E' scontato ma assolutamente indispensabile commemorare oggi, nell'anniversario della sua nascita, i libri di Jane Austen. Non vi indirizzerò, per questo consiglio natalizio, verso Orgoglio e pregiudizio, ma piuttosto verso il suo secondo romanzo che preferisco: Northanger Abbey. Non so spiegare nemmeno io le motivazioni che mi inducono a preferirlo a Emma o a Ragione e Sentimento, credo semplicemente che sia l'espressione più potente dell'ironia di Jane, un'intera parodia del genere gotico che in alcuni punti mi ha fatto spuntare le lacrime delle risate. Anche oggi, a distanza di anni, quando rileggo per l'ennesima volta l'incipit, i miei occhi non possono che illuminarsi - ho un amore così viscerale per la scrittura di Jane che l'adorazione supera anche le barriere del tempo, e ogni volta è come la prima. L'incipit di Northanger Abbey è, appunto, uno di quelli che preferisco: sprigiona tanta di quella intelligenza e senso dell'umorismo che mi sento sempre il cuore scoppiare alla presenza della sua genialità - sì, sono terribilmente malata. Mi sorprendo spesso a pensare cosa avrebbe detto la Austen, oggi, di tanti argomenti: se il gotico - Jane si burlava affettuosamente dei libri di Ann Radcliffe - era il suo oggetto di scherzo, cosa oggi catturerebbe la sua attenzione? Purtroppo credo che la sua sana ironia si trasformerebbe in un sarcasmo spietato, quello che cominciò a comparire negli ultimi anni della sua vita. Ma Northanger Abbey è stato terminato nel 1803: l'autrice aveva 28 anni, la possibilità di un matrimonio d'amore era naufragata, ma la sua scrittura non era ancora pervasa dalla mestizia che io trovo in Persuasione. Northanger Abbey è invece frizzante, costruito sugli equivoci, con una protagonista imbranata che fa castelli in aria e si sente quasi un' "investigatrice" che risolve fantomatici delitti del passato. Ma Catherine Morland è solo una ragazzina ingenua: e la cosa meravigliosa è che è assolutamente uguale a qualsiasi altra del nostro tempo.
Nessuno che avesse conosciuto Catherine Morland nella sua infanzia avrebbe mai immaginato che fosse nata per essere un'eroina. La sua condizione sociale, il carattere del padre e della madre, il suo aspetto e la sua indole, era tutto ugualmente contro di lei. Il padre era un ecclesiastico, né reietto né povero, e un uomo molto rispettabile - sebbene si chiamasse Richard - e non era mai stato bello. Aveva una considerevole indipendenza economica, oltre a due buoni benefici ecclesiastici, e non aveva nessuna tendenza a tenere le figlie segregate. La madre era una donna pratica e assennata, con un buon carattere, e, cosa ancora più degna di nota, con una buona costituzione. Aveva avuto tre figli maschi prima che nascesse Catherine, e invece di morire mettendo al mondo quest'ultima, come chiunque si sarebbe aspettato, continuò a vivere; a vivere tanto da avere altri sei figli, vederseli crescere intorno e godere lei stessa di ottima salute.
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per aver condiviso la tua opinione!