lunedì 5 novembre 2012

Recensione: La piantagione di Calixthe Beyala





LA PIANTAGIONE - Calixthe Beyala
Zimbabwe, anno 2000. I latifondisti bianchi, discendenti de! coloni fondatori dell'ex Rhodesia, vivono nell'agio e nel lusso di splendide tenute, attorniati da domestici tuttofare e contadini neri. La loro comoda esistenza viene sconvolta dalle riforme agrarie del "Presidente eletto democraticamente a vita", dittatore megalomane e sanguinario che vuole espropriarli, apparentemente a beneficio del popolo nero. In questo scenario si muove Blues, la protagonista del romanzo, bellissima figlia diciottenne di un grande possidente, forte e determinata. Travolta dall'amore, saprà metterlo in secondo piano e lottare per quello che considera più importante: conservare la sua terra e riportare la Piantagione allo splendore di un tempo.
titolo originale “La Plantation
traduzione di Gaia Amaducci
Edizioni Epoché
Prezzo di copertina: 16,50€

A cura di Glo_In_Stockolm


Voto: 


Sono venuta a conoscenza di Calixthe Beyala e del suo romanzo “La piantagione” qualche tempo fa, quando, dopo aver guardato in TV un reportage sulla disperata condizione dello Zimbabwe di Mugabe, mi ero decisa a scoprire qualcosa di più su quel paese e sulla sua storia contemporanea.
Mi sono così imbattuta in un'intervista alla scrittrice originaria del Camerun (consultabile cliccando su questo link www.atma-o-jibon.org/italiano4/rit_battaglia6.htm ) che subito ha suscitato la mia curiosità: in particolare, la molla che mi ha convinta a leggere “La piantagione” è stata una frase presente nell'introduzione all'intervista, che qui riporto:

[Calixthe Beyala NdR] ha provato a raccontare - da nera - il "continente nero". Ma con gli occhi dei bianchi perché lei crede nella "negritudine", nell’essere africani per cultura e per nascita e non per il colore della pelle.”

Le premesse mi sembravano più che interessanti, se pensiamo poi che sono una fan di vecchia data di “Via col vento” di Margaret Mitchell, non potevo certo perdermi il “Via col vento africano”.

Il libro racconta le vicende di Blues, figlia affascinante e coraggiosa di Thomas Cornu, latifondista bianco proprietario di una rigogliosa tenuta (la Piantagione del titolo), nello Zimbabwe del 2000, quando Mugabe, “il presidente eletto democraticamente a vita”, attuò una fallimentare riforma agraria, confiscando ai “white farmers” più di 100mila km quadrati di terre fertili che vennero poi “redistribuiti” alla popolazione locale (in realtà solo alla giunta militare vicina al dittatore), con esiti disastrosi sull'economia dell'ex granaio d'Africa.
Blues è giovane e sognatrice, ma le scorre nelle vene il sangue di chi è abituato a conquistare e in lei abita lo spirito indomito di chi non è disposto a subire gli eventi, il senso di appartenenza a un luogo che è al centro della propria identità. Blues è bianca, ma è un'africana bianca, non avvelenata dalla presunzione di superiorità e dal disprezzo verso i locali tipico dei colonizzatori, ma consapevole che le sue radici sono nel continente nero e non altrove, consapevole che ciò che la lega alla sua terra è legame forte e indissolubile.
Attorno alla giovane ruota una rosa di personaggi emblematici, che pare ben rappresentare le spaccature del tessuto sociale del paese: dalla “parte bianca” Thomas, il fiero padre della ragazza, ricco possidente ma di umili origini che lo separano dalla buona società rhodesiana, la sorella Fanny, inizialmente viziata e confusa, rosa da una profonda gelosia nei confronti di Blues, i vari componenti della comunità bianca, arroganti e sicuri di sé e destinati a impallidire sconfitti verso la conclusione del romanzo, fra cui spicca Rosa Gottenberg con la sua disperata ricerca d'affetto, e Franck Enio, presentato come un faccendiere amato follemente da Blues, che però è ben decisa a non sottomettersi.
Non dimentichiamo poi i protagonisti del “lato nero”, come Nanno, domestica a servizio della famiglia Cornu, letteralmente devota ai padroni che venera, Nicolas, mulatto sognatore che si inserirà nella vita di Fanny, Kadjersi, amante del padre di Blues e madre dei suoi fratellastri, e Comorès, ufficiale fedelissimo di Mugabe, ottuso e maschilista, ma così invaghito della ragazza da arrivare a proteggere sia lei sia la sua famiglia dall'esproprio violento.
Non sono un'esperta di letteratura africana e non ne conosco tanti autori, né ho letto a sufficienza per costruirmi un'opinione precisa, tuttavia, posso affermare che ne “La piantagione” scorgo elementi diversi rispetto a quelli che avrebbe potuto usare un autore occidentale. La scrittura di Calixthe Beyala è molto sensuale, e non soltanto perché l'elemento carnale è molto presente, ma anche perché leggendo le descrizioni di colori, suoni, sapori e situazioni ci si accorge che i sensi sono “sollecitati”, molto di più rispetto ad altri. Quando, per esempio, parla del caldo insopportabile di quel frammento d'Africa (“l'aria era un festino di bolle in calore. Carbonizzava il petto. Faceva prudere la gola e Thomas grondava sudore.” pag.131), si è così trascinati dalle sue parole da sentirsi per un momento immersi nella spossatezza di un torrido pomeriggio australe. Sicuramente, questo elemento è capace di donare una grande espressività al libro.
Tuttavia, non posso negare che in diversi punti lo stile è poco fluido e a volte poco convincente. Cito a questo proposito un paio di esempi:
- pag. 29 “... disse James Schuller, uno scrittorucolo di ventitré anni i cui capelli biondi, la parlata soave e le unghie pulite obbligavano le ragazze a scontare una passione implacabile e permanere in uno stato di levitazione sentimentale “(ecco come la scrittrice decide introdurre questo personaggio e il suo essere irresistibile... ma quante ragazze permangono in stato di levitazione sentimentale?)
- pag. 81 “Più lontano si estendeva una piscina olimpionica, vivace quanto la vasca da bagno di un fantasma (?? NdR) nel verde cupo della foresta” (per descrivere la piscina nella tenuta di un possidente, ma che modo bizzarro di evocare l'immobilità..! o almeno io ho inteso si parlasse di immobilità.)
Anche l'esasperazione dell'elemento erotico in alcune situazioni può apparire sopra le righe, come nella scena di “seduzione” che vede coinvolta la povera Rosa Gottenberg a pag. 189.
“… l'avrei costretta a mettersi in ginocchio, avrei sollevato la sua camicia da notte, le avrei abbassato le mutandine [...] Credo che possa facilmente immaginarsi il resto”, concluse, paonazzo come la camicia da notte di Rosa.
Il volto di lei si fece estatico.
“Che cosa aspetti?” disse, decisa a provare la fortuna. “Forza, dai” aggiunse, lasciva quando una gatta d'appartamento.
Comunque, se lo scopo di Calixthe Beyala era quello di cercare di trasmettere l'idea di una “negritudine”, ossia di un attaccamento per l'Africa che non fosse legato al concetto di razza e di religione a un pubblico più ampio ed estraneo, credo ci sia riuscita in pieno. Ho apprezzato la forza di Blues, l'amore che nutre per la propria terra e le proprie origini e il desiderio di non perderle, un desiderio così forte da impedirle di fuggire in Europa o di arroccarsi in un decadente isolamento imbevuto di fatalismo e pregiudizi inaccettabili. E tutto questo è qualcosa che va ben oltre gli stretti confini dati dall'appartenenza etnica o di fede.
In chiusura, vorrei solo aggiungere questo: perché “La Piantagione” è stato definito il “Via col Vento” africano? In che cosa si somigliano? A parte le scontate somiglianze di Blues Cornu con Rossella O'Hara (entrambe bellissime, indomite e legate alla propria terra), direi nella conclusione... anche per le bianche d'Africa della famiglia Cornu, seppur con parole diverse, domani è un altro giorno!






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