martedì 23 ottobre 2012

Recensione: La cugina americana di Francesca Segal




La cugina americana - Francesca Segal
Hampstead Garden, nordovest di Londra, è il quartiere della buona borghesia ebraica, ricca, istruita, liberal, solidale: tutti conoscono tutti, tutti frequentano tutti, tutti sono pronti a soccorrere chiunque si trovi in difficoltà. Adam e Rachel si conoscono da sempre, si amano dall’adolescenza, e stanno per fidanzarsi. La comunità segue l’evolversi della relazione da quando è nata, aspetta il matrimonio, i figli. Tutto va come dovrebbe andare fino a quando, da New York, città di liberi costumi e strane usanze, arriva Ellie, la cugina di Rachel: bellissima, fragile, dolce, infelice, anticonformista. Ellie è una sopravvissuta, come tanti dei membri anziani della comunità: non ai campi di concentramento, ma alla morte della madre in un attentato terroristico in Israele, e alla conseguente decisione del padre di vagare per il mondo portando la piccola con sé. Tra Adam ed Ellie è amore al primo sguardo. Entrambi resistono, si evitano, si cercano, irresistibilmente attratti e irrimediabilmente divisi. Fino a quando Adam, avvocato nello studio del padre di Rachel, viene incaricato di risolvere la situazione incresciosa, pericolosa, che Ellie si è lasciata alle spalle a New York. I due sono costretti a incontrarsi, per lavoro, fino a quando una malattia di Ziva, la nonna di Ellie e Rachel, fornisce ai due innamorati impossibili l’occasione di infrangere le regole. Nel romanzo di Edith Wharton che l’autrice prende esplicitamente a modello, L’età dell’innocenza, la comunità dalle regole ferree è la New York di fine Ottocento e la società disinvolta quella dell’Europa aristocratica. Francesca Segal rovescia le tavole e ci regala un delizioso romanzo ricco di suspense e venato di ironia: suspense per l’evoluzione dell’amore proibito, e tenera, indulgente ironia per le usanze e le regole della comunità ristretta, descritta con una profusione di particolari che impedisce di staccare gli occhi dalla pagina.
Editore: Bollati Boringhieri
Pagine: 352
Prezzo: 17.50 euro



A cura di Miki.

Voto: 


Francesca Segal ha una qualità eccezionale: riesce a descrivere con parole semplici e chiare le energie, i rapporti tra i personaggi e i loro sentimenti in modo incredibilmente realistico. Adam, Rachel ed Ellie bucano il foglio e si riversano nelle nostre vite: soffrono, sognano ed amano insieme a noi e con noi crescono. La cugina americana prende spunto dagli avvenimenti principali de L'età dell'innocenza di Edith Wharton ma se ne discosta, oltre che per il periodo storico, soprattutto per l'ambientazione. Francesca Segal, figlia d'arte dell'autore del famosissimo Love Story, sceglie infatti di descrivere il mondo che le è più congeniale e che dimostra di conoscere molto bene: i personaggi di The Innocents, questo il titolo originale, abitano ad Hampstead Garden, il quartiere londinese dove vive la buona borghesia ebraica ricca ed istruita. Il romanzo è per questo codificato in base alla loro cultura e rappresenta una ricostruzione precisa dello stile di vita di un popolo: Adam e Rachel sono un uomo e una donna che stanno per sposarsi ma sono prima di tutto due membri della società ebraica e come tali hanno doveri precisi nei confronti di parenti e amici. La presenza di questa comunità è molto viva in tutto il romanzo e costituisce quasi una sorta di vero e proprio personaggio, un burattinaio che tira i fili e agisce dai piani superiori influenzando le scelte dei protagonisti e infine anche di Ellie, una delle poche figure "anarchiche" presenti.
Francesca Segal racconta la storia tramite gli occhi e i pensieri di Adam, un avvocato insicuro e all'apparenza intrappolato in un mondo e in un rapporto che colmano la mancanza del padre, morto quando lui era solo un bambino. Come spesso accade, il matrimonio riporta a galla dubbi e problemi mai risolti degli sposi: Adam non si confida mai con la fidanzata Rachel, ragazza perfetta e razionale, ma riesce a raccontare il suo senso di solitudine solo ad Ellie, la cugina americana fragile e profonda; i due si avvicinano molto e formano una sorta di squadra contro il perbenismo del mondo borghese. Ellie dà il via ad una vera e propria rivoluzione che porta alla crescita di Adam, alla sua educazione sentimentale e alla perdita dell'innocenza: sul finale del romanzo troviamo infatti un Adam nuovo di zecca, più consapevole e pronto ad affrontare le responsabilità e la sua "nuova" vita. In realtà la rivoluzione presente ne La cugina americana avviene solo all'interno di Adam; poco importa se Ellie, con il suo carattere interessante e il suo coraggio, rimane ferita. Ogni rivoluzione d'altronde miete le sue vittime.
Tra i personaggi una menzione speciale va, a mio parere, all'eccentrica Ziva Schneider, vera e propria forza della natura: scampata ad un campo di concentramento nazista, la nonna di Ellie e Rachel non si lascia mai intrappolare dalle regole e dalle consuetudini e rappresenta forse, in un certo senso, la vera avanguardia di tutto il romanzo.
Lo stile di Francesca Segal è semplice, introspettivo, profondo e a tratti anche ironico: l'autrice coglie le sfumature dell'animo umano e riesce a ricreare dialoghi realistici e spesso molto divertenti. Sono infatti tante le situazioni paradossali che ci troviamo ad affrontare via via che il romanzo procede e che quasi sempre riescono a  strapparci un sorriso.
La cugina americana inizia molto lentamente, quasi sfiorando la noia: questo forse perché dobbiamo abituarci ad un nuovo stile di vita per capire meglio il romanzo. Per favorire l'introduzione in una comunità diversa dalla nostra, l'autrice ci sommerge inoltre di termini relativi alla cultura ebraica, aggiungendo addirittura un mini vocabolarietto in appendice: questo inizialmente può sembrare una cosa esagerata ma risulta ben presto fondamentale, vista la quantità di parole specifiche impiegate nella narrazione. Solo quando finalmente il lettore si è ambientato, La cugina americana comincia a prendere il largo e aumenta il suo ritmo senza però mai uscire dai limiti e dai dettami imposti dalla comunità e senza mai correre: questo a tratti può sembrare crudele e claustrofobico ma è esattamente la sensazione che l'autrice vuole ricreare e che riesce perfettamente a farci percepire. Per questo vivere all'interno di una sorta di grande bolla di sapone, possiamo in un certo senso provare insofferenza nei confronti dei personaggi e quasi odio nei confronti di Francesca Segal: i protagonisti si muovono, crescono, modificano le loro abitudini ma alla fine resta tutto uguale a prima, statico e immobile. Ad un'analisi più profonda è facile capire che l'autrice è stata in grado di condurci là dove voleva fin dall'inizio, creare delle aspettative su di un personaggio piuttosto che un altro e poi congelarle con maestria per sottolineare ancora una volta la staticità e la chiusura del mondo dei protagonisti. E noi non possiamo fare altro che adeguarci e capire che siamo stati presi perfettamente all'amo.

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