Vittime - Jonathan Kellerman
Immergersi nell'insania che si annida dietro agli omicidi più brutali e sconcertanti è quello che lo psicologo Alex Delaware sa fare meglio. Ma era dai tempi di Jack lo Squartatore che non ci si trovava dinanzi a una scena del delitto così agghiacciante. Una donna, il ventre squarciato e intorno al collo, avvolti come un grottesco monile, gli intestini. Delaware e il tenente Milo Sturgis collaborano da tempo, ma stavolta sembrano non avere alcuna pista da seguire; e quando altri omicidi vengono compiuti seguendo lo stesso, atroce rituale, diventa evidente come tra le vittime manchi la minima connessione. Il solo indizio che l'assassino lascia dietro di sé è un pezzo di carta sul quale ha tracciato un punto interrogativo: un segno di scherno nei confronti della polizia o forse un'incongrua, disperata richiesta di aiuto. Nel tentativo di trovare una risposta, Delaware inizia a indagare su un vecchio istituto psichiatrico dove un tempo esisteva una speciale unità di cura: tra quelle mura potrebbe annidarsi una terribile verità, sepolta in un passato di disperazione e di violenza che non sarebbe mai dovuto riaffiorare.
Editore: Time Crime
Pagine: 419
Prezzo: 10 euro
A cura di Lamia
Voto:
La narrazione ha inizio con il ritrovamento di un cadavere, una donna uccisa nel suo appartamento in modo brutale e un inquietante punto di domanda scritto su un pezzetto di carta. Purtroppo per il tenete Sturgis gli omicidi non si fermano qui, e giorno dopo giorno nuove vittime vanno ad aggiungersi alla prima. I testimoni riferiscono sempre di un uomo, drappeggiato con un pesante giaccone nonostante il clima afoso. La tanto temuta ipotesi di un serial killer diventa presto una certezza e si apre la caccia all'uomo. Indizio dopo indizio il tenente Sturgis, coadiuvato dall'amico e psicologo Alex Delaware ricostruiranno i collegamenti fra le vittime e getteranno luce sulla violenza perpetrata a spese di un ragazzino problematico, e sui danni che cure superficiali e sbagliate possono creare nella mente di una persona malata.
La cosa che più mi ha infastidito di questo libro -ma non ha a che fare con l'autore- è la traduzione. Salta subito all'occhio che non è affatto curata, e a confermarlo ci sono anche numerosi errori, da quelli di battitura a tempi verbali sbagliati, scambi di pronomi (come usare lui riferito a una donna) e frasi senza senso. Non stupitevi se vi imbattete in periodi come questo:
“Nel frattempo, Reed e Binchy stanno controllando tutte le pizzerie nel raggio di venti chilometri per appurare se c'è trovare qualcuno che usa quei cartoni” (pagina 70),
oppure:
“I tecnici della scientifica sono arrivati subito dopo che se ne andasse e hanno preso il calco” (pg 130).
Mi sono sentita un po' maltrattata dalla casa editrice: fornire una buona traduzione è loro compito, ed è compresa nel prezzo del libro. Purtroppo ho notato che molti editor stanno prendendo il brutto vizio di sfornare libri a velocità supersonica, badando più alla quantità che alla qualità, e quest'ultima richiede tempo.
Detto questo, veniamo alla recensione vera e propria.
Kellerman stesso ci dice del suo libro: “Vittime e il mio thriller più terrificante”. Lo smentisco subito. Non c'è assolutamente niente di vagamente pauroso in questo libro. Il modo in cui le vittime sono uccise, è vero, è raccapricciante: vengono sventrate e gli intestini attorcigliati come una sciarpa attorno al collo. Il problema è che nel libro la descrizione che viene data delle scene del crimine è esattamente quella che vi ho appena scritto io: non c'è mai una parola di più, il tutto è liquidato con due righe. Addirittura con il procedere degli omicidi i corpi vengono descritti solamente come uccisi nella stessa maniera degli altri. Niente di più.
Mi sono chiesta se Kellerman non ometta i particolari per una sorta di sensibilità verso il lettore, ma trattandosi di un thriller sono giunta alla conclusione che questo genere ha già un pubblico selezionato, che dà per scontato di trovarsi di fronte a descrizioni macabre e sanguinolente, anzi, le esige.
I dialoghi non sono sempre convincenti a volte sono un po' forzati, realistici ma tendenti all'irrealtà. Kellerman fa parlare in continuazione, anche a casaccio, i suoi personaggi. Durante gli interrogatori di Alex e Milo questi si sentono sempre autorizzati a raccontare episodi del loro vissuto, che di fatto al lettore non interessano proprio e sono anche inutili ai fini dell'indagine. In generale nel libro si parla troppo. Credo di aver raramente incontrato una pagina interamente priva di dialoghi. Può essere una scelta narrativa, ma ci vogliono anche descrizioni e azioni in un libro, non solo dialoghi.
I vari personaggi sono poco caratterizzati, soprattutto Alex Delaware -di cui non è neanche possibile farsi un'idea a causa del poco spessore- e Milo Sturgis, psicologo e investigatore protagonista, di cui si intuisce che, forse, è una persona piuttosto burbera e solitaria, ma sottolineo il forse. Gli altri personaggi sono per lo più solo comparse: l'approfondimento psicologico quindi non esiste, tranne per un paio di persone che sono descritte in modo piuttosto caricaturale tanto da farle risultare banali, come una coppia di medici paranoici e una centralinista completamente sciroccata.
La trama non è male, devo dire che Kellerman ha tirato fuori un modus operandi, un movente e un serial killer molto interessanti, inoltre alcuni passaggi nella risoluzione dei casi sono ben orchestrati. Altri indizi, però, sono piazzati a casaccio o cadono dal cielo, in stile CSI per intenderci: dagli informatori provvidenziali ai ragionamenti senza supporto di prove, per finire con quelli del tutto inutili e fuori luogo.
Ho apprezzato molto soprattutto il killer, personaggio in cui emerge il lavoro di psicologo dell'autore; Kellerman tratteggia, infatti, una persona dalla mente allo stesso tempo geniale e infantile, aggiungendo, pagina dopo pagina, sempre nuovi dettagli per far luce sulla sua psiche e sui suoi moventi. L'assassino è l'unico personaggio trattato a tutto tondo ed è l'unico a sapere catturare il lettore.
Il libro nel complesso non è fatto male, ma non è sicuramente fra i thriller migliori. Non cattura particolarmente l'attenzione, non c'è la voglia impellente di continuare a leggere per scoprire il finale e per catturare l'assassino. Non ci sono detective o personaggi con cui immedesimarsi o dei quali preoccuparsi. Un altro libro da aggiungere alla categoria “libri senza infamia né gloria”.
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