martedì 31 luglio 2012

“La curiosità uccide il gatto”: recensione e intervista all’autrice Blake B.


A cura di Lizy

Salve a tutti voi che vi perdete tra le pagine di questo blog, oggi vi parlerò di un libro uscito nei bookshop online il 23 luglio, ma che io ho avuto la possibilità di leggere in anteprima. Si tratta de “La curiosità uccide il gatto” di Blake B., scrittrice torinese esordiente, un paranormal young adult che apre la saga di Zora Von Malice, della quale sono previsti quattro capitoli, uno per ogni mese che finisce con “bre”, come dichiarato scherzosamente dall'autrice (dunque settembre, ottobre, novembre e dicembre). Si tratta di una storia di vampiri che mi ha lasciata positivamente impressionata, della quale trovate bellissime immagini relative ai protagonisti sulla pagina Facebook: https://www.facebook.com/sagaZoraVonMalice.




Titolo: La curiosità uccide il gatto
Autore: Blake B.
Editore: Montecovello
Pagine: circa 200
Prezzo: 14,00 euro

L'anagrafe per Zora Von Malice si ferma all'età di 27 anni.
Si risveglia nella condizione di vampiro, in una villa abbandonata e decadente della collina torinese. Non ricorda nulla e comunque non le importa. Si tiene alla larga dagli umani, dai suoi simili, dalla vita.
L'unico elemento di congiunzione tra le sue due esistenze è una chiave che porta al collo. Simbolo determinante del suo passato che si impone di ignorare con dedizione e costanza.
Scavare implica soffrire e lei non ne vuole sapere.
Tutti mentono, la chiave parla.
Dominata dalla curiosità inizia un percorso di sangue e omicidi spietati, ignara del conflitto tra l'unico essere che la protegge e la creatura malvagia che sta progettando la sua morte. La stessa creatura che da anni scuote la città di Torino con violenti omicidi. Le vittime sono solo donne dai capelli rossi.
Lo stesso colore di Zora.
La colonna sonora ufficiale del romanzo è di Madaski, re italiano del techno beat e del remix.


Voto:


 Quando mi trovo a dover aprire un libro in cui i protagonisti sono vampiri, inconsciamente si fa strada in me del (mal)sano scetticismo, vista la mia passione per le storie classiche su questi esseri immortali, che mi hanno portato ad essere più vicina all’idea di mostro sanguinario piuttosto che a quella di megafusto romantico e glitteroso. Insomma, aprendo questo romanzo avevo l’immensa paura di calarmi nuovamente in atmosfere surreali anche per un paranormal che avrebbero contribuito a far rivoltare nella tomba ancora una volta i poveri Stoker e LaFanu. E, invece, sorpresa.
“La curiosità uccide il gatto” è un testo quasi psicologico, su storie che si intrecciano per raccontare il passato, mentre ciò che si prospetta alla mente del lettore è un grande puzzle, degno del più coinvolgente dei gialli, con il quale scoprire tassello per tassello Zora, vampira da quelli che sente siano diciotto anni, che non ricorda nulla della sua vita da umana. Gli unici legami che ha con la realtà sono un appartamento con tanto di mansarda sul tetto del quale la notte ammira Torino, pensando di essere un essere privo di emozioni, ma dando l’impressione che in realtà questo sia lo stato d’animo di chi si ritrova a dover colmare un vuoto, e una chiave che porta legata al collo come se fosse un talismano. In questo viaggio ci imbattiamo anche in Crave, un vampiro che pare abbia origini inglesi, apparentemente privo di alcuna pietà, ma in realtà dotato della sensibilità degli artisti, seppur con atteggiamenti iniziali che lo fanno assomigliare ad un’esteta il cui sadismo sembra competere con quello di Dorian Gray nel romanzo di Wilde. In realtà nel corso del romanzo appare chiaro che Zora e Crave sono dei vampiri atipici, seppur guidati dai loro istinti, ma sicuramente non sanguinari quanto Rupert, che ama torturare le sue vittime ed è ossessionato dalle donne con i capelli rossi, nonché di Zora, controllato da quella che sembra una società segreta, l’Artemisia. Samuel, che conosce bene le sue inclinazioni, tenta di coprire le sue malefatte, facendogli da coscienza, seppur sia anche lui un essere immortale. E poi c’è Matteo, umano, ragazzo semplice del quale Zora non riesce a captare il profumo del sangue inizialmente, ma che ha qualcosa che potrebbe far luce su tutto ciò che la vampira non ricorda.
Ci sono altri personaggi che appaiono e scompaiono, merlature che completano l’intreccio e ci aiutano a far luce sui misteri.

“Il sogno è realtà. E la realtà è solo immaginazione”.

Il sangue è l’elemento forse che lega tutti i tasselli, l’unica cosa che porta Zora a rivedere in una sorta di illusione onirica pagine sbiadite della sua esistenza terrena, insieme al marchio della chiave  che le brucia la pelle quando si trova vicino a qualcosa (o a qualcuno) che le appartiene; un topos che non viene mai sottovalutato è quello della curiositas, rivelatrice di conoscenze e nello stesso tempo pericolosa, come ribadito più volte con la traduzione del detto inglese “Curiosity kills the cat”.
Lo stile della narrazione è molto fluido, benché siano frequenti i flashback, caratterizzato da periodi complessi che rendono la lettura ancor più coinvolgente e scorrevole. Pochi i dialoghi, visto che il tutto è basato sui pensieri dei vari personaggi dei quali l’autrice ci rende partecipe lasciando che siano le loro emozioni a trascinarci nel corso del romanzo.

Nonostante Zora viva nel nostro presente, lo scenario mi ha ricordato un po’ le atmosfere gotiche dei romanzi inglese dell’Ottocento, senza contare che, come ho già detto, il ritmo narrativo ricorda un po’ quello dei gialli. Ecco perché non credo di poter dare una vera e propria collocazione de “La curiosità uccide il gatto” in un  genere letterario specifico e ritengo sia riduttivo nei confronti della materia categorizzarlo come paranormal romance o young adult, piuttosto sarebbe più corretto parlare di urban fantasy visto il contesto metropolitano.
La trama è ben costruita e priva di qualsiasi banalità, sulla sua coerenza non può essere fatta alcuna rimostranza, come sulla tecnica narrativa dell’autrice della quale ho parlato in precedenza.
Vi consiglio caldamente questo romanzo, se avete amato Dracula e odiato la saga di Twilight, perché sicuramente non deluderà le vostre aspettative. Unica pecca? Mi ha stregato così tanto che ammetto di averlo letto troppo in fretta, anzi divorato.


Interview with…

BLAKE B.



Blake B. nasce a Torino il 24 luglio 1982. Attualmente vive fuori città, a Pinerolo, con sua figlia Maxine e la sua gatta nera, Zora.
La curiosità uccide il gatto, è il primo di una saga di romanzi dedicata a Zora Von Malice.

1) Salve Blake, e grazie per aver accettato di parlare con noi di Dusty Pages in Wonderland riguardo il tuo romanzo “La curiosità uccide il gatto”. Ti va di parlarci un po’ di te e del tuo esordio da scrittrice?
Buongiorno a tutti e grazie per avermi dato la possibilità di parlare del mio progetto.
Come ben sapete, La curiosità uccide il gatto è il mio esordio da scrittrice, e rappresenta il primo capitolo della saga Zora Von Malice. In questo romanzo c’è tanto di me, quindi preferirei lasciare al lettore la possibilità di immaginarmi attraverso le pagine. Si può dire che mi sono distribuita tra i vari personaggi che ruotano intorno a Zora, e che ognuno di loro porta una sfaccettatura del mio carattere. Sfumatura che poi è stata enfatizzata, portata all’estremo, fino a diventare la personalità di qualcun altro.
Per quel che riguarda l’esordio vero e proprio, dovrei aspettare l’uscita del libro per poterlo raccontare con più elementi e capire come è stato accolto dal pubblico. Per ora, posso dire che non ha deluso le aspettative di chi lo ha letto, e questo ovviamente mi rende felice e mi lascia ben sperare in previsione dell’uscita. Penso che per uno scrittore non ci sia nulla di più importante che sapere un lettore totalmente immerso nella storia che racconta.

2) Chi è Zora, e da cosa è nata?
Zora è una creatura immortale, algida e distaccata.
Non nutre nessun tipo di interesse verso i suoi simili, verso gli umani, verso la vita. Accetta, con una certa riluttanza, la nuova esistenza che le è stata imposta e, soprattutto, se la fa bastare. Non ricorda nulla della sua vita precedente e preferisce non sapere nulla. Quest’apatia l’accompagna per diciotto anni finché una serie di eventi la porteranno a rivedere il suo stile di vita solitario e alienato.
Zora Von Malice nasce nella mia mente quasi tre anni fa e, al tempo, era davvero un’utopia personale. All’epoca era difficile immaginare che, in futuro, sarebbe diventata l’utopia di tutti i personaggi che incontrerà nel corso della storia. Mi fa sorridere perché è un po’ come se avessi fatto lo scarica barile, anche se in realtà ho solo lanciato un boomerang.

3) Il titolo del romanzo è la traduzione di un proverbio inglese “Curiosity kills the cat”, quello che sembra un po’ il leitmotiv dell’intera narrazione. Se dovessi riassumere questo primo capitolo della saga, cosa direbbe?
E’ il capitolo d’esordio, se fosse in un contesto televisivo sarebbe l’episodio pilota, è il momento in cui si introduce una storia, fitta di intrecci e flashback nel passato, e si vede come va. La curiosità uccide il gatto è come se fosse il trampolino di Zora. Una sorta di salto nel vuoto dove lei e la sua storia vengono lanciate nelle vite dei lettori. Sono loro la parte più importante del processo, i lettori decideranno se prenderle o lasciarle schiantare al suolo.
Personalmente, questo primo capitolo, mi ha emozionato tantissimo perché è stato tutto un improvvisare, ogni personaggio è nato fulmineo e senza preavviso. Come mi piace dire, io non uso una scaletta predefinita da cui sviluppare la storia, quindi io e Zora ci incontriamo su un foglio bianco senza la minima organizzazione e pretendiamo stupore. Nel primo romanzo sento che ci siamo soddisfatte a vicenda.

4) Nel tuo romanzo si nota un ritorno ad una figura più gotica di vampiro, essere sanguinario che segue i suoi istinti, e in questo senso penso soprattutto alla figura di Crave che ricorda un po’ quella di Dracula. Nel primo incontro tra Crave e Zora infatti c’è una sorta di parallelismo con la scena del romanzo di Stoker nella quale il povero Harker si rende conto che ha a che fare con un mostro sanguinario. Ti sei ispirata a questo classico nella stesura del romanzo?
Premesso che Dracula di Stoker sarà sempre Dracula di Stoker, storia che ho amato e riletto all’infinito quand’ero più giovane, devo dire che nulla mi ha condizionato nella stesura del romanzo. Ovviamente anch’io ho delle contaminazioni, ma per Zora, volevo una cosa diversa e, soprattutto, volevo che si allontanasse dai molti volumi sui vampiri che affollano le librerie.
Tuttavia la mia passione per le creature immortali nasce quand’ero proprio piccola, tipo 7 o 8 anni, grazie a mia mamma che mi comprava tutti gli episodi della saga di Vampiretto. Vent’anni dopo, li ha regalati anche a mia figlia che ora gira per casa con un mantello nero… come si dice, le passioni si tramandano!

5) Cos’è l’amore nella non-vita di un vampiro secondo te?
Allora, se contiamo che non l’ho ancora capito nella mia vita terrena, benché sia arrivata all’alba dei trent’anni, potrei dire che l’amore nella non-vita di un vampiro è la ricerca inconsapevole e inattesa di un’emozione che dia l’illusione di sentire un battito riaccendersi nel proprio cuore. Una scossa vitale prolungata per l’eternità.
Un legame indissolubile.

6) Se dovessi scegliere un aggettivo per descrivere Zora, quale sarebbe?
Ce ne sarebbero tanti, ma oggi dico curiosa.

7) “La curiosità uccide il gatto” può essere considerato un paranormal romance, un young adult o ancora uno urban fantasy. Tu come lo categorizzeresti, avendo gli elementi di tutti e tre i generi letterari?
Romanzo urban fantasy, che si colloca nel genere paranormal romance, rivolto a un pubblico young adult. Venature gialle e rosa.

8) Quando potremo reperire il tuo romanzo in libreria? C’è una data sulla quale possiamo orientarci?
Purtroppo non so ancora nulla in merito, a parte che è andato in stampa qualche giorno fa. Per la distribuzione, invece, sicuramente lo troveremo nei principali stores online.

9) Perché hai scelto di ambientare la saga nei mesi che vanno da Settembre a Dicembre?
Perché sono i mesi che amo di più. I colori dell’autunno mi ipnotizzano, così come le atmosfere invernali

10) Hai già in mente il modo in cui si snoderanno gli altri capitoli della saga di Zora Von Malice?
Sto scrivendo il secondo capitolo, intitolato Il silenzio è dorato, nel quale verranno eliminati tutti i punti interrogativi rimasti dal primo.
Non mancheranno flashback e colpi di scena, soprattutto uno. Un enigma che solo il lettore più attento può intuire tra le righe de La Curiosità uccide il gatto.

Grazie per averci concesso questa intervista. Non vedo l’ora di leggere il seguito!

Sulle note di un libro (5) abberwocky, Alice tra progressive rock e nonsense


A cura di Miki


Alice's Adventures in Wonderland (1865) e Through the Looking-Glass (1871) di Lewis Carroll (1832-1898) hanno da sempre ispirato opere in musica: si va dalle suite ai veri e propri spettacoli, fino ad arrivare ai singoli brani, come White Rabbit (1967, Surrealistic Pillow) dei Jefferson Airplane.
Clive Nolan e Oliver Wakeman, musicisti e tastieristi progressive rock di fama internazionale, ci hanno regalato nel 1999 un bellissimo concept album dal titolo Jabberwocky, ispirato appunto alla poesia nonsense contenuta nel romanzo Through the Looking-Glass e composta da Carroll come parodia della tradizione anglosassone. Sia le parti strumentali che quelle cantate sono perfettamente arrangiate e orchestrate e contribuiscono, insieme a tastiere e chitarra, a illustrare con successo ogni capitolo della storia: è facile perdersi dentro questo universo fantasioso e quasi onirico in cui un ragazzo (The Boy) affronta il Jabberwock, rappresentazione mostruosa di tutte le paure e gli incubi della sua protetta (The Girl) e riesce, dopo mille peripezie, grazie al suo coraggio e alla sua forza, a ripristinare la pace. Tra le dodici tracce dell'album spiccano Dangerous World, dove fa la sua comparsa il Jabberwock e nella seconda parte la ragazza introduce i suoi incubi e i suoi sentimenti per l'eroe, A Glimmer of Light, la breve ballata cantata da Tracy Hitchings, in cui The Girl fortifica con le sue parole la fede del giovane, e infine l'emozionante Enlightenment, che si avvia alla conclusione con un potente solo di chitarra.

Qui sotto trovate il link YouTube alle tracce di Jabberwocky

Le sette strofe della poesia sono raccontate divise di brano in brano dalla voce di Rick Wakeman, padre di Oliver ed ex membro degli Yes, questa volta in veste di narratore. Eccole qui riportate:

'Twas brillig, and the slithy toves
Did gyre and gimble in the wabe;
All mimsy were the borogoves,
And the mome raths outgrabe.

Beware the Jabberwock, my son!
The jaws that bite, the claws that catch!
Beware the Jubjub bird, and shun
The frumious Bandersnatch!

He took his vorpal sword in hand:
Long time the manxome foe he sought
So rested he by the Tumtum tree,
And stood awhile in thought.

And as in uffish thought he stood,
The Jabberwock, with eyes of flame,
Came whiffling through the tulgey wood,
And burbled as it came!

One, two! One, two! And through and through
The vorpal blade went snicker-snack!
He left it dead, and with its head
He went galumphing back.

And hast thou slain the Jabberwock?
Come to my arms, my beamish boy!
O frabjous day! Callooh! Callay!
He chortled in his joy.

'Twas brillig, and the slithy toves
Did gyre and gimble in the wabe;
All mimsy were the borogoves,
And the mome raths outgrabe.

Se volete cimentarvi nella traduzione fate pure. Altrimenti, se siete comunque curiosi, ecco la versione italiana tratta dal primo capitolo di Al di là dello specchio (e quel che Alice vi trovò), edizione Einaudi tradotta da Alessandro Ceni.

Era cuociglia, e i viscoflessi tlucà 

girottolavano e socchiellavano nella radozza; 
tutti invelini erano i bigori là 
e i rabi vidasa strofiavan nella strozza.


- Attento al Farfuciarbuglio, figlio mio! 

Zannuto di ganasce, tenaglie ha per artiglio! 
Attento stai all'uccel Scríoscrío, 
ed evita il furimante Ghermidrillo!


Egli impugnò allor la fedefida spada 

e a lungo ricercò l'omivoro nemico.. 
Poi sotto a un Dumdum in mezzo ad una prada 
ristette e meditò sull'arduo suo disbrigo.


E mentre in rorutroso pensier cosí ei stava, 

il Farfuciarbuglio, con occhi di fiamma, 
sofolando pel tenebrumido bosco s'avanzava, 
lanciando di beegheggii tutta una gamma!


Zif-zaf! Un, due! Zif-zaf! Un, due! 

Con la fedefida lama di taglio, di punta, di rasa! 
Finché non l'ebbe morto con tante e tante bue; 
mozzatagli la testa galutronfiò a casa.


- Il Farfuciarbuglio hai tu ucciso già? 

Vien qua tra le mie braccia, o figlio mio fulgoso! 
O giorno pien di gribola! Chiòchiò! Chiàchià! - 
Così ridagghiolava nel cuore suo gioioso.


Era cuociglia, e i viscoflessi tlucà 

girottolavano e socchiellavano nella radozza; 
tutti invelini erano i bigori là 
e i rabi vidasa strofiavan nella strozza.


Se ancora non avete capito nulla e volete ulteriori spiegazioni potete leggere il sesto capitolo di Al di là dello specchio, dove Humpty Dumpty (Tappo Tombo) racconta ad Alice la prima strofa. Più precisamente "cuociglia" sono le quattro del pomeriggio (da "cuocere" e "griglia", quindi il momento della giornata in cui si prepara la griglia per la cena); "viscoflessi" è una parola composta formata da "flessuosi" e "viscosi", mentre "tlucà" sono creature a metà tra tassi, lucertole e cavatappi che amano nidificare vicino alle meridiane; "girottolare" e "socchiellare" significano rispettivamente "girare in tondo" e "fare buchi", "radozza" invece è lo spazio d'erba intorno ad una meridiana; "invelini" è un'altra parola composta da "velina" e "infelice" e un "bogoro" è un uccello dalle molte piume ma con l'aria dimessa; i "rabi" sono maiali verdi, "vidasa" è un'abbreviazione di "via da casa", si tratta quindi di animali che hanno smarrito la strada; infine "strofiare" vuol dire emettere un verso a metà tra un muggito, un fischio e uno starnuto. Dietro ad ogni parola si cela inoltre un linguaggio cifrato matematico: ogni sillaba corrisponde infatti ad un numero o ad un segno algebrico, a sottolineare la grande passione di Carroll per la matematica. In ogni caso esistono molte altre interpretazioni, comprese quelle che ci ha lasciato l'autore in alcune sue lettere e prefazioni, anche se in parte differenti l'una dall'altra.
Sullo stesso genere di Jabberwocky, utilizzando e ampliando sempre alcuni dei neologismi creati apposta per quest'ultimo, Lewis Carroll ha scritto nel 1974 anche il poemetto umoristico nonsense The Hunting of the Snark (La caccia allo Snark), dove alcuni uomini vanno a caccia di un mostro chiamato appunto Snark.

Le avventure di Alice nel paese delle Meraviglie e Al di là dello specchio
Le avventure straordinarie della piccola Alice in un bizzarro mondo alla rovescia sono molto più di un classico per l'infanzia. Se da un lato vi si può leggere una parabola che svela le assurdità e le incoerenze della vita adulta, dall'altro vi si coglie, immediata, una raffinatissima abilità linguistica, dove il gusto per il paradosso e il calembour, il nonsenso e la parodia si esprimono con impareggiabile inventiva. Un classico, quindi, cui hanno guardato molti protagonisti della letteratura del Novecento da Queneau a Nabokov.

La caccia allo Snark (edizione SE con testo inglese a fronte, 2004)
Lewis Carroll pubblicò La caccia allo Snark nel 1876. Sin dal nome, composto da 'shark' (squalo) e da 'snake' (serpente), così da connettere in un unico termine due significati, lo Snark introduce un concetto di doppiezza, di ambiguità, di inafferrabilità. Come ogni 'monstrum', lo Snark è il non-visibile, il non-rappresentabile, che tuttavia, con stupore e terrore, percorre l'esistenza. In questo poemetto eroicomico destinato a diventare uno dei punti di riferimento del surrealismo, e che, come scrive Sanesi, 'nulla vieta di associare alla tipica quest della letteratura medioevale', il lettore è messo di fronte allo sviluppo autonomo di due situazioni o dimensioni simultanee.

Lewis Carroll (1832-1898)
Scrittore inglese, studiò a Rugby e a Oxford, nel Christ Church College, dove rimase poi sino al 1881 come lettore di matematica pura, scienza alla quale dedicò numerosi trattati. Di carattere assai timido, C. fu grande amico (e fotografo) di alcune bambine, e per una di esse, Alice Liddell, scrisse Alice nel paese delle meraviglie (Alice’s Adventures in Wonderland, 1865). Quest’opera, la più nota e amata della letteratura infantile inglese, ha esercitato una forte attrazione anche sui lettori adulti per il peculiare gusto del gioco logico e verbale. Alle avventure di Alice C. diede un seguito con Attraverso lo specchio (Through the Looking-Glass, 1871), che ebbe un successo quasi altrettanto vasto. I personaggi, che nell’opera precedente erano carte da gioco, in Attraverso lo specchio sono pezzi del gioco degli scacchi; il loro comportamento è determinato dalle regole della partita, ma si colora di originalissimi toni comici. La facoltà, per eccellenza infantile, di osservare con perfetto candore la realtà servì a C. per mettere a nudo le assurdità e le incoerenze della vita adulta e per dar vita a incantevoli giochi basati sulle regole della logica. La caccia allo Snark (The Hunting of the Snark, 1876), in apparenza una buffa poesia nonsense, nasconde possibilità di interpretazione simbolica che hanno affascinato la critica moderna.

lunedì 30 luglio 2012

Looking for books (21)



Ecco qui, dopo un po' di assenza, una nuova puntata di Looking for books, la vetrina in cui vi espongo i romanzi scovati in libreria dopo il consueto giro del sabato pomeriggio. In questo episodio ha acceso molto il mio interesse "Il profumo del caffè" di Anthony Capella, che ci riporta nella Londra di fine Ottocento in compagnia di un personaggio fuori dagli schemi. "Il mondo nella testa", con protagonista il filosofo Schopenhauer, sembra un libro abbastanza bizzarro, e "Il figlio dello sconosciuto" promette una storia particolare dal sapore antico. Riconoscerete sicuramente i nomi "Ahern" e "Cunningham": la prima, autrice di P.S.: I love you, da cui è stato tratto un film, ha pubblicato un nuovo libro edito da Rizzoli; al secondo è stato  assegnato il premio Pulitzer nel 1999 per l'opera "Le ore". Buona lettura! 



Il profumo del caffè - Anthony  Capella
Londra, 1896. Robert Wallis ha ventidue anni e conduce una pigra esistenza da esteta, tra oppio, vaghe aspirazioni letterarie, una raffinatezza ricercata e languidi incontri con donne di facili costumi. Vive in un limbo ozioso: non più studente, dopo l'espulsione da Oxford, non ha alcuna fretta di trovare lavoro, assistito com'è dalla benevola munificenza del padre. Il giovane bohémien ignora però di avere un dono prezioso: un palato molto sensibile e una "plume" precisa ed elegante, capace di tradurre in parole ogni sfumatura del gusto. Il caso vuole che un giorno capiti al Café Royal, la brasserie frequentata da Robert e da una nutrita schiera di eccentrici nullafacenti come lui, Samuel Pinker, un mercante di caffè basso come uno gnomo e dall'aria compunta e sobria come la sua finanziera senza fronzoli. Perspicace come pochi, Pinker assolda il giovane esteta per un progetto rivoluzionario: creare un cofanetto di aromi per dare al caffè un lessico universale. Il mercante ha una figlia, Emily, una ragazza dal viso espressivo e vivace, e dai capelli setosi e dorati raccolti in una crocchia severa. La razionalità e tenacia di Emily, allevata dal padre all'insegna del progresso e della modernità, compensano perfettamente la mollezza sensuale di Robert e, con grande disappunto di Pinker, tra i due nasce un amore condito da profumi e sapori afrodisiaci.
Editore Neri Pozza
Anno: 2012
Pagine: 526
Prezzo: € 18,00 


L' arte segreta dei rimedi del cuore -  Regina O'Melveny
È l'anno 1590 e a Venezia c'è un solo medico donna, cui le signore della Serenissima si rivolgono per vincere la malinconia, placare gli attacchi d'ira, allontanare le paure: la dottoressa Gabriella Mondini, in grado di trovare le giuste combinazioni di erbe, fiori e rimedi naturali che agiscono sul corpo come sull'anima. Gabriella è la figlia del dottor Mondini, famoso scienziato che le ha trasmesso la passione assoluta per l'arte della medicina. Ma lui è lontano: partito ormai da molti anni, insegue il sogno di compilare il Libro dei Rimedi - un compendio della sapienza medica del tempo raccontando alla figlia le sue scoperte in lunghe lettere che lei legge ogni volta con la stessa trepidazione. Quando queste, però, si fanno sempre più vaghe e inquietanti, Gabriella decide di mettersi sulle tracce del padre. Comincia così un viaggio pieno di pericoli, sorprese e incontri: seguendo gli indizi contenuti nelle lettere, Gabriella si spingerà da Venezia fino alla Spagna e al Marocco, da dove è giunta l'ultima missiva; per comprendere infine l'incredibile verità che si nasconde dietro il silenzio del dottor Mondini. Imparando che la medicina nasconde ancora molti segreti per lei, e scoprendo in ogni luogo nuove erbe, nuovi rimedi e nuovi mali da curare. Tra i quali, quello più pericoloso e impenetrabile di tutti, per cui non c'è cura che tenga: l'amore.

Editore Sperling & Kupfer 
Anno: 2012
Pagine: 341
Prezzo: € 18,90



Il mondo è nella testa - Christoph  Poschenrieder 
Arthur Schopenhauer è furioso. Ha appena consegnato "Il mondo come volontà e rappresentazione" e l'editore ne rimanda a chissà quando la pubblicazione. Meglio andarsene allora, lasciarsi alle spalle per un po' la Germania. Parte per l'Italia con in tasca un biglietto firmato da Goethe, l'amico di famiglia che, con una punta di malizia, lo raccomanda a Lord Byron. Il poeta inglese, infatti, in quei mesi è a Venezia, ma con i suoi canti per le libertà dei popoli e i costumi disinvolti si è già fatto una cattiva fama, attirando su di sé l'occhio delle instancabili spie di Metternich. In viaggio con uno studente stravagante e un improbabile gruppo di Brahmani, il giovane Arthur si mette nei guai prima ancora di arrivare sulle rive del Tagliamento: la polizia austriaca non lo perde di vista, insospettita dalla compagnia e da quella sconveniente raccomandazione. Giunto a Venezia, contro ogni previsione Arthur non si precipita a incontrare Byron, verso il quale nutre in fondo una certa gelosia. A catturarlo sono le calli, i campi e i labirinti lungo i canali, che nascondono i suoi movimenti e confondono gli inseguitori. Ma Arthur non riesce a passare del tutto inosservato. A trovarlo sono Ciccio, un cagnolino che gli farà da guida ovunque, la capricciosa cantante lirica Angelica Catalani e Tita, il gondoliere di Byron, che gli insegna il suo difficile mestiere. A incantarlo però sarà soprattutto Teresa, la ragazza che lavora per i vetrai di Murano e che lo costringerà a rivedere la sua idea dell'amore. 
Editore: Mondadori 
Anno: 2012
Pagine: 218
Prezzo: € 19,50  


Cose che avrei preferito non dire -  Cecelia Ahern
La vita di Lucy Silchester è perfetta: amore, carriera, soldi. Ok, fermi tutti, forse le cose non stanno esattamente così... Perché Lucy, quasi trent'anni e una istintiva avversione nei confronti della verità, ha fatto delle piccole, grandi bugie che ogni giorno inventa per se stessa e per gli altri uno scudo per proteggersi dalla realtà. Una realtà che, al momento, consiste in un lavoro più adatto a uno zombie che a un essere umano; un monolocale con la moquette così sporca da consentire di scriverci sopra senza rimorsi; un gatto ermafrodita e incontinente e un ex fidanzato perfetto che, piantandola, l'ha condannata al rimpianto e all'autocommiserazione. Fino al giorno in cui trova uno strano biglietto ad attenderla sulla soglia di casa. È l'invito a presentarsi a un colloquio esplorativo con un fantomatico quanto insistente personaggio che si fa chiamare Vita. Ad attenderla, in uno squallido ufficio che puzza di umido e di deodorante da quattro soldi, Lucy trova un uomo di mezza età malvestito e dall'aria stravolta. Che dimostra di conoscerla meglio di chiunque altro e si offre di aiutarla a essere finalmente se stessa. Chi è veramente quel tipo? Che cosa nasconde dietro i modi bruschi e l'irritante talento nel mettere a nudo ogni dubbio, debolezza, terrore che abbiano mai attraversato la mente di Lucy? Ma soprattutto, riuscirà Lucy, con o senza il suo aiuto, a ritrovare il coraggio di amare di nuovo?
Editore: Rizzoli
Anno: 2012
Pagine: 377 
Prezzo: € 18,00


Non all'amore né alla notte -  John Boyne
Inghilterra, 1919. Tristan Sadler ha solo ventun anni, ma è già un veterano. Un tremito incontrollabile alla mano destra e un senso di colpa così devastante da sconfinare nell'odio di sé, sono questi i segni che l'esperienza atroce e insensata della Grande Guerra gli ha lasciato addosso e nel cuore. E anche se ha provato a rifarsi una vita inseguendo il sogno di diventare scrittore, il ricordo di un gesto inconfessabile non gli dà pace. Proprio per lenire le ferite di un passato che non vuole passare, Tristan decide di incontrare la sorella di Will, un commilitone giustiziato durante la guerra perché, obiettore di coscienza "assolutista", aveva gettato le armi e rifiutato di combattere contro altri esseri umani: c'è un plico di lettere che Tristan vuole riconsegnare alla famiglia del compagno morto. Ma l'incontro fra Tristan e Marian prende una piega diversa e inaspettata, quella di una struggente, urgentissima confessione. Perché il tempo delle menzogne e della violenza è finito, e per Tristan è giunta l'ora di fare i conti con chi è veramente. Con "Non all'amore né alla notte" John Boyne ci consegna una storia così vera e dirompente da fare più male dei fucili, un inno vibrante al coraggio di amare e di essere liberi.
Editore: Rizzoli
Anno: 2011
Pagine: 320
Prezzo: € 5,90 


Giorni memorabili -  Michael Cunningham
All'apice della Rivoluzione industriale Lucas è un dodicenne costretto a prendere il posto del fratello Simon nella fonderia in cui questi ha perso la vita. È un dodicenne speciale, dotato della capacità di sentire la voce delle macchine e decifrarne gli enigmatici messaggi. La seconda parte si svolge ai giorni nostri, quando Cat Martin, che ha perso il figlio Lucas, convince un aspirante kamikaze a non farsi esplodere e, lasciandosi alle spalle il compagno Simon, lo accompagna alla scoperta di una nuova vita. Nella terza parte si giunge in un futuro popolato da androidi e alieni, dove Simon, un mutante, riscopre il senso e il valore dell'umanità e delle sue passioni grazie alle poesie di Walt Whitman, all'amicizia e all'amore.
Editore: Bompiani 
Anno: 2007
Pagine;410
Prezzo:  € 9,20 




Il figlio dello sconosciuto -  Alan Hollinghurst
Tutto ha inizio nel 1913 nel giardino di una casa nella campagna inglese, quando il timido George Sawle torna da Cambridge insieme a un compagno di studi: l'aristocratico, magnetico, capriccioso poeta Cecil Valance. Si fermano solo tre giorni alla tenuta "Due Acri", ma quel poco tempo è destinato a cambiare la loro vita. E più ancora quella di Daphne, la sorella sedicenne di George. Sul quaderno degli autografi di lei, infatti, Cecil scrive un poema che diventerà, dopo la sua morte al fronte, il simbolo di una generazione. Ma quei primi giorni in cui la Storia sta per fare il suo tragico ingresso sono anche attraversati da malintesi e segreti, che intrecciano i destini della famiglia Sawle con quella dei Valance. Così, mentre George si sentirà ingannato nel suo amore proibito per Cecil, Daphne crederà che quei versi siano stati dedicati a lei e indosserà i panni della vedova del poeta. Sposerà il fratello di Cecil, ma quel suo primo, idealizzato amore la trascinerà da un matrimonio infelice all'altro. A vegliare sulle loro vite c'è comunque l'incombente e gelida presenza della statua bianchissima di Cecil. Fino a quando, settant'anni dopo, due giovani studiosi, coinvolti loro stessi nelle vicende biografiche del poeta, non faranno luce sulla verità di quei pomeriggi ai "Due Acri".
Editore: Mondadori
 Anno: 2012
Pagine: 472
Prezzo: € 22,00


Donna alla finestra -  Catherine Dunne
Lynda e Robert Graham possono dirsi soddisfatti della vita che si sono costruiti. Una bella casa in un quartiere benestante di Dublino, la sicurezza economica, due figli invidiabili, Katie e Ciaràn. Nonostante qualche nuvola passeggera e qualche preoccupazione legata al comportamento un po' aggressivo del figlio adolescente, i Graham vedono scorrere la loro esistenza placidamente, riflessa nel giardino giapponese che ogni mattina all'alba Lynda si ferma qualche attimo a contemplare con l'orgoglio dell'artista. C'è solo un neo in questo perfetto quadro famigliare: si tratta di Danny, il fratello minore di Robert, uno scapestrato che periodicamente sconvolge la loro routine con le sue pretese e i suoi modi prepotenti. Per fortuna, nella casa dei Graham arriva una persona che porta un po' di serenità. Ciaràn infatti presenta ai suoi Jon, un amico bello, educato e sensibile, che presto diventa una presenza fissa al punto da trasferirsi da loro. Agli occhi di tutti Jon sembra l'ospite perfetto, forse troppo: l'istinto di Lynda le suggerisce che qualcosa non va... Chi è veramente il dolce e disponibile Jon?
Editore: TEA 
Anno: 2011
Pagine: 299
Prezzo: € 8,60 






domenica 29 luglio 2012

A chi arriverà Woody...fuga nella realtà?

Buona domenica lettori!! Gli ultimi giveaway si sono fatti aspettare un po', lo so, ma adesso cominceremo a regalare questi libri ed a proporvene di nuovi. Cominciamo, intanto, con Woody...fuga nella realtà, che arriverà alla lettrice...


MicaelaC

mandami il tuo indirizzo e ti invierò il libro al più presto ^^

sabato 28 luglio 2012

Anteprima: L'età dei miracoli di Karen Thompson Walker

Jan Vermeer, Astronomo (1668) Louvre Parigi
Buongiorno lettori! Dopo queste settimane molto stressanti in cui ho dovuto lasciare il blog soprattutto al valido operato delle mie collaboratrici, torno molto più alleggerita sperando che il mese di agosto mi regalerà un po' più di tempo, specie per le letture che ho dovuto praticamente abbandonare (compreso Il signore degli anelli, ma lo sto riprendendo!).
Oggi vi presento un libro di cui ho già leggiucchiato le prime pagine: scritto molto bene, pagato dalla casa editrice Random house ben un milione di dollari, l'opera prima dell'editor Karen Thompson Walker, L'età dei miracoli, sembra ispirarsi -secondo il New York Times- al racconto del papà recentemente scomparso di Ferenheit 451 Ray Bradbury, "Tutta l'estate in un giorno", contenuto nell'antologia Il grande mondo laggiù. Comune è, infatti, il tema del cambiamento dei ritmi ordinari del giorno solare raccontati tramite l'esperienza di una ragazza in età pre-adolescenziale: se in "Tutta l'estate in un giorno" i terrestri hanno colonizzato Venere e vedono la luce del sole soltanto una volta ogni sette anni, in "L'età dei miracoli" la protagonista, Julia, guarda il mondo cambiare con lei a causa di un rallentamento inesorabile della rotazione del nostro pianeta: giorno e notte stanno diventando sempre più lunghi, provocando probabilmente le conseguenze che osserva Bradbury nel suo racconto.
La catastrofe, silenziosa e letale, non causa immediatamente problemi alla popolazione mondiale: si tratta di qualcosa di lento ma inarrestabile, che metterà a dura prova la lotta per la sopravvivenza della protagonista, accompagnato dall'inevitabile sforzo di diventare grande.
Nonostante Julia abbia undici anni, il libro non si presenta -fortunatamente, aggiungo- come una storia young adult dai tratti tipici del genere, e nemmeno come un distopico ripetitivo e scontato: le alterazioni climatiche e naturali sono un esempio speculare della difficoltà di crescere e del cambiamento che essa comporta, tanto che L'età dei miracoli può essere definito più che altro come un romanzo di formazione.
Tra pareri discordanti, L'età dei miracoli è votato quasi 4 stelle su Goodreads, dove viene definito una meritevole ed agrodolce aggiunta al genere apocalittico/fantascientifico. 
In Italia -ma credo che la mia recensione arriverà molto prima- potremo leggerlo dal 28 agosto grazie a Mondadori che, a mio parere, ha realizzato una copertina semplice ma d'impatto: costerà 18.50 euro per 276 pagine.





6 ottobre, gli esperti comunicarono ufficialmente la notizia. Dissero che c’era stato un certo cambiamento, un rallentamento. Da quel momento lo abbiamo chiamato proprio così: il rallentamento.” Julia ha dodici anni quando la terra inizia a rallentare la sua rotazione, prima di sei minuti, poi dodici, poi ventiquattro, fino a quando il giorno si allunga oltre le cinquanta ore, la gravità si indebolisce, gli uccelli smettono di volare, gli astronauti si allontanano dalla terra, compare una nuova malattia chiamata “sindrome da rallentamento”... La terra inizia a cambiare e Julia con lei. E mentre il mondo impaurito si divide tra coloro che continuano a seguire le ventiquattro ore e quelli che si regolano con la luce del sole, Julia cerca di trovare il proprio posto nonostante tutto: nonostante la migliore amica che decide di non vederla più, nonostante le crepe nel matrimonio dei suoi genitori e le paranoie del nonno stravagante, e poi ancora la solitudine, l’adolescenza con tutti i suoi turbamenti, quell’ “età dei miracoli” piena di paura ed eccitazione, e un ragazzo di cui innamorarsi davvero... Intanto il rallentamento, inesorabile, continua.


“L’età dei miracoli è pura meraviglia: toccante e superbamente raccontato. Karen Thompson-Walker ha scritto il romanzo definitivo sulla nostra epoca” 
 Nathan Englander



L'inquietante processo del rallentamento terrestre secondo il sito del libro http://www.theageofmiraclesbook.com



Karen Thompson Walker 
è nata e cresciuta a San Diego. Si è laureata alla Columbia University, lavora come editor da Simon&Schuster, e ha scritto questo suo primo romanzo la mattina prima di andare al lavoro. Senza immaginare cosa si sarebbe scatenato intorno a lei.

Recensione: I due matrimoni di Chrissie Manby



A cura di Lizy


I due matrimoni – Chrissie Manby
Una data, un nome, un destino. Nata il giorno delle nozze tra il principe Carlo e l’amatissima principessa del Galles, Diana è cresciuta in un mondo dorato, coccolata e viziata dai genitori, sempre pronti a esaudire ogni suo desiderio. E ora che è stata fissata la data del matrimonio con il suo Ben, lei ha un unico pensiero in testa: organizzare un evento indimenticabile, grandioso, stupefacente. In una parola, «regale».
Alla soglia dei quarant’anni, Kate non ha mai pensato di sposarsi: troppi impegni lavorativi, troppe cose da fare e, soprattutto, nessun uomo che le abbia davvero fatto palpitare il cuore. Ma adesso è diverso. Prima di tutto, nella sua vita è entrato Ian, una persona generosa e affidabile, che sa metterla sempre a suo agio e che la capisce. Poi c’è la terribile malattia della madre, cui ormai rimangono pochi mesi di vita. E, forse, è proprio per farle un ultimo regalo che Kate accetta la proposta di matrimonio di Ian. L’importante, però, è che la cerimonia sia sobria e per pochi intimi. In una parola, «semplice».
Diana e Kate, due donne agli antipodi che s’incontrano per caso davanti a un vaporoso abito da sposa, un trionfo di tulle e organza, col corpetto impreziosito da rose ricamate a mano. Il vestito ideale per Diana, troppo appariscente per Kate. Ma il fato, si sa, è capriccioso. Quell’abito principesco, infatti, sembra sia stato disegnato apposta per Kate: uno sgarbo intollerabile per l’ipercompetitiva Diana, che entra così in fibrillazione. Ed è solo l’inizio, perché l’organizzazione dei due matrimoni ha in serbo molte altre sorprese…


Titolo: I due matrimoni
Autore: Chrissie Manby
Editore: Tre60
Pagine: circa 380
Prezzo: 9,90 euro

(Puoi trovare ulteriori info QUI)

Voto: 

Personalmente era dai tempi di “I love shopping in bianco” che non leggevo storie incentrate sulle nozze e, leggendo la trama di questo romanzo, speravo di catapultarmi nello spensierato mondo dell’ansia prematrimoniale, fatto di fiori, abiti estrosi e tanto sano divertimento. Ma “I due matrimoni” non ha niente di tutto questo: per quanto le prime cento pagine siano godibili, le successive sono tremendamente noiose. Kate e Diana sono due future spose appartenenti a due diverse decadi, come diversi background sociali e stili di vita, ma la prima deve fare i conti anche con il suo nuovo lavoro e la preoccupazione per la madre che è affetta dal cancro, mentre la seconda ha praticamente costretto il fidanzato al matrimonio dopo aver scoperto il suo tradimento.
Il romanzo si sforza di sembrare piccante, aggiungendo il topos del triangolo amoroso, intervallato dalle lagne di Kate e dai capricci di Diana, il menefreghismo di Ian e la “fedeltà” di Ben (quella di un fido cagnolino). I dialoghi sono un po’ surreali, così come le descrizioni dei servizi fotografici degli sposini. 
Per quanto si possa avere un po’ di simpatia per Kate, giustificata dal suo essere una persona ordinaria, non si può fare a meno di trovarla snervante, con la sua pretesa di essere capita senza che si sforzi di dire come si sente, o semplicemente vivendo il matrimonio come un passo che “s’ha da fare”, senza badare alla decisione dell’abito o altri particolari molto personali. Al contrario Diana è la classica “principessa” di un padre con i sensi di colpa per aver divorziato dalla madre e che per questo le regalerebbe perfino la luna, convinta che il mondo giri attorno a lei e che tutto debba stare ai suoi ordini.
L’unico personaggio che si è guadagnato la mia simpatia è Melhany, la proprietaria del negozio “Bride on time”, con i suoi pensieri e il suo amore per il grande giorno. Per il resto di questo romanzo è più comica la copertina che il contenuto. Sembra che si sia giocato proprio sulla coincidenza del matrimonio reale inglese per rendere la storia più “commerciale”, sicuramente una buona strategia di marketing che non fa altro che confermare che l’abito non fa il monaco.
Nonostante sia ben tradotto e i periodi siano ben calibrati, il romanzo non decolla, anzi, più volte ho accelerato la lettura perché lo strazio finisse. Ho idea che lo scopo dell’autrice fosse quello di cercare di toccare il cuore con la storia del tumore al seno (cosa che a breve credo diventerà uno dei topoi della letteratura), lasciando pensare che si abbia davanti un romanzo toccante oltre che ironico, ma ciò non fa altro che appesantire la narrazione. 
Anche l’appigliarsi alle storie delle due principesse di cui le protagoniste portano il nome è banale e scontato, per non parlare del nome completo di Kate che rileva una mancanza di fantasia (si chiama infatti Kate Williamson). 
Insomma, una lettura che avrebbe dovuto essere fresca e leggera, ma che col senno di poi mi sarei bellamente risparmiata.

venerdì 27 luglio 2012

Il tempio degli otaku: sessantanovesimo appuntamento “Le bizzarre avventure di JoJo: Phantom Blood”


A cura di Surymae Rossweisse

Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. E' da qualche settimana che non parliamo di opere famose...E quando mai, mi direte voi. Beh, per una volta invece abbandoniamo questo cimitero di manga che vanno dal “per un pubblico di nicchia” al “chi cavolo li conosce?”.
Questo però non ci impedisce di andare indietro nel tempo: negli anni '80, e per la precisione in una rivista shonen (Shonen Jump, appunto) che era ai suoi massimi splendori. Un sacco di titoli di cui loro si sono occupati in quel decennio, infatti, hanno fatto la storia del genere: e questo è uno di quelle. Ambientazione antica! Elementi kitsch a più non posso! Sceneggiatura satura di piccole ingenuità! Questo, e molto altro, ne “Le bizzarre avventure di JoJo: Phantom Blood” di Hirohiko Araki, primo dell'omonima saga.

Inghilterra dell'800. La ricca famiglia Joestar, il cui rampollo è Jonathan (detto JoJo), subisce una piccola rivoluzione: nella loro residenza viene infatti ad abitare il giovane Dio Brando, figlio di un malvivente che non naviga nell'oro. Il vecchio capofamiglia è convinto, con questa mossa, di aver raggiunto due obiettivi: il primo, ripagare un debito con Brando senior, il quale in passato gli ha salvato la vita; il secondo, procurare un nuovo amico – ed un fratello – a Jonathan.
Si sbaglia su tutta la linea. Per prima cosa, l'obbligo che Joestar ritiene di avere è solo frutto di un malinteso. La seconda è che Dio non ha affatto intenzione di essere amico di JoJo, anzi aspira a rendergli la vita un inferno. Maltratta il suo amato cane, bacia la ragazza che gli piace, lo ricopre di ridicolo... e di tutto questo il vecchio capofamiglia nemmeno se ne accorge.
Passano gli anni; Dio e Jonathan crescono, e gli sforzi di quest'ultimo per passare sopra ai vecchi torti ed avere un buon rapporto sembrano pagare. Ma anche questa è solo un illusione. Brando infatti ha messo gli occhi sull'eredità dei Joestar, ed in particolare di un vecchio manufatto che, si dice, può garantire la vita eterna: la maschera di pietra. Dopo la provvidenziale malattia del capofamiglia, mette in atto il suo piano: costringere JoJo ad indossare l'artefatto, provocandone così la morte. La cosa non funziona: per un errore è Dio stesso a mettersela... diventando così un vampiro. Non che ne sia scioccato. Che cos'è l'eredità di una semplice famiglia quando si può avere il mondo intero?
Jonathan – che ormai ha capito che razza di persona sia il fratellastro – è deciso a non permettere che ciò accada; con l'aiuto di un ladruncolo (Speedwagon) ed un maestro di lotta (Will A. Zeppeli) cercherà di sconfiggere il malvagio vampiro. Ci riuscirà?

Phantom Blood 8Se questa trama – e questa recensione, una volta finita di leggerla – vi hanno intrigato, vi prego di chiudere almeno un occhio, durante la lettura del manga, e di essere indulgenti. La non elevatissima esperienza dell'autore – qualche opera all'attivo, ma nessuna di così grande portata – e i tempi in cui è stato pubblicato creano un mix esplosivo di ingenuità.
Ad esempio, la sceneggiatura: lunghi inforigurgiti, abuso di punti esclamativi (a volte sembra di leggere una pubblicità, o un comic americano di fattura decisamente bassa), nomi di personaggi a dir poco opinabili che si uniscono a dialoghi che a volte sono più divertenti che drammatici. Cercate di capire: è piuttosto difficile avere paura di un cattivo che si chiama Dio Brando – unione di Ronnie James Dio, cantante metal, e il più celebre Marlon Brando.
Tutti questi sono certamente difetti, ma paradossalmente sono una delle caratteristiche che rendono la serie unica e meritevole di provare. La lettura è scorrevole anche perché le frasi sono eccessive e didascaliche; il cast convince per il suo essere sopra le righe. Sono tutte pecche tipiche della sua epoca – dove l'esagerazione era diventata quasi una religione – e per questo ci dicono tanto degli anni '80, delle sue sciocche mode e delle sue caratteristiche, nel bene e nel male.
Ma “...Phantom Blood” ha anche dei meriti tutti suoi, indipendenti da fattori esterni. La poliedricità, ad esempio. In soli cinque volumi abbiamo: una sottospecie di shojo, con le vicende di una famiglia nobile ed accenni amorosi, l'horror puro (c'è persino Jack lo Squartatore, in un'inedita veste), un'incursione nello storico – il conflitto tra Elisabetta I e Maria Stuarda – fino ad arrivare al buon vecchio shonen dediti ai combattimenti.
Naturalmente prevale l'ultima categoria, con annessi cliché che non possono mai mancare: il mentore, il bambino, i nemici progressivamente più forti fino allo scontro con “il boss di fine livello”. Con una piccola innovazione, però: Dio ha mandato gli sgherri perché non voleva disturbarsi ad uccidere lui stesso Jonathan, non per testare la sua forza o sciocchezze del genere.
relate learn strong quest defeat dio sunlight yellow overdrive Jonathan Joestar phantom bloodTornando agli altri generi, lo storico sorprende, anche se l'evidente ammirazione di Araki per Maria Stuarda – dipinta praticamente come una santa, a differenza di coloro che stavano dalla parte di Elisabetta – ne toglie un po' di fascino. Indubbiamente, comunque, una delle parti più belle di tutta la serie.
Anche il versante horror regala soddisfazioni: sapete com'è, a forza di vampiri sbrilluccicosi che di vampiro hanno solo il nome uno quasi si dimentica come dovevano essere in realtà, vale a dire spaventosi. Meno male che ci pensano “Le bizzarre avventure di JoJo” a rinfrescarci la memoria.
Lo shojo ha le briciole, visto che si limita soltanto al primo volume o giù di lì, ma è importante per gettare le fondamenta della storia: presentarci i personaggi, le loro motivazioni e la loro personalità. A proposito di ciò, il mangaka dimostra di saperci fare abbastanza con l'introspezione psicologica. Convince Jonathan, il protagonista: nonostante sia dispiaciuto per come sono andate le cose con Dio, non è il solito pacifista che crede che soltanto la forza delle parole possa bastare a salvare il mondo. All'inizio della storia magari lo pensava possibile, ma poi cresce, e non si tira indietro quando il gioco si fa duro. Questo non significa che gli piaccia picchiare la gente fino a ridurla in fin di vita, ma quando si arriva a quei punti che bisogna fare?
E poi, Dio Brando. D'accordo, forse sono un po' parziale, dato che – ma pensa! - Ronnie James Dio è uno dei miei cantanti preferiti, ma è probabilmente uno dei cattivi shonen che più è rimasto nell'immaginario collettivo. Certo, è un po' troppo loquace e un po' troppo malvagio per essere credibile, ma l'intelligenza (la sua) e il carisma (farina dell'autore) rimangono.
Gli altri personaggi si alternano tra chi ha una buona caratterizzazione e chi no. Tra i primi spiccano sicuramente Zeppeli, la cui storia è narrata nei dettagli, ed Elena, la spasimante di Jonathan, il cui carattere viene scandagliato nonostante la poca esposizione, ma anche alcuni secondari, come il capofamiglia Joestar. Tra chi non è stato così fortunato, invece, impossibile non citare Speedwagon, che non fa assolutamente niente per tutta la durata della storia a parte far notare al lettore cose che con tutta probabilità aveva già capito da solo. Grazie per lo sforzo, comunque.

Il tratto di Hirohiko Araki segue fedelmente gli stilemi dell'epoca. Figure che sembrano uscite da una gara di culturismo, capigliature che resistono persino alle leggi della fisica, pose che vorrebbero essere “serie” ma che a noi fanno sorridere, una disposizione della tavola caotica e l'ignoranza del fatto che oltre al bianco e – soprattutto – al nero, esiste il grigio, con tutte le sue sfumature. Ma senza quello stile così tamarro la storia non sarebbe stata la stessa. E a noi, in fondo, “...Phantom Blood” va bene anche così.

E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!

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