venerdì 3 dicembre 2010

Speciale Christmas Tales - Esistono storie che non esistono.


Allora, penso anche io da diverso tempo ad uno Speciale di Natale ed ero indecisa fino all'ultimo se far partire questo... ma alla fine mi sono convinta. Christmas Tales vuole raccontarvi storie natalizie appositamente scritte per Dusty pages in Wonderland. Mi sto avvalendo di persone che stimo sperando di regalarvi delle belle storie... ma conoscendo gli scrittori sono sicura che sarà così ^^.
La prima storia è stata divisa in due parti. La scrittrice è una ragazza che venero da qualche anno, e che credo sia ormai consapevole della mia totale devozione nei suoi confronti! Lei si chiama Luisa, o, come la chiamo io, Lu, e questa è la prima parte del suo Christmas Tales.


La breve storia della ragazza senza tempo, delle ciocche infiammate e del sole di dicembre.
Click.Sorridimi.


Suzanne non era la ragazza che ballava fra le note di De Andrè, non era la donna del porto che indicava i colori fra la spazzatura e i fiori e non aveva mai voluto nessuno al suo fianco, nessuno a cui offrire il tè e le arance con il sorriso sulle labbra. Almeno, non fino ad allora. Sognava, la piccola grande Suzanne. Sognava di mondi lontani, di scorciatoie fra i pensieri e i problemi della sua povertà d’animo. Orfana di emozioni, per vent’anni si era sentita vuota. Il piccolo buco che le aveva scavato il cuore si era pian piano ingigantito, divenendo un abisso incolmabile. Una nera poesia i cui versi erano nebbia e asfalto. Quel giorno, Suzanne camminava per le strade della città con passo insicuro, incespicando sui suoi stessi respiri. Il volto esposto al gelo dell’inverno, gli occhi puntati sul cielo di dicembre. Non aveva una sciarpa con sé e il suo corpo tradiva il tremore del freddo, che la giacca leggera di un blu notte era incapace di nascondere. (capelli rossi, fior di labbra, pelle di neve) La giovane si era sempre rinchiusa in due parentesi – una prigione non troppo poco scomoda. C’era una sorta di familiarità in quel luogo comune, in quella trappola di aggettivi, di definizioni che la limitavano ad una sola, indimenticabile figura. Non aveva mai tentato di liberarsi da quella cella immaginaria, né di esortare il proprio ego alla rivoluzione. Ai sentimenti. All’amore. Amare: scegliersi la propria sofferenza. Per questo, non capiva perché dovesse iniziare proprio ora. « Ehi! » L’adesso, però, aveva una voce. Era la Vigilia di Natale, il 24 dicembre pareva quasi essere inciso su ogni parete della città, su ogni auto e su ogni finestra, illuminata dall’interno da romantici candelabri rispolverati per l’evento. I tetti erano immacolati, gridavano innocenza e festa al contempo, e i cancelli sembravano essere ricamati per l’occasione, dando un’illusione di ingenuo e partecipe ferro. Gli alberi svettavano verso il cielo con una gloria di parole spicce e di nobiltà, nevicando sulla testa dei passanti, facendo da ponte di collegamento fra una decorazione natalizia e l’altra. Rosso oro e bianco che si rincorrevano affannati. E Suzanne in mezzo al tutto. (bocca serrata, mani a pugno, guance rosse) Non era interessata alla festività, le pareva solo una scusa come un’altra per tirare fuori dalle credenze i vini migliori, per decantare l’apparente bellezza del mese e per riunirsi intorno a lunghe tavolate di sconosciuti. Quella stessa mattina era fuggita dalla casa che aveva lasciato a soli diciassette anni, trascinata dal desiderio d’indipendenza. C’era stato un periodo in cui aveva assiduamente tentato di riempirsi la vita, di saziarsi d’emozioni tanto da scoppiare e non chiedere alcun bis, ma non ci era riuscita. Ovunque, la quotidianità. Il senso di soffocamento. I prodotti in serie. E sentimenti surgelati. Non capiva lo spirito del Natale, non lo aveva mai capito. Da piccola aveva imparato a credere in Babbo Natale – barba bianca e lunga, pancione e vestito rosso -, ma aveva quasi immediatamente smesso. Niente più espressioni sorprese all’arrivo di un regalo. Niente più risate spontanee, niente più. Era così facile perdere fede e fiducia! Aveva solo cinque anni. I quindici in più che sono seguiti l’avevano resa soltanto più cinica, usava il sarcasmo come unica difesa. Il cuore arido, la mente spenta. Chi era stato l’ultimo a baciarla sulla fronte? « Fermati un secondo! Ehi! » Suzanne continuò a camminare, oltrepassando vetrine stracolme di colori sgargianti e scatole di regali. Sopra di lei, splendevano le luci di una storia che pochi si fermavano a leggere. Erano parole sospese in aria, risucchiate dalla vita del mondo. Nevicava. Nevicava. Nevicava. (una voce, poche speranze, sorrisi tirati) « Aspettami! » Suzanne non aveva tempo.

3 commenti:

  1. Bella iniziativa!!! ;))
    è storia molto interessante...

    RispondiElimina
  2. E' un onore sentirmi dire queste parole proprio da te e venire pubblicata sul tuo blog :D L'ammirazione è reciproca, cara.

    RispondiElimina
  3. sono curiosa di sapere chi la chiamava a quando la 2 parte???

    RispondiElimina

Grazie per aver condiviso la tua opinione!

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...