A cura di Surymae Rossweisse
Salve a tutti, e benvenuti ad una
nuova puntata de “Il tempio degli Otaku”.
Non si incontrano molte saghe – ad eccezione degli archi narrativi degli shonen
– nei manga: in genere, per un autore
nipponico, se una storia finisce finisce, punto e basta. Le saghe
familiari, poi, sono davvero una mosca bianca.
Indovinate di che parliamo oggi?
Esatto, proprio di questo... anzi, per essere più precisi, riprendiamo il
discorso da dove l'avevamo lasciato. Vi ricordate la recensione di “Le bizzarre avventure di JoJo: PhantomBlood”, pubblicata due mesi fa? Questa settimana i riflettori si spostano
sul primo dei suoi numerosi sequel. Fate un caloroso benvenuto, perciò, a “Le bizzarre avventure di JoJo: Battle
Tendency” di Hirohiko Araki.
Buona lettura!
Siamo nel 1938. Dopo la tristissima fine – leggere per credere –
del protagonista della prima saga, Jonathan, la vita è andata comunque avanti.
Il suo migliore amico, Speedwagon,
ha fatto inaspettatamente fortuna, utilizzando i soldi guadagnati – una volta
tanto onestamente - per fare ricerche sulla Maschera di Pietra. A queste si
deve la scoperta che i creatori della Maschera, gli Uomini del Pilastro, si stanno risvegliando dopo un riposo
millenario. Esseri mutaforma e di grande intelligenza, hanno tutte le
intenzioni di riprendersi il mondo che avevano lasciato. Per farlo hanno bisogno della Pietra Rossa
dell'Asia, che può renderli invulnerabili all'unica arma che può davvero
funzionare contro di loro: le Onde
Concentriche.
A differenza del padre George,
anch'egli morto in circostanze misteriose, il diciottenne Joseph, come suo
nonno prima di lui, è in grado di sfruttare questo potere. Il ragazzo si mette
dunque in viaggio alla ricerca degli Uomini del Pilastro, accompagnato dal
bizzarro Caeser Antonio Zeppeli e dalla misteriosa mentore Lisa Lisa.
L'impalcatura della trama di
“...Battle Tendency” è più o meno simile a quella di “...Phantom Blood”, così
come alcuni vizi in sede di sceneggiatura come il fatto che la storia è stata evidentemente sviluppata
man mano che veniva serializzata e l'uso/abuso dell'inforigurgito.
Tuttavia, lungi dall'essere una sua mera copia, ha in sé diverse innovazioni. Tanto per cominciare la narrazione è senza dubbio più fluida:
le didascalie inutili sono nettamente diminuite e la trama più comprensibile.
Finalmente Araki ha capito l'importanza di fare degli schemi chiarificatori per
i poveri lettori!
Un altro sintomo di tutto questo
è l'ambientazione, più curata e
variegata: sono diversi, infatti, i luoghi che Joseph visiterà durante la
storia, alcuni anche in Italia, paese a cui l'autore è piuttosto affezionato e
dove ambienterà anche “Vento Aureo”, la quinta parte della saga. A dire la
verità, l'espediente verrà sfruttato al massimo delle sue potenzialità soltanto
in seguito, ma il tentativo è comunque apprezzabile.
In ogni caso, al pubblico
dell'epoca come probabilmente a quello di oggi, queste migliorie saranno
interessate fino ad un certo punto, perché il
fulcro della serie sono i combattimenti: e qui sì, che avrà trovato pane
per i suoi denti. Le prime differenze si riscontrano già nell'allenamento: non
dovendo tornare a spiegare i principi delle Onde Concentriche Araki si concentra di più sul loro utilizzo
concreto, rendendo il tutto più scorrevole e piacevole da leggere.
Gli scontri effettivi, poi, sono
più fantasiosi – verso la fine abbiamo pure una corsa delle bighe stile
Ben-Hur... Non sono soltanto una sequenza di colpi a caso, in cui vince il più
forte. Man mano che la storia procede, ha un ruolo sempre più importante
l'astuzia: le Onde contano, ovviamente, ma la loro efficacia varia a seconda di
come e perché vengano utilizzate. A dir la verità spesso i piani di Joseph sono l'uno più intricato ed assurdo dell'altro,
a tal punto che deve intervenire il narratore onnisciente a spiegare il trucco
al lettore – anche se in alcuni casi ciò contribuisce a confondergli ancora di
più le idee.
A proposito di Joseph, è sicuramente lui il maggiore
elemento di rottura tra “...Phantom Blood” e “...Battle Tendency”. Lui e Jonathan, infatti, sono totalmente
differenti: quanto quest'ultimo è mite e è talmente sprovveduto da
risultare quasi ingenuo, l'altro è sanguigno, determinatissimo a sconfiggere
gli avversari e molto più consapevole del suo potenziale.
La sceneggiatura si adatta
prontamente a questo “cambio della guardia” aumentando le scene comiche. Jonathan non avrebbe mai avuto il coraggio
– e la sfacciataggine, visto il fisico decisamente massiccio – di vestirsi da
donna. Non avrebbe mai avuto il coraggio di irridere l'avversario né la
presunzione di conoscere in anticipo le sue mosse. Joseph, invece fa tutto questo e anche di più. L'esperimento darà
ottimi risultati, ed anzi diventerà una delle caratteristiche più note ed amate
della saga.
E' indubbio che Joseph ha diversi difetti: ed essendo il
protagonista, c'era il rischio che passassero per pregi, diventando così un
modello di dubbio gusto per i lettori. Ed infatti è proprio così che... Dai,
non guardatemi così, scherzavo. Dovreste conoscermi, ormai, e sapere che stavo
per scrivere una frase come “Ma così non succede...” e simili. Nessun
personaggio sopporta i suoi eccessi, ed ogni occasione è buona per
rinfacciarglielo – a ragione.
Come in ogni shonen che si
rispetti, naturalmente Joseph con il
passare del tempo imparerà a smussare gli angoli più spigolosi del suo
carattere. Non ci riuscirà del tutto, nemmeno alla fine, ma abbastanza
perché la sua evoluzione risulti soddisfacente. Spesso, però, chi giocherà un
ruolo fondamentale in questi cambiamenti non saranno i suoi alleati, bensì i suoi
nemici. Joseph apprenderà dal nazista Stroheim, ad esempio, la forza di non
arrendersi mai se si ha un obiettivo ben preciso, nemmeno quando tutto sembra
perduto; dall'Uomo del Pilastro Whamm, invece, l'accettare con dignità il
proprio destino, anche se infausto. Non che gli altri personaggi non ci mettano
del loro, vedi il rapporto con Caesar, partito con una rivalità piuttosto
radicata per poi diventare stima, ed infine amicizia. Il processo non è durato una manciata di pagine, ma volumi interi, che
sono serviti ai due per approfondire la loro conoscenza e capire che forse
erano più simili di quello che volevano credere.
Siamo quindi di fronte a un
ottimo protagonista, realistico sia nei
pregi che soprattutto nei difetti, a cui è facile affezionarsi. Gli altri
personaggi sono tratteggiati con meno cura, anche se non mancano le eccezioni
come Eisidisi ed i sopraccitati Caesar e Stroheim. Per altri invece si poteva
fare molto di più, come il “Big Bad” Cars o, per i buoni, Lisa Lisa. Su
quest'ultima, i tentativi di Araki per migliorare le cose non fanno altro che
peggiorarle, visto che la backstory datale all'ultimo secondo è forzata e non
fa altro che alimentare incongruenze narrative. Ma nessuno è perfetto...
...Nemmeno lo stile di disegno,
anzi. Rispetto a “...Phantom Blood” ci sono pochi miglioramenti: le solite inquadrature caotiche, le
solite proporzioni inaccurate, i soliti personaggi che non solo si assomigliano
un po' tutti – Lisa Lisa sembra anche lei un uomo... - ma hanno
capigliature e scelte di vestiario davvero opinabili. Ma anche questo fa parte
de “Le bizzarre avventure di JoJo”. Prendere o lasciare.
...E per oggi è tutto, cari
amici. Arrivederci alla prossima settimana, con “Il tempio degli Otaku”!
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