venerdì 17 maggio 2013

Il tempio degli otaku #85: "The Drifting Classroom"







Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il Tempio degli Otaku”. Oggi parliamo di un'opera che definire sconosciuta è un eufemismo... sul serio. Come altro chiamereste un manga del 1972, ovviamente inedito in Italia e dalle probabilità rasenti lo zero di essere preso in considerazione?
Mi chiederete il perché di questa scelta così poco popolare. Beh, cari quattro gatti che mi leggono, credo che in una rubrica come questa sia molto più utile di parlare di titoli poco conosciuti ma di qualità piuttosto che dei soliti manga che tutti voi sapete a memoria (soprattutto, con tutta probabilità, il relativo anime), che magari ad uno sguardo più attento sono meno incisivi di quello che sembravano all'inizio. E' bello, di tanto in tanto, puntare i riflettori su qualcosa rimasto finora (ingiustamente?) nell'ombra. Ma non vi annoierò oltre con questa introduzione ed andrò subito al sodo: “The Drifting Classroom” di Kazuo Umezu. Buona lettura!

Sho Takamatsu è un ragazzino di sesta classe (la scuola elementare in Giappone dura sei anni) nella media, né troppo maturo né troppo immaturo. Ama teneramente sua madre, ma questo non gli impedisce  di pressarla di richieste e, alle volte, di litigarci. In un giorno qualunque i due hanno un alterco piuttosto serio, ed è con animo pesante che il nostro fa il suo ingresso a scuola.
Non può immaginare, nemmeno nei sogni più sfrenati, quello che accadrà di lì a poco. Un fortissimo terremoto scuote l'edificio; e quando tutto sembra passato, gli insegnanti ed i bambini stupefatti scoprono che la scuola si trova ora in un posto sconosciuto, in un mare di sabbia apparentemente privo di qualsiasi forma di vita. Gli adulti, dopo aver tentato invano di mantenere l'autorità, impazziscono. Gli (ex) scolari, invece, provano ad affrontare la faccenda con razionalità, arrivando a scoprire la verità: si trovano nel futuro. Ma questo non renderà più facili i compiti di Sho ed i suoi amici: tornare a casa e, soprattutto, sopravvivere in questo ambiente ostile.

Cari quattro gatti che mi stanno leggendo, credo di sapere a cosa state pensando: “Il signore delle mosche”. In fondo le premesse sono simili, no? Una catastrofe non meglio precisata, un ambiente ostile, dei bambini rimasti da soli, un potenziale leader che però rimane un bambino come tutti gli altri. Ma il titolo di Umezu ha poche somiglianze con il (bellissimo) romanzo. Lo scrittore William Golding si concentra quasi esclusivamente sui problemi legati alla leadership del gruppo, divisa tra Ralph, il protagonista, ed il suo rivale Jack, che diciamo non condivide al 100% gli ideali democratici inglesi di cui l'altro si fa portavoce. La sopravvivenza nell'isola, pur essendo ovviamente una questione molto importante, viene subordinata ai turbamenti dei ragazzi, come ad esempio si può notare nel finale, affrettato e slegato dal resto del testo. Ma siccome questa non è una recensione del “Signore delle mosche”, lasciamo stare questo argomento.

In “The Drifting Classroom” l'argomento “regole” viene toccato piuttosto marginalmente, anche se presente (una delle parti forse più coinvolgenti dell'intera opera). Del resto sarebbe stato piuttosto inutile insistere, visto che è chiaro come il sole che sarà Sho a spuntarla. Tuttavia, il motivo principale è che questo, almeno sulla carta, è un manga horror. Perciò i nostri eroi dovranno fare i conti con diverse problematiche, quasi tutte di ordine pratico: come procurarsi da mangiare e da bere, combattere catastrofi naturali di vario genere, e naturalmente fare fronte agli ovvi dissidi interni, ultimi ma non ultimi quelli con gli adulti.
Come già accennato nella trama, l'obiettivo non è tanto tornare a casa, piuttosto riuscire a sopravvivere un altro giorno. Missione dall'esito non scontato se si pensa alla siccità perenne, vegetazione ostile, mostri dalle origini sconosciute, inondazioni, malattie infettive... solo alcune delle disgrazie che capitano agli studenti. Ogni volta che i bambini sembrano aver raggiunto una certa normalità nell'anormalità, ecco capitare qualcos'altro che seminerà morte e distruzione. Come molte opere destinate ai ragazzini dell'epoca – in Italia è ancora argomento di attualità la violenza in “Goldrake” - Umezu non si fa remore ad ammazzare dei minori, in modi sempre diversi e sempre cruenti. E' questo, forse, l'unico elemento “horror” della storia ai giorni nostri, visto che la nostra sensibilità, dal 1972, è piuttosto cambiata. E' più difficile turbarci, ed al singolo lettore decidere se è un bene o un male.
Tra una tragedia e l'altra, comunque, c'è ancora tempo per fare dell'introspezione psicologica. A sorpresa i personaggi meglio riusciti non sono i primari: Sho è troppo buono ed intelligente (capisce sempre quando la situazione è pericolosa, anche quando non lo sembra), la sua amica Saki troppo dipendente da lui, Gamo troppo cervellone, Otomo troppo violento, e così via. Molte soddisfazioni regalano invece altre comparse: la “principessa” che cerca di prendere il comando della scuola con metodi violenti, il codardo Akabane, che cambia versione dei fatti ogni volta che gli torna comodo, il piccolo Yu, che compensa il suo essere stato inserito a forza nella trama con una personalità assolutamente coerente con quella di un bambino piccolo, e molti altri. Come già accennato gli adulti non ci fanno una gran figura, ma anche loro dimostrano una buona caratterizzazione: soprattutto Sekiya, l'addetto ai pasti della scuola, che approfitta dello spostamento della scuola per vendicarsi degli studenti che lo prendevano sempre in giro in virtù della sua condizione. Diverso il discorso per la madre di Sho, il cui amore la porta su quella che a molti sembra follia, ma in realtà è istinto materno allo stato puro. Anche la folla dei bambini è molto curata, soprattutto quelli più piccoli, facilmente impressionabili e dalle idee spesso bizzarre e pericolose. Tenerli al sicuro sarà una delle mansioni più difficili per il nostro Sho.

Il tratto di Kazuo Umezu è piuttosto semplice e poco personale, in linea con gli standard dell'epoca. Fedele in tutto agli stilemi del buon Osamu Tezuka, le fisionomie sono elementari e si ripetono facilmente, anche se le persone non si somigliano in modo lampante. Per garantire una buona atmosfera horror vengono usati molto il bianco ed il nero, anche se i retini non mancano, anzi sono usati in maniera molto sapiente. L'unica eccezione sono le copertine (a dire il vero un po' tutte uguali tra loro), dai colori sgargianti. La costruzione della tavola non presenta guizzi di nota, anche se di tanto in tanto si notano delle inquadrature particolarmente efficienti.

“The Drifting Classroom” non è un capolavoro, ma ha ottimi spunti, e meriterebbe ampiamente di poter essere letto anche dal pubblico italiano, spesso sommerso (letteralmente?) da opere dal dubbio valore. E per oggi è tutto, cari amici: arrivederci alla prossima volta, con “Il Tempio degli Otaku”!

2 commenti:

  1. dove posso trovarlo in italiano? se esiste!

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  2. Ciao! Sfortunatamente in italiano non è stato pubblicato; tuttavia, viste le qualità del manga, ho pensato meritasse un approfondimento sulla rubrica. Se mastichi l'inglese lo puoi facilmente trovare in scan, comunque :-) Ciao!
    Surymae

    RispondiElimina

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