A cura di Lizy
Ben trovati per questo penultimo appuntamento con il nostro viaggio nei meandri del cinema per riscoprire quelle pellicole che ci hanno raccontato storie già immortalate su carta dal genio degli scrittori. Oggi parleremo dei film del nuovo millennio, quelli che hanno influenzato l’intero panorama cinematografico e che sono diventati dei veri e propri cult.
Cominciamo col dire che in questi ultimi dieci anni si è sviluppata la tendenza a riprodurre per il grande schermo delle vere e proprie saghe, storie dunque non autoconclusive destinate a trascinare più volte i fan al cinema nel corso degli anni.
A tal proposito non possiamo non citare una delle più lunghe ed esaltanti saghe prodotte a partire dal 2001, la cui conclusione si è avuta con l’ultimo capitolo nel 2011: sto parlando degli otto film dedicati al maghetto adolescente Harry Potter, nato dalla penna di J.K. Rowling. Si tratta di film molto elaborati, con effetti speciali strabilianti in grado di rendere l’effetto tridimensionale, pur nonostante la proiezione in 2D. Al primo film, “Harry Potter e la pietra filosofale”, collabora anche la Rowling in fase di sceneggiatura, cosa che rende questo film il più conforme all’opera letteraria rispetto all’intera saga, mentre dal terzo capitolo in poi (“Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”) vengono apportate delle modifiche alla storia per esigenze di copione o di minutaggio della pellicola. È quasi impossibile poi non notare la differente regia che si è susseguita nei corso dei film: i primi due sono stati diretti da Chris Colombus, il terzo da Alfonso Cuaron, il quarto da Mike Newell. A partire dal quinto, invece, il progetto è passato nelle mani del regista David Yates, che ha saputo amalgamare il macrocosmo di Harry Potter con una maestria senza uguali, cercando comunque di mantenere i “canoni” degli altri film. A lui si deve la scelta di dividere l’ultimo volume della saga in due film per cercare di coglierne la vera essenza, non necessariamente mantenendosi fedele del tutto al testo (pensiamo infatti alla scena in cui Voldemort si “sgretola” dopo un combattimento corpo a corpo con Harry). In conclusione, la saga ha molte licenze, ma risulta un affascinante “punto di vista” sull’intera opera della Rowling, mantenendosi affine allo spirito e al significato ultimo che l’autrice voleva trasmettere con la storia del maghetto: l’amicizia, l’amore, il coraggio, la rettitudine sono l’arma più potente contro il male.
Passiamo adesso ad un’altra saga, della quale avete sicuramente letto in alcuni articoli di Lavinia Scolari proprio sul nostro blog, ovvero quella nata dal genio del filologo John R. R. Tolkien, padre del genere high fantasy e delle storie ambientate nella Terra di Mezzo, che prende il titolo de “Il signore degli anelli” o più comunemente con “Trilogia dell’anello”. Si tratta di tre film che richiamano il genere dei colossal, per ambientazioni e cura degli effetti speciali, che però si discostano in molti punti della trama dal testo originale, mantenendovi una certa coerenza solo nella descrizione dei luoghi in cui avvengono i fatti, ben “disegnati” nel romanzo di Tolkien attraverso lunghe digressioni di tipo topografico. Nel complesso la saga rappresenta un’opera leggermente diversa da quella dell’autore, perché riduce i contenuti delle oltre milleduecento pagine in tre film da tre ore e mezza ciascuno, ma a differenza di Harry Potter, i personaggi del film hanno una personalità che in alcune piccolezze si discosta molto dal testo (per esempio Aragorn nella pellicola non vorrebbe assolutamente diventare re, mentre nel libro non è così riluttante all’idea).
Sul fronte televisivo, nell’ultimo decennio la BBC ha proposto non solo delle nuove versioni dell’intera produzione letteraria della Austen, ma anche di “Jane Eyre” di Charlotte Brönte, “Tess dei D’Uberville” di Thomas Hardy, ma anche miniserie in costume ispirate a testi contemporanei, come ad esempio “The crimson petal and the white” tratta dall’omonimo romanzo di Michel Faber (ispirato dalla favosa ballata di Tennyson “Now sleep the crimson petal”). In ognuno di questi casi, si tratta di opere magistrali che ripropongono in modo fedele non solo la trama dell’opera, ma cercano di fotografarne anche il contesto storico e, laddove possibile, di utilizzare gli stessi dialoghi presenti nei romanzi. Inoltre, nel 2008 la stessa emittente presenta una miniserie in quattro puntate dal titolo “Lost in Austen”, rivisitazione di “Orgoglio e Pregiudizio”, nella quale si è cercato di rendere sulla scena il sogno di ogni lettrice austeniana: conoscere l’affascinante Mr Darcy. La storia è quella di una ragazza come tante, Amanda, che un giorno incontra nel suo bagno niente meno che Lizzie Bennet, scoprendo un passaggio segreto che la porterà nella Longbourn del 1797, creando gli sconvolgimenti del caso nella storia. Di che tipo? Jane diventa la sposa Mr Collins, Bingley e Lydia fuggono insieme e Darcy, che non ha mai incontrato Elizabeth, si innamora Amanda. Insomma, una rivisitazione del capolavoro che farebbe storcere il naso ai fan della scrittrice inglese, ma che risulta davvero originale e frizzante nonché, permettetemi la critica, un degno rifacimento di alto livello per niente ridicolo e pretenzioso come alcuni testi di recente pubblicazione che, forti del successo dei filoni dedicati alle storie di vampiri e di angeli, propongono il romanzo in chiave giallo- horror.
Tornando alla cinematografia, “Orgoglio e Pregiudizio” ritorna al cinema nel 2005, con la splendida versione di Joe Wright, allora regista esordiente, pellicola che ha ricevuto ben quattro nomination agli Oscar, raffinata e divertente, ma soprattutto intensa nell’interpretazioni dei singoli personaggi (Keira Knightley e Matthew MacFadyen nel ruolo di Lizzie e Darcy sono semplicemente la perfetta personificazione dei due difetti che danno il titolo al romanzo). Facendo un passo in dietro, nel 2004 esce “La fiera della vanità”, film che svilisce il genio di Thackery e dimentica che le protagoniste della storia sono due, e non solo l’astuta Becky Sharp che viene descritta in modo sicuramente più lusinghiero rispetto al testo, dove rappresenta l’apoteosi dell’arrampicatrice sociale per eccellenza, contrapposta alla dolcezza e umiltà di Amelia Sedley. Nel contempo esce “Il fantasma dell’Opera”, trasposizione cinematografica dell'omonimo musical teatrale composto da Andrew Lloyd Webber, tratto a sua volta dal romanzo di Gaston Leroux, spettacolare successo da 20 anni nei teatri di Broadway e di tutto il mondo che, insieme a “Les Misérables” di Herbert Kretzmer (dall’omonimo romanzo di Victor Hugo), costituisce uno dei musical più acclamati e premiati della storia.
Successivo è invece il tentativo di creare una nuova saga cinematografica ispirata ai romanzi fantasy del “Ciclo dell'eredità” di Christopher Paolini, miseramente fallito con l’uscita nelle sale di “Eragon”(che avrebbe dovuto essere il primo di quattro film), fortemente criticato dai fan della tetralogia letteraria per la sua trama totalmente discordante con il testo originale, e priva degli archi narrativi necessari per un possibile sequel. Riscuote invece successo un’altra saga fantasy ambientata ai giorni nostri, quella ispirata alle avventure di “Percy Jackson”, un ragazzo che scopre di essere destinato a diventare un eroe, proprio come Ercole, e ad affrontare numerose “fatiche” per evitare che i Titani tornino ad invadere il mondo. Forte del successo del primo film, il seguito (“Il mare dei mostri”) uscirà nelle sale nel 2013. La pellicola si presenta come un’ottima trasposizione, sebbene vi siano alcune incongruenze, e ha tutte le carte in tavola per emulare il successo di Harry Potter.
Dal 2006 in poi si è assistito ad un proliferare di pellicole con soggetto tratto da romanzi, come ad esempio “La duchessa”, ispirata alla biografia di un’antenata della principessa Diana, sapientemente raccolta in “Georgiana” di Amanda Foreman, o ancora “Dorian Grey”, che attraverso atmosfere gotiche e tipiche del cinema horror cerca di impressionare gli amanti dell’opera di Oscar Wilde. L’unico film che però rappresenta un’ottima trasposizione, seppur con una scena finale leggermente diversa rispetto al libro, è “Espiazione” di Joe Wright dall’omonimo romanzo di Ian McEwan, film che ha aperto la 64ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e che rappresenta forse la pellicola che più è riuscita ad incarnare l’anima di un romanzo negli ultimi vent’anni.
Infine, una piccola panoramica dell’ultimo anno, con i film di materia letteraria che hanno ricevuto una o più nomination agli Oscar: “Hugo Cabret”, tratto dal libro “La straordinaria invenzione di Hugo Cabret” di Selznick Brian; “La ragazza con il tatuaggio del drago”, dall’omonimo romanzo di Stieg Larsson; “The help”, dall’omonima opera di Kathryn Stockett; “The Descendants”, tratto da “Paradiso amaro” di Kaui Hart Hemmings, “Moneyball” tratto dal libro “Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game”di Michael Lewis; “Marylin”, tratto dai diari di Colin Clark; “The Iron Lady”>, tratto da “The Iron Lady: Margaret Thatcher, from Grocer’s Daughter to Prime Minister” di John Campbell; “Molto forte, incredibilmente vicino”, dall’omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer; “Albert Nobbs”, tratto da “Albert Nobbs: A Novella” di George Moore; “Tinker Tailor Soldier Spy” tratto dall’omonimo testo di John Le Carré; “War horse”, dall’omonimo romanzo di Michael Murpurgo.
Nella prossima puntata parleremo dei film che vedremo, con delle piccole anticipazioni e dei focus sulle varie pellicole, cercando di captare le intenzioni registiche e di fornire delle piccole anticipazioni.
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per aver condiviso la tua opinione!