A cura di Surymae Rossweisse
Salve a tutti, e benvenuti ad
un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. La scorsa settimana vi avevo promesso shonen sportivi ed eccovi accontentati.
L'opera di oggi è praticamente di
culto in patria – anche da noi ci andiamo molto vicino – ed i motivi sono
evidenti: il presentare sotto un'ottica realistica ma avvincente al tempo
stesso uno sport non molto amato in Giappone, il basket, il tutto soddisfando
sia i palati maschili che quelli femminili, evento che all'epoca, nella
prestigiosa e viril rivista “Shonen Jump”, accadeva di rado. Qui in Italia
esistono diverse edizioni del titolo – con pubblicazione invero un po'
travagliata – ed anche un doppiaggio del relativo anime che per una volta non è
stravolto eccessivamente.
Ma lasciamo che a prendere la
parola sia l' “imputato”, “Slam Dunk”
di Takehiko Inoue. Buona lettura!
Hanamichi Sakuragi: 1.88 metri di ingenua tracotanza ed insuccesso
con le ragazze. Alle medie, infatti, è stato rifiutato ben cinquanta volte,
l'ultima volta in favore di un giocatore di basket. Da allora, Sakuragi ha
dichiarato guerra a questo sport.
Il caso vuole che la
cinquantunesima candidata come sua fidanzata, Haruko Akagi, ami il basket... ed il nuovo giocatore della squadra,
il belloccio Kaede Rukawa. Le
speranze di Hanamichi vanno in fumo, ma nonostante il suo odio per questa
disciplina sportiva decide di non arrendersi. Ecco il piano: entrare nel club di basket, sconfiggere
Rukawa e conquistare il cuore della ragazza.
Semplice, no? No, perché il
capitano dello Shohoku, Takenori Akagi
(fratello di Haruko) è molto selettivo su chi debba entrare nella squadra; e
soprattutto, Sakuragi non sa niente di niente su cosa significhi essere un
cestista. Grazie all'amore per la gnoc...ehm, alla sua grande determinazione,
il nostro riesce ad approdare nel team. Ma i dolori cominciano adesso.
In un genere piuttosto
conservatore come lo shonen, “Slam Dunk” apporta diverse innovazioni. La più
lampante è che Sakuragi, a differenza di molti altri eroi, non “nasce
imparato”: d'accordo, ha un grande talento, ma solo quello. Nonostante lui si
ritenga un genio, i fatti lo smentiscono: molte delle sue azioni eclatanti sono
date dalla fortuna, e non poche volte commette errori.
Inoltre, lo Shohoku non è fatto
di sprovveduti: è già avviato, seppure nella media. Come capita spesso in
questo genere di manga, quello preso in considerazione è il primo anno in cui
il team va ai campionati nazionali, ma non necessariamente perché è arrivato
Sakuragi: sebbene alcuni se ne dimentichino (vero, Rukawa?), in fondo a basket
si gioca in cinque. Come dice il proverbio, tutti sono necessari ma nessuno può
dirsi indispensabile.
Analizzando lo Shohoku, poi,
scopriamo che non è la solita squadra caramellosa, dove tutti sono amiconi ed
affiatati. Al contrario, si tratta di cinque individui accomunati dal basket; e
tutti credono di essere “l'arma segreta” che li farà vincere. Il loro rapporto
è molto utilitaristico, e di amicizia ce n'è ben poca: ad esempio Rukawa ed
Hanamichi non si sopportano. Soltanto il comune obiettivo permetterà loro di
non uccidersi a vicenda.
Rapporti simili li troviamo anche
negli altri team: fatta eccezione per il Ryonan con il suo asso Sendoh, ci sono
sempre due individui dominanti ed i gregari. Del resto non capita così anche
nella vita reale?
Anche dal punto di vista
dell'intreccio “Slam Dunk” è diverso dai suoi concorrenti, “Capitan Tsubasa” in
primis. Le partite non sono scontate: non solo per quanto riguarda il punteggio
(come il genere comanda, chi comincia in vantaggio probabilmente perderà, o
dovrà aspettarsi tempi duri) ma come risultato.
Di conseguenza gli scontri sono molto avvincenti, nonostante la loro
lunghezza. Anche la narrazione concitata di Inoue aiuta: dialoghi ridotti
all'osso, pochi flashback, e una grande cura nel trasmettere l'adrenalina. Gli
avversari sono sì forti, ma non danno l'impressione di essere imbattibili: così
l'eventuale vittoria è plausibile.
Anche le strategie e le dinamiche
sono piuttosto realistiche, cosa che ahimè non capita molto spesso nei lidi di
Shonen Jump. In particolare viene data molta attenzione ai falli, che Sakuragi
commette spesso (involontariamente, anche se non manca chi lo fa apposta).
Probabilmente è perché il mangaka in passato ha giocato a basket – anche lui
per impressionare le ragazze...
Anche i personaggi sono
verosimili e ben caratterizzati. Solitamente non ci si dilunga troppo sulla
loro storia personale, ma tutti hanno il proprio spazio. Sakuragi, in
particolare, regala molte soddisfazioni: è un ottimo protagonista. E'
simpatico, ed il suo essere ignorante gli permette di rispondere alle domande
tecniche che anche noi ci siamo posti. Seppure molto lentamente, inoltre,
cresce psicologicamente (anche se non deporrà mai le armi contro Rukawa).
Mantiene inalterate i suoi difetti caratteriali come l'essere impulsivo e
credersi un genio, ma con il tempo arriverà ad amare veramente il basket, e non
soltanto perché è il mezzo per conquistare Haruko. Tra l'altro, il suo amore
per quest'ultima è semplicemente adorabile.
Per quanto riguarda gli altri,
tutti hanno qualcosa che li rende unici e ben caratterizzati, sia la
determinazione di Akagi senior, la gentilezza dell'allenatore Anzai, ecc. Ma
non chiamateli stereotipi, perché non lo sono: qui non ne troverete.
Tutti loro, comunque, hanno una
grande passione per il basket, che in molti casi li ha salvati
dall'emarginazione e gli ha dato uno scopo nella vita. E' certamente trattato
all'acqua di rose – l'autore approfondirà il tema successivamente con un'altra
opera – ma è allo stesso tempo evidente che per molti il basket è un modo per
sfogare la propria aggressività. Per maggiori informazioni chiedere ad Hisashi
Mitsui, la cui storia personale verte proprio su questo; ma anche Hanamichi non
scherza, per non parlare di...Uhm, mi sa che farei prima ad elencare chi non è
un disadattato...
Che dire del tratto di Inoue? A
parte qualche proporzione sbagliata è limpido, preciso e – ascoltatemi bene,
lettrici – ci sono anche un sacco di bei ragazzi! Tralasciando gli ormoni,
comunque, spiccano le ottime inquadrature che gratificano la storia, e l'uso
sapiente dei retini. C'è di che rimanerne soddisfatti...
… E per oggi è tutto, cari amici.
Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!
Ho adorato l'anime, e io quelli sportivi solitamente li detesto =) Proprio ben fatto, mi appassionavano persino le partite, senza troppi di quegli infiniti flashback alla Holly e Benji che le facevano durare quattro-cinque episodi...
RispondiEliminaMi sa che prima o poi me lo riguardo, o mi leggo in scans il manga.