venerdì 10 maggio 2013

Poems (57): “Varsavia, 1960” di Nazim Hikmet









Quando sento parlare di poesia contemporanea, non posso che confessare di pensare immediatamente alla produzione poetica che l’autore turco Nazim Hikmet ha a noi consegnato, una poesia particolare improntata sulla capacità della parola di comunicare e condurre il lettore ad una riflessione sulla società e la realtà storica. I versi dovevano essere utili, solleticare l’orecchio, dare piacere all’anima, ma anche dargli modo di pensare. Ciò non vuol dire che Hikmet scrisse solo strofe impegnate, ma anche liriche amorose – sicuramente, tra le sue opere più famose vi è “Anima mia”, poesia molto evocativa che con la leggerezza di un tessuto bianco e leggero che avvolge la donna e l’accompagna nel suo sonno. Quella che voglio proporvi oggi è “Varsavia, 1960”, una lirica molto particolare, che ricorda un po’ un monologo interiore. Sembra il delirio febbricitante di un uomo che si è dovuto allontanare dalla donna che ama, il cui ricordo sui binari lo accompagna per tutto il viaggio. Il poeta è affranto, si chiede se la passione è ancora viva nella donna, la rivede nel paesaggio dal cupo e buio inverno alla primavera, la sente domandargli se è ancora nei suoi pensieri. In realtà lui avrebbe voluto scendere dal treno, ma nella vita non ha fatto altro che viaggiare e allontanarsi da chi amava, pervenendo alla nuda verità che è stata la sua tristezza a scandire la maggior parte degli attimi che hanno popolato la sua vita, una nostalgia che lo ha reso solitario e pieno di rimorso per un passato che non può più tornare.



La mia donna è venuta con me fino a Brest
è scesa dal treno è rimasta sul marciapiede
si è fatta più piccola più piccola più piccola
un seme di grano nell'azzurro infinito
poi, eccetto i binari, non ho visto più niente.

E poi mi ha chiamato, dalla terra polacca non potevo rispondere
non potevo chiederle dove sei, mia rosa, dove sei
mi ha detto vieni ma non potevo andare da lei
il treno correva come se non dovesse fermarsi più
soffocavo dalla tristezza.

E poi sulla terra i pezzi di neve si scioglievano
e a un tratto ho capito che la mia donna mi vedeva
mi chiedeva mi pensi ancora mi pensi ancora
mentre la primavera camminava coi nudi piedi fangosi sul cielo
e le stelle scendevano a posarsi sui fili del telegrafo
e l'oscurità batteva come pioggia sul treno
la mia donna restava in piedi sui pali del telegrafo
e il suo cuore batteva - tac tac - come se stesse tra le mie braccia
i pali si muovevano e passavano ma lei non si muoveva di lì
il treno correva come se non dovesse fermarsi mai
soffocavo dalla tristezza.

E poi ho capito che da anni da lunghi anni stavo in quel treno
ma come l'ho capito e perché mi stupisce ancora
come cantando la grande canzone della speranza
m'allontano dalle città dalle donne amate
porto la nostalgia di loro come ferita che non rimargina
nella mia carne
ma vado sempre, per avvicinarmi in qualche luogo a
qualcosa.

Nazim Hikmet (Salonicco 1902 - Mosca 1963)
Poeta, romanziere, autore di teatro, saggista e giornalista, è conosciuto soprattutto per le sue Poesie d'amore (nella collezione Oscar Mondadori). Durante gli anni Venti visse in Russia dove entrò in contatto con le avanguardie. Rientrato in Turchia, per la sua opposizione al regime di Kemal Atatürk trascorse dodici anni in carcere, dal 1938 al 1950. Liberato, si trasferì a Mosca, dove morì.

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