Avere un blog letterario ti concede talvolta delle belle occasioni, una delle quali è la possibilità di intervistare autori dal calibro internazionale. E' quello che siamo state orgogliose di fare in questi giorni -uso il pluralia maiestatis a nome del blog, ma dell'intero articolo, compresa la traduzione dell'intervista, si è curata Surymae, la nostra esperta di manga- grazie alla gentile disponibilità di Sophie Hannah, poetessa e scrittrice affermata di thriller psicologici, al suo nono romanzo tradotto in Italia grazie a Garzanti, che detiene i diritti sui suoi libri. Ultima "fatica" sbarcata in Italia il 3 maggio (uscita però all'estero già due anni fa) è La culla buia, con cui ha scalato le classifiche del Regno Unito e si è riconfermata "regina indiscussa del romanzo psicologico anglosassone".
Le facciamo quindi un caloroso ringraziamento per il tempo dedicatoci e vi lasciamo alla recensione e all'intervista.
Titolo: La culla buia
Titolo originale: A Room Swept White
Autore: Sophie Hannah
Editore: Garzanti Libri (3 maggio 2012)
Collana: Narratori moderni
Pagine: 450
Prezzo: € 18.60
ISBN-10: 8811681758
ISBN-13: 978-8811681755
L'incubo inizia sempre nello stesso modo. È stata una lunga nottata, il pianto del neonato intermittente, la stanchezza che ti attanaglia gli occhi. Non puoi dormire, semplicemente non puoi. Ma finalmente, alle prime luci dell'alba, il bambino si è addormentato. E tu sei crollata dalla stanchezza. Solo pochi minuti, appena riaperti gli occhi sei subito corsa verso la culla per vedere le sue manine paffute protendersi verso di te. Ma il piccolo è immobile. Lo tocchi, e non respira più? Per molte donne questo è solo un brutto sogno da cui risvegliarsi in un bagno di sudore. Ma per Helen Yardley, Ray Hines e Sarah Jaggard l'incubo è continuato anche una volta sveglie. Il loro bambino è morto, senza una ragione apparente. Tutte loro sono state accusate di infanticidio e ci sono voluti lunghi processi e molti anni di prigione, prima che fossero scagionate. «Morte in culla» è il verdetto finale. Fliss Benson è una giovane produttrice televisiva, a cui viene affidato l'incarico di girare un documentario sulla loro vicenda. Vittime di un errore giudiziario o pericolose assassine che sono riuscite a farla franca? A Fliss non interessa. Questo è l'ultimo progetto a cui vorrebbe lavorare, perché la morte dei piccoli innocenti riapre in lei una ferita mai sanata che riguarda il suo passato. Un trauma segreto che non ha mai rivelato a nessuno. La mattina in cui sta per rinunciare all'incarico riceve un biglietto con sedici cifre. Un biglietto oscuro e ricattatorio. A indagare sulla minaccia è la poliziotta Charlie Zailer, la quale scopre che gli stessi numeri sono stati inviati anche alle tre donne accusate di infanticidio. E quando vengono trovate assassinate una dopo l'altra, Fliss capisce che per salvarsi la vita deve trovare la verità, e molto, molto in fretta? Sophie Hannah è la regina indiscussa del romanzo psicologico anglosassone. Nessuno è come lei nell'incredibile capacità di distillare l'essenza delle paure che ognuno di noi nasconde nel profondo dell'animo. La culla buia ha subito scalato le classifiche del Regno Unito e il successo è in continua crescita, tanto che tutta la critica si trova concorde nell'affermare: «Tensione, il tuo nome è Sophie Hannah».
Recensione
Recensione, intervista e traduzione a cura di Surymae Rossweisse
Voto:
Sugli scaffali delle nostre librerie ritorna una vecchia conoscenza: Sophie Hannah. Come sempre, con un thriller psicologico complesso ed avvincente quanto basta: “La culla buia”, pubblicato da Garzanti.
Dalla seconda metà degli anni '90 fino ai primi anni 2000 un'ondata di infanticidi sconvolge il Regno Unito. Protagoniste loro malgrado della vicenda sono le imputate Helen Yardley, Rachel “Ray” Hines e la babysitter Sarah Jaggard. Come al solito in casi dal forte impatto mediatico, l'opinione pubblica si divide in due fazioni: l'innocentista, capitanata dal giornalista Laurie Nattrass e l'organizzazione da lui creata per l'occasione, il JIPAC; la colpevolista, che trova veritiera la tesi dell'affermata dottoressa Judith Duffy.
In primo grado le donne vengono condannate; tuttavia, anche grazie ad una massiccia campagna mediatica, in secondo grado tutte e tre vengono riconosciute non colpevoli. La dottoressa Duffy rischia di essere radiata dall'albo dei medici per il suo operato, ritenuto volto non a garantire la giustizia ma a distruggere famiglie senza alcun motivo.
Questa terribile pagina del crimine sembra conclusa, ma non lo è. Nell'ottobre 2009 Helen Yardley viene trovata morta, al suo fianco una curiosa griglia formata da sedici numeri. Sull'omicidio indagano i poliziotti Simon Waterhouse e Charlie Zailer – protagonisti anche degli altri romanzi di Sophie Hannah, ndr.
Lo stesso giorno una copia del biglietto trovato sul luogo del delitto perviene a Fliss Benson, una dipendente di Laurie Nattrass (di cui è segretamente innamorata). Quest'ultimo le ingiunge di prendere le redini del suo magnus opus: un documentario sui casi giudiziari sopraccitati. Fliss è riluttante, complice anche una sua dolorosa esperienza personale, ma resistere alla tentazione di avere la possibilità di conoscere la verità una volta per tutte è dura.
Personalmente non conosco altri libri di Sophie Hannah, ma “La culla buia” è un romanzo maturo, frutto dell'esperienza. Ciò si nota in primo luogo nell'impianto narrativo, piuttosto preciso e scelto apposta per far risaltare al meglio le caratteristiche della storia.
Potremmo quasi dire che la trama comincia in medias res: il lettore conosce di seconda mano gli eventi sopraccitati, ma non li vede mai svolgersi. Indubbiamente sarebbe stato comunque un buono spunto partire dai casi di infanticidio ed i loro complicati processi, ma non è questa la priorità dell'autrice. Inoltre, così il lettore è costretto ad affidarsi alle ricostruzioni degli altri personaggi, senza mai sapere se questi dicono la verità o meno. Il risultato è decisamente avvincente, come del resto dovrebbe essere ogni buon thriller.
Anche il piano dell'assassino è ricostruito con cura, non lesinando dettagli: forse anche troppo, visto che potrebbe essere difficile, a lettura finita, ricollegare tutti i passaggi ed i piccoli indizi seminati nel resto del libro. Ciò è un pregio ed un difetto stesso, perché così è chiaro (se non lo fosse stato già prima) che Sophie Hannah crede ne “La culla buia”.
Per avere una buona visione d'insieme e non tralasciare niente la trama è gestita principalmente da due punti di vista: Simon e Fliss, rispettivamente dedicati alla caccia dell'assassinio ed il chiarimento sugli antefatti. Il primo ricorda ricorda su molti punti i serial thriller americani, affermati anche in Italia. Abbiamo la corsa contro il tempo per impedire all'assassino di mietere altre vittime, e il mistero dietro la sua firma; le interrogazioni, tra cui non manca il classico testimone inaffidabile; persino il profiling, ossia lo stendere il possibile modus operandi, carattere ed abitudini del killer. Tecnicamente queste scene sono quelle fatte meglio, e sicuramente più avvincenti.
La bravura di Sophie Hannah rimane immutata, ma probabilmente la vicenda di Fliss coinvolge meno, un po' perché meno votata all'azione e in buona parte perché la narratrice è parziale – vedi il suo coinvolgimento con Laurie. Non aiuta che delle tre possibili infanticide la nostra entri in contatto soltanto con una, Ray.
...Visto che siamo in argomento, parliamo ora dei personaggi. Possiamo dire senza dubbio che Fliss sia la protagonista, ma non sempre si dimostra la scelta migliore per l'economia del romanzo. Il motivo è il suo amore per Laurie, a cui viene dedicato troppo spazio: la sua quasi ossessione è realistica, ma dubito che un eventuale lettore de “La culla buia” preferisca questa sottotrama a quella principale. Inoltre questa passione porta la protagonista a delle scelte folli, che attentano alla sua sicurezza e che non sono in alcun modo giustificate: a che pro farla passare per il personaggio che ha lo stesso grado di conoscenza del lettore – vale a dire nullo – se poi si comporta in maniera implausibile? Anche la sua storia personale non viene gestita al massimo delle potenzialità: si rischia di rimanere delusi quando si conosce la verità.
Altri personaggi di rilievo sono vecchie conoscenze, Simon Waterhouse e Charlie Zailer (che a dire il vero fa più che altro un cammeo), e il loro ambiente. Purtroppo il loro essere già noti non è a vantaggio della loro introspezione psicologica, invero carente: probabilmente questa si è compiuta negli altri romanzi, e quindi abbiamo dei personaggi stabili. A fine storia i loro cambiamenti caratteriali sono minimi, e dire che l'autrice con Charlie non lesina gli eventi drammatici. A proposito di quest'ultima, la sua storia viene soltanto accennata: sappiamo che dal 2006 è stata ridotta all'inattività quasi totale, ma il perché non ci viene mai detto. Viene spiegato in un altro libro, ma chi non l'ha letto – perché magari non sapeva del legame con la precedente produzione – non lo sa.
Dato il tempo in cui appare in scena, ci si aspetterebbe di più da Simon, ma purtroppo si viene disillusi in fretta. Le sue maggiori caratteristiche – il talento nel definire il profilo dell'assassino e l'odio per il suo superiore, Giles Proust – è come se cadessero dall'alto: la prima è più che altro dettata da esigenze di trama, la seconda non dipende strettamente dal personaggio. E' assoggettato alla storia, non ha una personalità definita.
Se con i buoni il quadro è quasi deludente, maggiori soddisfazioni si hanno dai personaggi ambigui. Laurie, anche se bisognerà aspettare la fine per capire che razza di persona sia; Proust, il cui essere affezionato ad Helen è l'unico elemento che lo redime e che ci fa capire che forse Simon ne esagera i tratti negativi. Ray poi ha un ampio ruolo nella storia, ed il suo essere cauta nell'aprirsi alla vita dopo le tragedie capitategli è trattato con grande cura. Non sempre le sue scelte convincono, ma rimane comunque un personaggio carismatico nella sua drammaticità.
Non si può poi non citare la dottoressa Duffy, la regina dell'ambiguità. Da un lato ne abbiamo l'immagine dispregiativa di Nattrass, che la dipinge – in modo piuttosto semplicistico, cosa che persino Fliss nota – come la cattiva della situazione, una donna che per mera popolarità condanna madri innocenti la cui unica colpa è stata perdere i figli. Quando però la parola passa a lei le cose cambiano: notiamo una persona il cui unico scopo è quello di tutelare i bambini. Lei stessa si pente dei suoi gesti e dei suoi pareri, forse troppo perentori: ma il fine giustifica i mezzi... o no?
Come ogni buon thriller psicologico, le tematiche sono importanti, d'attualità, ed offrono ottimi spunti di riflessione. In questo caso, la parte da leone la fa la spettacolarizzazione dei processi, di cui purtroppo anche in Italia abbiamo degli esempi molto recenti. I giornalisti influenzano pesantemente l'opinione pubblica con le loro idee personali – nel romanzo, ad esempio, la crociata di Laurie contro la Duffy – col rischio anche di influenzare l'esito del processo. E' uno dei temi principali de “La culla buia”, e la critica a questi comportamenti è evidente quanto necessaria.
Interessante inoltre la parte relativa alla morte in culla. In medicina si chiama SIDS, Sudden Death Infant Syndrome, e l'autrice ce ne spiega i dettagli con molta cura – infatti nei ringraziamenti sono citate le sue fonti. Ma in certi casi, purtroppo, è difficile capire la differenza tra la SIDS ed eventuali maltrattamenti...
Lo stile di Sophie Hannah non ha particolari virtuosismi, ma in fondo in una storia così cupa avrebbero rischiato di stonare e di distogliere l'attenzione dai fatti importanti. I punti di vista sono gestiti efficacemente, anche grazie all'uso nel caso di Fliss della prima persona singolare e per Simon la terza persona limitata: così ogni personaggio ha la sua “voce” ben distinta. A volte ne “La culla buia” si sconfina in altri generi oltre la narrativa, come l'articolo di giornale o l'intervista: la scrittrice si dimostra sorprendentemente versatile, e questo non può che farle onore.
“La culla buia” è un romanzo onesto, che vale la pena di leggere per i suoi argomenti non convenzionali ed attualità e per il suo essere avvincente, ma senza la pesantezza o un eccessivo prendersi sul serio. Di sicuro non è un capolavoro ed i difetti non mancano, ma è altrettanto certo che sia un lavoro sopra la media.
Interview with...
Sophie Hannah
1) Benvenuta su "Dusty Pages in Wonderland". Potresti per favore presentare te e "La culla buia"?
I am Sophie Hannah, a writer of psychological thrillers and poetry. A Room Swept White is my fifth crime novel, and features my series detective characters Simon Waterhouse and Charlie Zailer.
Sono Sophie Hannah, una scrittrice di thriller psicologici e di poesia. "La culla buia" è il mio quinto romanzo giallo, e ha come personaggi i detective della mia serie, Simon Waterhouse e Charlie Zailer.
2) Quali sono stati gli spunti di questo romanzo, e dei suoi particolari temi?
A Room Swept White deals with several controversial subjects, including imprisonment for infanticide, and was influenced by several real life UK cases, such as Sally Clark, Angela Cannings and Trupti Patel, all of whom were accused of murdering their own children, and all of whom protested with innocence. It was the convictions of Sally Clark and Angela Cannings, and the acquittal of Trupti Patel, and all the fascinating apparent contradictions involved in those cases, that made me want to write A Room Swept White. These were cases in which there seemed to be no evidence whatsoever apart from the disputed medical evidence. No one had witnessed anything, no one really knew anything - it was just a question of one expert witness's analysis of tissue samples versus another's. I was interested in the way that Clark and Cannings were demonised at first, then later they were released and the expert who'd testified against both of them, Professor Sir Roy Meadow, was demonised for allegedly being on a 'cot-death mothers witch-hunt'. And then these women were released and we were told they were no longer murderous monsters - now they were tragic victims. And all the time, the truth about what had caused all those babies' deaths hadn't changed, and no one (apart from the women involved) could possibly know for sure what it was. I became fascinated by the stories we authoritatively tell ourselves and each other in the absence of solid facts - it seems we (as a society) are most certain and opinionated when we have the fewest facts at our disposal. I made sure, however, when I was writing the book, to create fictional cases rather than base my characters and the specifics on Clark, Cannings and Patel - I wanted to know whether my characters had or hadn't killed their babies, so if I used totally fictional characters, I was able to decide that without falsifying anyone's true story.
A Room Swept White deals with several controversial subjects, including imprisonment for infanticide, and was influenced by several real life UK cases, such as Sally Clark, Angela Cannings and Trupti Patel, all of whom were accused of murdering their own children, and all of whom protested with innocence. It was the convictions of Sally Clark and Angela Cannings, and the acquittal of Trupti Patel, and all the fascinating apparent contradictions involved in those cases, that made me want to write A Room Swept White. These were cases in which there seemed to be no evidence whatsoever apart from the disputed medical evidence. No one had witnessed anything, no one really knew anything - it was just a question of one expert witness's analysis of tissue samples versus another's. I was interested in the way that Clark and Cannings were demonised at first, then later they were released and the expert who'd testified against both of them, Professor Sir Roy Meadow, was demonised for allegedly being on a 'cot-death mothers witch-hunt'. And then these women were released and we were told they were no longer murderous monsters - now they were tragic victims. And all the time, the truth about what had caused all those babies' deaths hadn't changed, and no one (apart from the women involved) could possibly know for sure what it was. I became fascinated by the stories we authoritatively tell ourselves and each other in the absence of solid facts - it seems we (as a society) are most certain and opinionated when we have the fewest facts at our disposal. I made sure, however, when I was writing the book, to create fictional cases rather than base my characters and the specifics on Clark, Cannings and Patel - I wanted to know whether my characters had or hadn't killed their babies, so if I used totally fictional characters, I was able to decide that without falsifying anyone's true story.
"La culla buia" tratta di parecchi argomenti controversi, come l'incarcerazione per infanticidio, ed è stato influenzato da diversi casi veri in Gran Bretagna, come Sally Clark, Angela Cannings and Trupti Patel, tutte quante accusate di aver ucciso i loro bambini, e tutte quante si dichiaravano innocenti. Sono stati i processi di Sally Clark e Angela Cannings, e l'assoluzione di Trupti Patel, tutte le affascinanti ed apparenti contraddizioni contenute in questi casi che mi hanno fatto voler scrivere "La culla buia". Quelli erano casi in cui non sembrava esserci alcuna prova schiacciante a parte la discussa prova medica. Nessuno aveva testimoniato niente, nessuno in realtà sapeva niente - era soltanto questione della testimonianza di un esperto su un'analisi di un campione di tessuto contro un'altra. Ero interessata nel modo in cui Clark e Cannings erano state dapprima demonizzate, in seguito vennero rilasciate e l'esperto che aveva testimoniato contro tutte e due, il professore Sir Roy Meadow, attaccato per essere un presunto "cacciatore di madri della morte in culla" [ in originale "cot-death mothers witch-hunt", ndr]. Poi queste donne vennero rilasciate e ci fu detto che non erano più mostri omicidi - ora erano vittime. E per tutto quel tempo, la verità su cosa aveva causato la morte di tutti quei bambini non era cambiata, e nessuno (a parte le donne coinvolte) poteva sapere con certezza qual era. Diventai affascinata dalle storie che ci diciamo in modo autorevole a noi stessi ed agli altri in assenza di fatti concreti - sembra che noi (come società) siamo ancora più certi quando abbiamo ancora meno fatti a disposizione. Mi sono accertata, comunque, quando scrivevo il libro, di creare casi di finzione piuttosto che basare i miei personaggi e i dettagli su Clark, Cannings and Patel - volevo sapere se le mie protagoniste avessero o meno ucciso i loro bambini, quindi ho usato personaggi totalmente inventati, sono stata in grado di decidere senza falsificare nessuna storia vera.
3) E' stato difficile creare la trama ed assemblare le sue parti? Il piano del killer, ad esempio, è davvero complicato. E' stato difficile da stendere su carta?
Yes, the plot is quite intricate and complex, but, no, it wasn't hard to put it all down - or at least it wasn't as hard as it would be for me to write a simple, straightforward book! I suppose my mind just works in a complicated way, and I believe human beings are inherently complex and contradictory. I like to write about the world as I see it, in all its strangeness, and I've found that the only way I can do that is via quite intricate plotting and complex psychology. So that's become sort of the trademark of my books!
Sì, la trama è piuttosto intricata e complessa, ma no, non è stata difficile da buttare giù - o almeno non lo è stato per me quanto lo sarebbe scrivere un libro semplice e diretto! Suppongo che la mia mente lavori in un modo complicato, e credo che gli esseri umani siano di per sé complessi e contradditori. Mi piace scrivere sul mondo come lo vedo io, in tutta la sua stranezza, e ho scoperto che l'unico modo in cui posso farlo è attraverso trame intricate e psicologia complessa. Quindi è diventato una sorta di marchio di fabbrica dei miei libri!
4) Come tanti altri, i protagonisti del romanzo sono Simon Waterhouse e Charlie Zailer, che appaiono nelle tue precedenti produzioni. Potresti spiegare a chi non ha letto quei romanzi chi sono?
Charlie and Simon’s relationship is a very strange one. He is a man who is controlled by his parents, obsessed with hatred for his boss and he seems unable to handle any situation requiring intimacy. He and Charlie are engaged to be married, but they have never kissed or even been on a date! Charlie would like to have a more normal romantic relationship, but Simon doesn't seem capable of it. A lot of my readers wonder why Charlie puts up with him. It's because he's brilliantly clever, and completely unique. Charlie knows that anyone else she might be with would be more ordinary and less compelling - Simon is a mystery she is determined to solve one day, and so she is as keen as she's ever been on him because the suspense is still there. And, in his way, he adores her. Yes, he'd be extremely frustrating as a romantic partner, but Charlie has been madly in love with him practically since she first laid eyes on him, and she would rather be with him, miserable and frustrated, than without him and even more miserable. And things do improve (slightly!) on the intimacy front in book number 6, the one after A Room Swept White!
La relazione tra Charlie e Simon è molto strana. Lui è un uomo che è controllato dai suoi genitori, ossessionato dall'odio per il suo capo e non sembra in grado di affrontare qualunque situazione riguardante la sfera intima. Lui e Charlie sono fidanzati, e si stanno per sposare, ma non si sono mai baciati, non hanno nemmeno avuto un appuntamento! Charlie vorrebbe avere una normale relazione amorosa, ma Simon non ne sembra capace. Un sacco di miei lettori si chiedono perché Charlie sta con lui. E' perché è brillante ed intelligente, e assolutamente unico. Charlie sa che chiunque si potrebbe mettere sarebbe più ordinario e meno irresistibile - Simon è un mistero che lei è determinata a risolvere prima o poi, e quindi ha un debole per lui da sempre perché il mistero è ancora lì. E, a modo suo, lui l'adora. Sì, potrebbe essere estremamente frustrante come partner, ma Charlie è pazzamente innamorata di lui praticamente dalla prima volta che l'ha visto, e preferirebbe piuttosto essere con lui, infelice e frustrata, che senza di lui ed ancora più infelice. E poi le cose migliorano (un pochino!) sul fronte dell'intimità dal sesto libro, quello dopo "La culla buia"!
5) La maggior parte dei personaggi de "La culla buia" sono decisamente ambigui, soprattutto la dottoressa Duffy. Perché? C'è un significato preciso dietro a questa scelta?
Yes - I didn't want to create the traditional 'goodies' and 'baddies' because I find it more interesting to explore moral ambiguities. So, in A Room Swept White, although there are several characters who do great harm to others, and even kill them on occasion, there is no one who is out and out evil - not even the person who turns out to be the murderer. The killer is lashing out because he/she is in so much pain. There is no moral black and white in this novel - everyone has made terrible mistakes. This is truer to my vision of real life than a scenario in which good guys catch bad guys! I think most people who do serious harm to others are people who are in terrible pain themselves. I'm not excusing violence at all, but I do believe it helps to understand its roots.
Sì - non volevo creare i tradizionali buoni e cattivi perché trovo le ambiguità morali più interessanti da esplorare. Perciò ne "La culla buia", anche se ci sono parecchi personaggi che feriscono gli altri, a volte li uccidono anche, non c'è nessuno totalmente cattivo - nemmeno la persona che si scopre essere l'omicida. Il/la killer attacca violentemente in quel modo perché soffre davvero tanto. Non c'è una morale "bianco o nero" - tutti hanno fatto terribili errori. E' più reale nella mia visione della vita che uno scenario in cui i buoni catturano i cattivi! Penso che la maggior parte della gente che fa davvero male agli altri siano persone che soffrono loro stesse da morire. Non giustifico la violenza, affatto, ma credo che aiuti capire le sue radici.
Fiona Sampson |
Titles are very important to me. Basically, I can't start writing a novel unless I have a title that I find intriguing and inspiring. This is why my psychological thrillers are called things like Little Face, Hurting Distance and The Other Half Lives rather than Dead Kill or Bloody Death or anything obvious like that! A Room Swept White is a line from a poem by British poet Fiona Sampson - as soon as I read the poem, that line stuck in my mind and I knew it was going to be the title of my next book. It was very appropriate, because the poem is all about women in cells who have lost or given up everything, and have only hope left in their lives to keep them going. A Room Swept White is about women who were wrongly convicted of murdering their children but are all hoping to start again and escape the prisons of their grief...so it seemed a fitting title.
I titoli sono molto importanti per me. Sostanzialmente non riesco a scrivere un romanzo a meno che non abbia un titolo che trovi intrigante e stimolante. Questa è la ragione per cui i miei thriller psicologici sono chiamati ad esempio "Little Face" ["Non è mia figlia" in italiano... ndr] "Hurting Distance" ["Non ti credo"], "The other half lives" [Non è un gioco] piuttosto che "Morto", "Omicidio" o "Morte sanguinosa" o altre ovvietà del genere! "A room swept white" è un verso di una poesia della poetessa inglese Fiona Sampson - non appena ho letto il testo, quel verso è entrato nella mia testa e sapevo che sarebbe stato il titolo del mio libro successivo. Era molto appropriato, perché la poesia parla di donne in cella che hanno perso o hanno mollato tutto, e l'unica cosa che rimane loro per andare avanti è la speranza. "La culla buia" parla di donne che erano state erroneamente processate per aver l'uccisione dei loro figli ma tutte sperano di ricominciare ed evadere dalle prigioni dei loro dolori... quindi sembrava un titolo adatto.
7) In generale ti ispiri a fatti reali e a casi giudiziari esistenti?
No, usually my ideas for novels come from my real life - it was very unusual for me to base a novel around a news story! But it helps to keep my writing fresh if I don't do it exactly the same way each time!
No, di solito le mie idee per i romanzi provengono dalla vita vera - era davvero poco comune per me basare un libro su una storia di cronaca! Ma aiuta a mantenere il mio modo di scrivere fresco so se non faccio esattamente alla stessa maniera tutte le volte!
No, di solito le mie idee per i romanzi provengono dalla vita vera - era davvero poco comune per me basare un libro su una storia di cronaca! Ma aiuta a mantenere il mio modo di scrivere fresco so se non faccio esattamente alla stessa maniera tutte le volte!
8) Hai già idee per un nuovo romanzo? Ci saranno di nuovo Waterhouse e Zailer?
Yes, my next novel, Lasting Damage, is already published in the UK and should be published in Italy next year. It starts with a woman, Connie, looking at a property website in the middle of the night. The reader doesn't know why she wants to look at a particular house that she knows is for sale - 11 Bentley Grove, Cambridge - but it's clear she's interested in this house, not just browsing in general. She sees a button saying 'Virtual Tour' and clicks on it, and when the image of the house's lounge fills the screen, there is a woman's
dead body in it, lying face-down in a huge pool of blood. In shock, Connie rushes to wake her husband, Kit, but by the time he sits down at the computer, the body and the blood have disappeared, and Connie can't persuade anyone to believe her...
dead body in it, lying face-down in a huge pool of blood. In shock, Connie rushes to wake her husband, Kit, but by the time he sits down at the computer, the body and the blood have disappeared, and Connie can't persuade anyone to believe her...
Sì, il mio prossimo romanzo, "Lasting Damage" ["Pericolo permanente", potrebbe essere una traduzione in italiano, ndr] è già pubblicato in Gran Bretagna e dovrebbe essere edito in Italia l'anno prossimo. Tutto comincia con una donna, Connie, che guarda un sito di case nel bel mezzo della notte. Il lettore non sa perché vuole vedere una particolare abitazione che sa che è in vendita - il numero 11 di Bentley Grove, a Cambridge - ma è chiaro che ne è interessata, non sta soltanto dando sfogliando il sito in generale. Vede un bottone che recita "Tour virtuale", ci clicca sopra, e quando l'immagine del salotto di casa riempie lo schermo, laggiù c'è una donna morta, che giace a faccia in giù in una gran pozza di sangue. Scioccata, Connie si precipita a svegliare suo marito, Kit, ma per quando lui si siede davanti al computer il corpo ed il sangue sono spariti, e Connie non può persaduere nessuno a credere in lei...
Comlimenti, ragazze! Di Sophie ho letto soltanto "Non ti credo" e, personalmente, non mi aveva fatto impazzire. Dopo questa positivissima recensione e questa interessante intervista, le concederò sicuramente un'altra possibilità! ;)
RispondiEliminaGrazie Mik, sono felice che l'intervista ti sia piaciuta ^^
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