giovedì 14 giugno 2012

Recensione: Gli ambasciatori del male di Liliana Bodoc


Questo romanzo è la storia di un viaggio, di una guerra e di un'invasione. Un continente, le Terre Fertili, abitato da popolazioni diverse tra loro, ma unite da uno stesso destino. Regna la pace in queste terre, ma segnali contraddittori giungono dalla natura: l'aria e l'acqua portano notizia di una flotta in arrivo dall'altro lato del mare, dalla Terra di Antiqua. Saranno antichi fratelli o inviati di Misaianes, il figlio della morte? È arrivato il momento per le Terre Fertili di unire le proprie forze e combattere per proteggere la loro terra in una battaglia dove uomini di pace si tramuteranno in guerrieri, e guerrieri in eroi.

Gli ambasciatori del male
Liliana Bodoc
pp. 280 ca. 
Euro 10,00




A cura di Less

Voto


Per tutti gli abitanti delle Terre Fertili è giunto un momento di importanza cruciale: una flotta dalla natura sconosciuta sta per salpare da Antiqua alla volta del loro continente. La Magia non riesce ad interpretare i segni contraddittori: si tratta di amici, i Padri della Stirpe dei borei, o di temibili nemici, gli accoliti di Misaianes, il figlio della Morte in persona?
Al fine di decidere la linea di condotta da adottare, gli Astronomi Supremi convocano un’assemblea di rappresentanti dei popoli delle Terre Fertili. Il prescelto che parlerà a nome dei guerrieri husihuilke è Dulkancellin, vedovo e padre di cinque figli.
Dopo diversi giorni di aspre discussioni, le acque si placano grazie all’arrivo di sole tre navi amiche. Tuttavia l’assemblea decide di adottare un atteggiamento prudente, che si rivelerà la scelta migliore. Infatti, le navi amiche sono un inganno di portata immensa: le truppe di Misaianes stanno sbarcando sulle coste settentrionali del continente, e sono pronte a dar seguito agli oscuri presagi che le avevano annunciate.
I guerrieri husihuilke si preparano a combattere aspramente sotto il valoroso comando di Dulkancellin, nella speranza di conservare la vita nelle Terre Fertili.
Lo stile di Liliana Bodoc è sicuramente singolare e spicca nel panorama fantasy per le forme classicheggianti e forbite che ricordano un po’ Il Signore degli Anelli.
Nonostante sia una scelta stilistica onorevole e gestita con maestria, la narrazione è un po’ difficile da seguire e il ritmo ne risente, diventando lento.
Controllata con meno abilità è la focalizzazione zero, che risulta usata male e non esprime appieno le sue potenzialità: l’uso del narratore onnisciente penalizza tantissimo la storia, soprattutto per via del fatto che solo verso la metà del libro si espande fino ad abbracciare la flotta nemica. Sembra che la Bodoc abbia cambiato idea mentre scriveva, che si sia ricordata di poter analizzare altre situazioni, quindi il risultato è abbastanza sgradevole. Questo anche in virtù del fatto che il cambio di punto di vista viene reso senza neanche un piccolo stacco come una riga vuota; il tutto risulta confusionario e il lettore deve tornare indietro per riprendere il filo.
Lungo tutta la narrazione si ha l’impressione che la Bodoc voglia per forza instillare il dubbio nel lettore, e rendere i personaggi tridimensionali. Purtroppo non ci riesce: l’effetto che ottiene è narrare in modo scialbo e piatto la storia di un’indecisione che non sfiora minimamente il lettore – si capisce da subito che saranno i nemici a sbarcare sulle Terre Fertili, altrimenti non avrebbe senso raccontare la storia: dove s’è mai visto che un continente già in buone condizioni riceva aiuti e amicizia? Sarà anche possibile, ma risulta inutile e noioso. Non ha il minimo senso. Per questo trovo inutile assistere fino alla metà del libro ad una tirata insulsa e malriuscita.
Inoltre, le scene di guerra sono gestite molto male. Si vede che la Bodoc non ha esperienza né talento in questo campo: nella descrizione degli scontri bellici non si ha un quadro chiaro. Lo scritto risulta contraddittorio e confusionario, per non menzionare la superficialità. La sensazione è che volesse sbrigarsela senza fare troppo danno.
Altri segnali contraddittori provengono dalla stima delle forze, sia amiche che nemiche. Non si è mai completamente certi di un dato, la situazione si rovescia con incredibile facilità. Per fare un esempio: in un certo momento il nemico è potente ed imbattibile, mentre qualche pagina dopo sta battendo in ritirata.
Per quanto riguarda i personaggi, invece, in un panorama di piattezza generale ci sono due o tre individui dotati di un minimo di interesse.
Dulkancellin, che pure è il protagonista, viene descritto solamente come di poche parole e austero. Introspezione: zero. Solo un paio di volte il suo pensiero va all’amata moglie morta, ma per il resto si comporta come un autentico pezzo di marmo. Il fatto che una persona sia silenziosa e riflessiva non significa azzerare la sua personalità e i suoi slanci. L’ultimo episodio che lo riguarda l’ho trovato insulso e non al livello dell’immagine che aveva dato di sé.
Due personaggi degni di nota sono invece Kume, il secondo figlio maschio di Dulkancellin, e Molitzmós, il rappresentante dei Signori del Sole nell’assemblea.
Kume viene descritto come un personaggio silenzioso, alla stregua di suo padre, ma apparentemente dotato di attività cerebrale: per quasi tutto il tempo rimane in secondo piano, e in almeno un’occasione smentisce l’acuta caratterizzazione della Bodoc agendo in modo insensato. Solo verso la fine del libro riacquista credito agli occhi del lettore, compiendo un atto eroico – ma sempre dando l’impressione di non aver sfruttato al massimo le sue potenzialità.
Per quanto riguarda Molitzmós, inizialmente egli dà l’impressione di essere un uomo più sveglio e saggio della norma. Poi, però, lo vediamo passare dalla parte del nemico e lo scopriamo avido, desideroso di comandare, preso dai propri fini personali. In un certo senso è un cambiamento ingiustificato, ma vediamo anche emergere una personalità tutto sommato fragile. Anche in questo caso, però, l’autrice avrebbe potuto fare di meglio.
Una particolarità che ho riscontrato, e non so decidere se l’abbia gradita o meno, è una vaga sensazione di raffronto: i conflitti delle Terre Fertili contro Antiqua mi hanno ricordato gli scontri fra bianchi e nativi; un po’ per le armi, un po’ a livello viscerale.
Purtroppo la rassomiglianza con Il Signore degli Anelli non si scorge solamente in campo stilistico. Lo Stregone della Terra Kupuka vi ricorda qualcuno?
L’editing è abbastanza curato, solo in un paio di casi non si chiudono le virgolette e ci sono giusto un paio di errori di battitura. Un dettaglio che mi ha fatto molto piacere è stato che il traduttore ha sempre accordato il soggetto con il verbo, cosa tristemente rara di questi tempi.
Una delle poche impressioni positive che ho ricevuto è stata la sensazione che la saga sia destinata a crescere nel corso dei volumi successivi.
Nonostante le mie critiche feroci, infatti, resto convinta che la Bodoc possa portare qualcosa di nuovo nel panorama del fantasy.

2 commenti:

  1. Recensione puntuale e ben argomentata, complimenti!

    Non sopporto i libri in cui il punto di vista narrativo cambia in modo sconclusionato - come hai scritto tu, fa risultare tutto confusionario. Quando mi capitano libri scritti così finisce sempre che ci metto tantissimo a leggerli, perché dopo un paio di pagine mi viene il nervoso e devo metterli giù.

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  2. @Camilla P.: scusa per il ritardo nella risposta :) ti ringrazio :) io ci ho messo molto, era un vero strazio e leggerlo mi è costato fatica... :/ decisamente insopportabile per un libro!

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Grazie per aver condiviso la tua opinione!

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