venerdì 27 gennaio 2012

Il tempio degli Otaku: quarantasettesimo appuntamento “Arakawa Under the Bridge". Buon compleanno alla rubrica!


A cura di Surymae Rossweisse


Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Prima di parlare dell'opera di oggi, vorrei fare presente una cosa: questa settimana la rubrica compie un anno! Onestamente all'epoca non lo credevo minimamente possibile, quindi devo assolutamente ringraziare Malitia per concedermi lo spazio [N.d.M: prego ^.^] ma soprattutto voi, che tutte le settimane leggete le mie elucubrazioni a tema – anche se non lasciate molto segno della vostra presenza. A ripensarci ne abbiamo viste di opere, eh? Manga o anime, più o meno recenti; che hanno fatto la storia o che, al contrario, ormai conosciamo solo noi; per maschietti o femminucce; drammatiche (tanto) o, qualche volta, leggere e divertenti.
A proposito di divertenti... ecco, l'anime di questa settimana è così. Lo so, è strano; pensate, è pure recente! E' stato trasmesso per la prima volta nel 2010, ne è stata fatta una seconda stagione, e i dannati nipponici stanno pure lavorando ad un adattamento in carne ed ossa (in gergo, live action). Insomma, sta vivendo un bel periodo, almeno in patria... non altrettanto in Italia, però: nessuna casa editrice si è fatta avanti per il manga – ancora in corso – idem per quanto riguarda l'anime. Un peccato, perché pur non essendo un capolavoro è senza dubbio un'opera carina. Adesso, però, avete due strade: la prima è cercarvi i fansub (ossia i sottotitoli fatti da fan), e la seconda è leggere questa recensione. Ecco a voi, perciò, l'anime “Arakawa Under the Bridge”. Buona lettura (e visione)!

Non essere mai in debito con nessuno”. Questo è il motto dell'Ichinomiya, grandissima azienda a conduzione familiare. Il protagonista è Kou, figlio del magnate dell'impresa. Siccome un giorno spetterà a lui assumere la guida della compagnia, per tutta la sua vita ha sempre osservato fervidamente l'adagio di casa. Ma, si dice, la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. Per colpa di uno scherzo degenerato, infatti, il giovane rischia di annegare e viene salvato da una ragazza, Nino, che abita tra le rive del fiume Arakawa. Per quanto la situazione sia drammatica è comunque un'infrazione al comandamento, e per questo il nostro è disposto a tutto per sdebitarsi. All'apparenza Nino non sembra avere niente che desideri. Sollecitata da Kou, però, arriva ad una decisione: vorrebbe che quest'ultimo diventasse il suo fidanzato.
Il ragazzo accetta volentieri, tanta è l'urgenza di riparare al danno. A mente fredda, però, i nodi vengono al pettine: tanto per cominciare dovrà lasciare la sua comoda vita alle spalle per trasferirsi sotto al ponte. Dopodiché dovrà fare la conoscenza con gli altri abitanti del fiume, compito piuttosto difficile perché si tratta di gente quantomeno eccentrica, per non dir di peggio. Tanto per farvi qualche esempio: il “sindaco” è un kappa che dà nomi strani a tutti quelli che vivono sotto il ponte; il “cappellano” è un omaccione con un passato di veterano di guerra, si fa chiamare Sister e distribuisce - tra una minaccia e l'altra - dolcetti a tutti; un compassato uomo d'affari ha abbandonato moglie e figli solamente per tracciare linee bianche su cui camminare; la stessa Nino, poi, crede di venire dal pianeta Venere. Sdebitarsi è quindi un compito più complesso del previsto per il nostro Kou...

Voglio evitarvi subito false speranze: in realtà, “Arakawa Under the Bridge” non ha una trama. Quello lì sopra è soltanto l'antefatto, ma a dirla tutta l'anime è costituito solo ed esclusivamente dalla routine sotto il ponte Arakawa, e gli sforzi di Kou per abituarcisi. Se per caso qualcuno decidesse di guardare gli episodi secondo un diverso ordine non succederebbe niente, a parte forse per gli ultimi. E a proposito di episodi, questi hanno una struttura particolare: non sono un unico blocco narrativo, ma diversi, a volte collegati ed a volte – con conseguente smarrimento dello spettatore – no. E' senza dubbio una struttura originale, a cui è facile abituarsi, e che in fondo nemmeno dispiace: così la storia non è pesante, ed anche se il primo blocco non piacesse si può sempre sperare nel secondo. L'unico difetto è che così, però, altro non si fa che porre l'accento sulla mancanza di trama.
Ora, non credo di rivelarvi chissà cosa dicendovi che in realtà il fulcro di “Arakawa Under the Bridge” sono le gag. Ma questo non significa poter sacrificare impunemente quel poco di trama che c'è, anche e soprattutto creando dei veri e propri buchi logici. Purtroppo, è quello che succede. Ad esempio: possibile che nessuno obietti alla decisione di Kou – rampollo, ricordiamolo, di una grande impresa – di cambiare così radicalmente vita? A dire il vero una risposta a questo quesito viene data, ma non fa altro che causare altre domande. Ma soprattutto: perché diavolo Nino vuole che il nostro diventi il suo fidanzato? Come scopriamo – con risultati esilaranti – nel corso della serie, lei nemmeno sa in cosa consista avere una relazione; e i corteggiatori non le mancano, come ad esempio l'agguerrito Hoshi. Quindi, perché scegliere proprio il primo che passa? Mistero. Peccato, perché su questo si fonda soltanto l'intera serie.
Ma in fondo – lo riconosco – queste sono pignolerie. Chi guarda la serie non vuole raffinate trame ricche di colpi di scena su cui scervellarsi; no, vuole le gag. E le avrà. Per carità, non aspettatevi raffinato humor inglese; ma, per fortuna, nemmeno qualcosa come i nostri cinepanettoni. L'ironia di “Arakawa...” sta nel mezzo: e, nella sua semplicità, funziona. I personaggi sono l'uno più folle dell'altro: vediamo così le loro piccole grandi manie e come queste si scontrino e si incontrino con quelle degli altri, e tutto per mezzo del povero Kou. Se con i primi episodi la cosa più divertente era vedere il precisino in mezzo a quella gabbia di matti, in seguito diventa vedere il suddetto precisino diventare matto tanto quanto gli altri. Chi va con lo zoppo, insomma, va a zoppicare...
...Un detto che potrebbe andare bene anche per definire la relazione del nostro con Nino. Anche lì, non aspettatevi una travolgente storia d'amore simil harmony, ma qualcosa di molto più terra terra: due persone diverse fra loro che piano piano cominciano ad appianare le differenze e a provare reciproci sentimenti, ovviamente il tutto con quel pizzico di follia tipico del fiume Arakawa. In generale, comunque, l'introspezione psicologica della serie è su livelli buoni: i personaggi saranno pure sciroccati, ma almeno sono coerenti nelle loro azioni. La maggiore sorpresa però la riservano i personaggi secondari, come ad esempio il lacchè/spasimante di Kou, Takai Terumasa, la piccola Stella (che risente un po' troppo dell'influenza di Sister), ecc. Niente che faccia gridare al miracolo, ma per una serie con queste premesse è già più che sufficiente.

Il comparto tecnico fa bene il suo sporco lavoro, a parte poche eccezioni. Il character design non è niente di eclatante, ma è funzionale quanto basta; la regia di Akiyuki Shinbo (che in seguito lavorerà sul più serioso “Madoka Magica”) invece è molto buona, così come la fotografia. Le musiche, invece, sono scialbe: d'accordo che ho visto la serie mesi fa, ma non me ne ricordo neanche una, non esattamente una cosa positiva. Ricordo, invece, il doppiaggio giapponese, questo sì in positivo...
 
...Insomma, “Arakawa Under the Bridge” non è un capolavoro. Ma sapete la cosa più divertente? Che non ha mai voluto esserlo! E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”











Buon compleanno al Tempio degli otaku!!!

E un grazie infinite a Surymae! :)

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