venerdì 26 ottobre 2012

Recensione: I segreti di una città corrotta di Stefano di Marino


I segreti di una città corrotta - Stefano di Marino 
Un cadavere carbonizzato di donna.
I segni inequivocabili di una lenta tortura.
Una scritta misterica su un muro.
La promessa di ritorno di un criminale astuto e spietato.
Gangland è un quartiere oscuro, e con le sue bande e i suoi delitti non fa che tingere di nero il grigio di una Milano già cupa e triste, quotidianamente spenta da nebbia, smog e caligine.
 Baba Yaga, un bandito leggendario proveniente da un Est balcanico tanto indefinito quanto temibile,  è tornato per seminare morte e panico, assetato di vendetta per le conseguenze di una bugia troppo grande: l’invenzione fittizia di uno stupro che ha causato, di fatto, il rogo di un campo nomadi sulle cui ceneri sorge, oggi, un villaggio residenziale nuovo di zecca.
Villette a schiera hanno sostituito le vecchie roulotte, e nuovi borghesi arricchiti si sono presi il posto di un gruppo di zingari disgraziati; la povertà di un popolo che soccombe di fronte all’espansione di un altro.
Nicoletta Betti, con la sua ‘piccola frottola’ dello stupro subito, per guadagnare qualche mese di notorietà ha condannato a morte la reputazione dei nomadi balcanici, e ha pagato la sua colpa con la vita.
Il commissario Nitti, consapevole di trovarsi di fronte a un crimine troppo efferato per le forze di polizia meneghine, affida il caso al Professionista e alla sua ‘batteria’ di teste calde; l’eccentrico team investigativo ha l’esperienza necessaria a gestire simili delitti,  ed è pronta ad intervenire  per impedire che altro sangue scorra su Milano, aggiungendo sfumature di rosso a una città grigia di tristezza e nera di cronaca.
L’inizio delle indagini coincide con un’ulteriore catena di omicidi tanto violenti quanto imprevisti: giostrai, informatori e agenti di spettacolo muoiono uno dietro l’altro, depistando l’attività dei protagonisti.
 Riuscirà il Professionista a trovare il filo conduttore di tutte queste morti e a fare giustizia nel caos morale di Gangland? Si troverà un colpevole per i terribili delitti che si susseguono, tragici e macabri, in uno scenario di violenza e di morte?
Solo le pagine ‘pulp’ di questo libro potranno dare una risposta, mentre il sangue continua a scorrere su Milano e su Gangland…
Editore: Edizioni della sera
Pagine: 155
Prezzo: 13,00 euro
 
A cura di OracoloDiDelfi

Voto:  


Stefano di Marino ha sapientemente mescolato gli ingredienti dell’hard boiled thriller più riuscito, e ha dimostrato di conoscerne la ricetta alla perfezione: prendete ad esempio uno Sherlock Holmes meno inglese e più cosmopolita, armato fino ai denti e tanto spietato quanto i colpevoli del delitto su cui indaga, e  attribuitegli poi qualche carattere ‘macho’, come una muscolatura da culturista e un linguaggio slang da ‘spaccone metropolitano’, con il  fastidioso vizio del grilletto facile congiunto a una sfrenata tendenza a ‘menar le mani’; toglietegli l’impermeabile contro la pioggia tipicamente britannica, fategli indossare un giaccone di pelle e un paio di anfibi militari e   otterrete così il  ‘Professionista’,  protagonista del giallo, ossia un vecchio soldato della legione straniera che ha combattuto e ucciso in tutti gli angoli della terra, fervido conoscitore della mentalità criminale, poco incline al perdono e più innamorato delle armi che delle donne.
 
Ruotano poi attorno al nucleo della vicenda, oltre al protagonista, una serie di preziosi clichè tipici dell’hard boiled, gestiti tuttavia con grande abilità e sapienza narrativa: notiamo infatti, tra le pagine, figure come la giornalista sexy super informata su tutto e tutti, la ragazza guerriera che combatte tanto abilmente quanto il protagonista ma con meno cinismo e cattiveria, il politico ambizioso e disposto a tutto, anche a violare la legge, per ottenere il consenso,  il ‘cattivo’ di turno malvagio e spietato oltre qualsiasi previsione realistica, e la ‘batteria’ investigativa, ossia quella banda di elementi pittoreschi che collabora attivamente per le indagini.
E’ proprio dalla descrizione del gruppo che emerge il punto di forza di questo thriller: nonostante l’evidente ‘surrealismo’ del singolo componente tipico di questo genere letterario l’autore riesce sempre a curarne la presentazione e la figura nei minimi dettagli, arricchendola di preziosissimi particolari che aiutano il lettore a ‘calarsi’ nelle atmosfere sanguinolente e buie della vicenda; ne consegue una narrazione scorrevole e godibile, tra colpi di scena assolutamente imprevisti e dialoghi fulminei che farebbero invidia a C.S.I. o a qualsiasi altra serie televisiva poliziesca.
Sicuramente l’intreccio del giallo e l’enigma di partenza risultano essere se non ‘banali’ quanto meno ‘semplici’ o ‘prevedibili’, conferendo tuttavia un’efficacia e un impatto scenico di grande spessore all’azione della vicenda, giocata più su scontri a fuoco, inseguimenti, uccisioni ed esplosioni che su indizi nascosti o nodi intellettuali da risolvere.
Se siete lettori che hanno apprezzato prima il famoso Sam Spade di Dashiell Hammett, e poi le peripezie del Philip Marlowe di Raymond Chandler, apprezzerete sicuramente le avventure di questo fantomatico ‘Professionista’, che regge dignitosamente il confronto con i classici dell’hard boiled.
Curiosa è anche la spontanea analogia che verrebbe da istituire con celebri pellicole cinematografiche come “Sin City” di Omar Rodriguez (una città buia e grigia infestata dalla criminalità, una giustizia violenta che sfocia alle volte in vendetta, scene splatter con spargimenti di sangue da voltastomaco…), o anche, alla lontana, con la violenza esplosiva di “Pulp Fiction” di Tarantino, dove l’azione si svolge sempre su uno sfondo di mistero e criminalità tanto organizzata quanto spietata, con scenari crudi e sanguinolenti da brivido.

 

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