venerdì 17 dicembre 2010

Speciale Christmas Tales - pensieri di Luce


La neve imbianca la maggior parte dell'Italia, ci rannicchiamo sotto le nostre coperte con i riscaldamenti accesi e un bel libro in mano... Magari per casa c'è odore di biscotti -vi auguro di avere una sorella come la mia che cucina deliziosi plum cake-, l'albero di Natale è illuminato, nell'aria profumo di festa... Cosa manca se non un bel Christmas Tale? Lo speciale creato da Dusty pages in Wonderland in occasione del Natale vi propone infatti un nuovo racconto. Ho già parlato di Lucio Schina qui commentando il suo romanzo Diario di un antropologo e lui ha gentilmente accettato di scrivere un racconto che personalmente mi è piaciuto moltissimo. Pensieri di Luce è l'ulteriore dimostrazione della elegante poeticità di un autore troppo sconosciuto per poter essere apprezzato.


Pensieri di Luce

di Lucio Schina


Attraversala! Cosa aspetti? Ti sta aspettando dall’altra parte. Non è niente, vedrai, solo un piccolo saltello,
un leggero movimento coordinato delle gambe e delle braccia. Attraversala!


C’ho provato, credimi. Non sai quante volte. E più di una volta sono stato sul punto di riuscirci. Eppure sono
ancora qui. Sempre qui.


Mi ritrovo a camminare lungo una strada trafficata, piena di persone senza volto che passeggiano e si
fermano a guardare le vetrine illuminate. Dal rumore soffice delle scarpe capisco che dal cielo sta cadendo
la neve. Stasera fa un gran freddo, ad ogni respiro una piccola nuova bianca si allunga davanti a me,
disperdendosi nel buio di una notte senza stelle.


Ho le mani sprofondate nelle tasche del pesante giaccone di lana che mi cade sino alle ginocchia. Sono
rosse dal freddo pungente che mi entra fin dentro le ossa.


Intorno a me luci colorate, bambini in festa e chioschetti di latta dove uomini vestiti da Babbo Natale filano
zucchero filato intorno ad una lunga cannuccia sottile.


Da ogni negozio ascolto musiche natalizie, gingle che si sovrappongono gli uni con gli altri, e tutto sembra
un immenso paese dei balocchi, dove saltimbanchi e pastori con le cornamuse dipingono scenari onirici.


E’ un sogno nel quale sono prigioniero, o la realtà gioca a nascondersi dietro forme astratte che vedo solo
io?


Se mi guardo intorno tutto mi appare normale. E allora cammino, guardo avanti, silenzioso, con i soli
pensieri a farmi da guida.


E’ il 24 di dicembre…di… di cosa? A si, di un anno che non mi importa ricordare. Perché di soli ricordi vivo da
quel giorno, e non ho interesse a che la mia mente serbi ricordi che non mi sono più indispensabili.


I capelli, i tuoi bellissimi capelli simili a filamenti di carbone purissimo, soffici come il respiro di un
innamorato di fronte la sua amata, e freschi come erba umida al primo mattino di inverno. Tento di
sfiorarli, avvicino solo un po’ le dita, con discrezione, senza far rumore. Non avere paura di me, ti prego.
Donami il contatto di ciò che sei.


I tuoi capelli, che bramo sfiorare, fanno da cornice ad un viso dipinto da un maestro rinascimentale, in
cui l’esaltazione delle forme e la sensualità delle linee raccontano di una perfezione quasi divina, dove
il rosato delle guancie sembra sprigionare l’odore delicato di un frutto esotico. Gli zigomi sono rialzati, li
vedo nell’ombra di un’immagine sfocata, e immagino che siamo cosi altezzosi perché la tua bocca in quel
momento pulsa di un sorriso che riempie gli occhi sino ad accecarli.


Ma sono i silenzi che riempono quegli attimi in cui mi appari cosi vicino, eterea, volteggiante nella mia
mente, e sempre cosi distante. Ho provato ad allungare il mio braccio più che potevo, ti giuro, ma non sono
riuscito nemmeno a sfiorarti. Ma c’ho provato, amore mio, credimi.


Sono ancora in mezzo alla via, continuo a camminare, e tutto mi sembra non finire mai. Per quanto acceleri
il passo, per quanto volti ad ogni incrocio, mi ritrovo a camminare senza meta in mezzo a tante persone
senza volto. E tu dove sei?


Come faccio a sfiorarti ancora? Ho voglia di farlo, una sola volta, un’ultima volta. Ma come?


Mi avvicino al bordo della strada. Fisso la vetrina che mi è subito accanto, cercando di isolare le forme che
vedo riflesse sul vetro. E dalle immagini scomposte nei mille colori di una caleidoscopio, rivedo il marrone
ebano dei tuoi occhi, contornare una pupilla nera come la notte. La fisso per un attimo, ed è un attimo
nel quale smetto di avere freddo, con le mani che tornano a scaldarsi come fossero accanto al fuoco di un
camino acceso.


Sono solo pochi passi, ed ecco che dall’interno di un negozio di cosmetici fuoriesce una fragranza simile a
quella di cui mi sono nutrito quella sola volta che la mia bocca è stata cosi vicina al tuo collo da percepirne
le più minuscole imperfezioni. Ed erano piccole asimmetrie che davano, a me, l’idea più elevata di
perfezione delle forme. Non sono mai arrivato a baciarti con le labbra, accettando che le mie paure fossero
per te lame da brandirmi contro. Ma io volevo baciarti, sentirti solo mia anche solo un istante, ed accettare,
in cambio, che tutto il resto della vita fossi di qualcun altro.


Ma volevo che quell’istante fosse solo mio. Per sempre.


Chiudo gli occhi, assorbo il tuo odore, lo sento entrare dentro. Sollevo solo leggermente il viso verso il cielo.
E sento il freddo dei fiocchi di neve che si adagiano sulle labbra e sulle palpebre serrate. Sono freddi, come
freddo è stato il pianto che ho versato per te, che ho versato silenzioso ed immobile, mentre vedevo il tuo
sguardo severo che mi spingeva via, che mi allontanava per sempre dalla tua vita.


Ed ora, come allora, quel freddo si trasforma nel più grande senso di colpa, che porto dentro come una
cicatrice dell’anima. Perdonami se non sono stato in grado di farti innamorare quanto tu sei riuscita a farlo
con me.


Tutto a un tratto ho chiara visione del sogno. Gli odori che sento sono le emanazioni del tuo corpo che
conservo in me da sempre, le luci e i colori sono le pennellate scomposte dei tuoi occhi e della tua pelle. Ed
il cielo nero la folta chioma dei capelli al vento, che tanto amavi solleticare con le dita.


La neve, infine, gocce fredde di lacrime che non smettono di venir giù, la cui bellezza cela l’infelicità del
momento in cui il caldo del sole le farà sparire nel nulla.


La via è improvvisamente diventata immobile, e riesco a percorrerla in pochi passi. Ho di fronte il buio, ed al
centro una porta da cui si sprigiona una luce fortissima.


E’ allora che sento una voce di sirena che mi parla


“Attraversala! Cosa aspetti? Lei ti sta aspettando dall’altra parte”


Quella luce so rappresentare tutto il mio amore che esce a forza dal mio corpo. E’ bianco, sembra un
enorme cristallo appena esploso in milioni di schegge.


Lei è dall’altra parte, aspetta me per allungare la mano ed accarezzarmi in viso. Posso quasi vederla al di là
della luce. Ci sto provando, tutti i muscoli sono protesi per quell’unico gesto. I ricordi mi travolgono, li sento
pulsanti come fossero il dolore di una ferita aperta.


Un fiocco di neve si posa sui capelli. Poi un secondo, un altro ancora.


E’ il 24 dicembre di non so quale anno.


Nevica, fa freddo, le mani rosse sono affondate nelle tasche del giaccone di lana. Sono al centro di una
lunga via illuminata. Ho solo ricordi, ho solo uno sguardo. Sento di amarla. Voglio raggiungerla.

4 commenti:

  1. Complimenti all'autore! Mi è piaciuta moltissimo l'atmosfera che è riuscito a creare. Ottima scelta Malitia^^

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  2. Molto bello. Delizioso. Complimenti

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  3. Mi è piaciuto molto! E i complimenti vanno anche a chi ha ritenuto il racconto degno di essere pubblicato.

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  4. @Anonimo: Grazie! E figurati che l'autore aveva paura mi avrebbe deluso!

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Grazie per aver condiviso la tua opinione!

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