sabato 10 settembre 2011

Il tempio degli Otaku... Ventinovesimo appuntamento "Ayako"


Scritto da Surymae Rossweisse


Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Ammettiamolo: era da un po' di tempo – a parte Marmalade Boy: ma guai a definirlo vecchio, perché io ho solo un anno di meno! - che non parliamo della mia amata robaccia vecchia e stravecchia, che tra poco ricordo solo io. Oggi ritorniamo ai vecchi fasti, approfondendo il lato più oscuro di un mangaka di cui avevamo già parlato qualche mese fa, Osamu Tezuka. Ricordate il crudo “MW”? Questa settimana parliamo di un'opera che, anche se non così cupa, certo gli dà filo da torcere.
Come se non bastasse, il manga è pure immerso in un'atmosfera storica non molto esplorata dai mangaka: il secondo dopo guerra che, tra i postumi della bomba atomica, vari squilibri politici e il traumatico adeguarsi ad un mondo e ad una società che erano sempre state rifiutati, non fu certo un periodo facile per il Giappone. Allo stesso modo non è facile la lettura di questo manga, per la sua crudezza, complessità e filosofia: ma il gioco vale decisamente la candela. Siete pronti? Ecco a voi “Ayako” di Osamu Tezuka.

E' appena finita la Guerra del Pacifico, ed il giovane Jiro Tenge si appresta a tornare a casa dopo le esperienze da incubo vissute al fronte. Qui rincontra la sua famiglia: il padre, il latifondista Sakuemon, che lo accusa di “non essere nemmeno riuscito a morire”; la madre Iba, succube di suo marito; suo fratello maggiore Ichiro, destinato a ereditare le fortune di famiglia, e la moglie Sue; i fratelli minori Naoko e Shiro; ed infine la piccola Ayako, nata quando Jiro era al fronte. Subito il nostro nota una strana reticenza nell'affrontare questo argomento, ed anche una spaventosa somiglianza della bambina con Sue. Non è un caso: Ichiro ha ceduto sua moglie al padre pur di avere la sua parte di eredità.
Jiro è logicamente disgustato da questa situazione, ma non è esattamente la persona ideale per parlare di onore ed ideali. Prigioniero di guerra, per salvarsi è passato dalla parte degli americani, tradendo i propri commilitoni. Anche adesso collabora con i servizi segreti statunitensi, finendo invischiato nell'omicidio di un uomo di sinistra. Quest'ultimo, Tadashi Eno, è sfortunanatamente il fidanzato di Naoko, che infischiandosene delle ristrette idee familiari fa parte del P.P.L, Partito Popolare dei Lavoratori.
Il coinvolgimento di Jiro nell'omicidio di Eno è quello che porta la rovina della famiglia Tenge, già provata dalla recente riforma agraria contro il latifondismo. Sulle tracce dell'uomo si mettono infatti l'ispettore Tamura ed il suo collega Geka, disposti a tutto pur di arrivare alla verità. Evitare questa sorte costringerà Jiro e la sua famiglia ad ampliare la scia di sangue, colpendo soprattutto i deboli, coloro che non possono difendersi.
Chi più ne subirà le conseguenze è Ayako, colpevole di aver visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. Con la compiacenza di un parente medico, infatti, la piccola viene spacciata per morta, e rinchiusa per sempre in un granaio. Jiro si dà alla macchia, eludendo la sorveglianza della polizia: ma la situazione è precaria, sia quella dei Tenge che del Giappone stesso...

Senza dubbio, “Ayako” non è una serie adatta a tutti i palati. Anzi: chi legge per svagarsi o per cercare un po' di facile evasione forse farebbe meglio a cercare un altro manga. Non lo dico in tono dispregiativo: ognuno ha i suoi gusti di lettura. Però non tutti potrebbero sopportare la crudezza di questa serie.
La maggior parte del cast è minimo antieroica, per non dire proprio cattiva: gente che non esita a sacrificare i più innocenti a favore di insignificanti benefici.  Le “vittime del sistema”, poi, si sprecano: Iba e Sue, ad esempio, completamente succubi dei rispettivi mariti – anche se quest'ultima ha qualche sporadico moto di ribellione, e naturalmente la protagonista. Pochissimi sono quelli che si possono definire buoni al 100%, e guarda caso a parte un'eccezione – Naoko – non fanno parte del clan Tenge.
Ben più numerosi quelli in bilico tra l'una e l'altra categoria: perché va bene dipingere personaggi cattivi ed antieroici, ma la complessità psicologica è sempre la benvenuta. Sakuemon Tenge è forse l'esempio più immediato: è sì un proprietario terriero attaccato ai propri benefici ed un pessimo padre, ma è una delle poche persone ad essere genuinamente affezionato alla bambina – peccato solo che la sua situazione precipiti rapidamente... Anche Jiro rientra nella categoria di diritto: il suo sconcerto nello scoprire la relazione tra Naoko ed Eno, ad esempio, è sincero, e cercherà sempre di farsi perdonare da Ayako per il male causatole.
E la protagonista? Anche lei soddisferà gli amanti dell'introspezione psicologica a tutti i costi, ma in maniera diversa dai sopraccitati personaggi. Il suo passaggio da bambina a donna, nonché tutte le cicatrici mentali che la sua vita difficile le procureranno sono rese con grande maestria da Tezuka. Vedendo la vita vera soltanto di striscio sulle riviste – quindi vedendo una realtà traviata e semplificata – Ayako non riuscirà mai a capire la differenza tra l'amore ed il sesso. Anche la sua mente non si evolverà molto da quella della bambina che era, e nemmeno – per ovvie ragioni – a distaccarsi dal granaio e dalla sua atmosfera cupa. Ed è il minimo, visto quello che ha passato...
Altro personaggio piuttosto complesso è il sopraccitato Shiro. Da sempre idealista e prono alla giustizia – un'inquietante scena nel primo volume lo mostra mentre fa un processo ai suoi giocattoli per crimini contro l'umanità – la sua fiducia nel mondo verrà piuttosto sconvolta dagli eventi in seno alla sua famiglia, con conseguenze ovviamente drammatiche. Uno dei pochi veri alleati di Ayako, non avrà vita facile nell'orientarsi tra le psicosi della sua sorellastra e al tempo stesso cercare di migliorare la sua situazione. Anche alcuni suoi atti non sono esattamente condivisibili, ma considerando i suoi trascorsi il lettore tende quantomeno a comprenderli.
Non vi basta l'agghiacciante storia e l'altrettanto agghiacciante background psicologico dei personaggi? Allora beccatevi (l'agghiacciante) clima storico, che Tezuka dipinge pieno di tensioni. Alcuni eventi reali sono narrati nel manga, come ad esempio “l'incidente Shimoyama”, ossia il misterioso omicidio del capo delle ferrovie nel 1949 – Shimoyama, appunto, qui chiamato Shimokawa – reo di aver licenziato migliaia di persone. Con uguale crudezza vengono trattati la repressione della polizia nei confronti dei comunisti – gli americani insegnano... - e l'affermarsi della malavita dopo la guerra di Corea. Il tutto coniugato alla perfezione con le vicende personali dei protagonisti...
 
Sul tratto ho già speso alcune parole, ma è sempre meglio rinfrescare la memoria. Ai lettori di oggi – a volte un po' schizzinosi, e troppo abituati all'uso della computer graphic – potrebbe sicuramente fare una cattiva impressione, con quei personaggi quasi stilizzati, la costruzione delle pagine morbida ed ombreggiature, sfumature, ecc. fatte esclusivamente a mano. Tuttavia, bisogna tenere conto dell'epoca in cui è stato fatto questo manga, ossia il 1972. E poi ammettiamolo, alcune scene paesaggistiche sono fatte talmente bene che molti dei viziati mangaka di oggi se le sognano...

E per oggi è tutto, gente. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!




2 commenti:

  1. E' un numero unico? Sono rimasta così incuriosita dalla recensione che voglio prenderlo!

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  2. No, sono tre volumi - dal costo di dieci euro l'uno, ahimé... Sono felice di averti incuriosita! :)

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