mercoledì 11 settembre 2013

Parliamo di: Follia, Il mago di Oz, L'impronta dell'editore, "Oh...", Pan, L'età sottile, Una stanza tutta per sé



Terminati finalmente esami e vacanze – e il sollievo per la fine di entrambi è pari – si ritorna a recensire e lavorare sul blog. Non so davvero da che parte cominciare: sto leggendo almeno sei libri – alcuni che ho abbandonato momentaneamente e che devo riprendere, altri che leggo in ebook in alcuni ritagli di tempo, altri che devo leggere con maggiore concentrazione. Quel che è certo è che non riesco a terminarne nemmeno uno, sebbene mi sia liberata dagli esami venerdì. Ma, magari, ve ne parlerò nella prossima puntata di W…W…W…Wednesdays. Queste sono più che altro breve opinioni, e non le definirei davvero recensioni, di qualcosa che ho letto in questi mesi.
Per velocizzare i tempi, e visto che è passato un po’ di tempo e non potrei snocciolare tutti i dettagli – il libro più vecchio risale a marzo -, raccolgo alcune recensioni  (di altri che ho letto ho deciso di non parlarne) in un unico post: Follia di McGrath, Il Mago di Oz di Baum, L’impronta dell’editore di Roberto Calasso, “Oh…” di Philippe Djian, L’età sottile (di cui uscirà una mia recensione molto più approfondita su una testata fantasy di prossima uscita) e Pan di Francesco Dimitri, Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf. Mancano inoltre Il male che si deve raccontare di Simonetta Agnello Hornby e Maria Calloni e L’ho uccisa perché l’amavo – Falso di Michela Murgia e Loredana Lipperini, a cui però sarà dedicata una doppia recensione e intervista. E anche Il grande Gatsby, per cui avevo cominciato a scrivere una recensione di By the keyhole (la rubrica sui classici) e che presto terminerò e pubblicherò. Ho così tante cose in arretrato per il blog che temo finirò tra una settimana, quando si aggiungeranno nuove cose da scrivere. Ad esempio: devo leggere la Schiuma dei giorni di Vian, e il film, Mood Indigo, esce già giovedì!


Follia – Patrick McGrath
Scrittura interessantissima, approfondimento psicologico magistrale: Follia è un libro ben scritto, piacevolissimo da leggere, che racconta la lenta discesa della moglie di uno psichiatra, innamoratasi di un paziente del manicomio. Il narratore è un collega del marito che ripercorre, all’indietro, la storia di Stella, con un uso trascinante del narratore onnisciente e un approccio talvolta scientifico, da cui si evince la tragedia umana: “Stella era una donna profondamente frustrata, che subì le prevedibili conseguenze di una lunga negazione e crollò di fronte a una tentazione improvvisa e soverchiante. Come se non bastasse, era una romantica”, si legge nell’incipit. I rapporti tra i personaggi sono innumerevoli, ma, al centro, c’è sempre la protagonista: Stella e il narratore – che alla fine avrà un ruolo decisivo, e che continua a considerarla come un soggetto da studiare -, Stella e il marito, Stella e l’amante, Stella e il figlio piccolo. La storia è coinvolgente, e ha risvolti inaspettati: pensavo che il tema trattato sarebbe stato, esclusivamente, la passione tra i due amanti. Invece si evolve, gli scenari cambiano, l’epilogo è sorprendente. La banale normalità, anche la normalità di una relazione scabrosa, si incanala in una serie di eventi che, trattati con una certa freddezza, delineano una personalità sempre più instabile. Il personaggio di Stella, che rifiuta il marito e il ruolo di moglie e di madre, e sceglie invece quello di donna e amante, sembra forse tragico: Stella non sceglie in realtà nulla di quello che succede. La sua è una passione involontaria, una follia inevitabile. E', per così dire, un’ “eroina” per caso.
Voto: 


Il mago di Oz – L. Frank Baum
Non saprei dire più di due righe su Il mago di Oz: la storia è carina, originale, e ha molte metafore – un intento pedagogico per nulla velato ("Io chiederò lo stesso un cervello invece del cuore" disse lo Spaventapasseri, "perché uno stupido non saprebbe cosa farsene di un cuore, anche se ne avesse uno". "Io prenderò il cuore", replicò il Boscaiolo di Latta, "perché l'intelligenza non rende una persona felice e la felicità è la cosa più bella del mondo"), Ma è chiaro sia una storia per bambini molto piccoli, a tratti ripetitiva e che estremizza alcuni cliché della favola (la ripetizione del numero tre, ad esempio, qui richiamata ovunque) o che presenta dei personaggi monolitici, sebbene alla loro spalle esista una storia (molto carina quella del Boscaiolo di latta).
Voto: 


L'impronta dell'editore - Roberto Calasso 
Raccolta di articoli e interventi del direttore editoriale di Adelphi, Roberto Calasso, che entra in casa editrice a ventun anni e assiste alla storia di una delle più grandi realtà editoriali del paese. Gli argomenti spaziano dai rapporti personali di Calasso con professionisti come Giulio Einaudi, Luciano Foà, Roger Straus, alla storia della casa editrice e alla politica che l’ha sempre guidata. Ne emerge una personalità che si coadiuva a quella di Adelphi: una filosofia del libro – e di fare il libro – che si riflette nel saldo principio di un progetto editoriale, quello di dare vita a un puzzle intimo che si compone di singoli autori che, nell’insieme, compongono una storia. La cura dei particolari e delle copertine, il rapporto con gli scrittori e i colleghi editori, le riflessioni sull’epoca di internet e dei libri digitali mettono in luce la realtà di un mondo editoriale ormai quasi fuori moda. Un mondo che sa molto di passato, di rapporti tra gentiluomini, di intensa atmosfera culturale. Un po’ ripetitivo per via del carattere di raccolta di pezzi già editi, L’impronta dell’editore è ricco di perle, aneddoti e informazioni che compongono il variegato mondo di Adelphi.
Voto: 


“Oh…” - Philippe Djian
E’ un titolo molto strano quello di questo libro, così come è abbastanza strana la storia che si dipana. La protagonista è una produttrice cinematografica francese, Michèle, con un complicato quadro familiare: è divorziata ma ancora gelosa dell’ex che ha trovato una donna molto più giovane, ha una relazione con il marito della sua migliore amica, il figlio ha deciso di convivere con una donna incinta non di lui – e lui non ha la maturità per mantenere nemmeno un lavoro da McDonald’s –, la madre, che passa da una relazione all’altra come una ragazzina, insiste perché vada a trovare il padre malato in carcere – ha ucciso dei bambini –. Nell’asfissiante quadro si inserisce una crepa quando Michèle viene stuprata, nella sua stessa casa. La reazione non è quella che ci si aspetterebbe: Michèle non si deprime, non si annichilisce. Semplicemente continua a vivere come tutti i giorni, raccontando sbrigativamente ciò che le è successo all’ex marito – e probabilmente al solo scopo di attirare la sua attenzione.  Ma ciò che è davvero sorprendente sono i risvolti della storia: Michèle scopre chi è il suo stupratore e intraprende una relazione con lui, in cui lei, durante gli amplessi, finge di non desiderarli. Sono gli unici momenti di disperata evasione dai mille problemi, momenti in cui sembra si liberi una personalità fredda, razionale, e nonostante questo fragile. Lo stile è infatti in prima persona, tagliato frequentemente da punti e virgole, e Michèle appare una donna calcolata, pratica, che non si fa scrupoli a tradire la migliore amica con il marito e che non conosce rimorsi per il suo egoismo. “Oh…” suscita, devo ammetterlo, una sensazione molesta – e di questo dobbiamo dare merito alla capacità dell’autore di non delineare ritratti di eroi buoni, ma di persone fortemente in difetto, malate, incapaci o instabili. Nessun personaggio è positivo, sembra anzi la fiera della stupidità. E i tratti della storia si affinano  – o diventano più grotteschi – sino a sfociare nel noir: un finale che corona una storia in cui fatichiamo a trovare un senso – perché insensate sono le nostre vite e il modo in cui le conduciamo. Djian fa, di questa dissennatezza,  la chiave per riflettere su noi stessi: e lo fa con ironia e quasi sadismo, trastullandosi con personaggi e situazioni al limite del paradossale. La lettura è veloce (174 pagine) ma intensa. Non è intervallata da capitoli e lo stile così asettico favorisce la scorrevolezza, sebbene alcuni punti siano fermi e altri più interessanti. La definirei una lettura breve e disturbante, un pungolo che infastidisce , un romanzo, come dice il retro del libro, politicamente scorretto.
Voto:


Pan – Francesco Dimitri
Leggere questo libro è stato estenuante. Non so se la colpa fosse del formato ebook, ma sembrava che le pagine non scorressero mai. All’inizio l’ho trovato veramente entusiasmante: mi piaceva molto lo stile adoperato dall’autore nei primissimi capitoli, un po’ magico e un po’ sporco. Ma, man mano che la storia prosegue e prende corpo, ci si ritrova invischiati in un trattato di apologia del paganesimo che addita la società – e il cristianesimo – di averlo soppiantato, causando infelicità tra gli esseri umani. Dimitri prende spunto dalla storia di Barrie per rivoluzionarne i personaggi: Pan è il dio del Caos, della libidine, del libertinaggio e dello stupro; Capitan Uncino è il temibile Greyface, entità che vuole mantenere l’ordine attraverso la soppressione della creatività e degli impulsi sessuali. In mezzo alle due entità stanno i tre fratelli: Angela, che in questa versione è una sorta di prestigiatrice, Giovanni, un universitario che compie ricerche sull’Isola che non c’è, e Michele, un ragazzino di sedici anni oppresso dalla malattia del padre, malato di alzheimer. La lotta tra Pan e Uncino coinvolge la città di Roma, sconvolgendone i ritmi ordinari. L’isola che non c’è compare invece su un altro piano, quello dell’Incanto. La teorizzazione di Dimitri coinvolge infatti tre dimensioni: la Carne, il Sogno e l’Incanto, oltre al Piano astrale. Qui si scoprono altri “mondi”, che includono la magia, la volontà e l’immaginazione. Ricorrono diverse pagine per spiegare questi concetti, pagine dove l’autore si pone verso il lettore come un maestrino e dove, ripeto, ogni due righe troviamo la colpevolizzazione del cattolicesimo – cosa che posso anche condividere, ma che in maniera così palese e ripetuta risulta solo irritante. Contrariamente alle intenzioni dell’autore ho trovato ilare e piuttosto infantile la descrizione della vera identità dei “pirati”: “Lo psicologo era un pirata dei peggiori: per anni ha predicato la repressione delle pulsioni dei bambini, la necessità di strappare loro i giochi più divertenti, le curiosità più salate, e di costringerli tra compagnie ben selezionate. Storiche sono rimaste le sue campagne contro i videogiochi.” Dimitri infatti tende, anche in questo caso all’estremo, a evidenziare la critica che la società fa verso videogiochi e giochi di ruolo (“Tutti sappiamo quanto siano gravi i problemi che possono causare videogiochi e giochi di ruolo su tutti. Giochi di ruolo! Ci sono decine di studi sull’alienazione che comportano. Perché mai un ragazzo felice dovrebbe recitare un ruolo che non gli appartiene?” dice Capitan Uncino, diventando la parodia di se stesso e raggiungendo il culmine con “Quanta gente è morta per quella brutale scempiaggine che gli americani chiamano Dungeons & Dragons!”), ma sembra più la vendetta che  vuole prendersi un ragazzo nerd emarginato per anni a causa delle sue passioni. Il libro ha molti pregi – una buona narrazione, una costruzione interessante e originale – ma anche il finale risulta deludente. Sciamani, magismi, tentazioni “scabrose”, una innata passione per l’assassinio giustificato da principi di giustizia meramente personali,  viaggi nei sogni, fauni e una quantità innumerevole di tematiche caratterizzano questo libro, che ha molti alti e bassi e il difetto di un autore troppo presente e invadente tra le pagine.
Voto:


L’età sottile – Francesco Dimitri
Decisamente migliore di Pan, L’età sottile è un romanzo di formazione per ragazzi che, forse, parla molto di più agli adulti. Si fa leggere tutto d’un fiato, è coinvolgente, scorrevole, godibile, interessante e con diversi riferimenti a Pan: ritroviamo la tripartizione di Carne, Sogno e Incanto, citazioni di personaggi comparsi nell’altro libro ma soprattutto una concezione di magia lontana dai fantasy tradizionali o da quelli appositamente scritti per i più giovani, come Harry Potter. Realistica, pericolosa, tangibile, la magia con cui ha a che fare Gregorio, il sedicenne protagonista, è fuori controllo, fuori dalle regole umane: uccidere, violare la legge, mentire alle persone care è concesso. E’ una orribile – a mio parere – onnipotenza. La libertà di mutare le leggi naturali però ha un prezzo e Gregorio la pagherà con il proprio occhio e, forse, la corruzione del proprio animo. Qualcosa che qualcuno chiamerebbe “crescita” e “maturità”.
Voto: 



Una stanza tutta per sé – Virginia Woolf
Questa è la prima lettura, nel 2013, a cui do 5 stelle. Il dato è traumatizzante perché indica una chiara insoddisfazione nelle mie abitudini letterarie, o forse un senso critico troppo estremizzato e che non mi porta ad apprezzare più i libri nella stessa maniera. Ad ogni modo, Una stanza tutta per sé è un libro che 5 stelle le merita tutte: a metà tra il saggio e il romanzo, tratta il problema della carenza di scrittura femminile. Perché, si chiede la Woolf? Le risposte sono per noi ovvie, ma lei, lucidamente, spiega le difficoltà di emancipazione delle donne e la loro mancanza di istruzione e di soldi. Serve, per poter scrivere, l’agio di avere una stanza tutta per sé: una cosa non indifferente, considerato che le famiglie povere avevano poche o una sola stanza a disposizione, dove si concentrava la vita familiare. Serve anche consapevolezza della propria identità di donna, surclassata dalla prepotenza dell’uomo (“per secoli le donne sono state gli specchi magici e deliziosi in cui si rifletteva la figura dell'uomo, raddoppiata”), serve forza di volontà. Commovente in più punti, appassionante e intriso di un grande talento e forza d’animo, questo saggio-racconto si fa leggere con voracità, tocca tantissimi punti e tantissime figure ed è attraversato dalla speranza di un florido futuro per le donne. Non è possibile non riflettere sulle parole che, antiche di un secolo, vengono espresse con tanta chiarezza e consapevolezza. Non è possibile nemmeno non riflettere sulle prospettive auspicate dalla Woolf, che non mi sentirei di definire pienamente realizzate. Anche se, come dice lei stessa, “Io credo che ...se ognuna di voi ha cinquecento sterline e una stanza tutta per sé; se abbiamo l'abitudine della libertà e il coraggio di scrivere esattamente ciò che pensiamo; se usciamo un po' dal salotto comune e vediamo gli esseri umani non sempre in relazione reciproca, ma in relazione con la realtà, e anche il cielo e gli alberi o qualunque cosa ci sia in loro ; ...se guardiamo in faccia il fatto, perché è un fatto, che non c'è alcun braccio a cui appoggiarci, ma che camminiamo da sole e che dobbiamo essere in relazione col mondo della realtà e non solo col mondo degli uomini e delle donne, allora l'opportunità si presenterà, e quella poetessa morta che era la sorella di Shakespeare rivestirà il corpo di cui tante volte si è spogliata.
Voto: 

  

6 commenti:

  1. Dei libri qui citati ho letto solo "Follia" e concordo col tuo giudizio :) McGrath è un autore che mi piace molto, i suoi personaggi sono sempre molto approfonditi (merito anche della sua formazione, senz'altro).

    "L'impronta dell'editore" sarà senz'altro tra le mie future letture, adoro la linea editoriale di Adelphi!

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    1. Allora è una lettura imprescindibile :) Ho letto solo Follia di McGrath, tu hai letto altro?

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    2. Sì, ho letto altri due libri: "Grottesco" (il mio preferito, ma prendi questa mia affermazione con le pinze: il 90% dei lettori preferisce "Follia"), e "Città fantasma", tre racconti lunghi che mi sono piaciuti, pur non essendo al livello di "Follia" e "Grottesco" :)

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    3. Allora più in là Grottesco lo provo :3

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  2. Del Mago di Oz, per chi è interessato a migliorare il proprio inglese, esiste anche una edizione bilingue con testo a fronte in formato ebook/kindle. In pratica il primo vero ebook con testo a fronte pubblicato su Amazon. Edito da Wirton Arvel

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