giovedì 16 maggio 2013

Poems (58): “Lettere a un giovane poeta” di Rainer Maria Rilke





Benché non sia molto ferrata sulla letteratura tedesca – la mia conoscenza è limitata agli scritti filosofici di Hegel, Hölderlin e Nietzsche, ai romanzi di Goethe e Hoffman e al teatro di Brecht –, conservo gelosamente in un quaderno dove raccolgo le poesie che più mi hanno affascinato un piccolo brano che vorrei condividere con voi. Si tratta di un alcuni versi di uno dei più grandi poeti tedeschi (o meglio austriaci) dello scorso secolo, Rainer Maria Rilke, la cui opera letteraria è ancora in parte inedita in Italia, maggiormente conosciuto per la raccolta di corrispondenze pervenuta a noi con il titolo famosissime Lettere ad un giovane poeta.
In questo epistolario, destinato al giovane poeta Kappus e scritto tra il 1903 e il 1908, ci sono importantissimi argomentazioni riguardo la natura della poesia e della prosa, il ruolo dello scrittore e il significato della vita, ma soprattutto il modo in cui un poeta deve approcciarsi ai propri versi, lasciandoli cantare e ascoltandoli come se fossero versi di qualcun altro. Il poeta non crea dal nulla, ma si fa interprete di ciò che gli viene trasmesso dalla realtà attraverso l’ascolto attento e privo di condizionamenti esterni, che possano alterarne la percezione e il significato. Sembra quasi che Rilke abbia seguito l’esempio di Hegel, scrivendo quella che può essere considerata una “fenomenologia” dell’arte poetica che ricorda vagamente l’Epistola ai Pisoni (Ars Poetica) di Orazio.
Sebbene Rilke sia considerato il poeta dell’inquietudine e dell’introspezione, quella che vi propongo oggi è una riflessione sulla vita molto positiva, dalla quale trasuda la volontà dell’autore di aiutare un amico che si trova combattuto tra la via della letteratura e la carriera militare. Davanti ad un dolore, ad un’ombra che incombe su di noi, siamo tutti scoraggiati, vittime inermi; è proprio quel sentimento a riportarci a tu per tu con la nostra umanità, il senso ultimo della nostra vita, a farci rendere conto che siamo vivi, nel dolore più che mai. Il buio ci ricorda che c’è la luce, che bisogna contare sulle proprie forze per risalire a galla, ci impaurisce così tanto da richiamare una risalita. Questa è la vita, il motore di tutto, dove i pericoli e i draghi, prima o poi, si trasformano in principesse.



Come potremmo dimenticare quegli antichi miti
che stanno all'origine di tutti i popoli, i miti dei draghi
che nell'attimo estremo si tramutano in principesse?
Forse tutti i draghi della nostra vita sono principesse
che attendono solo di vederci una volta belli e coraggiosi.
Forse tutto l'orrore non è in fondo altro che l'inerme,
che ci chiede aiuto.
E allora tu non devi spaventarti se davanti a te sorge una tristezza,
grande quanto non ne hai mai vedute prima;
se una inquietudine, come luce e ombra di nuvole,
scivola sulle tue mani e su tutto il tuo agire.
Devi pensare che qualcosa accade in te,
che la vita non ti ha dimenticato,
che ti tiene in mano e non ti lascerà cadere.



Rainer Maria Rilke
René Karl Wilhelm Johann Josef Maria Rilke (4 dicembre 1875 - 29 dicembre 1926), meglio conosciuto come Rainer Maria Rilke, fu un poeta boemo-austriaco e romanziere. Diversi critici hanno descritto l'opera di Rilke come intrinsecamente "mistica". Le sue opere comprendono un romanzo, diverse raccolte di poesie, e di diversi volumi di corrispondenza in cui si invocano immagini ossessive che si concentrano sulla difficoltà di comunione con l'ineffabile in un'epoca di incredulità, solitudine e profonda ansia.
Rilke è nato a l'impero austro-ungarico, viaggiò molto in tutta Europa e Nord Africa, tra cui Russia, Spagna, Germania, Francia, Italia, e nei suoi ultimi anni si stabilì in Svizzera. Benché Rilke sia più noto per i suoi contributi alla letteratura tedesca, oltre 400 poesie sono state originariamente prodotte in francese e dedicate al cantone Vallese, in Svizzera. Le sue opere più importanti tradotte in italiano: Lettere a un giovane poeta (Adelphi, Matteoli, Mondadori, Nova Delphi), Elegie duinesi (Dalai, Feltrinelli, Rizzoli), I quaderni di Malte L. Brigge (Adelphi, Edizioni Clandestine e Garzanti), Sonetti a Orfeo (Feltrinelli, Garzanti, Passigli).

2 commenti:

  1. Lo confesso: mi diletto di trekking nel WEB perché so che in qualche sito incontro Rilke; il dove e il come, stimola la mia curiosità.
    Rilke e Kafka: due figli di Praga magica (quella delle sfrenate maschere dell’Arcimboldi) che si consegnano, con risoluta scelta, alla vigilanza di una rigorosa grammatica, la tedesca. Il risultato? Un vertice di straniamento nel comunicare. Noi sbrigativamente li leggiamo come due testimoni dell’angoscia, di una malattia dello spirito, laddove l’angoscia è la virtù dei temerari, insofferenti di simulati asili.
    La Grande Muraglia cinese di Kafka offre infiniti varchi; gli umani cerchi di Rilke dilatano senza fine.
    In una lettera del 1903, Rilke consiglia al giovane poeta: “… abbiate care le vostre domande, come stanze serrate e libri scritti in una lingua molto straniera. Non cercate ora risposte che non possono venirvi date perché non le potreste vivere… Vivete per ora le domande…”
    Nel Libro d’ore, il frate russo, pittore d’icone, destato dalla squilla mattutina, inizia il proprio quotidiano lavoro così meditando:

    La vita che vivo in cerchi si espande
    che sovra le cose descrivo;
    non chiuderò forse di essi il più grande
    eppure farò il tentativo.

    Intorno a Dio, alla Torre primiera,
    io mi libro da antica stagione
    né ancor so se son falco o bufera
    o un’immensa canzone.

    Grazie da marmar e ai prossimi incontri sul WEB.

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    1. Grazie a te per esserti fermato a commentare questo articolo, e per averlo arricchito con altri versi di questo straordinario poeta :)

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