuni episodi tipici come il festival della scuola – con il grande classico della competizione tra club - la gita al mare durante le vacanze estive, le altre festività comandate, ecc. Anche i personaggi non ne sono immuni: il protagonista con problemi di socializzazione, che appare spesso in queste produzioni recenti (vero, “AnoHana”? Vero, “Un marzo da leoni”? E l'elenco potrebbe ancora andare avanti...), il ragazzo che sembra un teppista ma nasconde un cuore d'oro, la signorina posata e via di seguito. Tuttavia, la cosa non è così evidente da diventare un difetto, perché non inficia affatto la godibilità della visione. Anzi: le puntate sono sempre scorrevoli e dal ritmo leggero, e la durata dell'opera è assolutamente proporzionata alla storia.
Quello che rende questa serie diversa dalle concorrenti è, manco a dirlo, la musica jazz. Data l'ambientazione, sarebbe stato scontato, e facile, scegliere il neonato rock come perno della trama, ma invece si è optati per una strada forse più tortuosa, ma di sicuro effetto. La musica non è la protagonista, ma è senza dubbio un personaggio primario, perché Sentaro, Kaoru e compagnia vivono e respirano jazz; il loro entusiasmo è contagioso – fuori e dentro la storia. Nemmeno il rock 'n' roll – o il suo stretto parente rocku rollu – e l'effeminato Seiji possono reggere il confronto. Non molto credibile, forse, ma non meno entusiasmante da vedere.
Ma soprattutto, questo è quello che avvicina due persone così distanti, ed appiana la loro diversità caratteriale. Più di una volta i nostri faranno pace dopo un litigio con una salvifica jam session (improvvisazione), o comunicheranno quei sentimenti che altrimenti non riuscirebbero ad esprimere.
E' questo il collante alla loro amicizia. Mi chiederete: e Ritsuko? In fondo è la migliore amica di Sentaro e la ragazza che piace a Kaoru. Invece, lei è semmai il loro più forte contrasto. Kaoru sa bene che i sentimenti che prova non sono ricambiati, e che il suo amico ne è la causa. E' grato a quest'ultimo per tutto quello che gli ha dato, per avergli fatto scoprire il jazz, ma non può evitare di esserne geloso: per la famiglia all'apparenza felice che ha, per il suo temperamento istintivo, e soprattutto perché ha un ruolo di primo piano nella vita dell'amata, che conosce sin dalla più tenera età. Persino Sentaro, che ha un animo più sensibile e perspicace di quello che sembra, non capisce del tutto questa aggressività che a volte da latente diventa palese; non può fare altro che adattarsi, ed aspettare che il tempo e la musica guariscano le ferite.
Ritsuko è, tra i tre, probabilmente nella posizione più difficile. Non può fare nulla per alleviare il dolore di Kaoru, perché lei stessa è vittima di un amore non ricambiato. Dovrebbe prendere una decisione definitiva, dovrebbe tagliare i ponti con  lui – se non altro per evitare di farlo soffrire ancora di più – ma non ne ha il coraggio. Non vuole perdere le persone più importanti della sua vita, anche se in fondo sa che prima o poi dovrà fare qualcosa.
Se leggete questa rubrica saprete già di che cosa sto per parlare adesso. Esatto, dell'introspezione psicologica. E avrete già capito che in questo “Sakamichi no Apollon” non ha problemi. Come già detto, i personaggi sono degli stereotipi, ma sono molto coerenti con le loro posizioni predefinite, e il loro carattere copre tutto lo spettro di possibilità che gli vengono offerte. Kaoru ne è la prova: i suoi lunghi anni di isolamento l'hanno reso prone alla gelosia, possessivo, con uno strisciante senso di inferiorità. L'avere personalità ben definite non significa però che non si evolvano durante il corso della storia: ad esempio Yurika, la ragazza di cui Sentaro è innamorato, che incontrerà una persona che le farà trovare il coraggio di prendere in mano la sua vita.
Pur non avendo così tanto spazio, comunque, anche i personaggi secondari avranno il loro quarto d'ora di fama, dimostrando di essere anch'essi ben caratterizzati. Come il sopraccitato Seiji: sarà pure frivolo, effeminato ed ossessionato dal pensiero del rock 'n' roll, ma ha le sue buone ragioni. Oppure il padre di Riko, una presenza su cui i personaggi possono fare sempre affidamento, nonostante sembri scostante e diffidente.

Il comparto tecnico è molto buono, anche se si poteva fare qualcosa di più per le animazioni, poco fluide. A parte questo, il character design è semplice ma d'effetto, lontano dalle due principali tendenze negli anime, le ragazze che sembrano delle bambine (moe) o al contrario personaggi allampanati, dai lineamenti talmente affilati che potrebbero tagliare dei tonni.
La regia è, manco a dirlo, efficiente: non è mai invadente, anche se qui e lì si possono riconoscere i  tocchi personali di Shinichiro Watanabe. La colonna sonora è azzeccata in tutti i suoi frangenti, come del resto tutti i lavoro di Yoko Kanno. Questo non fa eccezione, anzi...

...E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!

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