A cura di Surymae Rossweisse
Salve a tutti, e benvenuti ad
un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Oggi è tempo di parlare di nuovo
di un sottogenere che – ormai lo avrete capito – riscuote i miei esigenti
favori: lo shojo d'annata. L'opera
di questa settimana è il frutto di due autrici che non avevano ancora fatto il
loro ingresso nel Tempio, ma di certo non per il loro valore e per la loro
importanza storica.
La prima, Kaoru Kurimoto, è la
scrittrice dietro alla popolare (e lunghissima, con più di cento volumi
all'attivo) saga fantasy di “Guin Saga”, di cui questo lavoro è prequel;
l'altra è la mangaka Yumiko Igarashi.
Come sarebbe a dire, non la conoscete? Sicuramente vi diranno qualcosa “Georgie” e “Candy Candy”, che volente o nolente hanno fatto parte dell'infanzia
di molte di noi. Ecco, lei è la disegnatrice di queste due serie...
Ma basta con le presentazioni,
parliamo ora del frutto di questo matrimonio: la mini-serie “La spada di Paros” di Kaoru Kurimoto e
Yumiko Igarashi. Buona lettura!
Erminia è l'unica figlia del re di Paros, regno piuttosto fiorente
e per questo vittima delle mire dei popoli vicini. Più brava degli uomini nelle armi, rifiuta le vesti femminili ed
aborrisce all'idea di prendere marito: il classico “maschiaccio”? Purtroppo il
problema è più serio, perché la nostra
si sente un uomo in tutto e per tutto.
Un giorno i destini della
sfortunata lavandaia Fiona ed Erminia si incrociano, e nasce l'amore. La prima vede così coronato il suo sogno di
rincontrare il principe che aveva visto da bambina; la seconda vede nella dolce
serva una persona che le voglia bene per quello che è.
Ma la coppia deve affrontare numerose avversità, e non soltanto per
la loro differenza di rango. Il re non vuole più aspettare che Erminia prenda
un marito: dovrà decidere entro dieci giorni, o altrimenti lo farà lui per lei.
La nostra, per non farsi forzare troppo la mano, bandisce un torneo: chi la
batterà nelle armi diventerà il suo consorte. Non immagina, però, che molti
individui male intenzionati aspirino al trono di Paros...
Non ho bisogno di elencarvi i
numerosi cliché presenti nella trama perché insomma, sono piuttosto evidenti. Ci sono i tipici stereotipi di stampo
fantastico: l'artefatto misterioso, i popoli nemici, il torneo per prendere la
mano della donzella di turno, ecc. Non mancano, però, anche quelli che si
riferiscono agli shojo dell'epoca: la donna che si sente più a suo agio nei
panni maschili, l'orfanella bistrattata da tutti, l'amico di infanzia – Julius
– che prova qualcosa di più di affetto fraterno.
Questo dimezza di molto le possibilità della scrittrice di stupire il
pubblico, che intravede i maggiori colpi di scena con grande anticipo, ma
non è sempre un difetto: per un certo genere di pubblico può anche essere un
vantaggio, perché sono comunque stilemi sempre popolari e sempre d'effetto.
Dipende molto da quello che si cerca nell'opera: chi vuole originalità sempre e comunque rimarrà piuttosto deluso.
Rimane comunque un'opera
piuttosto scorrevole da leggere, ed a suo modo anche avvincente, anche se non
le mancano i difetti. La maggior parte sono da imputare alla sua breve durata,
anche se il fatto che è stato pubblicato tempo addietro (1986) non aiuta. Tre
soli volumi a cui la carne al fuoco non manca: inevitabilmente qualcosa deve
essere sacrificato, nella fattispecie la parte più fantastica. Il finale è aperto: anche troppo,
perché molte parti della storia vengono lasciate in sospeso senza che si abbia
una minima idea di quello che succederà in futuro.
Il setting fantasy, invece, è piuttosto curato. Si può benissimo
leggere “La spada di Paros” senza “Guin Saga”: anche se mancano molte
spiegazioni sull'ordinamento giuridico e religioso del regno, le cose
necessarie alla storia vengono comunque chiarite. Da notare poi l'assenza della
“tecnica” dell'inforigurgito, a parte un'eccezione: questo è senza dubbio un
pregio.
…Ma la maggior parte della gente leggerà quest'opera per la sua
componente romantica, e le loro aspettative non saranno mal riposte. I
riflettori sono tutti puntati sul triangolo amoroso di Erminia, Fiona e Julius.
La prima, lo sappiamo, ama Fiona, ricambiata. Julius, però, è innamorato della
principessa; chi non l'ha capito è la diretta interessata, che crede che lui la
veda come una sorella e non
ricambierebbe i suoi sentimenti in ogni caso. In tutta onestà non è un triangolo amoroso imprevedibile
che faccia palpitare il cuore – si capisce benissimo quale sarà la coppia
principale - ma ciò non significa che non si possa simpatizzare o tifare per
Julius, lo svantaggiato.
Se nella trama “La spada di Paros” zoppica, infatti, sono i personaggi
quelli che danno maggiori soddisfazioni. L'attrazione principale è senza
dubbio Erminia: non soltanto un uomo nel corpo di una donna, ma molto di più.
So che è forte la tentazione di accostarla ad Oscar, la famosissima eroina di
Riyoko Ikeda, ma vi prego di resistere, perché è parzialmente scorretto. La
protagonista de “Le rose di Versailles” è in bilico tra uomo e donna, come
dimostrano le sue dolorose relazioni; Erminia, invece, propende per la parte
maschile, e l'altra è solo un impiccio. Dice chiaramente che se potesse
prenderebbe moglie, non che il suo amore per Fiona dia adito a molti dubbi. Se
proprio dobbiamo paragonarla ad un personaggio della Ikeda, più calzante è
Claudine, dell'omonima opera – che abbiamo recensito: ricordate, vero? - una
sfortunata transessuale ante litteram.
Ma Erminia sa stare in piedi
senza questi ingombranti paralleli. Il motivo è che non è la solita eroina idealizzata, priva di difetti: anzi, in più
frangenti dimostra immaturità e soprattutto egoismo. Ad esempio, in
un'occasione lei e la sua amata vanno a divertirsi, lasciando il povero Julius
a fare da palo. Se entro mezzanotte la principessa non sarà tornata a palazzo,
sarà il suo amico a pagarne le conseguenze; ma ciò non le impedisce di far
piani di fuga, che soltanto la bontà d'animo di Fiona riusciranno a placare.
E' inoltre, una volta, seriamente
tentata di usare un metodo sleale per vincere un torneo. Alla fine della storia
i cambiamenti di carattere sono impercettibili: rimane comunque egocentrica, presa esclusivamente dalla sua difficile
situazione. Situazione che, in ogni caso, rimane indagata con grande cura
da parte dell'autrice, rendendo il suo personaggio caratterizzato molto bene.
Fiona è la classica protagonista da shojo, nel bene e nel male.
All'inizio è quasi stucchevole per la sua dolcezza, per la sua sfortuna –
tipico degli shojo, essere bersagli delle prese in giro di tutti – e per il suo
costante rimarcare che le sembra di vivere un sogno; ma certi drammatici eventi
le forgeranno il carattere, portandola ad un'evoluzione che sembrava, quella
sì, un miraggio.
Julius, il terzo incomodo, ha anche lui un ottimo livello di
introspezione psicologica. Capisce fin troppo bene perché Erminia non potrà
mai ricambiare le sue attenzioni, e ne soffre, ma questo non pregiudica i suoi
sentimenti: anzi, forse li amplifica. Non vuole sposarla perché la desidera, ma
per lasciarla libera di fare le sue scelte e vivere il suo amore. Un personaggio idealizzato, certo, ma è
difficile non rimanerne colpiti.
Non ci sono altri membri del cast
di rilievo, anche se il “big bad” della storia sembra piuttosto interessante,
da quel poco che si vede. Lo spazio a disposizione è quello che è, ma questo
non pregiudica l'introspezione psicologica.
Se dici Yumiko Igarashi, dici
shojo, e questo è evidente nel tratto. Figure
a dire il vero tutte un po' simili tra loro – Julius, l'unico uomo del
gruppo, non sembra poi così virile... - ma longilinee e belle da vedersi, con
occhi grandissimi ed espressivi, tratteggiati chissà quante volte. Ed all'epoca
non esisteva mica la computer graphic! Le
tavole sono, manco a dirlo, piene di orpelli, ma non difficili da seguire.
Il risultato non è affatto sgradevole a vedersi...
...E per oggi è tutto, cari
amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!
Lo shojo d'annata lo adoro!
RispondiEliminaHo letto questo manga ma non Guin Saga.
Mi era piaciuto molto il carattere di erminia.