A cura di Surymae Rossweisse
Salve a tutti, e benvenuti ad
un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Prima di parlare dell'opera di
oggi, vorrei fare presente una cosa:
questa settimana la rubrica compie un
anno! Onestamente all'epoca non lo credevo minimamente possibile, quindi devo
assolutamente ringraziare Malitia per concedermi lo spazio [N.d.M: prego ^.^] ma soprattutto voi,
che tutte le settimane leggete le mie elucubrazioni a tema – anche se non
lasciate molto segno della vostra presenza. A ripensarci ne abbiamo viste di
opere, eh? Manga o anime, più o meno recenti; che hanno fatto la storia o che,
al contrario, ormai conosciamo solo noi; per maschietti o femminucce;
drammatiche (tanto) o, qualche volta, leggere e divertenti.
A proposito di divertenti...
ecco, l'anime di questa settimana è così. Lo so, è strano; pensate, è pure
recente! E' stato trasmesso per la prima volta nel 2010, ne è stata fatta una
seconda stagione, e i dannati nipponici stanno pure lavorando ad un adattamento
in carne ed ossa (in gergo, live action). Insomma, sta vivendo un bel periodo,
almeno in patria... non altrettanto in Italia, però: nessuna casa editrice si è
fatta avanti per il manga – ancora in corso – idem per quanto riguarda l'anime.
Un peccato, perché pur non essendo un capolavoro è senza dubbio un'opera carina.
Adesso, però, avete due strade: la prima è cercarvi i fansub (ossia i
sottotitoli fatti da fan), e la seconda è leggere questa recensione. Ecco a
voi, perciò, l'anime “Arakawa Under the Bridge”. Buona lettura (e visione)!
“
Non essere mai in debito con nessuno”.
Questo è il motto dell'Ichinomiya, grandissima azienda a conduzione familiare.
Il protagonista è
Kou, figlio del magnate dell'impresa. Siccome un giorno
spetterà a lui assumere la guida della compagnia, per tutta la sua vita ha
sempre osservato fervidamente l'adagio di casa. Ma, si dice, la strada per
l'inferno è lastricata di buone intenzioni. Per colpa di uno scherzo
degenerato, infatti,
il giovane rischia di annegare e viene salvato da una
ragazza, Nino, che abita tra le rive del fiume Arakawa. Per quanto la
situazione sia drammatica è comunque un'infrazione al comandamento, e per
questo il nostro è disposto a tutto per sdebitarsi. All'apparenza Nino non
sembra avere niente che desideri. Sollecitata da Kou, però, arriva ad una
decisione:
vorrebbe che quest'ultimo diventasse il suo fidanzato.
Il ragazzo accetta volentieri,
tanta è l'urgenza di riparare al danno. A mente fredda, però, i nodi vengono al
pettine: tanto per cominciare
dovrà lasciare la sua comoda vita alle spalle per
trasferirsi sotto al ponte. Dopodiché dovrà fare la conoscenza con gli altri
abitanti del fiume, compito piuttosto difficile perché si tratta di gente
quantomeno eccentrica, per non dir di peggio. Tanto per farvi qualche esempio:
il “sindaco” è un kappa che dà nomi strani a tutti quelli che vivono sotto il
ponte; il “cappellano” è un omaccione con un passato di veterano di guerra, si
fa chiamare Sister e distribuisce - tra una minaccia e l'altra - dolcetti a
tutti; un compassato uomo d'affari ha abbandonato moglie e figli solamente per
tracciare linee bianche su cui camminare; la stessa Nino, poi, crede di venire
dal pianeta Venere. Sdebitarsi è quindi un compito più complesso del previsto
per il nostro Kou...
Voglio evitarvi subito false
speranze: in realtà,
“Arakawa Under the Bridge” non ha una trama. Quello lì
sopra è soltanto l'antefatto, ma a dirla tutta l'anime è costituito solo ed
esclusivamente dalla routine sotto il ponte Arakawa, e gli sforzi di Kou per
abituarcisi. Se per caso qualcuno decidesse di guardare gli episodi secondo un
diverso ordine non succederebbe niente, a parte forse per gli ultimi. E a
proposito di
episodi, questi
hanno una struttura particolare: non sono un unico
blocco narrativo, ma diversi, a volte collegati ed a volte – con conseguente
smarrimento dello spettatore – no. E' senza dubbio una struttura originale, a
cui è facile abituarsi, e che in fondo nemmeno dispiace: così la storia non è
pesante, ed anche se il primo blocco non piacesse si può sempre sperare nel
secondo. L'unico difetto è che così, però, altro non si fa che porre l'accento
sulla mancanza di trama.
Ora, non credo di rivelarvi
chissà cosa dicendovi che in realtà il fulcro di “Arakawa Under the Bridge”
sono le gag. Ma questo non significa poter sacrificare impunemente quel poco di
trama che c'è, anche e soprattutto creando dei veri e propri buchi logici.
Purtroppo, è quello che succede. Ad esempio: possibile che nessuno obietti alla
decisione di Kou – rampollo, ricordiamolo, di una grande impresa – di cambiare
così radicalmente vita? A dire il vero una risposta a questo quesito viene
data, ma non fa altro che causare altre domande. Ma soprattutto: perché diavolo
Nino vuole che il nostro diventi il suo fidanzato? Come scopriamo – con
risultati esilaranti – nel corso della serie, lei nemmeno sa in cosa consista
avere una relazione; e i corteggiatori non le mancano, come ad esempio
l'agguerrito Hoshi. Quindi, perché scegliere proprio il primo che passa?
Mistero. Peccato, perché su questo si fonda soltanto l'intera serie.
Ma in fondo – lo riconosco –
queste sono pignolerie.
Chi guarda la serie non vuole raffinate trame ricche di
colpi di scena su cui scervellarsi; no, vuole le gag. E le avrà. Per carità,
non aspettatevi raffinato humor inglese; ma, per fortuna, nemmeno qualcosa come
i nostri cinepanettoni. L'ironia di “Arakawa...” sta nel mezzo: e, nella sua
semplicità, funziona. I personaggi sono l'uno più folle dell'altro: vediamo
così le loro piccole grandi manie e come queste si scontrino e si incontrino
con quelle degli altri, e tutto per mezzo del povero Kou. Se con i primi
episodi la cosa più divertente era vedere il precisino in mezzo a quella gabbia
di matti, in seguito diventa vedere il suddetto precisino diventare matto tanto
quanto gli altri. Chi va con lo zoppo, insomma, va a zoppicare...
...Un detto che potrebbe andare
bene anche per definire la relazione del nostro con Nino. Anche lì, non
aspettatevi una travolgente storia d'amore simil harmony, ma qualcosa di molto
più terra terra: due persone diverse fra loro che piano piano cominciano ad
appianare le differenze e a provare reciproci sentimenti, ovviamente il tutto
con quel pizzico di follia tipico del fiume Arakawa. In generale, comunque,
l'introspezione psicologica della serie è su livelli buoni: i personaggi
saranno pure sciroccati, ma almeno sono coerenti nelle loro azioni. La maggiore
sorpresa però la riservano i personaggi secondari, come ad esempio il
lacchè/spasimante di Kou, Takai Terumasa, la piccola Stella (che risente un po'
troppo dell'influenza di Sister), ecc. Niente che faccia gridare al miracolo,
ma per una serie con queste premesse è già più che sufficiente.
Il comparto tecnico fa bene il
suo sporco lavoro, a parte poche eccezioni. Il character design non è niente di
eclatante, ma è funzionale quanto basta; la regia di Akiyuki Shinbo (che in
seguito lavorerà sul più serioso “Madoka Magica”) invece è molto buona, così
come la fotografia. Le musiche, invece, sono scialbe: d'accordo che ho visto la
serie mesi fa, ma non me ne ricordo neanche una, non esattamente una cosa
positiva. Ricordo, invece, il doppiaggio giapponese, questo sì in positivo...
...Insomma, “Arakawa Under the
Bridge” non è un capolavoro. Ma sapete la cosa più divertente? Che non ha mai
voluto esserlo! E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima
settimana, con “Il tempio degli Otaku”
Buon compleanno al Tempio degli otaku!!!
E un grazie infinite a Surymae! :)