lunedì 4 giugno 2012

I libri più visti al cinema: cronostoria e intedipendenze tra letteratura e cinematografia. Gli anni '80 – ‘90


A cura di Lizy



Bentornati a questo nuovo appuntamento con la cronostoria delle trasposizioni cinematografiche di testi letterari. Nella scorsa puntata ci siamo soffermati sulla decade degli anni Settanta, sulla chiave horror e gangster dell’intero decennio e sul cinema impegnato di Pasolini.
Oggi parleremo invece degli anni ’80 e ’90, nel quale si ritorna alle trasposizioni di classici, seppur cercando di stare al passo coi tempi.

La predilezione per il genere horror e per i thriller degli anni Settanta si perpetua per tutti gli anni Ottanta con le famosissime produzioni tranne dai romanzi dello scrittore e sceneggiatore statunitense Stephen King, la cui era comincia con la trasposizione di “Carrie - Lo sguardo di Satana (Carrie)”, seguito poi dal ben più famoso “Shining (The Shining)" del 1980, del visionario regista Stanley Kubrik. Si tratta dei romanzi di maggior successo dello scrittore, giunto agli allori grazie alle edizioni economiche delle sue opere, vittima di spietate critiche da parte dei tabloid (il Time Magazine lo definì «maestro della prosa post-alfabetizzata»), ma osannato dal pubblico cinefilo. Nel film protagonista è uno scrittore, il personaggio preferito di King, il suo alterego, che sarà ancora “primo attore” in altri suoi romanzi(come ad esempio in “La metà oscura” e nella seconda novella dal titolo “Finestra segreta, giardino segreto” della raccolta “Quattro dopo mezzanotte”, dalla quale è stato tratto nel 2004 il film “Secret Window” con Johnny Deep), alle prese con un albergo infestato dai fantasmi: si tratta di uno dei topoi più comuni nella letteratura e nella cinematografia horror, caro ai fondatori del genere Edgar Allan Poe e Howard Phillips Lovecraft, seppur rivisitato con l’arguzia registica di Kubrik che, come per “Arancia meccanica”, trasforma il tempo cronologicamente ben scandito del romanzo in un’entità del tutto relativa e soggettiva, come dimostrato anche dalle didascalie impiegate per dimostrare la ciclicità e il collasso della temporalità.

Un’altra scrittrice diviene il simbolo degli anni ’80: sto parlando di Agatha Christie, i cui apprezzatissimi gialli divengono serie televisive in Inghilterra, a cura della BBC. Dal 1984 al 1992, Joan Hickson veste i panni della sagace Miss Marple, una donnina tutto pepe che pur non facendo parte della polizia, riesce a risolvere casi di omicidio complessi con le sue deduzioni dal carattere antropologico e sociologico. L’unico che sembra competere con l’arguzia di questa donna è l’ispettore Hercule Poirot (altra creatura nata dalla penna della Christie), al quale l’emittente inglese LWT ha dedicato ben dodici stagioni dal 1989 ad oggi (la tredicesima ed ultima stagione andrà in onda l’anno prossimo), nelle quali l’investigatore è interpretato da David Suchet, attore di teatro inglese di grande talento, del quale avrete probabilmente visto qualche puntata di tanto in tanto su Rete 4 o Fox Crime.

Il genere giallo diviene dunque un cult che avrà sicuramente maggiori consensi negli anni novanta, ma che in questo periodo ci regala dei veri e propri capolavori. È il caso di citare “Il nome della rosa” di Jean-Jacques Annaud, sebbene si tratti di un “palinsesto” (pálin psestòs, letteralmente "raschiato di nuovo", si dice di un testo scritto, cancellato e poi riscritto) dell’omonimo romanzo di Umberto Eco, come confermato dallo stesso scrittore:
"Annaud ha deciso di definire nei titoli di testa il suo film come un palinsesto dal Nome della rosa. Un palinsesto è un manoscritto che conteneva un testo originale e che è stato grattato per scrivervi sopra un altro testo. Si tratta dunque di due testi diversi. Ed è bene che ciascuno abbia la sua vita. Annaud non va in giro a fornire chiavi di lettura del mio libro e credo che ad Annaud spiacerebbe se io andassi in giro a fornire chiavi di lettura del suo film. Posso solo dire, per tranquillizzare chi fosse ossessionato dal problema, che per contratto avevo diritto a vedere il film appena finito e decidere se acconsentivo a lasciare il mio nome come autore del testo ispiratore o se lo ritiravo perché giudicavo il film inaccettabile. Il mio nome è rimasto e se ne traggano le deduzioni del caso."
La pellicola dunque non rispecchia appieno il carattere teorico del romanzo, impregnato di spunti di carattere semiologico che non possono essere intuiti se non con una lettura attenta, e che mal si prestavano per essere fedelmente riprodotte sullo schermo. D’altronde ne risulta una trama sicuramente semplificata, nella quale lo spettatore riesce subito a cogliere la differenza tra bene e male e la soluzione del caso, alla quale nel testo scritto si perviene solo attraverso una lunga riflessione dal carattere filosofico. Del film sicuramente si ricorda la magistrale interpretazione di Sean Connery, nei panni di Guglielmo di Baskerville, e di Christian Slater, che i più ricorderanno come il giornalista Will Scarlet che registra la vita del vampiro Louis  in “Intervista col vampiro”.


 Famosissimo poi un film di tutt’altro genere, “La guerra dei Roses”, tratta dall’omonimo romanzo di Warren Adler, una black commedy che prende in giro con maestria la società americana e il sogno americano, dove i simboli del benessere diventano strumenti tra i coniugi Roses (interpretati da Michael Douglas e Kathleen Turner) per affermare la propria supremazia sull’altro, nella battaglia legale che li vede schierati per ottenere i benefici del divorzio.
Alla soglia degli anni ’90, invece, il cinema ripropone i grandi classici, raccontando le passioni amorose e la disillusione sociale della New York dell’Ottocento (“L’età dell’innocenza”, 1993, dal libro di Edith Wharton), o la vita di quattro sorelle nel contesto della guerra civile americana (“Piccole donne”, 1994, tratta dall’omonimo romanzo di Louisa May Alcott e dal suo seguito “Piccole donne crescono”). Un altro capolavoro è sicuramente “Jane Eyre” di Zeffirelli (che avevo già accennato nel primo articolo di questa serie), che magistralmente ripropone il classico di Charlotte Bronte con grande fedeltà sebbene con alcuni tagli soprattutto nella parte iniziale della storia, riguardo l’infanzia di Jane presso la casa della zia Reed, ma con una splendida citazione del testo originale nella parte relativa alla dichiarazione d’amore (“Jane, dolce e strana creatura quasi ultraterrena, io ti amo come la mia stessa carne. Ve ne prego, sposami! Ti prego, chiamami per nome e dimmi Edward, voglio sposarti”).

Ma sicuramente la versione cinematografica di un capolavoro letterario più nota di quegli anni è “Dracula di Bram Stoker”, film del 1993, che per quanto estremamente affascinante e curato dal regista Francis Ford Coppola, per gli appassionati della versione letteraria rappresenta un vero e proprio affronto: il film comincia seguendo le linee del romanzo, ma ci presenta una figura “umana” di vampiro che invece è completamente distaccata da quella di mostro privo di scrupoli inquadrata dall’autore. La figura del vampiro viene celebrata anche dalla trasposizione di “Intervista col vampiro” di Anne Rice (1994), che ci presenta due archetipi di vampiro: quello feroce e senza scrupoli, cosciente della sua natura soprannaturale, incarnato dal personaggio di Lestat, e quello che cerca di mantenere l’umanità nella sua immortalità, ritratto nella figura di Louis. Anche in questo caso si tratta di una versione che si discosta dall’opera originale, ma in particolari che ai fini della trama possono essere ritenuti di secondo piano, come ad esempio le caratteristiche fisiche dei personaggi o l’ambientazione storica del colloquio tra Louis e il giornalista Daniel Molloy, che si svolge intorno agli anni ’70 nel libro (che uscì intorno al 1976).

Nello stesso tempo, la BBC, famosissimo network del Regno Unito, riporta in auge il genio di Jane Austen attraverso una miniserie in sei puntate di “Orgoglio e Pregiudizio” che aprirà il ciclo delle riproposizioni televisive dei grandi classici, caratterizzate per la fedeltà al testo originale e l’accuratezza dei dettagli. In particolare, di questa produzione, è da segnalare non solo la volontà di riproporre il testo in modo fedele, ma una vero e proprio studio dell’epoca: si impegnò circa un anno per reperire e cucire gli abiti di scena e per lo studio del contesto storico e musicale. Molti ricorderanno il Darcy interpretato da Colin Firth, attore allora agli esordi, ma oggi conosciutissimo soprattutto per la sua interpretazione di Mark Darcy ne “Il diario di Bridget Jones” (guarda caso anch’esso ispirato al romanzo della Austen), la cui resa scenica risulta ancora oggi la più affascinante rispetto ai colleghi che dopo di lui hanno impersonato Mr Darcy.
La miniserie ha avuto numerose critiche positive, sia per le ricostruzioni storiche, sia per il talento del cast, ma viene snobbato dalla critica americana: People Magazine considerò la serie «una buona trasposizione, approfondita più del necessario» e «non il migliore adattamento della Austen in un mercato improvvisamente affollato». Il giornalista definì Firth «magnifico», ma rimproverò la scelta di casting per Jennifer Ehle, il cui viso ovale la fece «sembrare un Anaïs Nin (n.d.a. scrittice statunitense) in abiti d'epoca, e questo non è giusto».


Parleremo molto delle successive trasposizioni di classici a cura della BBC nel prossimo appuntamento, nel quale rimarremo nel Regno Unito per far visita anche allo scantinato del numero 4 di Privet Drive. Alla prossima!

6 commenti:

  1. Un'interessantissima cronostoria, poi di Dracula, Jane Eyre e Orgoglio e Pregiudizio io le ho praticamente viste tutte le trasposizioni cinematografiche...

    C'è un premio x te qui: http://leggendariamente.blogspot.it/2012/06/premio-sorpresa.html

    Complimenti:*

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  2. Non ho ancora visto la miniserie di "Orgoglio e Pregiudizio", ma provvederò :)

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  3. Emy, cercala... ne vale proprio la pena. Consiglio però di vederle in lingua originale, sono molto più godibili.
    Grazie mille, francicat ^_^

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  4. scusate, l'intervento di prima era il mio. Non mi ero accorta mia sorella avesse loggato col suo account :(

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