martedì 23 dicembre 2014

Calendario dell'avvento: 23 dicembre


Cosa vuol dire essere una donna?
No, non è una domanda stupida. Non è una di quelle domande che rientrano nell'ordinario, forse persino nel comprensibile, ed è una domanda che pochi si pongono. Cosa significa nascere donna?
Eppure ci sono cose che non puoi proprio capire se non sei marchiato da questa condanna - è troppo estremo definirla così? Non puoi capire il groviglio allo stomaco che ti toglie il respiro quando senti notizie di stupri o violenze al telegiornale. Non puoi capire l'attesa straziante, una volta al mese, nella speranza di avere/non avere in grembo il frutto dell'amore più grande della tua vita o forse solo della spensieratezza di una notte. E non puoi capire la desolazione e la rabbia di essere considerata una merce di scambio in un branco di lupi che in te vedono spesso solo le gambe e mai qualcosa di più. Una donna è la storia di tutte le donne: violentate, sottomesse, picchiate, calpestate, ignorate, uccise. Uccise come esseri umani, legate indissolubilmente ad un uomo, subordinate al ruolo di vittime e di oggetti. Sibilla Aleramo - al secolo Rina Faccio - ci racconta la sua vita, o una parte di essa. Con commozione, ma allo stesso tempo con fermezza, in maniera elegante, rivelando senza vergogna segreti inconfessabili e denudandosi per quello che è, solo per il suo essere maledettamente donna.

Amare e sacrificarsi e soccombere! Questo il destino suo e forse di tutte le donne?

E' un destino a cui Sibilla-Rina decide di non sottomettersi, anche a costo di rinunciare all'unica persona che la ami e che lei ama veramente. E' la sua una scelta deplorabile? E' una donna meschina, egoista, vigliacca?
No, è una donna e basta, una donna segnata dall'ignoranza di un marito violento e rozzo, una donna che ha tutto il diritto di vivere cercando di fuggire da una realtà che vuole soltanto avvelenarla lentamente.
Così come sua madre, in cui Sibilla rivede tutta se stessa, arrendersi al ruolo di moglie significherebbe morte o pazzia. E così come la sorella, che rappresenta il suo passato da giovinetta, ella crede ancora fondamentalmente nell'amore o nella forma che più gli si avvicina.
Una donna è un romanzo che va letto poco a poco, nonostante la sua scarsa mole, ed inghiottito pezzo per pezzo, assaporandolo a bocconi amari. E poi , alla fine, chiudere il libro e chiederselo veramente... Cosa vuol dire essere donna?


Perché nella maternità adoriamo il sacrifizio? Donde è scesa a noi questa inumana idea dell'immolazione materna? Di madre in figlia, da secoli, si tramanda il servaggio. E' una mostruosa catena. Tutte abbiamo, a un certo punto della vita, la coscienza di quel che fece pel nostro bene chi ci generò; e con la coscienza il rimorso di non aver compensato adeguatamente l'olocausto della persona diletta. Allora riversiamo sui nostri figli quanto non demmo alle madri, rinnegando noi stesse e offrendo un nuovo esempio di mortificazione, di annientamento. Se una buona volta la fatale catena si spezzasse, e una madre non sopprimesse in sé la donna, e un figlio apprendesse dalla vita di lei un esempio di dignità?

N.B.: ripropongo questo consiglio, già pubblicato sul blog in data 19/12/10 

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