mercoledì 18 dicembre 2013

Recensione: Elantris di Brandon Sanderson



Elantris, Brandon Sanderson
Fanucci Editore
704 pag, 30,00 euro
Elantris , di Brandon Sanderson, fa parte dei romanzi recentemente apprezzati dalla Fanucci Editore che, a distanza di anni dalla pubblicazione negli Stati Uniti, ha deciso di portare il talento di Sanderson anche in Italia, pubblicando, oltre ad Elantris, Il Conciliatore, la Serie di Mistborn, il ciclo de "La Ruota del tempo” – conclusa da Sanderson alla morte del suo creatore, Robert Jordan – e il primo romanzo del Ciclo Le Cronache della Folgore. Un vero peccato ci abbia messo così tanto, perché Sanderson si è rivelato uno scrittore fantasy di tutto rispetto.

E’ risaputo quanto sia difficile allontanarsi dal fantasy “tradizionale”, inventare nuovi scenari, nuove forme di magia, nuove creature, ma Sanderson è riuscito nell'intento, senza per questo scadere nella banalità.
Nonostante le quasi 700 pagine e lo scoraggiante prezzo di 30 euro - che per un’edizione in brossura è oggettivamente esagerato - devo ammettere di aver letteralmente divorato il volume pur essendo sommersa da innumerevoli impegni che – ahimè - toglievano tempo alla lettura.

Elantris è il nome di un’antica città prima meravigliosa, abitata da creatura bellissime dai poteri incredibili. La città, però, è stata colpita da una maledizione e lo stesso è accaduto ai suoi abitanti, i cui corpi “non morti” sono diventati deboli, grinzosi e chiazzati di nero - a differenza della mente che è rimasta invece vigile e razionale. La maledizione per altro colpisce non solo gli Elantriani, ma anche gli abitanti del regno di Arelon. La drammatica situazione persiste per dieci anni, fino a quando anche il principe ereditario, Raoden, ne cade vittima, venendo quindi rinchiuso nell’antica Elantris insieme agli altri maledetti. La sua promessa sposa, Sarene, giungendo a Kae, la capitale del regno, riceve la notizia della sua morte e dunque si rassegna a vivere da vedova, impegnandosi a salvare Kae e il regno di Arelon dalla minaccia dell’impero Fjorden. Il monarca e massima carica religiosa di quest’ultimo, il Wyrn, deciso a conquistare e convertire Arelon al culto del dio Jaddeth, invia a Kae uno dei suoi sacerdoti, Hraten, il quale diventa così il principale avversario di Sarene.
E’ così che la principessa si lancia in un vortice di intrighi di corte, decisa a combattere la minaccia rappresentata da Hraten, mentre Raoden, dentro Elantris, cerca di comprendere l’origine della maledizione.

Quella di Elantris è una vicenda complessa, resa con maestria da Sanderson, il quale riesce a fornire in ogni pagina la giusta dose di particolari, di azione, di analisi e di suspense. La lettura è quindi scorrevole, piacevolissima e mai stagnante, qualità non indifferente per un romanzo di così tante pagine.
I personaggi sono equilibrati, rappresentati con le loro forze e le loro debolezze e una perfetta psicologia, così da rendere ogni loro azione logica e verosimile. Protagonisti sono Raoden, Sarene e Hraten e intorno a loro sembrano svolgersi tre differenti trame, destinate a intrecciarsi a circa metà romanzo e a fondersi in un’unica trama alla fine.
Il susseguirsi degli eventi tiene letteralmente incollati alle pagine che scorrono leggere, senza appesantire o stancare mai il lettore. Affascinante anche la cultura degli Elantriani, basata su glifi magici e sullo strano potere che questi veicolano, il Dorn, riscoperta pian piano da Raoden e dunque ricostruita e descritta nel corso del romanzo, arricchendosi sempre più di particolari e rischiarando la visione d’insieme. Stessa modalità è utilizzata da Sanderson per descrivere i regni tra cui gravita l’azione e la loro organizzazione politico-istituzionale, nonché la loro cultura. E’ una tecnica, quest’ultima, che permette appunto di mantenere la leggerezza tipica dell’intero romanzo.
Gli spunti di riflessione – se proprio vogliamo trovarne – si legano a temi classici come il rapporto uomo-potere, la religione, la coscienza, la responsabilità dei leader, la verità. Sono temi affrontati con semplicità, dagli esiti non troppo rivoluzionari, che tuttavia non ricadono in un troppo tradizionale manicheismo.

Unica pecca è il collegamento non troppo scontato compiuto da Raoden verso la fine del romanzo, capace di intaccare appena la struttura di perfetta consequenzialità costruita da Sanderson. Nulla comunque di troppo influente per quello che è, nel complesso, il valore dell’opera, di cui si intravede un probabilissimo sequel. Una strada che Sanderson potrebbe intraprendere o lasciare alla fantasia dei lettori.

 Voto: 




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