A cura di Lizy
Bentornati a questo nuovo appuntamento con la cronostoria
delle trasposizioni cinematografiche di testi letterari. Nella scorsa puntata
ci siamo soffermati sulla decade degli anni Settanta, sulla chiave horror e
gangster dell’intero decennio e sul cinema impegnato di Pasolini.
Oggi parleremo invece degli anni ’80 e ’90, nel quale si
ritorna alle trasposizioni di classici, seppur cercando di stare al passo coi
tempi.
La predilezione per il genere horror e per i thriller degli
anni Settanta si perpetua per tutti gli anni Ottanta con le famosissime
produzioni tranne dai romanzi dello scrittore e sceneggiatore statunitense
Stephen King, la cui era comincia con la trasposizione di “Carrie - Lo
sguardo di Satana (Carrie)”, seguito poi dal ben più famoso “Shining
(The Shining)" del 1980, del visionario regista Stanley Kubrik. Si tratta
dei romanzi di maggior successo dello scrittore, giunto agli allori grazie alle
edizioni economiche delle sue opere, vittima di spietate critiche da parte dei
tabloid (il Time Magazine lo definì «maestro della prosa
post-alfabetizzata»), ma osannato dal pubblico cinefilo. Nel film
protagonista è uno scrittore, il personaggio preferito di King, il suo
alterego, che sarà ancora “primo attore” in altri suoi romanzi(come ad esempio
in “La metà oscura” e nella seconda novella dal titolo “Finestra segreta,
giardino segreto” della raccolta “Quattro dopo mezzanotte”, dalla quale è stato
tratto nel 2004 il film “Secret Window” con Johnny Deep), alle prese con un
albergo infestato dai fantasmi: si tratta di uno dei topoi più comuni nella
letteratura e nella cinematografia horror, caro ai fondatori del genere Edgar
Allan Poe e Howard Phillips Lovecraft, seppur rivisitato con l’arguzia
registica di Kubrik che, come per “Arancia meccanica”, trasforma il tempo
cronologicamente ben scandito del romanzo in un’entità del tutto relativa e
soggettiva, come dimostrato anche dalle didascalie impiegate per dimostrare la
ciclicità e il collasso della temporalità.
Un’altra scrittrice diviene il simbolo degli anni ’80: sto
parlando di Agatha Christie, i cui apprezzatissimi gialli divengono serie
televisive in Inghilterra, a cura della BBC. Dal 1984 al 1992, Joan Hickson veste
i panni della sagace Miss Marple, una donnina tutto pepe che pur non facendo
parte della polizia, riesce a risolvere casi di omicidio complessi con le sue
deduzioni dal carattere antropologico e sociologico. L’unico che sembra
competere con l’arguzia di questa donna è l’ispettore Hercule Poirot (altra
creatura nata dalla penna della Christie), al quale l’emittente inglese LWT ha
dedicato ben dodici stagioni dal 1989 ad oggi (la tredicesima ed ultima
stagione andrà in onda l’anno prossimo), nelle quali l’investigatore è
interpretato da David Suchet, attore di teatro inglese di grande talento, del
quale avrete probabilmente visto qualche puntata di tanto in tanto su Rete 4 o
Fox Crime.
Il genere giallo diviene dunque un cult che avrà
sicuramente maggiori consensi negli anni novanta, ma che in questo periodo ci
regala dei veri e propri capolavori. È il caso di citare “Il nome della rosa”
di Jean-Jacques Annaud, sebbene si tratti di un “palinsesto” (pálin psestòs,
letteralmente "raschiato di nuovo", si dice di un testo scritto,
cancellato e poi riscritto) dell’omonimo romanzo di Umberto Eco, come
confermato dallo stesso scrittore:
"Annaud ha deciso di definire nei titoli di testa il suo film come un palinsesto dal Nome della rosa. Un palinsesto è un manoscritto che conteneva un testo originale e che è stato grattato per scrivervi sopra un altro testo. Si tratta dunque di due testi diversi. Ed è bene che ciascuno abbia la sua vita. Annaud non va in giro a fornire chiavi di lettura del mio libro e credo che ad Annaud spiacerebbe se io andassi in giro a fornire chiavi di lettura del suo film. Posso solo dire, per tranquillizzare chi fosse ossessionato dal problema, che per contratto avevo diritto a vedere il film appena finito e decidere se acconsentivo a lasciare il mio nome come autore del testo ispiratore o se lo ritiravo perché giudicavo il film inaccettabile. Il mio nome è rimasto e se ne traggano le deduzioni del caso."
La pellicola dunque non rispecchia appieno il carattere
teorico del romanzo, impregnato di spunti di carattere semiologico che non
possono essere intuiti se non con una lettura attenta, e che mal si prestavano
per essere fedelmente riprodotte sullo schermo. D’altronde ne risulta una trama
sicuramente semplificata, nella quale lo spettatore riesce subito a cogliere la
differenza tra bene e male e la soluzione del caso, alla quale nel testo
scritto si perviene solo attraverso una lunga riflessione dal carattere
filosofico. Del film sicuramente si ricorda la magistrale interpretazione di
Sean Connery, nei panni di Guglielmo di Baskerville, e di Christian Slater, che
i più ricorderanno come il giornalista Will Scarlet che registra la vita del
vampiro Louis in “Intervista col vampiro”.
Famosissimo poi un film di tutt’altro genere, “La guerra dei Roses”, tratta dall’omonimo romanzo di Warren Adler, una black commedy che prende in giro con maestria la società americana e il sogno americano, dove i simboli del benessere diventano strumenti tra i coniugi Roses (interpretati da Michael Douglas e Kathleen Turner) per affermare la propria supremazia sull’altro, nella battaglia legale che li vede schierati per ottenere i benefici del divorzio.
Alla soglia degli anni ’90, invece, il cinema ripropone i
grandi classici, raccontando le passioni amorose e la disillusione sociale
della New York dell’Ottocento (“L’età dell’innocenza”, 1993, dal libro di Edith
Wharton), o la vita di quattro sorelle nel contesto della guerra civile
americana (“Piccole donne”, 1994, tratta dall’omonimo romanzo di Louisa May
Alcott e dal suo seguito “Piccole donne crescono”). Un altro capolavoro è
sicuramente “Jane Eyre” di Zeffirelli (che avevo già accennato nel primo
articolo di questa serie), che magistralmente ripropone il classico di
Charlotte Bronte con grande fedeltà sebbene con alcuni tagli soprattutto nella
parte iniziale della storia, riguardo l’infanzia di Jane presso la casa della
zia Reed, ma con una splendida citazione del testo originale nella parte
relativa alla dichiarazione d’amore (“Jane, dolce e strana creatura quasi ultraterrena,
io ti amo come la mia stessa carne. Ve ne prego, sposami! Ti prego, chiamami
per nome e dimmi Edward, voglio sposarti”).
Ma sicuramente la versione
cinematografica di un capolavoro letterario più nota di quegli anni è “Dracula
di Bram Stoker”, film del 1993, che per quanto estremamente affascinante e
curato dal regista Francis Ford Coppola, per gli appassionati della versione
letteraria rappresenta un vero e proprio affronto: il film comincia seguendo le
linee del romanzo, ma ci presenta una figura “umana” di vampiro che invece è
completamente distaccata da quella di mostro privo di scrupoli inquadrata
dall’autore. La figura del vampiro viene celebrata anche dalla trasposizione di
“Intervista col vampiro” di Anne Rice (1994), che ci presenta due archetipi di
vampiro: quello feroce e senza scrupoli, cosciente della sua natura
soprannaturale, incarnato dal personaggio di Lestat, e quello che cerca di
mantenere l’umanità nella sua immortalità, ritratto nella figura di Louis.
Anche in questo caso si tratta di una versione che si discosta dall’opera
originale, ma in particolari che ai fini della trama possono essere ritenuti di
secondo piano, come ad esempio le caratteristiche fisiche dei personaggi o
l’ambientazione storica del colloquio tra Louis e il giornalista Daniel Molloy,
che si svolge intorno agli anni ’70 nel libro (che uscì intorno al 1976).
Nello stesso tempo, la BBC, famosissimo network del Regno
Unito, riporta in auge il genio di Jane Austen attraverso una miniserie in sei
puntate di “Orgoglio e Pregiudizio” che aprirà il ciclo delle riproposizioni
televisive dei grandi classici, caratterizzate per la fedeltà al testo
originale e l’accuratezza dei dettagli. In particolare, di questa produzione, è
da segnalare non solo la volontà di riproporre il testo in modo fedele, ma una
vero e proprio studio dell’epoca: si impegnò circa un anno per reperire e
cucire gli abiti di scena e per lo studio del contesto storico e musicale.
Molti ricorderanno il Darcy interpretato da Colin Firth, attore allora agli
esordi, ma oggi conosciutissimo soprattutto per la sua interpretazione di Mark
Darcy ne “Il diario di Bridget Jones” (guarda caso anch’esso ispirato al
romanzo della Austen), la cui resa scenica risulta ancora oggi la più
affascinante rispetto ai colleghi che dopo di lui hanno impersonato Mr Darcy.
La miniserie ha avuto numerose critiche positive, sia per
le ricostruzioni storiche, sia per il talento del cast, ma viene snobbato dalla
critica americana: People Magazine considerò la serie «una buona
trasposizione, approfondita più del necessario» e «non il migliore
adattamento della Austen in un mercato improvvisamente affollato». Il
giornalista definì Firth «magnifico», ma rimproverò la scelta di casting
per Jennifer Ehle, il cui viso ovale la fece «sembrare un Anaïs Nin (n.d.a.
scrittice statunitense) in abiti d'epoca, e questo non è giusto».
Parleremo molto delle successive trasposizioni di classici
a cura della BBC nel prossimo appuntamento, nel quale rimarremo nel Regno Unito
per far visita anche allo scantinato del numero 4 di Privet Drive. Alla
prossima!
Un'interessantissima cronostoria, poi di Dracula, Jane Eyre e Orgoglio e Pregiudizio io le ho praticamente viste tutte le trasposizioni cinematografiche...
RispondiEliminaC'è un premio x te qui: http://leggendariamente.blogspot.it/2012/06/premio-sorpresa.html
Complimenti:*
Ma grazie!!! ^^
RispondiEliminaNon ho ancora visto la miniserie di "Orgoglio e Pregiudizio", ma provvederò :)
RispondiEliminaDevi vederla, è bellissima!!!
RispondiEliminaEmy, cercala... ne vale proprio la pena. Consiglio però di vederle in lingua originale, sono molto più godibili.
RispondiEliminaGrazie mille, francicat ^_^
scusate, l'intervento di prima era il mio. Non mi ero accorta mia sorella avesse loggato col suo account :(
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