domenica 30 settembre 2012

Recensione: Le indagini del commissario Berté di Emilio Martini


La regina del catrame Le indagini del commissario Berté- Emilio Martini
Il suo nome è Gigi Berté. Commissario Berté. C'è una macchia nel suo passato, un buco nero che gli è costato il trasferimento da Milano a Lungariva, uno di quei paesini liguri che sono troppo pieni d'estate e troppo vuoti d'inverno. In attesa di trovare casa vive nella pensione della Marzia, una donna bella ma decisamente sovrappeso, l'esatto contrario del suo immaginario erotico. Il commissario ha un segreto che non ha mai rivelato a nessuno: scrive racconti gialli e surreali. Ma poi il morto ammazzato arriva per davvero. In un angolo della spiaggia di Lungariva, in mezzo ai bagnanti. Per il commissario Berté è arrivata l'ora di mettersi al lavoro e chissà se per risolvere il caso gli servirà di più la sua esperienza di poliziotto o il suo intuito di scrittore...
Editore: Corbaccio
Pagine: 120
Prezzo: 8,90 euro


A cura di Miki

Voto



La regina del catrame, considerato da molti il giallo dell'estate 2012, è la prima delle tre indagini che hanno come protagonista il commissario Gigi Berté, personaggio creato da Emilio Martini, pseudonimo di un imprecisato scrittore milanese: a fine settembre usciranno in libreria anche Farfalla Nera, seconda avventura del commissario, seguita più avanti dal terzo volume Chiodo Fisso.
La regina del catrame, prima ancora di essere un giallo, è soprattutto uno spaccato della società italiana: in questo "episodio" Emilio Martini ricostruisce fedelmente i paesaggi e le dinamiche di una cittadina della Riviera Ligure, una di quelle località di mare che d'estate sono letteralmente sommerse da turisti e villeggianti ma dove d'inverno si muore di noia. Il caso ruota intorno all'omicidio di Lidia Angelici, una signora appariscente sempre troppo ingioiellata e vestita di colori sgargianti che ai Bagni Medusa non manca mai di farsi notare ma che, dal punto di vista umano, forse è solo una donna alla ricerca di un po' d'amore. A Luigi Berté, commissario trasferito per un motivo a noi ancora oscuro dalla grande Milano alla piccola realtà di provincia, tocca l'arduo compito di scoprire l'assassino, tra amanti, parenti serpenti e pettegolezzi di ogni tipo.
A suo modo, il vicequestore aggiunto Gigi Berté, con quell'apparenza da "batterista maturo di un complesso rock", è un protagonista alquanto sui generis che colpisce subito per la sua forza espressiva: alto, coda brizzolata, sguardo accigliato e tanta voglia di punire i colpevoli. Ci troviamo di fronte ad un personaggio tutto italiano con uno stile di indagine piuttosto simile a quello che troviamo nel Montalbano di Camilleri: Berté ragiona seguendo le sue intuizioni e, a differenza del commissario di Vigata, scrive in gran segreto racconti "noir" per sedare la rabbia che prova davanti alle ingiustizie dell'ambiente che frequenta ogni giorno. Grazie all'accurata introspezione psicologica dell'autore, di capitolo in capitolo veniamo a scoprire sempre di più sull'universo personale di Berté: una lunga storia d'amore alle spalle, un carattere in apparenza burbero ma in fondo sincero e profondo, un'ottima cultura letteraria e ovviamente una grande vocazione per la giustizia. Il personaggio del commissario scrittore emerge con forza fra tutti gli altri che sono comunque ben descritti ma che spesso si fermano al ruolo di comparse: spiccano più definiti la Marzia, proprietaria della pensione dove Berté alloggia, donna di classe e fascino, e il libraio Necchi, a cui il commissario "in pausa culturale" si rivolge per trovare "pane per la sua anima tormentata".
In parallelo alle indagini abbiamo poi un libro nel libro, vero e proprio esempio di metaletteratura contemporanea. La scena, infatti, quasi sempre focalizzata sul caso di omicidio, si sposta a tratti, come per far riprendere fiato al lettore e lucidità mentale a Berté, sul racconto che il commissario sta scrivendo, Il comandante Barbagelata: ambientato su una nave da carico in pieno Atlantico con a bordo un maniaco assassino dai gusti piuttosto macabri, questo giallo ci racconta sicuramente di più sul carattere enigmatico del suo autore. Il comandante Vasco Barbagelata, oltre a ricordare uno dei personaggi di un libro di Joseph Conrad, ha infatti anche alcuni punti in comune con lo stesso Berté: sono entrambi malinconici, piuttosto schivi e riservati ma uomini d'azione e di coraggio quando serve. E' molto azzeccata inoltre, secondo me, anche la scelta di Martini di concludere il suo libro proprio con l'ultimo capitolo de Il comandante Barbagelata, La resa dei conti: ne deriva sicuramente un finale più movimentato.
Lo stile di Emilio Martini è semplice, immediato e molto visivo. Le descrizioni dei luoghi e dell'anima del protagonista sono davvero precise, i dialoghi diretti e realistici e il ritmo narrativo incalzante: per tutti questi motivi e per la peculiarità del personaggio principale credo sarebbe interessante una trasposizione del commissario Berté sul grande schermo.
Oltre al racconto "noir" contenuto nel giallo, abbiamo anche un ultimo mistero da decifrare. Dietro allo pseudonimo di Emilio Martini, Emilio in onore di Salgari e Martini per il cocktail, si nasconde infatti qualcuno che conosce molto bene il commissario Berté, vicequestore aggiunto che lavora veramente a Milano, ma entrambi preferiscono rimanere nell'ombra. Strategia vincente questa di Corbaccio che, oltre ad aver proposto La regina del catrame nella categoria low cost a 8,90 euro, stuzzica in questo modo ancora di più la curiosità del lettore e apre addirittura una pagina Facebook dove sono raccolti indizi e curiosità sull'identità dello scrittore misterioso. Dai dati raccolti finora e dai riferimenti reperibili tra una pagina e l'altra Lungariva, la località descritta nel giallo, sembrerebbe proprio Santa Margherita Ligure, ridente cittadina della Riviera Ligure ad una trentina di chilometri da Genova: a confermare questa ipotesi basta passare davanti alla libreria locale dove, nella bacheca dei libri più venduti, troviamo al primo posto proprio La regina del catrame. Che sia una coincidenza? Inutile dire che il mistero resta aperto.



Emilio Martini
Dietro lo pseudonimo di Gigi Berté si nasconde un vicequestore in carne e... coda, che opera in un commissariato italiano. Per ovvie ragioni di riservatezza, Gigi non ha potuto esporsi con il suo vero nome. Anche dietro il nome Emilio Martini si cela qualcuno in carne e... penna, che conosce bene il commissario e che però preferisce restare nell’ombra.

sabato 29 settembre 2012

Path for Wonderland: chapter #2



CAPITOLO 2


UN LAGO DI LACRIME


"Stranissimo, molto stranissimo" gridò Alice (era tanto meravigliata che in quel momento dimenticò perfino la grammatica). "Adesso mi sto allungando come il più lungo telescopio che sia mai esistito! Addio, piedi!" Infatti, quando guardò in giù, i suoi piedi le sembrarono sparire dalla vista, tanto si allontanavano da lei! "Oh, poveri piedi miei! Chi vi metterà adesso le calze e le scarpe? Io non ci riuscirò, ne sono certa. Sarò troppo lontana per potermi curare di voi. Vi dovrete adattare come potrete... Però devo pensare anche a loro", disse Alice tra sé "altrimenti non vorranno andare dove voglio io!
Vediamo un po': gli regalerò un paio di scarpe nuove tutti gli anni, a Natale".
Così si mise a pensare in che modo avrebbe potuto dar loro le scarpe.
"Le spedirò per posta" pensò. "Sarà buffo davvero mandare dei regali ai propri piedi! Immaginatevi l'indirizzo:
Al Signor Piedestro d'Alice,Tappeto,Presso il parafuoco,(coi saluti d'Alice).

Povera me, che cose stupide sto dicendo!" In quel momento la sua testa urtò contro il soffitto. Aveva raggiunto ormai una statura di quasi tre metri e forse anche di più. Prese la chiave d'oro e si precipitò verso la porta del giardino.

Povera Alice! Questa volta non poteva far altro che buttarsi per terra e dare un'occhiata al giardino: non c'era speranza di poter attraversare la porta. Allora si mise a sedere e ricominciò a piangere.

"Ti dovresti vergognare di te stessa!" disse Alice. "Una bambina grande come te" (adesso aveva proprio ragione di dirlo) "che piange in questo modo! Smettila subito, te lo ordino!" Però non smetteva lo stesso e versava lacrime su lacrime, finché intorno a lei si formò un vero laghetto che arrivava fino a metà della sala ed era profondo quasi dodici centimetri.

Dopo un po' Alice sentì un rumore di passi molto leggeri e non troppo distanti. Si asciugò gli occhi in fretta e vide arrivare il Coniglio Bianco, tutto elegante, con un paio di guanti bianchi in una mano e un grosso ventaglio nell'altra. Camminava in fretta e diceva fra sé: "La Duchessa! La Duchessa! Come sarà arrabbiata perché l'ho fatta aspettare!" In quel momento Alice si sentiva così disperata che era pronta a chiedere l'aiuto di chiunque. Perciò, quando il Coniglio le passò vicino, provò a dire timidamente, a bassa voce: "per piacere, signore..." Ma alle sue parole il Coniglio ebbe un sussulto, lasciò cadere i guanti e il ventaglio e fuggì a tutta velocità, perdendosi nel buio.

Alice raccolse i guanti e il ventaglio e, poiché nella stanza faceva un gran caldo, cominciò a sventolarsi. Intanto diceva fra sé: "Dio mio, quante cose strane succedono oggi. Invece ieri tutto andava liscio. Che sia stata scambiata, stanotte? Vediamo un po': quando mi sono alzata, stamattina, ero sempre la stessa? A ripensarci mi sembra di ricordare che mi sentivo un po' diversa... Ma se non sono la stessa, allora devo chiedermi: chi sono? Ecco, QUESTO è il grande problema!" Alice cominciò a pensare a tutte le bambine della sua età che conosceva, per vedere se poteva essere stata scambiata con una di loro.

"Sono certa di non essere Ada" disse. "Lei ha tutti i capelli ricci e lunghi mentre io di riccioli non ne ho affatto. Sono anche certa di non essere Mabel, perché io so tante cose e lei... sì, insomma, lei ne sa veramente poche! E poi, LEI è lei e io sono IO, e... povera me, che confusione! Vediamo se so ancora tutte le cose che sapevo prima:

quattro per sette... No, basta! Non arriverò mai a venti, in questo modo! Però la tavola pitagorica non ha molta importanza. Proviamo la geografia: Londra è la capitale di Parigi, Parigi è la capitale di Roma e Roma... no, no, è tutto sbagliato! Sono sicura che non è così!

Vuol dire che sono stata scambiata con Mabel! Vediamo se ricordo quella poesia che dice: "Il piccolo Coccodrillo"". Incrociò le mani sul grembo, come se stesse ripetendo la lezione, e cominciò la poesia.

La sua voce era strana, profonda: le parole le venivano in un modo completamente diverso dal solito:


"Il piccolo coccodrillo 
che se ne va tutto arzillo 
con la sua coda bagnata 
sporca la scala dorata.
E con le unghie e coi denti 
afferra i pesci imprudenti:
prima stringe le mascelle 
e poi ride a crepapelle".




‘How doth the pretty crocodile
Improve his shining tail,
And pour the waters of the Nile
On every golden scale!
‘How cheerfully he seems to grin,
How neatly spread his claws,
And welcome little fishes in
With gently awkward jaws!’



"Non sono queste le parole giuste, ne sono proprio sicura" disse Alice. Allora i suoi occhi si riempirono un'altra volta di lacrime.

"Devo proprio essere Mabel. Bisognerà che vada ad abitare nella sua casa e così non avrò più i giocattoli. E chissà quante lezioni sarò costretta a imparare! No, ho deciso: se sono Mabel, resterò qui per sempre. E' inutile che mettano la testa in questo buco e dicano:

"Torna su, tesoro!" Io guarderò in alto e chiederò: "Chi sono? Ditemi prima chi sono: se mi piacerà d'essere quella che voi dite, verrò su.

Altrimenti resterò quaggiù ad aspettare di essere diventata un altra..." Però", gridò Alice scoppiando in lacrime improvvisamente, "finiranno davvero per mettere la testa in questo buco? Sono veramente stufa di stare qui tutta sola!" Mentre diceva così, si guardò le mani e restò assai meravigliata nel vedere che, mentre parlava, senza accorgersene, s'era infilato uno dei guanti bianchi del Coniglio. "Come ho fatto a infilarmelo?" si chiese.

"Si vede che sono diventata di nuovo piccola".

Si alzò e si diresse verso il tavolo per misurarsi e rendersi conto dell'accaduto. Così si accorse che la sua statura era adesso ridotta a quasi mezzo metro e continuava a diminuire a vista d'occhio. Si rese subito conto che la causa di tutto era il ventaglio che teneva nella mano e lo lasciò cadere in fretta, appena in tempo per evitare di sparire completamente.

"Me la sono cavata per poco!" disse Alice, ancora tutta spaventata per quell'improvviso cambiamento, e contenta di esistere ancora. "E ora andiamo nel giardino!" In tutta fretta s'avviò verso la porta; ma era veramente una disdetta!

La porta appariva chiusa di nuovo e la chiave d'oro era ancora sul tavolo di vetro, come prima.

"Andiamo peggio di prima!" pensò la povera bambina. "Non sono mai stata piccola come adesso, mai! Sono troppo sfortunata, ecco!" Aveva appena finito di parlare quando le scivolò un piede e, splash!, in un attimo si trovò immersa nell'acqua salata fino al mento. Il suo primo pensiero fu che, chissà come, doveva esser caduta in mare. "In questo caso, posso tornare indietro in ferrovia" pensò.

(Alice era stata al mare una volta sola e s'era convinta che, su qualsiasi spiaggia si vada, vi si trovano immancabilmente dei bambini che scavano la sabbia con le palette di legno, una fila di villette e, dietro di queste, la stazione ferroviaria.) Presto dovette accorgersi, però, che era caduta nel laghetto di lacrime che lei stessa aveva versato quand'era alta tre metri.
"Vorrei non aver pianto tanto!" disse Alice, mentre nuotava per raggiungere la riva. "Sarebbe terribile se dovessi annegare nelle mie stesse lacrime! Questa sì che sarebbe una cosa strana. Del resto, tutto quello che mi succede oggi è molto strano".

Proprio allora sentì qualcuno che si dibatteva lì vicino e gli andò incontro a nuoto per vedere di cosa si trattava: in un primo tempo l'animale che nuotava accanto a lei le sembrò un tricheco o un ippopotamo; ma poi si ricordò di essere molto piccola e allora si rese conto che si trattava di un Topo che, appunto come lei, era scivolato nello stagno.

"Mi conviene rivolgere la parola a questo Topo?" si domandò Alice.

"Quaggiù tutto è così straordinario che non sarei affatto meravigliata se il Topo dovesse parlare. In ogni modo, è sempre bene provare". E cominciò: "Senti, o Topo: sai dirmi la via per uscire da questo lago?

Sono stanca di nuotare qua intorno! O Topo!" (Alice pensava che fosse questa la maniera più adatta per parlare a un topo. Non aveva mai fatto una cosa del genere prima d'allora, ma ricordava di aver letto nella grammatica di latino di suo fratello: il topo - del topo - al topo - il topo - o topo!). Il Topo la guardò incuriosito e Alice ebbe l'impressione che ammiccasse con uno dei suoi occhietti. Però il Topo non disse nulla.

"Forse non capisce la lingua" pensò Alice. "Che sia un topo francese venuto qui al seguito di Guglielmo il Conquistatore?" (Alice aveva una profonda conoscenza della storia, però non riusciva a rendersi conto esattamente di quanto tempo prima si fosse verificato un avvenimento).

Allora provò a dire: "Où est ma chatte?" Infatti questa era la prima frase del suo libro di francese. A sentirla il topo fece un balzo fuori dall'acqua e cominciò a tremare per lo spavento. "Oh, scusami tanto!" esclamò Alice in tutta fretta e pentita, perché temeva molto di aver ferito i sentimenti del povero animale. "Avevo proprio dimenticato che i gatti non debbono piacerti".

"Non mi piacciono i gatti!" gridò con voce stridula e piena di emozione il Topo. "A te piacerebbero i gatti, se fossi al mio posto?".

"Beh, forse no" disse Alice con voce conciliante. "Però non arrabbiarti per questo. Ecco, vorrei farti conoscere la mia Dina.

Scommetto che, se la vedessi, cominceresti ad avere più simpatia per i gatti. E' così cara, piccola e graziosa..." Adesso Alice parlava quasi fra sé, mentre nuotava pigramente. "Se ne sta a fare le fusa accanto al fuoco, si lecca le zampette, si lava il muso! E' una cosa tutta morbida, graziosa... ed è veramente svelta ad acchiappare i topi!...

Oh, scusa!" esclamò di nuovo Alice, perché questa volta il Topo aveva rizzato tutti i peli e si vedeva chiaramente che era rimasto offeso.

"Non parleremo più di questo, se preferisci così!" "Non parleremo!" gridò il topo che tremava dai baffi alla punta della coda. "Come se fosse possibile che IO discorressi anche una volta sola di un argomento di questo genere! La nostra famiglia ha sempre ODIATO i gatti: sono disgustosi, meschini, volgari! Non voglio sentirne neppure pronunciare il nome!" "Neppure io" disse Alice e cercò in tutta fretta di cambiare argomento di conversazione. "Ti piacciono... ti piacciono... i... i... cani?" Siccome il Topo non rispondeva, Alice continuò sicura di sé: "Ce n'è uno, vicino a casa nostra, tanto piccolo e carino che mi piacerebbe proprio fartelo vedere! Sai, è un terrier che ha sempre gli occhi lucidi e un pelo lungo, bruno, ricciuto! Corre sempre a riprendere le cose che uno gli getta! Poi si mette a sedere e aspetta la sua cena.

Insomma, sa fare tante cose che io non ne ricordo neppure la metà. E sai, è di un contadino: lui dice che è molto utile e non lo venderebbe neppure per cento sterline! Dice che ammazza tutti i topi e... oh povera me!" esclamò Alice addolorata. "Ci sono cascata di nuovo. Ti ho offeso?" Ma il topo ormai s'era allontanato a nuoto, più svelto che poteva, tanto che l'acqua era agitata come se ci fosse una tempesta.

Alice lo chiamava dolcemente: "Topolino, topolino caro, ritorna, ti prego: non parlerò più né di gatti né di cani, se tu non vuoi".

A queste parole il Topo si voltò e cominciò a nuotare lentamente verso di lei; aveva il muso pallido ("di rabbia" pensò Alice) e con voce bassa e tremante disse: "Andiamo a riva e ti racconterò la mia storia.

Allora capirai perché odio i gatti e i cani".

Ormai era giunto il momento di uscire dal laghetto, che cominciava a popolarsi di uccelli e di animali d'ogni genere, caduti lì dentro.

C'era un'Anatra, un Dodo, un Pappagallo, un Aquilotto e diverse altre strane creature. Alice si mise alla testa della comitiva e tutti insieme nuotarono verso la riva.


Recensione: Fiore di neve e il ventaglio segreto di Lisa See


Fiore di neve e il ventaglio segreto – Lisa See 
Nella Cina del XIX secolo, quando mogli e figlie avevano i piedi bendati e vivevano in uno stato di isolamento quasi totale, le donne di una remota contea dell'Hunan ricorrevano a un codice segreto per comunicare tra loro e si scambiavano lettere tracciate a pennello sui ventagli o messaggi ricamati sui fazzoletti, e inventavano racconti, sfuggendo così alla propria reclusione per condividere speranze, sogni e conquiste. E uno di quei ventagli porta ancora il segreto del tragico equivoco che ha amaramente segnato un legame lungo una vita, quello tra Giglio Bianco e Fiore di Neve, la sua laotong, l'amica del cuore. Ora, ottuagenaria e tormentata dai rimorsi, Giglio Bianco ripensa al proprio passato e a Fiore di Neve, scomparsa ormai da molti anni. Prima di morire desidera onorare l'amica raccontandone la storia, rivelando la verità... 
Editore: TEAdue 
Pagine: 336 pagine 
Formato: brossura 
Prezzo: € 9,00 




A cura di Lizy 

Voto: 


Il più imperscrutabile dei sentimenti è l’amore, sebbene in italiano vi siano più parole che ne tentano di cogliere le varie sfumature. Questo libro, come mai, ci aiuta a comprendere che le manifestazioni di affetto, i legami fraterni, il trasporto per un’altra persona non so che facce della stessa medaglia. 

La storia è quella di un legame sacro, quello tra due laotong, due bambine che hanno giurato di divenire per tutta la vita due “vecchie se stesse”, di condividere gioie e dolori nonostante, dopo il matrimonio, vivranno distanti. È il racconto di una terra le cui tradizioni sono così lontane dalle nostre, ma in cui le donne, per compiacere gli uomini, sin da bambine subivano la fasciatura dei piedi per renderli piccoli e graziosi, simili ai gigli. Una tortura che, sebbene più cruenta, non è molto diversa dall’utilizzo che facevano le donne occidentali del bustino, per ottenere il tanto ammirato vitino di vespa. 

"Sii casta e arrendevole, pacata e virtuosa nei tuoi atti; tranquilla e piacevole nelle parole; fine e misurata nei movimenti; perfetta nei lavori manuali e nel ricamo". 

Le donne non avevano valore, erano solo “rami sterili” di nessuna utilità alla famiglia perché non ne avrebbero perpetuato la stirpe. Ma avevano la possibilità di contrarre buoni matrimoni e diventare dunque rispettabili, oppure venir promesse ad un uomo impuro e perdere il proprio status conseguito con la nascita. 

Giglio Bianco e Fiore di Neve sono due bambine che cominciano la fasciatura nel medesimo giorno, suggellando ancor di più il loro legame, intensificato dagli otto caratteri che le rendono affini seppur diverse. Giglio Bianco è figlia di un agricoltore, ha la pelle abbronzata di chi ha vissuto i suoi giorni di bambina nei campi, ma ha la fortuna di esser nata con splendidi piedi e di poter cambiare il destino della propria famiglia. Al contrario, Fiore di Neve discende da una famiglia di intellettuali imperiali, ha la pelle nivea e i gusti raffinati. Dacché il loro legame si instaura, le due bambine insegnano l’una all’altra ciò che conoscono: Giglio Bianco istruisce Fiore di Neve riguardo le faccende domestiche, mentre quest’ultima insegna alla prima l’arte del ricamo e soprattutto il nu shu, la scrittura segreta di cui si servono le donne per comunicare senza che gli uomini possano cogliere il significato dei simboli, il cui senso insito in una frase va ricercato nel contesto. Il nu shu sarà anche il linguaggio che useranno per abbellire il loro ventaglio, dove raccoglieranno gli avvenimenti salienti delle loro vite, ma anche il loro diletto e la loro rovina. 

Lo stile della See è fluido e coinvolgente e, sebbene appartenga ad un romanzo scritto sette anni fa, ricorda la struttura dei grandi romanzi dell’Ottocento per la ricercatezza con la quale vengono esposte anche le più piccole minuzie. Inoltre, ci presenta una realtà difficile, riuscendo a farcene innamorare, vivendo le stesse emozioni dei personaggi e caricandoci delle medesime angosce. Il ritmo della narrazione è incalzante, sebbene segua i ricordi della voce narrante di Giglio Bianco e riporti cinquant’anni di vita in forma diaristica raccontanti in poco più che trecento pagine. 

Sorprendenti sono le conoscenze che si ricavano da questo testo, del quale è sicuramente ammirabile il lavoro pregresso di studio da parte dell’autrice, che ha raccolto numerose tradizioni del mondo cinese rendendole accessibili al mondo occidentale, che di quel popolo ammira le porcellane, ma non conosce le usanze. 

Nonostante la forma diaristica che in alcuni capitoli abbraccia l’epistolario, “Fiore di neve e il ventaglio segreto” è a tutti gli effetti un romanzo storico, sebbene la storia che si racconta sia di pura fantasia. 

Un romanzo intenso e coinvolgente, che è riuscito anche a farmi commuovere, facendo scendere qualche lacrima al momento di riporlo in libreria. 




Lisa See 
Nata nel 1955, vive a Los Angeles. Giornalista collaboratrice di Los Angeles Times, Washington Post, Cosmopolitan e Publishers Weekly, ha compiuto frequenti viaggi in Cina, soprattutto per visitare i luoghi di origine della sua famiglia, della quale ha raccontato la storia in “La montagna d’oro”. Negli Stati Uniti i suoi romanzi sono tutti bestseller che raggiungono i primi posti delle classifiche. Longanesi ha pubblicato “In una rete di fiori di loto”, candidato al premio Edgar, e “Fiore di Neve e il ventaglio segreto”.

venerdì 28 settembre 2012

Path for Wonderland: si comincia!



Buonasera lettori e benvenuti a Path for Wonderland. Avete già cominciato a giocare nei vostri Campocum, questa sera ci sarà una replica delle prove individuali (nel caso dei Madhatters e degli Heartqueens si tratterà della prima prova individuale) e siamo davvero lieti del vostro entusiasmo. Speriamo di non deludere le aspettative!
La prima prova tra Campoca si svolgerà il primo ottobre, ad un orario non ancora precisato (probabilmente le 15.00). Come abbiamo detto, però, le prove individuali saranno quotidiane, più volte al giorno. Le sfide si svolgeranno sotto forma di quiz, con domande a gruppi (per esempio di 10) o domande isolate a random che saranno postate anche dalle mie collaboratrici. L'unico criterio di vittoria, in questi casi, sarà la velocità. Il primo arrivato guadagnerà 5 punti, il secondo 3, il terzo 1.
Oltre alle prove tra Campoca abbiamo specificato che si seguirà il sentiero di Wonderland. In che modo? Ogni giorno o quasi verrà pubblicato un capitolo del libro con una filastrocca creata da Carroll. Potrete trovare filastrocche di un capitolo antecedente in quello successivo, ecc. Abbiamo infatti dovuto fare in modo che ogni capitolo avesse una filastrocca, anche se questa appartiene ad un altro. 
Ogni filastrocca all'interno o dopo il capitolo sarà riportata in lingua originale, ma con una leggera variazione. Sostituiremo infatti alcune parole con quelle originali. Il vostro semplice compito sarà confrontare il nostro testo e quello di Carroll e individuare le parole sostituite. Poi, conservatele! Dovranno essere utilizzate per l'indizio finale. 
Per ora, quindi, vi lascio con un semplice benvenuto. Ci raduneremo invece questa sera intorno alle 21.30, nei vostri Campocum, per le prove individuali. Buona gara!




BENVENUTO, QUI SI INIZIA
C'E' IL CONIGLIO CHE TI ASPETTA
QUI, SI', REGNA LA PIGRIZIA
QUINDI LEGGI SENZA FRETTA



CAPITOLO 1


NELLA TANA DEL CONIGLIO

Alice cominciava a essere veramente stufa di star seduta senza far nulla accanto alla sorella, sulla riva del fiume. Una o due volte aveva provato a dare un'occhiata al libro che sua sorella stava leggendo, ma non c'erano né figure né filastrocche. "Che me ne faccio d'un libro senza figure e senza filastrocche?" pensava Alice.

A dire il vero non era possibile pensare molto, perché faceva così caldo che Alice si sentiva tutta assonnata e con le idee confuse:

adesso si stava chiedendo se valesse la pena di alzarsi a raccogliere fiori per fare una ghirlanda di margherite, quando ecco che improvvisamente le passò proprio davanti un Coniglio Bianco con gli occhi rosa. La cosa non sembrò TROPPO strana, ad Alice. Non le parve neppure TROPPO strano che il Coniglio dicesse tra sé: "Povero me, povero me! arriverò troppo tardi!" Solo in un secondo tempo, quando ripensò a questo fatto, Alice si rese conto che avrebbe dovuto meravigliarsene; sull'istante le sembrò addirittura una cosa naturale.

Però quando il Coniglio TIRO' FUORI UN OROLOGIO DAL TASCHINO DEL PANCIOTTO e, dopo avergli dato un'occhiata, affrettò il passo ancora di più, Alice balzò in piedi meravigliata perché ricordava benissimo di non aver mai visto un coniglio con un taschino nel panciotto e, per di più, con un orologio dentro questo taschino! Ormai era tutta presa dalla curiosità: lo rincorse attraverso il campo e per fortuna arrivò in tempo per vederlo infilarsi in una grande tana, sotto una siepe.

Un momento dopo Alice s'infilava nella tana dietro di lui: non le venne neppure in mente di chiedersi come avrebbe poi fatto a uscire da quel posto.

Per un tratto la tana era diritta come una galleria, poi sprofondava all'improvviso, ma così all'improvviso, che Alice non fece neppure in tempo a pensare che era meglio fermarsi, perché si trovò subito a sprofondare lungo quella specie di pozzo veramente profondo.

O il pozzo era molto profondo oppure Alice cadeva lentamente: il fatto certo è che lei, prima d'arrivare in fondo, ebbe tutto il tempo di guardarsi intorno e di chiedersi che cosa le stesse capitando. In un primo tempo cercò di guardare in basso per vedere dove stava andando a finire. Ma c'era troppo buio e non si vedeva niente. Allora guardò le pareti del pozzo e si accorse che erano piene di credenze e di scaffali. Da ogni parte si vedevano carte geografiche e quadri appesi ai chiodi. Alice prese a volo un barattolo da una credenza:

sull'etichetta c'era scritto "MARMELLATA D'ARANCE". Però fu molto delusa quando si accorse che il barattolo era vuoto. Non voleva buttarlo via, perché aveva paura che, cadendo, potesse ammazzare qualcuno. Allora lo posò sopra un'altra credenza, mentre le passava davanti.

"Bene!" pensava intanto Alice. "Dopo una caduta come questa, un capitombolo lungo le scale mi sembrerà uno scherzo! A casa troveranno che sono proprio coraggiosa! Anzi sono sicura che non avrei paura nemmeno se dovessi cadere dal tetto di casa!" (Questo, molto probabilmente, era vero.) E cadeva, cadeva, cadeva. Ma non finiva mai di sprofondare? "Chissà quanti chilometri di caduta ho fatto finora" disse ad alta voce.

"Ormai devo esser vicina al centro della terra. Vediamo: sarebbero più di seimila chilometri di profondità, mi sembra..." (Alice aveva imparato parecchie cose come queste a scuola, e anche se non era certamente la migliore occasione per fare sfoggio della sua erudizione, dato che non c'era nessuno ad ascoltarla, era però un buon esercizio ripetere quelle cose). "Sì, dev'essere proprio la distanza giusta. Però vorrei sapere il grado di latitudine e di longitudine che ho raggiunto". (Alice non aveva la più piccola idea di che cosa fosse la Latitudine e tanto meno la Longitudine: però le piaceva dire queste due parole).

Poi cominciò a pensare ancora: "Chissà se attraverserò TUTTA la terra.

Sarebbe divertente capitare fra la gente che cammina a testa in giù!

Mi pare che si chiamino gli Antipati..." (Questa volta era abbastanza contenta che non ci fosse nessuno ad ascoltarla, perché la parola non le sembrava proprio quella giusta). "Bisognerà che chieda a qualcuno il nome del paese, si capisce. Per favore, signora, questa è la Nuova Zelanda oppure l'Australia?" (Cercò d'inchinarsi con gentilezza, mentre parlava... pensate un po':

inchinarsi educatamente mentre si cade attraverso l'aria! Ci riuscireste voi?) "Chissà che bambina ignorante penserà che io sono! No, è meglio non domandare; forse lo troverò scritto in qualche posto".

E cadeva, cadeva, cadeva. Non c'era niente da fare. Perciò Alice ricominciò a parlare. "Credo che Dina sentirà molto la mia mancanza, stasera". (Dina era la gatta) "Spero che non dimentichino di darle il suo piattino di latte, quando sarà l'ora della merenda. Dina cara, vorrei che tu fossi qui con me ! Non ci sono topi per aria, lo so, ma potresti acchiappare un pipistrello: somiglia molto a un topo, no?

Chissà se i gatti mangiano i pipistrelli".

A questo punto Alice cominciò a sentir sonno e continuò a parlare fra sé, come in dormiveglia: "I gatti mangiano i pipistrelli? I gatti mangiano i pipistrelli?" ripeteva. E a volte diceva: "I pipistrelli mangiano i gatti?" Infatti, poiché non era in grado di rispondere a nessuna delle domande, non dava molto peso alla maniera in cui se le poneva. Alla fine si accorse che si stava addormentando. A un certo punto cominciò a sognare di trovarsi a passeggio con la sua Dina, a braccetto, e di domandare alla gatta con molta serietà: "E adesso, Dina, dimmi proprio la verità: l'hai mai mangiato un pipistrello?" D'un tratto - BUM! BUM! - arrivò proprio al fondo e si trovò sopra un mucchio di foglie secche. Aveva finito di cadere.

Alice non s'era fatta niente e un attimo dopo era già in piedi. Guardò in alto, ma era tutto buio sulla sua testa. Davanti a lei c'era un altro lungo corridoio, in fondo al quale fece appena in tempo a vedere il Coniglio Bianco, che stava svoltando l'angolo. Non c'era un minuto da perdere. Alice si mise a correre come il vento e arrivò in tempo per sentirlo dire, mentre voltava l'angolo: "Per i miei occhi, per i miei baffi, s'è fatto tremendamente tardi!" Ormai Alice gli molto vicina, ma quando anche lei girò l'angolo, il Coniglio non si vedeva più. Alice si trovò in una sala bassa e lunga, illuminata da una fila di lampade che pendevano dal soffitto. Intorno alle pareti si vedevano parecchie porte, ma erano tutte chiuse. Fece un giro completo, cercando inutilmente d'aprirle, e poi si diresse tutta afflitta verso il centro della sala. Si chiedeva come avrebbe potuto fare per uscire da quel posto.

A un tratto vide un tavolino a tre gambe, tutto di vetro, sul quale non c'era altro che una piccolissima chiave d'oro. Alice pensò subito che quella fosse la chiave di una delle porte. Invece non era così: o la chiave era troppo piccola, oppure le serrature erano troppo grandi; la cosa certa era che nessuna porta si apriva. Provò a fare il giro della stanza un'altra volta e a un tratto si trovò davanti a una tendina che prima non aveva visto; dietro c'era una porticina alta quasi trenta centimetri. Provò a far entrare la piccola chiave d'oro nella serratura e fu proprio contenta di vedere che si adattava benissimo.

Alice allora aprì la porticina: essa dava su un piccolo corridoio, non più grande della tana d'un topo. S'inginocchiò e, in fondo al corridoio, vide il più bel giardino che si possa immaginare. Allora le venne voglia di uscire da quella stanza oscura e passeggiare fra quelle aiuole fiorite, fra quelle fresche fontane. Ma attraverso quel buco non poteva passare nemmeno la sua testa.

"E anche se ci passasse la testa", pensava la povera Alice "a che mi servirebbe senza le spalle? Dovrei essere capace di ritirarmi come un telescopio! Forse ci riuscirei, se sapessi da dove cominciare".

Infatti, come voi sapete, le erano ormai successe tante cose straordinarie che Alice cominciava sul serio a credere che per lei non ci fossero cose impossibili.

Ora però era inutile restare ad aspettare davanti a quella porticina; perciò Alice tornò verso la tavola di vetro con la speranza di trovarci un'altra chiave o almeno un libro che insegnasse il modo d'accorciare la gente alla maniera dei telescopi. Invece trovò una bottiglietta (Alice era certa che prima non c'era) con sopra un cartello che diceva "BEVIMI" in caratteri di stampa grandi e belli.

"Bevimi": era facile a dirsi. Ma la saggia piccola Alice non ebbe fretta.

"Prima" disse "guarderò bene se c'è scritto sopra "veleno"". Infatti aveva letto un mucchio di racconti dove c'erano bambini bruciati o mangiati da bestie selvagge o che erano rimasti vittime di cose altrettanto spiacevoli, proprio perché non avevano voluto obbedire ai consigli delle persone grandi. Per esempio, i grandi dicono che un attizzatoio arroventato brucia le mani se uno lo tiene troppo a lungo; che se vi tagliate MOLTO profondamente un dito con un coltello, il dito di solito sanguina; che se bevete il contenuto d'una bottiglia sulla quale è scritto "veleno", quasi certamente vi capita, prima o poi, di sentirvi male.

Ad ogni modo, su quella bottiglia NON c'era scritto "veleno", perciò Alice si azzardò ad assaggiarla e la trovò molto buona. Il sapore e l'odore avevano qualcosa che ricordava la torta di ciliege, la crema, l'ananasso, il tacchino arrosto, il croccante e i crostini caldi imburrati. Naturalmente la bevve tutta.

"Che strana sensazione!" disse Alice. "Sembra che mi stia accorciando, come un telescopio".

Era proprio così. Adesso Alice era alta non più di venti centimetri.

Il suo volto s'illuminò al pensiero che quella era proprio la statura che ci voleva per passare dalla porticina e arrivare in quel magnifico giardino. Però aspettò ancora un po' per vedere se continuava ad accorciarsi: si sentiva un po’ nervosa, a questo proposito.

"Speriamo che la smetta" si diceva. "Se continuo così, finirò col consumarmi tutta come una candela. E allora che aspetto avrei?" Cercò d'immaginare che aspetto ha la fiamma di una candela quando si è spenta, ma a dire il vero non le sembrava di aver mai visto una cosa di questo genere.

Dopo un po', visto che non succedeva più niente, decise di andare subito nel giardino. Ma che sfortuna! Quando si trovò dinanzi alla porta, si accorse che aveva dimenticato la chiave d'oro. Allora ritornò verso il tavolo, ma si accorse che non arrivava più a prenderla. Vedeva benissimo la chiave attraverso il vetro e fece molti tentativi per arrampicarsi lungo una gamba del tavolo, ma scivolava sempre. Dopo aver provato diverse volte si sentì così stanca che si mise a sedere per terra e cominciò a piangere.

"Ma perché piango? Non serve proprio a niente!" disse fra sé Alice. E dopo un po', con un tono deciso, aggiunse: "Ti consiglio di smetterla immediatamente".

Di solito Alice si dava degli ottimi consigli, però poi li seguiva raramente. Qualche volta arrivava perfino a sgridare se stessa, così severamente da farsi venire le lacrime agli occhi. Un giorno tentò addirittura di tirarsi gli orecchi perché aveva provato a imbrogliare sui punti durante una partita a palla tra lei e lei stessa. Infatti questa strana bambina pretendeva a volte d'essere due persone.

"Ma ora" pensava la povera Alice "non mi servirebbe a niente fingere d'essere due persone. Di me è rimasto tanto poco, che basta appena a fare una sola persona che si rispetti!" D'un tratto si accorse di una scatoletta di vetro che era sotto il tavolo. L'aprì e ci trovò un pasticcino sul quale era scritto con lettere di crema: "MANGIAMI" "Va bene" si disse Alice. " Lo mangerò e, se mi farà crescere, vuol dire che riuscirò a pigliar la chiave; se invece mi renderà ancora più piccola, passerò sotto la porta. In qualunque modo entrerò nel giardino e non m'importa di quello che succederà dopo".

Addentò un boccone e si chiese ansiosa: "Come divento, come divento?" Si teneva la mano sulla testa per sentire se la sua statura cresceva, ma restò molto sorpresa quando si accorse che era sempre la stessa.

Come tutti sanno, non succede mai niente di strano quando si mangia un pasticcino. Alice però s'era ormai abituata a vedere solo cose straordinarie: adesso che andava tutto nella maniera normale, se ne sentiva veramente delusa.

Intanto continuò a mangiare e poco dopo il pasticcino era finito.

Anteprima: Doctor Sleep di Stephen King

A cura di Lamia



Ve lo ricordate Shining (1977) di Stephen King? Un libro con la capacità di tenere il lettore con il fiato sospeso fino all'ultima parola, in cui pagina dopo pagina seguiamo Jack Torrance, uno scrittore fallito, in un viaggio verso la pazzia, dapprima solo intuita da piccoli comportamenti non proprio nella norma, per culminare con il tentativo di uccidere moglie e figlio, che da il via a una rocambolesca caccia alll'uomo. Sicuramente non avete dimenticato nemmeno il piccolo Danny Torrance, il figlio di Jack; l'inquietante bambino con strane capacità paranormali, definite come “ la luccicanza” da cui il titolo Shining per l'appunto.

Il libro è stato portato alla gloria anche dalla sua versione cinematografica affidata a Stanley Kubrik con un Jack Nicholson, più in forma che mai, nella parte di Jack Torrance. Come dimenticare la sua performance con il barista fantasma?





Danny Torrence
Se pensavata di esservi lasciati alle spalle l'allegra famigliola, vi sbagliate di grosso. Da tempo Stephen King ne aveva preannunciato un sequel, ed ora la promessa è stata finalmente mantenuta. Nel nuovo libro, Doctor Sleep, ci ritroviamo faccia a faccia con Danny Torrance, che è ormai cresciuto ed è un uomo sui 40 anni, ma ancora con i suoi particolari poteri.
Tutto ha inizio quando Danny salva la dodicenne Abra Stone vittima di una banda chiamata The true Knot. Purtroppo per lui, si tratta di spietati assassini con poteri paranormali che sopravvivono nutrendosi della “luccicanza” che emettono le persone speciali, come Dan, quando sono torturate a morte. In questa lotta, che è già stata definita “una guerra epica fra bene e male” il protagonista avrà un alleato molto particolare, ossia un gatto preveggente.

Copertina olandese


L'uscita del libro è prevista in America per il 24 settembre 2013. Tutto tace invece sul fronte italiano, ma data la fama di King, sembra piuttosto probabile e auspicabile che ne avremo una traduzione in tempi piuttosto rapidi.


Stephen King
Stephen Edwin King (Portland, 21 settembre 1947) è uno scrittore e sceneggiatore statunitense, e fra i più celebri autori di letteratura fantastica, con una spiccata preferenza per il filone horror. La sua carriera è stata, ed è tutt'ora piuttosto prolifica, e conta oltre sessanta opere a partire dal suo debutto nel 1974 con Carrie. In un primo tempo l'autore è stato ampiamente stroncato dalla critica ma a partire dagli anni novanta King è stato oggetto di una vera e propria rivalutazione.

giovedì 27 settembre 2012

Poems (47) Casa sul mare



A cura di OracoloDiDelfi


Capita alle volte di trovarsi senza respiro di fronte a un testo poetico.

Non è facile capire il perché: forse per il desiderio di possedere, inalandolo, lo spirito e il senso della poesia che si ha innanzi, ci si dimentica, per alcuni attimi, di respirare; forse perché sono proprio i versi a toglierci il fiato, quasi come se fosse proprio quello il prezzo del testo, il tributo che le parole pretendono da noi per il loro offrirsi all’uomo; o forse perché il silenzio, libero persino dal suono del respiro, può essere l’unica reazione dignitosa alla profondità della lirica.

“Casa sul mare” di Eugenio Montale è una litania da recitare nell’anima quando si perde una persona amata; è il canto d’addio per rendere onore a chi ha camminato al nostro fianco, e per qualche motivo ha deciso di separarsi dal nostro percorso; è l’ultima disperata preghiera a una donna che non si fida più di noi, o a un uomo che non sta al passo di un sentimento d’amore.


ll viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che dividono
l’anima che non sa più dare un grido.
Ora I minuti sono eguali e fissi
come I giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.
Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.

Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche
I soffi leni: ed è raro che appaia
nella bonaccia muta
tra l’isole dell’aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.
Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s’appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.

Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.






Brilla un barlume di speranza nell’oscura fissità del tempo: un lento, inesorabile e sempre identico ritorno dell’uguale, che non lascia spazio al ricordo, all’amore, all’affetto.
 Questo è il tema che percorre la lirica, ricca di rimandi di significato preziosi come il correlativo oggettivo del “giro di pompa”  (“Un giro: un salir d’acqua che rimbomba. Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.”) , efficace metafora della fissità del tempo (“Ora i minuti sono uguali e fissi come i giri di ruota della pompa”) che non concede salvezza all’animo umano.
Ricompare la celebre analogia che mette in relazione il viaggio al vivere, ma con un’ambientazione particolare: il percorso esistenziale si conclude presso una spiaggia deserta, cupa,  dove la brezza marina interviene, misteriosa, per confondere tra le sue nebbie le isole vicine.
La nebbia, appunto: tale è il ricordo umano, una commistione incomprensibile di momenti persi nella tragica fissità del tempo, e nel ritorno identico del destino.

Un’interlocutrice femminile indefinita si rivolge al poeta, chiedendo conferma dell’atroce scenario: “Tu chiedi se così tutto svanisce in questa poca nebbia di memorie”, e la risposta sembra concedere una flebile speranza, che non vale tuttavia per entrambi i protagonisti della lirica.

“Forse solo chi vuole s’infinita, e questo tu potrai, chissà, non io.”

Ricompare il tema del varco, già menzionato nella “Casa dei doganieri”, e nonostante la perdizione costituisca il comune destino dell’uomo, alle volte ad uno solo è concesso di salvarsi, di sfidare un tragico fato di sconfitta, e magari anche di risultarne superiore.

Penso che per i piu’ non sia salvezza, ma taluno sovverta ogni disegno, passi il varco, qual volle si ritrovi.

Come a garanzia di questa possibilità di salvezza, il poeta dona la speranza rimastagli alla donna a cui augura di ribaltare il destino (“Ti dono anche l’avara mia speranza, a’ nuovi giorni stanco, non so crescerla; l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi”) possa questa speranza essere motivo di gioia e compagnia, durante quel lungo viaggio che conduce dritto all’infinito...
(“Il tuo cuore vicino che non m’ode, salpa già forse per l’eterno…”)

Chi è l’autore
Eugenio Montale nasce a Genova nel  1896.
Fin da bambino trascorre le vacanze a Monterosso, nelle Cinque Terre: è proprio qui che il poeta resta folgorato dal paesaggio selvaggio, scarno e decadente del posto, che diverrà più tardi lo sfondo ideale per i versi degli “Ossi di Seppia”; questa raccolta di liriche, edita nel 1925, inaugura l’utilizzo del correlativo oggettivo, ispirato dai lavori del poeta angloamericano T.S. Eliot, e si configura come un’attenta e mai banale analisi della realtà congiunta alla centralità del tema della disarmonia nei confronti del mondo, da sempre percepita e sofferta dal giovane Montale.
“Ossi di Seppia”, originariamente intitolata “Rottami”, conquista successo sia nel pubblico dei lettori sia nei giudizi della critica; altre saranno le raccolte poetiche pubblicate da Montale(“Le Occasioni”, “La Bufera e Altro”, “Satura”, “Xenia”)  che non cambia mai radicalmente le proprie tematiche poetiche, tanto da meritarsi per questo motivo il nobel nel 1975 (“Per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”), ma che procede tuttavia verso una semplificazione formale (si vedano a tal proposito le liriche appartenenti agli “Xenia” e a “Satura”), mantenendo sempre e comunque una propria originale coerenza stilistica.

Celebre è la chiusura della lirica “Non chiederci la parola”, divenuta un motto di fondamentale importanza nella storia della letteratura novecentesca grazie alla sua sintetica  capacità di definire la condizione di poeta.

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Second Blogversary: ecco cosa vi regaliamo!



Ecco i libri che arriveranno in regalo il secondo compleanno di Dusty pages in Wonderland:

Black Friars.L'ordine della chiave - Virginia de Winter
Altieres, l’antica dinastia regnante nel Vecchio Continente, si è estinta dopo la violenta morte di tutti i suoi eredi e a portare il nome dell’antica casata sono rimasti solo i vampiri Blackmore, creature immortali a cui regnare non è permesso. Ma qualcosa ora è cambiato: Sophia Blackmore, unica erede della dinastia, creduta morta da anni, è stata ritrovata, e la Vecchia Capitale non sarà più la stessa. Gli oscuri segreti degli Altieres stanno tornando a calare ombre sulla città e spettri senza volto si aggirano per le strade terrorizzando cittadini e studenti. Mentre Sophia sta invece imparando a conoscere la sua nuova vita e cosa significhi essere una Blackmore, Eloise Weiss, coraggiosa eroina protagonista dei due romanzi precendenti, deve affrontare forze che nemmeno i suoi poteri possono governare. I morti non possono infatti riposare in pace, disturbati nel loro eterno sonno da forze oscure e implacabili, forse collegate al ritorno dell’erede di Altieres e alle sconvolgenti verità che i vampiri Black-more nascondono da secoli e ora sono sfuggite al loro controllo.



Muses - Francesco Falconi
Quando scappa da Roma diretta a Londra, coperta di tatuaggi e piercing, Alice sente che la sua vita potrebbe cambiare per sempre. Ha appena scoperto di essere stata adottata, ma per lei questa notizia è quasi un sollievo. Cresciuta con un padre violento e una madre incapace di esprimere il proprio affetto, ora Alice deve scoprire le sue radici e l'eredità che le ha lasciato la sua vera famiglia. Decisa, risoluta, ribelle, è una violinista esperta ed è dotata di una voce straordinaria. Ed è proprio questa voce a guidarla verso la verità: le antiche nove Muse, le dee ispiratrici degli esseri umani, non si sono mai estinte. Camminano ancora tra noi. I loro poteri si sono evoluti. E Alice è una di loro. La più potente. La più indifesa. La più desiderata da chi vorrebbe sfruttarne gli sconfinati poteri per guidare gli uomini, forzarli se necessario, fino alle conseguenze più estreme. Ma un dono così può scatenare l'inferno. E sta per accadere.



La stella nera di New York - Libba Bray
Evie O’Neill, dopo aver suscitato l’ennesimo scandalo nella noiosa cittadina di provincia in cui è nata, viene spedita dai genitori a vivere nell’effervescente New York City – e la ragazza ne è entusiasta. New York è la città dei locali, del contrabbando, dello shopping e del cinema, e non passa molto che Evie stringe amicizia con irriverenti Ziegfeld girls e scapestrati ragazzi di strada. Evie però non fa conoscenza solo con le luci sfolgoranti dell’età del jazz, ma anche con gli oscuri anfratti del Museo americano del Folclore, della Superstizione e dell’Occulto, che suo zio Will Fitzgerald – presso cui abita – dirige con l’aiuto di Jericho, uno strano ragazzo sempre immerso nella lettura.
E quando una serie di omicidi a sfondo esoterico e riconducibili a uno spirito che torna dal passato vengono a galla, Evie e suo zio sono chiamati a collaborare alle indagini, e sono proiettati al centro del sistema mediatico. I due si lanciano nelle ricerche, ed è allora che quel misterioso potere divinatorio che la ragazza sa di avere si rivelerà utile a catturare il killer, prima che sia troppo tardi.




L'età dei miracoli - Karen Thompson Walker
6 ottobre, gli esperti comunicarono ufficialmente la notizia. Dissero che c’era stato un certo cambiamento, un rallentamento. Da quel momento lo abbiamo chiamato proprio così: il rallentamento.” Julia ha dodici anni quando la terra inizia a rallentare la sua rotazione, prima di sei minuti, poi dodici, poi ventiquattro, fino a quando il giorno si allunga oltre le cinquanta ore, la gravità si indebolisce, gli uccelli smettono di volare, gli astronauti si allontanano dalla terra, compare una nuova malattia chiamata “sindrome da rallentamento”... La terra inizia a cambiare e Julia con lei. E mentre il mondo impaurito si divide tra coloro che continuano a seguire le ventiquattro ore e quelli che si regolano con la luce del sole, Julia cerca di trovare il proprio posto nonostante tutto: nonostante la migliore amica che decide di non vederla più, nonostante le crepe nel matrimonio dei suoi genitori e le paranoie del nonno stravagante, e poi ancora la solitudine, l’adolescenza con tutti i suoi turbamenti, quell’ “età dei miracoli” piena di paura ed eccitazione, e un ragazzo di cui innamorarsi davvero... Intanto il rallentamento, inesorabile, continua.



L'inverno del mondo - Ken Follett
"L'inverno del mondo", secondo grande romanzo della trilogia "The Century", prende le mosse a Berlino nel 1933, quando inizia l'inesorabile ascesa di Adolf Hitler. Ritroviamo i personaggi del primo romanzo "La caduta dei giganti", così come i loro figli, che sono i veri protagonisti di questa seconda puntata. Seguendo il corso della storia, la narrazione si sposta poi in America, Inghilterra, Galles, Russia, Spagna e Francia e ripercorre le pagine più tragiche e sanguinose della Seconda guerra mondiale e della Grande Depressione, dal nazismo alla guerra civile di Spagna, alle bombe atomiche americane e sovietiche fino all'inizio della Guerra Fredda. Il romanzo si chiude nel 1949 e i protagonisti di quest'opera straordinaria vedono le loro vite indissolubilmente legate agli eventi drammatici che hanno segnato l'intero secolo. Come sempre Ken Follett eccelle, da grande maestro dell'intrattenimento, un'ambientazione storica impeccabile, una narrazione fluida e accattivante, ritmo veloce e personaggi indimenticabili.



La cugina americana - Francesca Segal
Hampstead Garden, nordovest di Londra, è il quartiere della buona borghesia ebraica, ricca, istruita, liberal, solidale: tutti conoscono tutti, tutti frequentano tutti, tutti sono pronti a soccorrere chiunque si trovi in difficoltà. Adam e Rachel si conoscono da sempre, si amano dall’adolescenza, e stanno per fidanzarsi. La comunità segue l’evolversi della relazione da quando è nata, aspetta il matrimonio, i figli. Tutto va come dovrebbe andare fino a quando, da New York, città di liberi costumi e strane usanze, arriva Ellie, la cugina di Rachel: bellissima, fragile, dolce, infelice, anticonformista. Ellie è una sopravvissuta, come tanti dei membri anziani della comunità: non ai campi di concentramento, ma alla morte della madre in un attentato terroristico in Israele, e alla conseguente decisione del padre di vagare per il mondo portando la piccola con sé. Tra Adam ed Ellie è amore al primo sguardo. Entrambi resistono, si evitano, si cercano, irresistibilmente attratti e irrimediabilmente divisi. Fino a quando Adam, avvocato nello studio del padre di Rachel, viene incaricato di risolvere la situazione incresciosa, pericolosa, che Ellie si è lasciata alle spalle a New York. I due sono costretti a incontrarsi, per lavoro, fino a quando una malattia di Ziva, la nonna di Ellie e Rachel, fornisce ai due innamorati impossibili l’occasione di infrangere le regole. Nel romanzo di Edith Wharton che l’autrice prende esplicitamente a modello, L’età dell’innocenza, la comunità dalle regole ferree è la New York di fine Ottocento e la società disinvolta quella dell’Europa aristocratica. Francesca Segal rovescia le tavole e ci regala un delizioso romanzo ricco di suspense e venato di ironia: suspense per l’evoluzione dell’amore proibito, e tenera, indulgente ironia per le usanze e le regole della comunità ristretta, descritta con una profusione di particolari che impedisce di staccare gli occhi dalla pagina.




Ladra di Cioccolato - Laura Florand
Cade Corey è la figlia del principale produttore di barrette di cioccolato americano; Sylvain Marquis è il più raffinato chocolatier di Parigi. Lei vorrebbe mettersi in affari con lui, ma lui non intende svendere la sua arte a un colosso industriale. Lei però è disposta a tutto pur di creare un nuovo prodotto dal sapore inconfondibile e raffinato, in grado di accrescere la fama del suo già popolarissimo marchio, persino a rubare le ricette dell’ostinato e affascinante chocolatier. Presto la notizia che una ladra di cioccolato si aggira per le strade di Parigi rimbalza di giornale in giornale, fino al New York Times, portando così nuovi clienti al negozio, ma mettendo in serio pericolo la reputazione della donna. Tuttavia, in guerra e in amore non ci sono regole, e nonostante tutto l’attrazione fra i due non si farà attendere. Complice l’inebriante sensualità del cioccolato...Un romanzo divertente e sensuale, che vi trascinerà nel mondo affascinante e irresistibile del cioccolato, conquistandovi con i sapori e i colori di uno degli ingredienti che rendono il mondo un luogo migliore... Nessuna donna potrà resistere al cioccolato e a Sylvain Marquis!


La pittrice di anime - Isabel Wolff
Mentre gli occhi si fermano alle apparenze, il cuore coglie l’essenza reale delle cose...Ella è una ritrattista di grande successo e sensibilità: dalle sue opere emergono le sfumature più intime delle persone. Il suo atelier diviene così un luogo nel quale tirare fuori sé stessi, per conoscersi meglio. Perché dietro ogni volto si nasconde una storia che vale la pena di essere raccontata. C’è una donna che guarda al passato con cui vorrebbe riconciliarsi, mentre un’altra tenta di convivere con i primi segni del tempo; e poi c’è lui, un uomo che con la sua presenza diventa sempre più importante. Incontro dopo incontro, Ella percorre un cammino fatto di empatia e conoscenza, fino a quando una lettera inattesa non la obbligherà a riscrivere la propria storia familiare, confermando con ancor più forza l’ingannevole peso delle apparenze. Ora non resta che dipingere quel ritratto, che la illuminerà come solo la vita stessa, con tutta la sua meraviglia, sa fare.


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Dark heaven - Bianca Leoni Capello
E' una gelida sera di febbraio a Venezia quando Virginia, diciotto anni e i capelli rossi come il fuoco, incontra per la prima volta Damien De Silva. È tardi, le strade sono deserte e lei sta tornando a casa dall'allenamento di pallavolo, il passo veloce, il respiro affrettato. All'improvviso, dal buio spunta un uomo, bellissimo e misterioso. Che guarda nella sua direzione. Decisa a non incrociare lo sguardo dello sconosciuto, Virginia gli scivola accanto con gli occhi bassi. Ma proprio in quel momento sente due parole farsi spazio nella sua mente. Due parole, semplici e terrifi canti: Sono tornato. Chi è quell'uomo? E che cosa sta succedendo? rofondamente sconvolta, Virginia decide di archiviare l'accaduto come frutto della sua immaginazione. Ma il giorno seguente le cose si complicano. Perché lo sconosciuto altri non è che il nuovo professore di italiano. Dannatamente giovane e affascinante, Damien De Silva turba fin dal primo istante il cuore di Virginia. Attratta e allo stesso tempo spaventata, la ragazza tenta di stargli il più lontano possibile. Ma ogni volta che si trova in sua presenza succede qualcosa di inspiegabile: strane visioni le annebbiano la mente. Visioni di un'epoca passata, di un'antica Palermo ormai dimenticata. È come se lei e Damien si fossero conosciuti in un'altra vita e si fossero rincorsi per molti secoli. Ma è proprio così o Virginia sta perdendo la ragio Chi è davvero Damien De Silva? E perché, dopo tanto tempo, è tornato a cercarla e... a terrorizzarla?



Il giocattolaio - Stefano Pastor
Non si sa molto del passato di Massimo, il bambino di 11 anni appena arrivato nel Quartiere. Accolto in casa dello zio, alcolizzato e violento, Massimo ha subito l'impressione di essere precipitato all'inferno. Ma il male, quello vero, non si annida tra le mura domestiche. C'è qualcosa, infatti, nel Quartiere; un'energia malefica che si sente sulla pelle, che s'intuisce ma non si vede tra i palazzoni abbandonati e le vie semideserte di quest'area suburbana depressa e grigia, dove diversi bambini sono recentemente spariti senza lasciare traccia. La paura del mostro scivola sulle coscienze degli adulti, arroccati nella loro irriducibile distanza rispetto al mondo dell'infanzia. Soltanto Peter, il gentile titolare di un banco di pegni zeppo soprattutto di giocattoli, sembra in grado di colmare quella distanza e di comunicare davvero con i desideri e le paure dei bambini. Quando il cadavere di uno di questi viene rinvenuto con i segni di orribili torture, i sospetti si concentrano sul giocattolaio. Massimo si rende conto che il prossimo a sparire sarà proprio lui, è la vittima perfetta, quella designata. Nessuno è in grado di aiutarlo, nessuno è in grado di impedire che si compia il suo destino. Nessun adulto, almeno. Ne "Il giocattolaio", romanzo d'esordio di Stefano Pastor, la presenza del male s'insinua nella frattura tra il mondo dei grandi e quello dei piccoli, nutrendosi dei sogni agitati dell'infanzia, per poi balzare nella realtà e diventare qualcosa di concreto, tangibile.



Il traghettatore - William Peter Blatty
Joan Freeboard è una donna di successo, uno dei migliori agenti immobiliari di New York. Tra le mani ha un affare che le potrebbe fruttare un enorme guadagno: la vendita di Elsewhere. una villa degli anni Trenta posta su una boscosa isola sul fiume Hudson. L'unico ostacolo all'impresa è la fama sinistra che circonda la casa, nota per essere infestata da inquieti e insidiosi spiriti maligni. Ma Joan ha un piano. Invitare per un breve soggiorno nella villa un esperto di fenomeni paranormali, una celebre sensitiva e un amico scrittore assai scettico cui spetterà il compito, una volta rientrato, di pubblicare un reportage della visita per sfatare le leggende che avvolgono Elsewhere. Una serie di segnali, però, comincia presto ad allarmare il gruppo: cosa sono quei rumori che, come nelle più classiche storie di fantasmi, echeggiano tra le pareti? I due sacerdoti che si aggirano per i corridoi sono o no un'allucinazione? Com'è possibile che ogni comunicazione col mondo esterno risulti impossibile? E dov'è finito poi il profilo di Manhattan, sull'altra riva del fiume? Tra schianti improvvisi e flebili mormorii, la villa rivela a poco a poco un passato rimosso, mentre un crescente terrore s'impadronisce dei suoi ospiti.


Il piacere degli uomini - Kate Williams
Londra, 1840. Catherine Sorgeiul, una ragazza di 19 anni fragile e con un passato familiare misterioso, vive in totale isolamento con uno zio eccentrico nel quartiere di Spitalfields. Una serie di orribili delitti di giovani ragazze colpisce l’East End londinese a due passi da casa sua: le vittime vengono ritrovate tutte con il petto squarciato e la bocca piena di capelli. Catherine inizia a interessarsi in modo morboso a questa tragica vicenda, convinta di avere la chiave per risolvere il mistero. Mentre Londra precipita nel panico e quando l’assassino è ormai vicinissimo a lei, Catherine si rende conto di essere finita in una spirale di tradimenti, inganni e terrore che travolgeranno lei e chi le è vicino.


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