Sembra non essere l'anno fortunato per Mondadori. Dopo il clamoroso sorpasso di Edoardo Nesi (Storie della mia gente, Bompiani), proclamato vincitore del premio Strega 2011 ai danni del Ternitti di Mario Desiati (classificatosi soltanto quarto), si vede infatti nuovamente soffiata la vittoria al quarantanovesimo Premio Campiello, questa volta dall'editore siciliano Sellerio, noto soprattutto per la pubblicazione dei romanzi di Leonardo Sciascia e Andrea Camilleri. Data per favorita, Federica Manzon (Di fama e di sventura, Mondadori) si è dovuta invece accontentare del secondo posto. Trionfatore è stato il concorrente Andrea Molesini, professore di Letterature comparate all'università di Padova, che con il suo Non tutti i bastardi sono di Vienna rivive, alla luce di un patriottismo che fa da sfondo al centocinquantesimo anniversario dell' unità d'Italia, i giorni successivi la disfatta di Caporetto e la conquista austriaca, dal 9 novembre 1917 al 30 ottobre 1918. L'autore, commosso, ha dedicato il premio ad Elvira Sellerio (1936-2010), "perché ha difeso la lingua dei padri dalla volgarità dei tempi". Il terzo, quarto e quinto posto se lo sono aggiudicato, rispettivamente, Ernesto Ferrero (Disegnare il vento, Einaudi), Maria Pia Ammirati (Se tu fossi qui, Il Cairo editore) e Giuseppe Lupo (L'ultima sposa di Palmira, Marsilio).
Primo classificato
Non tutti i bastardi sono di Vienna - Andrea Molesini
Orgoglio, patriottismo, odio, amore: passioni pure e antiche si mescolano e si scontrano tra loro, intorbidate più che raffrenate dal senso, anch'esso antico, di reticenza e onore. Villa Spada, dimora signorile di un paesino a pochi chilometri dal Piave, nei giorni compresi tra il 9 novembre 1917 e il 30 ottobre 1918: siamo nell'area geografica e nell'arco temporale della disfatta di Caporetto e della conquista austriaca. Nella villa vivono i signori: il nonno Guglielmo Spada, un originale, e la nonna Nancy, colta e ardita; la zia Maria, che tiene in pugno l'andamento della casa; il giovane Paolo, diciassettenne, orfano, nel pieno dei furori dell'età; la giovane Giulia, procace e un po' folle, con la sua chioma fiammeggiante. E si muove in faccende la servitù: la cuoca Teresa, dura come legno di bosso e di saggezza stagionata; la figlia stolta Loretta, e il gigantesco custode Renato, da poco venuto alla villa. La storia, che il giovane Paolo racconta, inizia con l'insediamento nella grande casa del comando militare nemico. Un crudo episodio di violenza su fanciulle contadine e di dileggio del parroco del villaggio, accende il desiderio di rivalsa. Un conflitto in cui tutto si perde, una cospirazione patriottica in cui si insinua lo scontro di psicologie, reso degno o misero dall'impossibilità di perdonare, e di separare amore e odio, rispetto e vittoria.
Secondo classificato
Di fama e di sventura - Federica Manzon
Tommaso nasce nell'ora più calda del giorno più caldo dell'estate più calda. "È nato sotto una cattiva stella", dicono le comari. Ma quel bambino ha qualcosa di speciale. Sarà in grado di capire l'animo degli uomini con uno sguardo, di leggere il futuro, ma su di sé attirerà tanto il successo quanto la sventura. A un'esistenza segnata dall'abbandono e dall'ingiustizia Tommaso opporrà una voglia di rivalsa che lo porterà a lasciare la sua città di mare e di confine, di matti e sognatori, per il mondo oscuro e spietato dell'alta finanza americana, trasformandosi da piccolo indiano dal cuore buono in cowboy dall'anima di pietra. La sua storia sarà attraversata da personaggi indimenticabili. La nonna Vittoria, che cammina alzando la gonna sopra il ginocchio e incanta gli uomini. Ariel Fiore, il giovane amico campione di nuoto, sempre buono, sempre bello, facile da amare e da tradire. Mila, la figlia del grande assicuratore, dagli occhi gialli come il miele e velenosi come il serpente. Federica Manzon disegna una saga coinvolgente, la storia senza tempo di un uomo che lotta contro le lusinghe del lato oscuro. E al tempo stesso racconta, in una cronaca dura e originale, l'economia di inizio millennio, tra speculazioni crudeli e dissennate e l'onda nera e travolgente della crisi.
Terzo classificato
"Il padre degli eroi", Emilio Salgari, è lo scrittore che ha infiammato generazioni di italiani creando centinaia di personaggi avventurosi sospinti dalla forza travolgente d'una eterna giovinezza. Ma il vero eroe è lui, il giornalista veronese appassionato di ciclismo e di scherma, pessimo scolaro e lettore onnivoro, che insegue tormentosi sogni di rivincita scrivendo romanzi d'appendice. Nominato cavaliere dalla Regina Margherita perché sa "istruire dilettando", vive con la moglie, quattro figli e una pittoresca corte di animali in un caseggiato popolare ai piedi della collina torinese, sfiancato dai ritmi di un lavoro forsennato. Chi è davvero l'uomo che tiene ad essere chiamato capitano, sostenendo d'aver navigato tutti i mari del mondo? Da dove prende il favoloso repertorio di piante e animali con cui ricrea l'essenza stessa dell'esotismo? Perché i suoi personaggi sono agitati da una ossessiva sete di vendetta? A cent'anni dalla sua morte il romanzo di Ernesto Ferrero va oltre la biografia accostando documenti autentici e d'invenzione, e orchestrando le voci di un coro di testimoni: la moglie Ida, l'ex attrice da lui chiamata Aida, minacciata dalla follia; i figli, i vicini di casa, i pochi amici, i compagni di una bohème più sognata che praticata, esploratori, medici, giornalisti, pittori; ma soprattutto un'intrepida ragazza, Angiolina, che vorrebbe farsi insegnare da lui i segreti della scrittura e lo accompagna nell'ultimo viaggio con una tenera pietà tutta femminile.
Quarto classificato
Una giovane donna muore e il marito Matteo, sconvolto, comincia a interrogarsi sulla loro vita in comune. Mano a mano viene trascinato in un vortice di indizi e di incredibili rivelazioni, di false piste e di agnizioni inattese. Un telefonino che continua a suonare, messaggi che lampeggiano nella notte. Un amante segreto? Un amico troppo caro? Una seconda vita misteriosa? Una malattia nascosta? Un passato che ritorna? O solo un uomo e una donna che hanno smesso di comunicare, che non hanno saputo mettere a nudo il loro cuore. Questo non è un romanzo. È una storia che scommette sull'impossibile e trasforma la narrazione dell'indicibile in lettura awicente. È un libro sulla paura e sull'incapacità di amare. Un racconto estremo sulla mancanza di coraggio che affligge spesso la nostra vita quotidiana. Sulla difficoltà di vivere appieno la propria vita. Succede tutto nel tempo veloce e atroce del funerale di Luisa, in quello spazio breve e vuoto dove il tempo viene sospeso. Matteo scopre di non sapere nulla della giovane moglie e vorrebbe a tutti i costi tornare indietro. Vorrebbe amarla, abbracciarla, conoscerla, condividere giorni felici con le due figlie piccole. Ma non è più possibile. Si può soltanto pensare di ripartire, stavolta senza troppi preparativi e con un bagaglio nuovo di verità irrinunciabili. Scabra, essenziale, affilata dalla lama di uno sguardo impietoso, la narrazione corre veloce verso il suo finale liberatorio.
Quinto classificato
23 novembre 1980: il terremoto colpisce la Basilicata e la Campania, provocando migliaia di morti, dispersi e senzatetto. Un'antropologa milanese si precipita a Palmira, minuscolo centro dell'Appennino che ha la particolarità di non figurare sulle carte geografiche. Trova strade e ferrovie interrotte, dighe e ponti crollati, abitazioni rase al suolo, famiglie distrutte. Solo una falegnameria è rimasta in piedi e dentro, notte e giorno, mastro Gerusalemme fabbrica il mobilio per una sposa, l'ultima del paese. Sulle ante sta disegnando le leggende che si tramandano negli anni: misteriose profezie di gente senza tempo e memoria, miracoli di un luogo favoloso dove convivono cristiani, ebrei, musulmani. I pannelli dei mobili sono l'unica testimonianza che Palmira sia esistita veramente e in essi si compie il destino di ogni uomo. Tra l'antropologa e il falegname inizia un dialogo di sguardi sfuggenti e di parole arcane, un viaggio alla ricerca dell'ultima sposa, un'avventura nei segreti di questa comunità, dalla remota fondazione di Patriarca Maggiore all'apocalisse del terremoto che ha trasformato il paese in un immenso presepe di morti. Grazie a una lingua modulata sull'affabulazione dei sogni e a un gioco di incastro fra epica orale, mito e cronaca, con questo fantasioso romanzo Giuseppe Lupo celebra un evento che fa da spartiacque nella recente storia del Mezzogiorno e segna la fine di una civiltà.
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