A cura di Lizy
Benvenuti alla terza puntata di English pages in Wonderland, rubrica che per mancanza di tempo è stata un po' abbandonata ma che abbiamo deciso di riproporvi cercando romanzi per giovani adulti abbastanza intriganti ma non banali né scontati. Quest’oggi vi parliamo di “Grave Mercy” (“Austera Misericordia” in italiano), primo volume di una nuova saga dal titolo “His fair assassin” (“La sua bella aguzzina”, uno young adult un po’ fuori dall’ordinario che abbraccia sia il genere fantasy che quello storico, uscito ad Aprile di quest’anno in America. Si tratta di un romanzo ambientato nella Francia del Medioevo e segue le vicende “di alcune suore assassine”, seguaci delle antiche divinità pagane e soprattutto del dio della Morte. Credo si tratti di una premessa davvero interessante, per questo libro che attrae sin dal primo capitolo (che trovate tradotto di seguito) con la sua immediatezza, rafforzata dall’utilizzo del tempo presente e della prima persona all’interno della narrazione che rendono il lettore non più spettatore, ma vero e proprio protagonista della vicenda.
“Grave Mercy” è valutato 4stelline e mezzo su Goodreads e vanta il passaggio dalla letteratura per ragazzi a quella young adult della scrittrice Robin L. LaFevers, appassionata di tutto ciò che riguarda riti sacri, la materia del divino e i misteri della vita. Per saperne di più sulla sua produzione letteraria, potete visitare il sito www.rllafevers.com .
Spero vivamente che venga presto tradotto in italiano, nel frattempo il mese scorso ne è uscita la versione economica della Andersen Press, disponibile sui negozi online a meno di 9 euro che, per le 496 pagine di cui consta l’edizione, penso sia una cifra abbastanza conveniente. Il romanzo inoltre è stato inserito da Amazon tra i migliori libri di Aprile ed è nella classifica della Barnes and Noble (famosa catena di librerie americana) dei libri più amati dai teenager. Io non vedo l’ora di leggerlo, e voi?
Perché essere l’agnello, quando puoi essere il lupo?
La diciassettenne Ismae scappa dalla brutalità di un matrimonio combinato per rifugiarsi nella pace del convento di San Mortain, dove le suore adorano i vecchi dei. Qui scopre che il dio della Morte ha in serbo per lei pericolosi doni e un violento destino. Se sceglierà di rimanere nel convento, sarà addestrata ad uccidere e a servire la Morte come sua ancella. Per costruirsi una nuova vita, dovrà distruggere quella degli altri.
Il mandato più importante di Ismae la porta in un’importante corte della Bretagna - nella quale si ritrova tristemente impreparata - non solo per il pericoloso gioco di intrighi e tradimenti, ma anche per le impossibili scelte che dovrà compiere. Come farà a portare a compimento la vendetta della morte se, contro la sua volontà, questa ha come oggetto la persona che ha rubato il suo cuore?
Grave Mercy: Primo Capitolo
BRETAGNA 1485
CAPITOLO UNO
Ho una macchia rosso scuro che corre dalla mia spalla sinistra verso il basso, fino al mio fianco destro, una traccia lasciata dal veleno dell’erbaria che mia madre ingerì per tentare di espellermi dal suo grembo. Che io sia sopravvissuta, a dire dell’erbaria, non è miracolo, ma la conferma sono stata generata dal dio della morte stesso.
Mi è stato detto che mio padre si arrabbiò e picchiò mia madre, nonostante lei fosse debole e giacesse sanguinante sul letto del parto. Fino a quando l’erbaria gli fece notare che se mia madre avesse davvero dormito con il dio della morte, sicuramente Egli non sarebbe rimasto a guardare mentre mio padre la picchiava.
Lancio un’occhiata verso il mio futuro sposo, Guillo, e mi chiedo se mio padre gli ha riferito del mio lignaggio. Non credo l’abbia fatto, altrimenti chi avrebbe pagato tre monete d'argento per quello che sono? Inoltre Guillo sembra troppo tranquillo per essere a conoscenza della mia vera natura. Se mio padre lo ha ingannato, non sarà di buon auspicio per la nostra unione. Ed esserci sposati in casa di Guillo piuttosto che una chiesa aumenta ulteriormente il mio disagio.
Sento lo sguardo pesante di mio padre su di me e alzo il capo. Il trionfo nei suoi occhi mi spaventa, perché se lui ha vinto, sicuramente io ho perso, anche se non so cosa. Così sorrido, come a convincerlo che sono felice - perché non c'è nulla che lo sconvolge più della mia felicità.
E anche se posso facilmente mentire a mio padre, è più difficile mentire a me stessa. Ho paura, una forte paura di quest'uomo al quale ora appartengo. Guardo le sue mani grandi e larghe. Proprio come mio padre, che ha lo sporco incrostato sotto le unghie delle mani e macchie nelle pieghe della pelle. È solo suggestione? O userà anche lui quelle mani come una clava?
Si tratta di un nuovo inizio, ricordo a me stessa, e nonostante tutte le mie perplessità, non posso spegnere una piccola scintilla di speranza. Guillo mi vuole abbastanza da pagare tre monete d'argento. Sicuramente dove c'è desiderio c'è spazio per la gentilezza, o sbaglio? È l'unico pensiero che impedisce alle mie ginocchia e alle mie mani di tremare. Questo e il prete che è venuto a celebrare la funzione, nonostante non sia altro che un prete di campagna, lo sguardo furtivo che mi lancia oltre il suo libro di preghiere mi induce a credere che lui sappia chi e che cosa sono.
Quando mormora le ultime parole del cerimoniale, guardo la corda di canapa grezza da preghiera con le nove perle di legno che lo rendono un seguace dei vecchi modi. Anche quando avvolge la corda attorno alle nostre mani e pone le benedizioni di Dio e dei vecchi santi sulla nostra unione, tengo il mio sguardo basso, per la paura di leggere il compiacimento negli occhi di mio padre o quello che il viso di mio marito potrebbe rivelare.
Quando il sacerdote ha finito, se ne va via coi suoi piedi sporchi, sbattendo rumorosamente i suoi sandali di cuoio. Non ha nemmeno il tempo di sollevare un boccale alla nostra unione. E con lui nemmeno mio padre. La polvere lasciata con la partenza del carro di mio padre non si è ancora dissolta, quando il mio nuovo marito afferra i miei fianchi e mi conduce con un grugnito verso il piano di sopra.
Stringo i pugni per nascondere il loro tremolio e attraversare le scale malferme. Mentre Guillo si concede un ultimo boccale di birra, salgo fino su e raggiungo il letto che d’ora in poi condividerò con lui. Mi manca dolorosamente mia madre, perché nonostante avesse paura di me, mi avrebbe dato consigli da donna riguardo la mia prima notte di nozze. Ma sia lei che mia sorella sono fuggite tempo fa, l’una di nuovo tre le braccia della morte, e l'altra tra le braccia di un mercante di passaggio.
Conosco, naturalmente, quello che accade tra un uomo e una donna. La nostra casa è piccola e mio padre urla. C'era più di una notte in cui un movimento d'urgenza accompagnato da gemiti riempiva la nostra casa buia. Il giorno dopo mio padre sembrava sempre meno mal disposto, al contrario di mia madre. Cerco di convincermi che non importa quanto disgustoso sia il letto matrimoniale, sicuramente non può essere peggio del brutto carattere e dei pugni carnosi di mio padre.
La stanza è un luogo stretto che odora di muffa, come se le persiane sulla parete di fondo non fossero mai state aperte. Una baldacchino in legno e corda contiene un materasso di paglia. Oltre a questo, ci sono soltanto alcuni pochi pioli per appendere vestiti e una cassapanca ai piedi del letto.
Mi siedo sul bordo della cassapanca e aspetto. Non ci vuole molto. Un cigolio pesante dalle scale mi avverte che Guillo sta salendo. La bocca mi si secca e lo stomaco si chiude. Non volendo dargli il vantaggio dell’altezza, mi alzo. Quando raggiunge la stanza, mi sforzo di guardarlo in faccia. Il suo sguardo ingordo si ciba vedendo il mio corpo, squadrandomi dalla cima della testa fino alle caviglie, poi di nuovo fino al mio seno. L'insistenza di mio padre su un’allacciatura stretta per il mio abito ha funzionato, visto che Guillo continua a fissarmi.
Fa un gesto con il boccale verso il mio corpetto, rovesciando la birra dai lati fino a gocciolare per terra. "Toglilo". Il desiderio addensa la sua voce.
Guardo il muro dietro di lui, le mie dita tremano mentre le porto verso i lacci. Ma non sono abbastanza veloce.
Fa tre passi da gigante verso di me e mi colpisce duramente sulla guancia. "Ora" ruggisce, mentre la mia testa scatta indietro.
La bile sale in gola e temo che mi sentirò male. Quindi sarà così tra noi. Questo è il motivo per cui era disposto a pagare tre monete d'argento.
I miei lacci sono finalmente sciolti, tolgo il corpetto così da rimanere davanti a lui in gonna e sottoveste. L'aria stantia, che fino a poco prima era troppo calda, ora preme fredda contro la mia pelle.
"La gonna", abbaia, respirando affannosamente.
Slego le stringhe ed esco dalla mia gonna. Quando mi volto per posarla sul banco vicino, Guillo mi raggiunge. È sorprendentemente veloce per essere così grande e stupido, ma io sono più veloce. Ho avuto lunghi anni di pratica quando sfuggivo alla collera di mio padre.
Scatto a debita distanza, fuori dalla sua portata, facendolo infuriare. In verità, non penso a dove sto correndo, desidero solo rimandare l'inevitabile il più a lungo possibile.
Si sente uno schianto quando il suo boccale mezzo vuoto colpisce il muro dietro di me, lasciando una scia di birra nella stanza. Lui ringhia e arranca, ma non gli renderò le cose facili – non posso. Ecco perché salto fuori dalla sua portata.
Ma non è abbastanza. Vengo strattonata, poi sento uno strappo nella stoffa mentre lui lacera la mia sottile sottoveste.
Il silenzio riempie la stanza, un silenzio così spesso e terribile che anche il suo respiro pesante si è fermato. Sento il suo sguardo frugale lungo la schiena, soffermarsi sui brutti lividi e le cicatrici rosse lasciatemi dal veleno. Mi volto per vedere la sua faccia farsi bianca come formaggio fresco, gli occhi sbarrati. Quando i nostri sguardi si incontrano, capisco che ha compreso - lui sa- che è stato ingannato. Sospira dunque, con una lunga nota profonda di rabbia che contiene parti uguali di furia e paura.
Poi la sua mano ruvida si scontra con il mio cranio e mi manda in ginocchio. Il dolore della speranza di morire è peggio di pugni e colpi di stivale.
Quando la fura di Guillo si placa, si inginocchia e mi afferra per i capelli. "Andrò da un vero prete questa volta. Egli ti brucerà viva o ti annegerà. Forse entrambe le cose". Mi trascina giù per le scale, le mie ginocchia sbattono dolorosamente contro ciascun gradino. Egli continua a trascinarmi attraverso la cucina, poi mi infila in una piccola cantina, sbatte la porta, e la chiude a chiave.
Piena di lividi e probabilmente con qualcosa di rotto, mi sdraio sul pavimento con la guancia malconcia premuta contro il pavimento sporco e freddo. È più forte di me, sorrido.
Ho evitato il destino che mio padre aveva previsto per me. Ho vinto io, dunque, non lui.
Il suono dei chiavistelli che cigolano per gli scossoni, mi sveglia. Mi son seduta e mi avvolgo nei brandelli della mia camicia. Quando la porta si apre, mi stupisco nel vedere il prete, quello stesso piccolo coniglio nel corpo di uomo che aveva benedetto il nostro matrimonio solo poche ore prima. Guillo non è con lui, e ogni attimo speso lontano da mio padre o Guillo è un attimo felice secondo i miei calcoli.
Il prete si guarda alle spalle, poi mi fece intuire che dovevo seguirlo.
Mi alzo in piedi, e la cantina gira vertiginosamente. Appoggio una mano al muro e aspetto che la sensazione passi. Il sacerdote si muove con urgenza. "Non abbiamo molto tempo prima che ritorni".
Le sue parole spazzano via la mia confusione. Se egli agisce all'insaputa di Guillo, allora è quasi sicuramente venuto qui ad aiutarmi.
"Sto arrivando". Mi spingo lontana dal muro, sorpasso con cura un sacco di cipolle, e seguo il sacerdote in cucina.
È buio, l'unica luce proviene dalle braci nel focolare. Mi chiedo come abbia fatto il sacerdote a trovarmi, perché mi stia aiutando, ma non mi interessa. Tutto quello a cui penso è che non si tratta di Guillo e nemmeno di mio padre. Il resto non importa.
Egli mi conduce alla porta sul retro, e in una giornata piena di sorprese, mi trovo a scoprirne un’altra quando riconosco la vecchia erbaria del nostro paese. Se non avessi bisogno di concentrarmi così tanto per mettere un piede davanti all'altro, vorrei chiederle cosa ci fa qui, ma tutto quello che posso fare è rimanere in piedi evitando di cadere con la faccia nel fango.
Quando faccio un passo nella notte, un sospiro di sollievo mi sfugge. È buio fuori, e l'oscurità è sempre stata mia amica. Un carretto aspetta nelle vicinanze. Toccandomi il meno possibile, il sacerdote mi aiuta a salire nella parte posteriore prima di correre verso il banco del conducente e salta su. Il prete mi lancia un’occhiata da dietro la spalla, poi distoglie lo sguardo come se si fosse bruciato. "C'è una coperta là dietro", borbotta mentre guida il ronzino verso il selciato acciottolato. "Copriti".
Il legno rigido del carro preme dolorosamente sulle mie ossa ammaccate, e la coperta mi lascia graffi superficiali e puzza di asino. Nonostante tutto, vorrei che ne avesse portato una seconda per coprirmi meglio. "Dove mi porti?"
"Alla barca."
Alla barca significa dove c’è acqua, e attraversare l'acqua vuol dire che sarà lontano dalle grinfie di mio padre, di Guillo e della Chiesa. "Dove è questa barca?" Chiedo, ma il prete non dice nulla. Sono esausta. Non ho la forza di cavargli delle risposte come se fossero sparuti acini raccolti da un cespuglio spinoso. Mi stendo nel carro e mi lascio cullare dai sobbalzi dell’andatura del cavallo.
E così il mio viaggio in Bretagna ha inizio. Contrabbandata come un carico proibito, nascosta tra le rape o nel fieno nella parte posteriore dei carri, svegliata dalle voci, sono passata dalle mani maldestre del sacerdote a quelle dell’erbaria, una catena nascosta di chi vive in conformità con i santi vecchi e sono determinati a tenermi dalla parte della Chiesa. I sacerdoti, con i loro movimenti goffi e le loro tuniche ammuffite e stantie, sono abbastanza gentili, ma le dita non conoscono tenerezza o compassione. Le erbarie mi piacciono di più. Le loro mani screpolate e primitive sono dolci come la lana d'agnello, e un odore forte e pungente di centinaia di erbe differenti si aggrappa a loro come un'ombra fragrante. Spesso non è così, mi danno una tintura di papavero per le mie ferite, mentre i sacerdoti mi danno la loro comprensione, e alcuni malvolentieri.
Quando mi sveglio in quella che mi sembra essere la quinta notte di viaggio, sento l'odore salmastro del mare e ricordo la promessa della barca. Faccio fatica a stare seduta, contenta di provare meno dolore dove ho i lividi e che le mie costole non brucino puiù. Stiamo attraversando un piccolo villaggio di pescatori. Mi avvolgo meglio con la coperta per fuggire al freddo e mi chiedo cosa succederà dopo.
Ai margini del villaggio si trova una chiesa in pietra. Il sacerdote dirige il nostro carro proprio verso di lei e mi sento sollevata nel vedere che il portone reca l'ancora sacra di San Mer, uno dei vecchi santi. Il sacerdote tira le briglie del cavallo per farlo fermare. "Scendi".
Non posso dire se si è stanchezza o sdegno quello che ho sentito nella sua voce, ma ad ogni modo, il mio viaggio è quasi finito, così lo ignoro e mi arrampicato giù dal carro, assicurandomi di tenere la coperta stretta intorno a me perché io non offenda la sua modestia .
Una volta legato il cavallo, mi conduce verso la spiaggia, dove una barca solitaria aspetta. L’oceano scuro come l'inchiostro si diffonde in lungo e in largo oltre il mio occhio, facendo sembrare la barca molto piccola.
Un vecchio marinaio si siede curvo a prua. Una conchiglia sbiadita come un osso pende da una corda che ha al collo, identificandolo come un devoto di San Mer. Mi chiedo cosa stia pensando, visto che è stato svegliato nel cuore della notte per guidare estranei nel mare buio.
Gli occhi azzurro chiaro del marinaio mi sfiorano. Fa un cenno con il capo. "Salite. Non abbiamo tutta la notte”. Mi porge un remo, e lo afferro per non cadere mentre salgo in barca.
Il piccolo vascello si abbassa e oscilla e per un momento temo di cadere nell’acqua fredda come il ghiaccio, ma si raddrizza così da permettere al prete di salire, mentre lo scafo si abbassa ancora. Il vecchio marinaio grugnisce, rimette il remo al suo posto e comincia a vogare.
Raggiungiamo la piccola isola mentre l'alba colora di rosa l'orizzonte orientale. Sembra arida nella tenue prima luce dopo il buio. Mentre ci avviciniamo, vedo una grande pietra accanto ad una chiesa e mi rendo conto che siamo giunti ad un vecchio luogo di culto.
La ghiaia scricchiola sotto lo scafo della barca quando il vecchio marinaio la ferma sulla spiaggia. Volta la testa verso la fortezza di pietra. "Scendete. La badessa di San Mortain vi sta aspettando '".
San Mortain? Il santo patrono della morte. Un tremore causato dalla paura mi attraversa. Guardo il sacerdote, che distoglie lo sguardo, come se guardarmi fosse la più grande tentazione mortale. Stringendomi nella coperta, scendo goffamente dalla barca ed entro nelle secche. Combattuta se essere grata o infastidita, mi inchino leggermente, attento a non far scivolare la coperta dalla mia spalla in questo frangente.
È sufficiente. Soddisfatta dal rantolo del prete e lo scioccare della lingua del vecchio marinaio, mi volto e a fatica mi muovo nell'acqua fredda per raggiungere la spiaggia. In verità, non ho mai fatto sfoggio nemmeno di una caviglia prima d’ora, ma sono dolorosamente irritata per essere stata trattata come una tentatrice, quando mi sento solo contusa e dolorante.
Quando raggiungo l'erba che cresce a chiazze tra le rocce, guardo indietro verso la barca, ma ha già preso il mare. Mi volto e mi incammino verso il convento, ansiosa di sapere ciò che vogliono da me le seguaci della morte.
Un romanzo molto intrigante!
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