Trama:
Recensione:
Massimo Cortese è un padre
attento, laureato in giurisprudenza –anche se non in un’università seria come la Sapienza , fa notare con
tono ironico- e impiegato in un ente pubblico, che, in questo che è un
memoriale, racconta la sua esperienza come candidato al Consiglio d’istituto presso
la scuola della figlia. Un’esperienza che si tramuta presto in una grottesca lotta
politica con la lista avversaria, con tanto di propaganda, consiglieri di
circoscrizione nominati rappresentanti di lista, programmi dettagliati. La
veemenza con cui la concorrenza attua la propria campagna rasenta il paradosso
e l’episodio si tramuta in uno spunto per riflettere sul tema dell’educazione,
particolarmente caro all’autore. Le lettere inviate ai personaggi di rilievo e
puntualmente rifiutate testimoniano il disinteresse delle istituzioni, e così
Cortese sente il bisogno di parlarne, affrontando anche tematiche più delicate
come il bullismo o la stessa inettitudine dei docenti e apportando anche
episodi vissuti personalmente, oltre che avvalendosi di noti fatti di cronaca.
Il libro si compone così in tre
parti: la prima dedicata alle elezioni del Consiglio d’istituto, la seconda che
prosegue questo racconto laddove ci si aspettava che fosse concluso, la terza
in cui sono riportate due lettere dell’autore sui temi sopracitati. La forma
del libro non è quindi, come mi ero aspettata, quella di un romanzo. E’
semplicemente il racconto personale –quindi in prima persona- di un’esperienza
nemmeno tanto entusiasmante, arricchito da aneddoti e da queste famose lettere.
Tentando di fare un’analisi dal
punto di vista letterario potrei dire che lo stile è colloquiale, forse sin
troppo semplice, ingenuo (ma anche “genuino”) in alcuni punti. L’autore si
perde spesso in particolari irrilevanti (il capitolo XI, Una bella paura, per esempio, è del tutto superfluo) conferendo al
racconto una finalità quasi provvidenziale (nel senso letterale del termine) e
motivando nel capitolo IX, La mia
ritrosia, la volontà di continuarlo come una sorta di cosa davanti a cui
non poteva tirarsi indietro, per dovere morale o per qualcos’altro di non
meglio identificato (se l’Angelo Custode
aveva deciso di salvarmi ancora una volta, non potevo fare finta di nulla e
incaponirmi ad oltranza nel non continuare nel racconto intrapreso).
Da questo punto di vista ci sono
particolari che danno l’impressione vogliano “fare brodo”, specialmente per un
libro già breve di suo (solo 53 pagine).
In realtà, valutare Candidato al Consiglio d’istituto come
un’opera letteraria sarebbe secondo me errato. Quella di Cortese non è la
pretesa di scrivere qualcosa di stilisticamente impeccabile o di avvincere il
lettore con una storia memorabile, ma il suo unico intento è mettere in rilievo
l’importanza di un tema troppo trascurato attraverso la propria esperienza, i
propri sforzi, la propria appassionata narrazione. Da questo punto di vista Candidato al Consiglio d’istituto assume
i tratti di un libro educativo, sobrio ma simpatico, schietto, vero perché frutto della realtà.
Questo il motivo per cui mi
sembra inclassificabile, e per cui non posso conferire un voto. Non posso,
cioè, dare un voto all’impegno tenuto dall’autore, né al suo stile, né alla
storia in sé. E’ stato scritto per riflettere e la riflessione è fine a se
stessa. La speranza dell’autore è certamente la sensibilizzazione del lettore e
la presa di coscienza sull’attenzione che dovrebbe essere tributata alla fase
più delicata della vita di una persona. Un messaggio che dovrebbe arrivare
forte e chiaro a genitori disattenti, scuole impreparate e governi incompetenti…
Grazie per la recensione. Attendo il suo giudizio relativamente agli altri due libri.
RispondiEliminaCordialmente
Massimo Cortese