sabato 6 dicembre 2014

Calendario dell'avvento: 6 dicembre



Non bisogna amare il fantasy per amare L'età sottile. Francesco Dimitri è un autore italiano approdato a Salani dopo una trafila da Gargoyle e Marsilio - con cui ha pubblicato Pan, che io ho apprezzato poco. L'età sottile è, invece, un libro splendido: calibrato, quasi perfetto in ogni componente - se non fosse per una risoluzione finale un po' patetica, nel senso etimologico del termine, e un'affezione per i ruoli tipicamente fantasy (mi riferisco a quello di mentore e apprendista, con stereotipi reiterati) poco originale.
Ma parliamo piuttosto della meraviglia di questo libro: il protagonista, il sedicenne Gregorio, dopo la proposta di un vecchio bizzarro, si dà alla magia. Non pensate a Hogwarts, a mondi fatati o a scope volanti. La magia è intorno a noi, è dentro di noi, può essere esercitata e suscitata attraverso difficili esercizi psico-fisici o attraverso pratiche di sciamanesimo che possono includere l'utilizzo di stupefacenti. Attraverso le scariche di energia sessuale e di adrenalina, con il pagamento, però, di un pegno. All'interno del ciclo, nulla può essere tolto se non viene restituito qualcosa in cambio. Così la magia non è solo una pratica da trattare con cautela - non buona né cattiva - ma anche qualcosa di estremamente inebriante. Al di sopra di tutto: delle leggi umane, della vita dei comuni mortali. La storia si dipana così tra le prove, le lezioni di magia con gli altri apprendisti, e le atroci esperienze di vita, fino al momento della comparsa di un nemico comune. Dimitri sa rendere in maniera magistrale i risvolti psicologici del protagonista, partecipando del suo viaggio sofferto verso la maturità, che richiede rinunce, assunzioni di responsabilità, sacrifici e la capacità di prendere decisioni corrette - e per corrette non intendo moralmente giuste. L'età sottile, infatti, non è altro che un ottimo libro di formazione, indirizzato non solo - o forse non proprio - ai ragazzi, in cui le vicende incidono così tanto l'individualità del protagonista da renderlo, alla fine, quasi irriconoscibile. Lo stile di Dimitri è coinvolgente ma mai banale, pregno di riflessioni motivate dalla prima persona: Gregorio ripercorre le tappe della sua crescita con una distanza "partecipata". Le vicende, indietro nel tempo, lo riguardano solo relativamente. Eppure non sfugge una certa nostalgia, l'amarezza e il richiamo all'età dell'innocenza. Ma nel mondo di Dimitri non c'è spazio per l'innocenza: mors tua vita mea. Anche se l'amicizia, la fedeltà, l'amore, ritornano. Forse, alla fine, sono davvero loro a contare più di tutto. 



"A sedici anni il suicidio è presente nella tua vita come non lo sarà mai più. Forse sei tu a pensarci, o forse hai una compagna di classe che lo minaccia a giorni alterni. Di solito non è una cosa seria; si parla di suicidio come si parla di un torneo di calcetto, o di una ragazza che ti piace. Il suicidio è, in un certo senso, il gioco di prestigio dell'adolescenza, soltanto fumo e specchi - un trucco, un inganno scenico, un modo per sentirsi un po' più Sylvia Plath e un po' meno signor Rossi. A quell'età tutto sembra un grande affare, ogni piccola onda, un maremoto. Poi, a volte, il maremoto arriva davvero."

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