venerdì 12 dicembre 2014

Recensione: A bocca chiusa di Stefano Bonazzi




A bocca chiusa, Stefano Bonazzi
Newton Compton
288 pagine, 9.90 euro
A Bocca Chiusa segna l'esordio nel mondo del romanzo lungo di Stefano Bonazzi, giovane artista ferrarese conosciuto grazie alle sue foto e composizioni, oltre che ad alcuni racconti.

La trama ruota attorno a un bambino con una storia familiare piuttosto travagliata. Il padre è assente da sempre e la madre è quindi costretta a estenuanti turni di lavoro per mantenere entrambi. Il bambino si trova quindi a trascorrere lunghi e solitari pomeriggi in custodia del nonno. Un nonno invalido sia fisicamente che mentalmente, reso cinico e incattivito dalla vecchiaia e dalle fatiche della vita, che tende a vedere il mondo esterno come il luogo più pericoloso in cui il nipote possa vivere. Lo tiene quindi segregato in casa, ben al riparo, senza esitare a ricorrere alla violenza fisica e psicologica per fare ciò che lui ritiene giusto. Al bambino non resta che annoiarsi e giocare con i suoi mattoncini, sul suo tappetino, confine invalicabile fra il suo mondo tranquillo e le ire dell’anziano che lo rendono così simile a un orco. A contrapporsi a questo nonno-tiranno arriverà Luca, un ragazzino biondo con cui nascerà una grande amicizia, che non darà però gli effetti sperati. Anzi, l’arrivo di Luca segna un momento ancora più cupo nella storia del protagonista, che per amore del nuovo amico è disposto sempre più a valicare il confine e a subire le punizioni del nonno che diventano ogni volta peggiori. Questi profondi traumi infantili non si faranno da parte con l'età adulta, e il protagonista del libro ne sarà segnato in modo estremamente profondo, fino alla loro liberazione definitiva: una sorta di catarsi in negativo.

Quello descritto da Stefano Bonazzi è un mondo grigio, popolato da un'umanità altrettanto grigia. I suoi personaggi sono anonimi abitanti di provincia, tanto anonimi che non conosciamo nemmeno il nome del protagonista, il cui punto di vista filtra tutta la narrazione. Vivono la loro vita in solitudine e preda delle miserie umane, sono personaggi tristi, sottomessi dal destino e consapevoli di esserlo, senza qualsiasi volontà di lottare. Sono isolati, i vicini non rappresentano altro che un nuovo carico di fallimenti e problemi che è meglio evitare. È un mondo pesante a tal punto che riemergene è quasi come riempire di nuovo di aria i polmoni, eppure non è affatto irreale.
Da questo mondo, l'autore estrae una storia estremamente cupa e desolata, che racconta alla perfezione, complice uno stile rapido, che dedica poco spazio alle descrizioni esterne –  il mondo del protagonista altro non è che il suo tappeto rosso con i mattoncini e lo scintillio invitante di ciò che sta oltre la finestra – preferendo di gran lunga il microcosmo personale dei suoi personaggi. Cosa, quest'ultima, che gli riesce molto bene. È uno stile fluido, fatto di pennellate rapide ma efficaci che dipingono una storia come tante che è, però, resa eccezionale dall’attenzione che vi viene dedicata. Stefano Bonazzi, richiama nella scrittura le immagini che crea lui stesso, grazie a cui è conosciuto, tanto che ci si trova di fronte a un susseguirsi di scene illuminate da sprazzi di flash che tornano poi buie e inquietanti subito dopo. Un momentaneo sguardo a un volto dal finestrino di un treno in corsa e l’oblio immediato che segue subito dopo.

La narrazione prosegue con una tensione continua, che non può fare a meno di catturare il lettore e portarlo dritto fino alla fine, senza troppe interruzioni. Non è assente un colpo di scena ben assestato che rappresenta, appunto, questa “catarsi in negativo” e che libererà forse in definitiva il protagonista da tutti i suoi spauracchi infantili. Il finale è pregno di significato e di riflessioni sospese che non vengono sviluppate spingendo così il lettore a una riflessione personale.

Un punto negativo di questo libro è la sistemazione dei capitoli che spesso non ha davvero senso. Ci sono capitoli lunghi anche solo una pagina, il cui capitolo seguente costituisce il naturale proseguimento di quello che si sta leggendo. L’ultima frase di uno, e la prima del successivo sono strettamente legate fra loro e in perfetta continuità narrativa. Il modo in cui l’intero libro è suddiviso manca di logica e genera quindi un senso di fastidio nel lettore. Soprattutto in chi è abituato a orientarsi nella lettura in base ai capitoli.

A Bocca Chiusa è un racconto quasi onirico, in bilico continuo fra la realtà è i meandri più reconditi della psiche umana. L’autore sa sicuramente raccontare il dolore e nemmeno per un momento la scrittura vacilla o si tira indietro di fronte alla grande sfida di dar voce a un protagonista così complesso come quello da lui creato: l'infanzia, l'evoluzione del suo trauma nel mondo adulto e il compiersi di un destino ineluttabile, sono tutti passaggi trattati in modo profondo e si nota una certa analiticità e una grande voglia di mettersi in gioco e di raccogliere la sfida di un argomento così complesso. Il risultato non può che essere una narrazione dura e angosciante, sicuramente non adatta ai lettori più sensibili, ma di grande efficacia evocativa, capace di creare nel lettore un senso di partecipazione elevato.

Voto: 


Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per aver condiviso la tua opinione!

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...