Quando
sento parlare di poesia contemporanea, non posso che confessare di pensare
immediatamente alla produzione poetica che l’autore turco Nazim Hikmet ha a noi
consegnato, una poesia particolare improntata sulla capacità della parola di
comunicare e condurre il lettore ad una riflessione sulla società e la realtà
storica. I versi dovevano essere utili, solleticare l’orecchio, dare piacere
all’anima, ma anche dargli modo di pensare. Ciò non vuol dire che Hikmet scrisse
solo strofe impegnate, ma anche liriche amorose – sicuramente, tra le sue opere
più famose vi è “Anima mia”, poesia molto evocativa che con la leggerezza di un
tessuto bianco e leggero che avvolge la donna e l’accompagna nel suo sonno. Quella
che voglio proporvi oggi è “Varsavia, 1960”, una lirica molto particolare, che
ricorda un po’ un monologo interiore. Sembra il delirio febbricitante di un
uomo che si è dovuto allontanare dalla donna che ama, il cui ricordo sui binari
lo accompagna per tutto il viaggio. Il poeta è affranto, si chiede se la
passione è ancora viva nella donna, la rivede nel paesaggio dal cupo e buio
inverno alla primavera, la sente domandargli se è ancora nei suoi pensieri. In
realtà lui avrebbe voluto scendere dal treno, ma nella vita non ha fatto altro
che viaggiare e allontanarsi da chi amava, pervenendo alla nuda verità che è
stata la sua tristezza a scandire la maggior parte degli attimi che hanno
popolato la sua vita, una nostalgia che lo ha reso solitario e pieno di rimorso
per un passato che non può più tornare.
La mia donna è venuta con me fino a
Brest
è scesa dal treno è rimasta sul
marciapiede
si è fatta più piccola più piccola più
piccola
un seme di grano nell'azzurro infinito
poi, eccetto i binari, non ho visto
più niente.
E poi mi ha chiamato, dalla terra
polacca non potevo rispondere
non potevo chiederle dove sei, mia
rosa, dove sei
mi ha detto vieni ma non potevo andare
da lei
il treno correva come se non dovesse
fermarsi più
soffocavo dalla tristezza.
E poi sulla terra i pezzi di neve si
scioglievano
e a un tratto ho capito che la mia
donna mi vedeva
mi chiedeva mi pensi ancora mi pensi
ancora
mentre la primavera camminava coi nudi
piedi fangosi sul cielo
e le stelle scendevano a posarsi sui
fili del telegrafo
e l'oscurità batteva come pioggia sul
treno
la mia donna restava in piedi sui pali
del telegrafo
e il suo cuore batteva - tac tac -
come se stesse tra le mie braccia
i pali si muovevano e passavano ma lei
non si muoveva di lì
il treno correva come se non dovesse
fermarsi mai
soffocavo dalla tristezza.
E poi ho capito che da anni da lunghi
anni stavo in quel treno
ma come l'ho capito e perché mi
stupisce ancora
come cantando la grande canzone della
speranza
m'allontano dalle città dalle donne
amate
porto la nostalgia di loro come ferita
che non rimargina
nella mia carne
ma vado sempre, per avvicinarmi in
qualche luogo a
qualcosa.
Nazim Hikmet (Salonicco
1902 - Mosca 1963)
Poeta,
romanziere, autore di teatro, saggista e giornalista, è conosciuto soprattutto
per le sue Poesie d'amore (nella
collezione Oscar Mondadori). Durante
gli anni Venti visse in Russia dove entrò in contatto con le avanguardie.
Rientrato in Turchia, per la sua opposizione al regime di Kemal Atatürk
trascorse dodici anni in carcere, dal 1938 al 1950. Liberato, si trasferì a
Mosca, dove morì.
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