mercoledì 18 settembre 2013

Masterpiece, ovvero la spettacolarizzazione del libro








Ormai da un paio di mesi si è diffusa la notizia del primo talent show dedicato agli scrittori – Masterpiece, in onda su rai 3 a partire dal 10 novembre. Un canale che è il “fanalino di coda” della Rai, una fascia oraria impopolare (la seconda serata, per quanto riguarda la prima fase del programma),  soltanto sei puntate, 5000 opere pervenute per un totale di più di un miliardo di battute: elementi che portano a riflettere sulla reale missione culturale del programma decantata da Laura Donnini, Managing Director del gruppo RCS, che lo definisce “un modo innovativo e originale per promuovere la lettura, grazie alle sinergie tra tv, carta stampata e digitale”: la promozione della lettura presso il pubblico attratto dal talent è utopistica quanto la prospettiva di non trovare Fabio Volo primo in classifica ad ogni nuova pubblicazione. E il giudizio, pur impietoso, mi permetterete di dire che è quanto meno realistico. Senza dubbio, se la trasmissione avrà successo, il ricavato di Bompiani, che pubblicherà il romanzo con una tiratura impressionante di centomila copie, sarà però ingente:  a cosa servirà Masterpiece, se non a rimpinguare le casse della casa editrice? Riuscire a portare in libreria persone che hanno a malapena toccato un paio di romanzi in vita loro è una grandissima conquista, ma una conquista, a mio parere, fine a se stessa. Cioè alla vendita di quell’unico romanzo vincitore, o, per meglio dire, alla vendita di quell’unico “personaggio autore”: le motivazioni non saranno certamente quelle dell’interesse verso un dato prodotto culturale, ma verranno piuttosto condizionate dall’impressione che il concorrente darà di se stesso (storia personale, sensibilità, carattere). 

Il vincitore di Masterpiece diventerà il nuovo Fabio Volo?
Sarebbe come dire che i fan di Amici votano sulla base delle doti canore, anziché tributare la propria preferenza secondo simpatia e aspetto esteriore - e non a caso, per inviare la domanda di partecipazione a Masterpiece, sono richieste due foto, una delle quali a figura intera.  Immagino già Alessandro Baricco dichiarare, su imitazione della giuria di X Factor, che il libro “non è proprio arrivato, non ha emozionato”. Fortuitamente, il concorrente telegenico potrebbe essere anche bravo. Ma quale dei fattori, nella scelta del voto, prevarrà - l'estetica o il talento?

Le prime notizie evase danno un quadro molto chiaro delle tendenze dei numerosissimi scrittori che popolano il nostro paese: innanzitutto il numero esorbitante in netto contrasto con i dati mortificanti dei lettori italiani – in cui bastano dodici libri l’anno per essere classificati come “lettori forti”, e la cui percentuale ammonta solo al 6,3%. In secondo luogo, La Stampa riporta che si tratta per due terzi di uomini e solo un terzo di donne – devo ammettere che questo mi sorprende, alla luce del fatto che sembra ormai la lettura sia prevalentemente “femminile” dato l’ingente quantitativo di storie romantiche e chick-lit pubblicati -. 
I  generi più trattati sono inoltre fantasy e romanzi sentimentali  - i primi prevalentemente scritti da uomini, i secondi da donne, presumo -, mentre scivolano al quinto posto i “romanzi drammatici, di formazione, storici, sociali e psicologici e, agli ultimi posti, i thriller e i romanzi di fantascienza e di avventura.”

Anche questo esprime una contraddizione con i dati a cui siamo abituati: i fantasy raramente entrano nella classifica settimanale dei libri più venduti, dove troviamo invece i gialli di Camilleri, i thriller di Dan Brown, il cantante/calciatore/conduttore  e il premio Strega di turno, o, al massimo, il soft-porno delle Sfumature.

Gli italiani leggono un genere ma scrivono di altro? Probabilmente gli italiani non leggono proprio, o leggono molto poco, di ciò che scrivono. Se verrà rilevata una qualche utilità alla messa in onda di un programma come Masterpiece, sarà proprio quella di focalizzare la situazione attuale dei sedicenti scrittori – pur filtrata dalla circostanza televisiva e dalla competizione.

Le gare inoltre, per quanto siano ancora avvolte da una nube di mistero, sono state definite “attitudinali”, mirate a giudicare il talento letterario: sarebbe inutile parlarne ancora prima di vederle messe in attimo, quindi mi limito a esprimere una cauta perplessità.

Con Masterpiece siamo forse giunti al culmine del percorso di commerciabilità del libro - adesso trasformato in un fenomeno da spettacolarizzare, soggetto al massimo ai gusti del pubblico televisivo e, di conseguenza, più mainstream che attento alla qualità. Un percorso iniziato con l'abbassamento precipitoso dell'offerta editoriale degli ultimi anni, con la svalutazione del libro come oggetto di cultura e l'incremento della concezione dell'intrattenimento frivolo, anche in libreria.

Nulla di nuovo: lo scrittore è da tempo divenuto un giullare di appariscenza, e persino i più anticonformisti - vedi Mauro Corona - cominciano a diventare lo specchio di se stessi, infinite copie plastificate che si allontanano dall'autenticità per assomigliare a una figura attentamente studiata. Per avere successo - lo testimoniano gli articoli di Marco Cubeddu - bisogna darsi un tono, inventarsi una personalità, andare controcorrente. Oppure, al contrario, creare un rapporto diretto con il pubblico tramite una captatio benevolentiae.
Nulla di nuovo, come ho detto, nemmeno nella qualità dei romanzi in libreria: il libro nell'immaginario collettivo è sempre più dissociato dall'elemento prettamente letterario, e sempre più caratterizzato dalla sua commerciabilità. Questa si traduce nella semplificazione delle trame - spesso scontate - e del linguaggio, ed è superfluo aggiungere quanto ciò rappresenti un danno per tutti, compresi coloro che hanno promosso un simile utilizzo della produzione letteraria. Eppure Masterpiece incarna il coronamento della più triste involuzione: quella che porta il libro - la finestra per la conoscenza per eccellenza - a mistificarsi e prendere forma di un oggetto senza valore, a perdere dignità propria per acquisire proprietà che non dovrebbero appartenergli. Lo show business si aggiunge a un luccicore che lo ha tramutato in oggetto da arredamento, rivestito di colori accesi, copertine "stylose", titoli frizzanti. La commerciabilità passa attraverso queste innovazioni che nascondono, sotto l'etichetta di "evasione" (che è legittima, ma che spesso viene usata come giustificazione di libri mediocri - giacché sembra non essere concepita l'idea di "evasione di qualità", passante, cioè, attraverso un uso intelligente e non banale della parola e della gestione delle trame -, e sfocia nei risultati di questo programma) la denaturalizzazione del libro. Se anche la televisione - quella che si occupa di spettacolo - si è resa conto del potenziale commerciale della letteratura, è segno di un triste maturamento di questo aspetto. 

Perplessità e opposizioni sono state avanzate anche da un concorrente passato alle selezioni, che ha addirittura rifiutato di prestarsi ai provini: " Personalmente credo che la selezione culturale debba procedere prevalentemente in maniera autonoma. A volte anche contro le preferenze del pubblico. Quale giudizio sul valore delle opere può scaturire tramite un medium come la televisione che nulla ha da spartire con la letteratura?", leggiamo. Sappiamo bene che la retorica del “sognatore” è alla base di qualsiasi programma simile, dove si cerca di far leva sui sentimenti umani per coinvolgere emotivamente il pubblico: cosa c’è di più struggente e diffuso del sogno di uno scrittore?  E darà davvero vita a un nuovo talento, o finirà dimenticato nell’angolo polveroso di quell’unica pubblicazione?
Sulla pagina del programma è stato scritto che "il concorrente ideale è il giusto incrocio fra cultura, genio, buona scrittura e originalità". Dobbiamo fidarci delle parole di Fremantlemedia,  casa produttrice di X Factor?




2 commenti:

  1. A me questo programma ispira zero e lo guarderei solo per soddisfare una semplice curiosità. Ma per scovare un talento letterario non serve assolutamente un talent show.
    ma.per.favore.
    Finora la tv con le sue pubblicità e operazioni di marketing ha pompato spesso romanzi che di bello avevano solo copertina (e a volte nemmeno quella).

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    Risposte
    1. E la prima puntata ha confermato esattamente tutto quello che c'è scritto nell'articolo

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