venerdì 10 dicembre 2010

Speciale Christmas Tales - Esistono storie che non esistono. (III parte)



Terza e ultima parte di Esistono storie che non esistono. Buona lettura!








War is over over

« S-sei… »
« Tranquilla, non ti mangio mica. » rise quello, annuendo « Io sono te. »
« Impossibile. »
« Ok, non è il massimo della definizione, ma io sono una parte di te che hai perduto troppi anni fa. »
replicò lo sconosciuto, lasciandosi andare ad una risata « Ti sono mancato? »

Suzanne scosse il capo, non tanto per rispondere a quella domanda, ma quanto per negare la
situazione. Era assurdo, insensato, non poteva semplicemente essere!
« Non mi sto divertendo. » ringhiò, in un’improvvisa vampata di rabbia.
Senza vedersi riflessa da nessuna parte, si accorse che la sua pelle era diventata più rosea, aveva
acquistato un colorito più… vivo.
« Lo credo bene. » scherzò l’altro, avvicinandosi di un passo « Mi hai ignorato per tutto questo tempo. »
« Non ti avvicinare! »
« Non ti allontanare. »
La giovane si morse il labbro inferiore, abbassando lo sguardo. Era arrossita, era come se si sentisse in
balìa di, di che cosa? Temeva la risposta, ma una microscopica parte di lei esultava per la scoperta.
Emozioni.
Spontanee, vere, desiderate.
Cosa le stava succedendo?
« Sai, ho dovuto sopravvivere alla morte. » raccontò allora l’uomo « Mi hai allontanato con brutalità,
disperso nel cielo e nel mare, ho vagato per terre intere. Mi hai quasi ucciso. » Sorrise. « Pensavo di
non farcela, quindici anni non sono di certo una nocciolina di tempo. Qualche volta ho davvero avuto
l’impressione che tu stessi completamente andando alla deriva, An. » Rise, e la neve parve essere
ancora più candida. « Ma ti ho ritrovata. »
Suzanne trasse un profondo respiro. « Io… »
(incertezze, vuoto da colmare, ritorno)
Lo sconosciuto eliminò la distanza che li separava con poche falcate. « Suzanne. » le sussurrò,
all’altezza dell’orecchio « Ritorna ad essere la bella ed allegra An. »
La donna non riuscì a trattenere le lacrime.
Pianse come non aveva fatto da anni, per tutti i piccoli e grandi dolori che erano passati sul suo corpo,
lasciando tracce invisibili in superficie.
Pianse per sentirsi nuovamente piena.
Pianse e si liberò.
Da prigioniera di se stessa, passò ad essere cittadina libera del suo stesso cuore.
L’uomo le cinse le spalle tremanti con un braccio e l’attirò a sé, contro il grande petto al quale lei si
aggrappò come una bambina sofferente, spendendo i suoi ultimi singhiozzi sui bottoni della giacca.
« Non posso, non posso… »
« An, io sono l’Amore che hai perso. » la cullò l’altro, accarezzandole lentamente i capelli « Sono le tue
emozioni, le tue speranze, anche il tuo odio e la tua collera se vuoi, sono quel frammento di te che hai
ripudiato alla partenza di tua madre. »
Come se avessero improvvisamente rispolverato i suoi ricordi, Suzanne rivide davanti a sé il proprio
riflesso all’età di cinque anni e una porta chiudersi come un verdetto.
Anche quel giorno nevicava.
Era la Vigilia di Natale.
Era sua madre che se ne andava senza voltarsi.
Erano lei e il suo addio.
L’inizio della fine in una retorica che faceva male.
« Allora, ti ricordi di me? »
Suzanne non rispose, sembrò addirittura che non respirasse più. Stava scoppiando, stava scoppiando
di emozioni contrastanti e quasi non riuscì a reggere il peso e la gioia che le davano quelle sensazioni.
Poteva superare il ricordo. Poteva!
Lo stava già facendo.
Ora lo guardava dal piedistallo più alto, mentre continuava a sollevarsi verso il cielo per afferrare la
propria vita e non lasciarla mai più.
Travolta da un vortice inatteso.
Amore, immenso amore.
« Sono sempre stato molto affascinante, lo so, non c’è bisogno che tu me lo dica. » buttò lì l’altro,
posandole le labbra sulla fronte in un casto bacio.

Le alzò il mento in modo che lei incrociasse quegli occhi blu tanto magnetici e le sorrise, scendendo a
baciarle le palpebre, il naso, la bocca socchiusa.
Fu un delicato sfiorarsi, un passo d’amore e una riconciliazione.
Con le dita, l’uomo le accarezzò una guancia e la ammirò intensamente. « Pronta a vivere? »
« Pronta a non limitarmi ad esistere. »
« Avresti potuto aprire gli occhi un po’ prima, non sai per quante vigilie ho provato a farmi sentire. »
sorrise l’altro-che-era-sempre-lei.
« Hai avuto freddo? »
« Terribilmente. »
Nevicava.
« Buon Natale, An. »
La baciò un’ultima volta sulle sue labbra, passandole le dita fra le ciocche infiammate.
Suzanne chiuse gli occhi, assaporando quel contatto nuovo, fragrante, alla riscoperta di se stessa, e
quando li riaprì, l’uomo non c’era più.
Il sole di dicembre, dolce e pallido, ricambiò il sorriso che la giovane era ormai incapace di trattenere.
Non voleva più nascondersi dietro l’aridità di sentimenti; comprese che aveva sprecato troppi istanti
per rincorrere il nulla e inghiottire ciniche convinzioni sull’esistenza, inaridendo la propria anima e
abbandonandosi a ciò che, un momento prima, credeva inevitabilità e fardello.
Ora, era rinascita.
Babbo Natale le aveva portato il miglior regalo di sempre.
« Bentornata, An. » si disse fra sé e sé, il cuore al galoppo.
Intorno al collo, una sciarpa rossa.

1 commento:

  1. Sai, ho dovuto sopravvivere alla morte : mi è sembrata una frase illuminante, da cui trarre ispirazione. Mi è piaciuto l'argomento: un racconto presentato con intimità.
    A proposito di storie che non esistono, ma se i libri non esistessero e invece fossero creati dalle recensioni?
    http://vongolemerluzzi.wordpress.com/2011/03/02/time-of-life-and-others-marvellous-times-recensione/

    (questo è un link del mio blog, che mi piacerebbe sottoporre a lettura!)
    Grazie e a rileggerci!!

    RispondiElimina

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