lunedì 6 dicembre 2010

Speciale Christmas Tales - Esistono storie che non esistono II Parte


Seconda  parte di Esistono storie che non esistono! Posterò la prossima ed ultima parte probabilmente mercoledì o giovedì :)



Afferrava violentemente manciate di secondi minuti ore giorni, ma quelli le scivolano via con una facilità disarmante, rendendola impotente di fronte allo scorrere della vita.
Frenetica.
Era così immersa ed esclusa al contempo che non era ancora riuscita a capire il suo ruolo in tutto quel disegno caotico gettato nel bianco e nero della strada.
Non credeva nel destino e nei vari nomi con cui lo si chiamava, ma era infiammata dalla vacuità.
Ogni giorno, un nuovo passo verso il baratro.
Di fronte ad una cartoleria addobbata e alle cartoline d’auguri, Suzanne si convinse di vivere per semplice inerzia: la mattina presto si alzava per andare in ufficio, faceva poi un salto all’ università,
ogni tanto si concedeva il lusso di una passeggiata lungo le malinconiche rive del fiume, fingeva sorrisi.
Si era scoperta incredibilmente capace di recitare la vita che non aveva, mascherarsi di serenità quando dentro non si sentiva affatto.
Probabilmente avevano abbassato, se non del tutto spento, il volume delle sue emozioni.
La sua radio interiore sibilava a tratti, affaticata. Stanca.
Come lei.
« Stop, ferma! »
Suzanne si guardò le mani con cui aveva stretto quelle del vento e, per un motivo o per un altro, si ritrovò a restare immobile sul posto.
Per le vie della città risuonavano le note della canzone di John Lennon, Happy Christmas (War is over):

A very merry Christmas
And a happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear

« Ti sei decisa ad ascoltarmi, finalmente! » sospirò allora una voce alle spalle della giovane.
Era lievemente affannata, come se avesse appena fatto una breve corsa, ma allo stesso tempo profonda e carezzevole, una voce maschile che avrebbe potuto leggere le favole della buonanotte e, intanto, vagare sulla pelle come un’insidiosa melodia.
Suzanne non si voltò e continuò a guardare le sue dita.
Qualche fiocco di neve si era sciolto sui suoi palmi aperti e aveva pronunciato un addio e una promessa. La giovane tremò un istante.
« Sarebbe carino che tu ti girassi, sai? » insisté l’altro, non accennando a muoversi per pararsi di fronte alla ragazza. A distanza di ombra.
Le luci natalizie disegnavano armoniosi profili sul marciapiede, facendo da contrasto allo spirito di Suzanne che, scrollando le spalle, rimase in silenzio. Ancora.
« Girati, An. »

Fu quasi un ordine perentorio, un comando sfuggito da labbra poco maldestre.
La giovane sussultò senza volerlo e strinse le mani a pugno, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi. Una folata di vento le si impigliò fra i capelli infiammati e le solleticò il collo scoperto.
Non si mosse, il cuore silenzioso.
« Ha sbagliato persona, signore. » replicò, in un sussurro.
Le sembrò quasi di vedere l’altro – senza volto, senza nome, senza storia? – scuotere il capo, in una chiara risposta negativa. « Non penso proprio. »
Suzanne chiuse gli occhi per un attimo, tentando di capire quella strana situazione in cui era finita proprio quel giorno. Cosa voleva uno sconosciuto da lei?
« Mi lasci stare. » La voce le uscì stentata.
« Non posso. È quasi Natale. »
Come per affermare quell’ultima frase, John Lennon cantò “And so this is Christmas, and what have we done, another year over”, l’orchestra di sottofondo.
Nevicava.
« Non ha senso quel che state dicendo. » ribatté la giovane « Io non la conosco neanche. »
Subito dopo aver pronunciato quelle parole, sentì di aver detto qualcosa di sbagliato: c’erano degli accordi stonati fra i suoi pensieri.
La musica la confondeva.
« Ne sei sicura? Girati, per favore. » ripeté l’altro.
Suzanne non poté che obbedire, voltandosi con una lentezza esasperante, come se inconsciamente sapesse che ogni millimetro di quel movimento le avrebbe sconvolto la vita, per sempre.
In un battito di ciglia.
I capelli le ricaddero su una spalla sola, una fiamma che bruciava la vista.
(dita affusolate, piedi di cristallo, cuore di pezza)
« Non mi riconosci? »
La giovane restò a bocca aperta per la prima volta da molto tempo.
Davanti a lei vi era un uomo mai visto prima, ma di cui era certa di conoscere ogni lineamento - la piega delle labbra, l’inclinazione del capo, i capelli folti e neri… gli occhi blu.
Indossava un lungo giubbotto marrone, sulle cui spalle c’erano macchie di neve, e mostrava un dolce sorriso che si sposava perfettamente con le luci e l’ideologia dell’evento.
Accendeva speranze.
Cacciava paure.
« Chi sei? » Suzanne rabbrividì ancora, ma non più per il freddo. Uno strano calore le stava improvvisamente scorrendo nelle vene, sentiva il sangue pulsare e il cuore battere.
Battere sempre più forte.
Lo sconosciuto tacque, la guardò negli occhi e sospirò. « Fai un piccolo sforzo, sono ciò che ti manca. »
L’altra non comprese e continuò ad osservarlo.
Nevicava.
E, per quella via, erano soli.
I negozi avevano chiuso presto per le festività e gli abitanti si erano rinchiusi nelle proprie case al caldo, l’affetto familiare, l’amore!, ad unirli.
Lo stesso che mancava a Suzanne.
In quel momento, i suoi occhi si spalancarono in una lenta comprensione e la sua bocca formò una “O”, mentre la canzone arrivava al suo capolinea.

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