A cura di Surymae Rossweisse
Salve a tutti, e benvenuti ad
un'altra puntata de “Il Tempio degli Otaku”! Vi siete ripresi dai bagordi per i
festeggiamenti del blog? Bene, allora cominciamo a parlare dell'opera di oggi.
E' una raccolta autoconclusiva di racconti: l'ideale quando non si ha niente da
leggere ma si deve fare al più presto una rec... ehm, per imparare a conoscere
un autore e farsi un'idea del suo livello.
L'autrice di questa settimana, Hinako
Ashihara, non era certo una novità per me, considerando che uno dei pochi
manga recenti che compro con piacere non appena è disponibile un nuovo tankobon
è il suo “Piece” - ma ahimè ancora lontano da una conclusione, e quindi da una
recensione. Perciò ecco l'utilità di una raccolta di racconti: come
“antipasto”, e come modo di scoprire come se la cava un autore con le storie
brevi, forse ancora più insidiose di quelle più lunghe dal punto di vista
narrativo. Hinako Ashihara avrà passato il test? Lo scoprirete se leggerete la
recensione de “La forma delle nuvole”. Buona lettura!
La forma delle nuvole
Come avrete già intuito, è la
storia che dà il titolo al volumetto: e dal punto di vista narrativo e
qualitativo, non è una scelta azzardata.
I piccoli Kiyo – l'unica
femminuccia del gruppo – Kanta e Goma sono tre amici che abitano in
un'isoletta sperduta dell'arcipelago giapponese. Potete quindi immaginare la
loro eccitazione nello scoprire che presto sbarcherà una loro coetanea, la
timidissima Ritsuka. La bambina, però, a causa della sua naturale
timidezza e alle maniera troppo rudi di sua madre, viene da subito isolata da
tutti.
L'unica che se ne cura è Kiyo,
insofferente alle ingiustizie: ed i suoi sforzi vengono ripagati, perché
Ritsuka entra a far parte a tutti gli effetti della “cricca” di Kanta. Anche
troppo, perché è evidente che quest'ultimo cominci a provare qualcosa per
lei: e per Kiyo, che è da sempre innamorata di lui, è sempre più difficile
non cedere alla frustrazione ed alla gelosia. Ma questo fragile equilibrio non
può durare per sempre...
Narrativamente parlando, lo svolgimento
è un po' troppo affrettato, e il colpo di scena finale sarebbe stato potuto
gestire con più accuratezza. Tuttavia, dal punto di vista psicologico – pur non
toccando i livelli delle altre sue opere – il quadro è molto più roseo. Il
carattere di Kiyo è tridimensionale e realistico: non ha niente contro
Ritsuka, a cui anzi vuole molto bene, ma non sopporta che si avvicini troppo a
Kanta. Inoltre, il suo amore per quest'ultimo è talmente totalizzante da
risultare sbagliato: si ha quasi l'impressione che sia una specie di “coperta
di Linus”, ossia una scusa per non dover pensare al futuro. A parte sposare
Kanta, non ha altri progetti: peccato soltanto che lui sia di un altro parere.
Altro tema molto importante del
racconto è la mancanza di comunicazione, a volte anche esposto in
maniera comica. Se Kiyo avesse confessato i propri sentimenti (e risentimenti),
Kanta avesse dato meno per scontato le cose, Ritsuko fosse stata meno
concentrata su sé stessa ed i suoi problemi, e Goma avesse preso di petto la
situazione, molte sofferenze sarebbero state evitate, e la loro amicizia non
sarebbe stata così a rischio. Ma è più realistico così; e poi, altrimenti il
racconto non avrebbe avuto senso di esistere!
Il primo di una “trilogia” di
racconti che sviluppa il tema dell'amore tra le mura scolastiche. Kana
è una ragazzina ossessionata dall'amore, o meglio dall'idea dell'innamorarsi.
Il suo cuore batte solo per il belloccio Fujimoto, per cui nutre una
vera e propria venerazione, al punto da sottrargli oggetti personali da tenere
come reliquie. Quando però i due avranno una chance per conoscersi davvero, la
nostra scoprirà che la realtà non è così rosea: l'uomo della sua vita non
sembra minimamente interessato ai suoi discorsi. Riuscirà la neonata coppia
a risollevare quest'unione nata sotto cattivi auspici?
Il racconto ha un retrogusto
decisamente nostalgico. Quasi tutte noi, infatti, abbiamo provato i
sentimenti di Kana: l'emozione nata anche soltanto da uno sguardo incrociato
casualmente, i pettegolezzi con le amiche, le false speranze (“Mi ha prestato
il dizionario! E' innamorato di me!”). Per fortuna si cresce: ed è proprio
questa posizione privilegiata che permette ad Hinako Ashihara di raccontare il
tutto in maniera leggera ed ironica, senza inutili drammi e patetismi.
Anche la disillusione di Kana,
simbolizzata dal suo attaccamento per una mina per matite appartenuta
all'amato, è ben resa: la sua indignazione nel vedere il menefreghismo di
Fujimoto, e la sua ilarità nello scoprire che in realtà non era niente di tutto
questo, ma solo timidezza... e la conseguente maturazione, con un finale
incerto che però suona come una promessa.
Come avrete capito,
l'introspezione psicologica è l'ultimo dei problemi di questo racconto,
spensierato e perfettamente inserito nella raccolta, soprattutto dopo una
storia dalle forti venature drammatiche come la precedente – ma anche la
successiva non scherza.
Secondo anno delle medie: odio
gli uomini
Il titolo dice già tutto. Mitsuki
Abe, nonostante l'età, ha un fisico piuttosto formoso e precoce, cosa che
purtroppo non sfugge agli uomini – in Giappone sono frequenti case di molestie
sui mezzi pubblici. Dopo l'ennesima umiliazione la nostra reagisce: ma la sua
ira si scatena sull'innocente Torii, suo compagno di scuola. Per
riparare la reputazione danneggiata e far capire a Mitsuki che non è la persona
che sta cercando, il nostro decide di catturare il responsabile. La cosa
farà bene a tutti e due: a Torii, che finalmente capirà perché la ragazza è
così aggressiva, e ad Abe, che troverà almeno un uomo che non odi
visceralmente... e che forse possa amare.
Come già accennato nella trama,
in Giappone il caso di Mitsuki è tutto fuorché anormale. Non aiuta il
fatto che in genere – e purtroppo succede anche in Italia – la colpa delle
molestie viene data alla vittima: magari avrà fatto qualcosa per provocare
quest'orribile evento. Lo stesso Torii, anche se non volontariamente, la pensa
così: Abe sta ingigantendo le cose. Soltanto standole vicino egli cambierà idea,
ed imparerà a capire cosa si nasconde dietro ai suoi sbalzi d'umore.
Per tutte queste ragioni, quindi,
è probabilmente lui il personaggio meglio caratterizzato del racconto.
Anche Mitsuki si difende bene, però: è evidente l'odio per quel corpo così formoso,
per coloro che non riescono e non vogliono aiutarla, e ultimo ma non ultimo per
gli uomini. L'amore di Torii migliorerà le cose, ma non cancelleranno questa
avversione: soltanto il tempo potrà sanare le ferite. Un'ulteriore prova che la
faccenda non è trattata in maniera superficiale, anzi.
Nae Yamase odia il suo
nuovo insegnante di matematica, il professor Kanno. Le sue lezioni –
anzi, la sua persona – le sembrano noiose, prive di vita, cosa che non manca di
dirgli apertamente. L'uomo non riesce a capire le ragioni di tale avversione,
fino a quando non la vede strappare una sua foto da giovane. In passato,
infatti, era un giocatore di basket: non era molto alto di statura, e proprio
per questo così era così determinato. Ma ora non gioca più: cos'è successo, si
chiede Nae? Perché una persona così volitiva sembra aver rinunciato alla
propria vita?
Questo è il racconto forse più
debole della raccolta, almeno a livello di storia. Proprio mentre la storia
sembrava su binari ben stabiliti, infatti, arriva una svolta drammatica
assolutamente inutile, a parte il fatto che separa i protagonisti – e dopo
abbandonata del tutto, come se non fosse mai esistita.
Per fortuna ci pensa l'introspezione
psicologica a risollevare “I ciliegi sfioriscono”. Nae ha un carattere
sfaccettato e complesso: la sua rapidità nel giudicare le persone, la sua
voglia di dimostrare quanto vale e riscattarsi da un passato burrascoso, la sua
passione impetuosa per il professore, che odia ed ama con la medesima
intensità. Anche Kanno comunque è ben caratterizzato: a differenza di tanti
insegnanti di anime e manga che non si fanno remore a lanciarsi in relazioni
con le proprie studentesse, lui ha dubbi morali, tant'è che aspetterà di farsi
coinvolgere seriamente fino a quando lei non sarà adulta. Le ragioni per cui ha
abbandonato il basket, ed il conseguente sconvolgimento psicologico, sono
indagate con molta cura e, se me lo concedete, con delicatezza.
Il tratto di Hinako Ashihara è
incredibilmente, assolutamente, indubbiamente shojo. Avremo quindi occhi
grandi e sfavillanti come bottoni, figure magre magre – e dalla fisionomia, a
dire la verità, un po' simile tra loro – una forma della vignetta elastica, che
si adatta alle vicende raccontate, e tonnellate di retini. Non è uno stile
molto personale, ma è senza dubbio gradevole da vedere, forse la cosa
più importante di tutte.
...E per oggi è tutto, cari
amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!
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