giovedì 14 luglio 2011

Recensione L'ultimo drago

L'ultimo drago - Jasper Fforde
Tempi duri per i maghi! Pozioni e incantesimi sono stati soppiantati dalla tecnologia, e la burocrazia ostacola quel che rimane di un’antica e venerata professione. Ma la vita di Jennifer, che gestisce un’agenzia di maghi, cambia all’improvviso quando si imbatte in una fosca profezia: lei è l’ultimo sterminatore di draghi, e a breve ucciderà Maltcassion, l’ultimo drago. Fatto inspiegabile, perché a Jennifer non risulta che Maltcassion abbia oltrepassato il confine di Dragonland, unica condizione perché lo sterminatore sia autorizzato a punirlo. In seguito a un patto stipulato secoli prima, infatti, ai draghi è stata assegnata una riserva protetta, a patto di non mangiare più gli umani e il loro bestiame. Quel territorio è però un bocconcino prelibato per gli immobiliaristi, che alla morte del drago potranno finalmente sfruttarlo per i propri affari. Maltcassion insiste perché Jennifer compia il proprio destino, ma il loro incontro avrà esiti imprevedibili.

Scritto da Elli



Voto: 

– Quark – disse la Quarkbestia 

Avevo sentito parlare molto bene di Jasper Fforde a proposito del suo libro d’esordio, il best seller Il caso Jane Eyre, e degli altri romanzi a esso correlati. Così mi sono avvicinata a L’ultimo drago con grandi aspettative, soddisfatte solo in parte. 
Con questo romanzo Fforde si inserisce nel florido solco di quegli scrittori britannici (da Diana Wynne Jones a Stroud) che si sono divertiti a costruire una sorta di realtà alternativa alla nostra, simile al nostro mondo per alcuni versi ma molto più “magica” per altri. La Gran Bretagna di Fforde si ritrova nel ventunesimo secolo a essere formata da ventotto staterelli chiamati i Regni Disuniti (e già il nome la dice lunga), dove la magia affianca la tecnologia a noi conosciuta ma si ritrova a vivere un momento di grande crisi a causa del graduale ma inesorabile calo di potere degli stregoni. Nel regno di Hereford, confinante con l’ultima Terra di Drago esistente, l’unica agenzia magica rimasta è la Casa d’Incanti Kazam, diretta momentaneamente (a causa della misteriosa sparizione del fondatore) dalla quindicenne Jennifer Strange, un’orfana legata all’agenzia dalla pratica della servitù a contratto (che in pratica obbliga gli orfani a servire per diversi anni nel luogo di destinazione prima di poter essere considerati dei liberi cittadini). Quello che Jennifer non sa è che la sua vita, scandita da incarichi di normale amministrazione e moduli da riempire, sta per subire un drastico cambiamento. 
Il romanzo si muove fin dall’inizio sul confine fra il serio e il faceto, ma con il piede quasi costantemente sul pedale del faceto. L’idea è quella di una grande farsa dove fra le righe, fra una risata e l’altra, filtrano però messaggi più seri e una severa critica alla società dei consumi e dei mass media. Le invenzioni narrative si sprecano, susseguendosi a un ritmo fin troppo frenetico, e questo probabilmente è il grande limite del libro. La sensazione è che quest’ambientazione e questi personaggi – a partire dal variegato e folle universo che popola la Casa d’Incanti passando per l’adorabile Quarkbestia (ne voglio una anch’io) per arrivare infine alla coraggiosa ed efficiente Jennifer e al simpaticissimo Gamberetto – avrebbero meritato più spazio e un maggiore approfondimento. Invece la storia scivola verso il finale in maniera fin troppo frettolosa, senza dare il tempo al lettore di affezionarsi davvero ai protagonisti e di “entrare” del tutto nel divertente mondo di Fforde. Un centinaio di pagine in più avrebbero potuto, credo, fare la differenza. 
Assegno comunque quattro stelle perché ho apprezzato moltissimo l’arguzia dell’autore e il suo irresistibile humour. Consigliato se avete voglia di trascorrere qualche ora divertente. 

1 commento:

  1. Ho "Il caso Jane Eyre" in lista dei desideri e questo libro un poco mi ispira... insomma, devo proprio decidermi a leggere Fforde XD

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