“In the
future, everyone will be world-famous for 15 minutes” sono le celeberrime e profetiche parole che Andy Warhol pronunciava
nel 1968.
“Microfama” era una parola ancora inesistente, ma di cui
si cominciava a subodorare la potenzialità che, di lì a una quarantina d’anni,
avrebbe espresso: nel 2008 Rex Sorgatz sul New York Magazine la definiva così:
“It wasn't exactly fame. It was more like microfame. But though I was content to let the moment pass, countless other people are trying to manufacture microfame, over and over again, to various ends—be it a book deal, a reality show, or just the simple ego gratification of having a lot of Facebook friends”.
Microfama è l’ambizione dell’individuo degli anni zero di
raggiungere una popolarità che si rivela effimera e poco duratura, con mezzi
facilmente accessibili: aprire un blog, o un canale youtube, o una pagina
facebook, esporsi e svendersi sulla rete
(vita, passioni e hobbies, aspetto fisico), denota, nella maggior parte dei casi,
la ricerca – anche inconscia – di fama. È la conclusione sottintesa di Morti di fama (Corbaccio, 250 pagine,
12,90 euro, in libreria da oggi) o, per meglio dire, il suo punto di partenza:
dalla caccia spasmodica di fama si generano una serie di processi che ci
rendono vittime del meccanismo mediatico, della reazione altrui e di noi
stessi.
Ogni sfumatura di questo fenomeno viene sviscerato da Giovanni Arduino e Loredana Lipperini, in un breve e conciso saggio (nonostante non
voglia essere tale, come è evidenziato nell’introduzione) che esamina casi
eclatanti e conseguenze della microfama. Ma che, parlando a tu per tu con
esponenti noti del microcosmo italiano, rivela anche le contraddizioni di
questo sistema innaffiato di narcisismo e egocentrismo – talvolta, nel caso di
minori, persino di ingenuità.
Così, leggendo le parole di Barbie Xanax, nota youtuber
che dichiara di aver finito la triennale e voler fare il critico
cinematografico, viene spontaneo chiedersi per quale motivo una ragazza di venticinque anni con
determinate ambizioni accetti e persegua l’immagine da eterna svampita: tutto
per amore della microfama?
Non certo per soldi: sono molto pochi quelli che si
guadagnano – duecento euro in due mesi tra blog e Youtube, dichiara. Forse, per
il salto di qualità da youtuber a conduttore/attore/comico in tv/scrittore
(scrivere un libro ci fa sempre sentire molto intelligenti)?
Nulla di questo c’entra però con la nostra Barbie Xanax,
che nei suoi video parla di tutto – anche di libri e film – ma che non esprime
nulla di inerente alla critica cinematografica o alle speranze di successo in
tal senso.
La risposta, forse, sta davvero lì: nel desiderio di
sentir parlare di sé – qualsiasi cosa dicano, purché se ne parli.
Identica sembra la
politica degli haters: sfruttare la popolarità altrui, di riflesso, per
incrementare la propria attraverso non la banale critica, ma il vero e proprio
odio. L’hating, perpetrato attraverso i social network, ha dimensioni ingenti: Morti di fama racconta l’esperienza di Kiki Kannibal, tredicenne quando approda in rete, vittima di
haters terrificanti che la minacciano di morte, la picchiano e le vandalizzano
casa, non facendole mancare sevizie psicologiche.
Twitter e ask
soprattutto sono fertili campi d’azione degli haters. Mi sono chiesta più volte
quale sia il meccanismo che spinge all’hating – mi sono chiesta fino a che
punto si possa arrivare cercando di ferire qualcuno. Ho aperto un account su
ask, come blogger, per capirlo: sono giunta alla conclusione che si tratta di
fantocci e che, in una prima fase, dovrebbero essere considerati irreali.
Dietro internet le personalità diventano masse, un’unica voce senza distinguo. Nella maggior parte dei casi è il motore stesso
di internet a spingere alla trasmutazione che, nella vita reale, non avverrebbe.
Quando gli haters sono accaniti e numerosi, però, com’è successo a Kiki,
possono rovinarti la vita – e il fenomeno non è da sottovalutare tra gli adolescenti,
dove la cultura dell’odio sembra amplificarsi.
In che modo, però,
si diventa microfamosi?
La parte più interessante di Morti di fama è sicuramente questa: se non si è interessati a
odiare qualcuno, l'acquisizione della popolarità è legata alla capacità di pubblicizzarsi,
di assumere il ruolo sponsor di se stessi.
“Nel momento in cui siamo su Internet, rilanciamo tweet, rispondiamo alla domanda retorica di Facebook «come va oggi?», postiamo un commento su Youtube, persino mentre apriamo la Gmail di Google siamo, insieme, promotori di noi stessi e vincolo pubblicitario. Meglio ci promuoviamo, più le aziende saranno interessate a contattarci per promuovere anche i loro prodotti: in cambio, quasi sempre, di un piatto di lenticchie”.
Sono considerazioni che, in quanto blogger, mi sono più
volte trovata a fare: nel web diventi qualcuno se sei bravo a crearti un
personaggio – possibilmente sorridente, simpatico, spontaneo, “trasparente”.
Importante non è quello che si dice, ma il modo in cui si appare: fondamentale,
quindi, condividere e parlare il più possibile della propria vita privata e dei
gusti personali, cercando di costruire
una storia intorno a se stessi, rendendosi un modello accessibile, normale (“è
uno/a di noi”) e quindi beneamato perché facilmente sostituibile da uno
qualsiasi dei propri seguaci. In poche parole l’immagine di una persona comune alimenta
la convinzione che sia possibile per tutti raggiungere gli stessi risultati, e
questo allarga il consenso. Ciò passa
anche attraverso la banalizzazione del proprio linguaggio e del proprio livello
di cultura: la massa preferisce la semplificazione.
Tuttavia è solo uno degli stratagemmi: Fai da te (pubblica un blog, un libro, un sito, un video), Trova uno stile, Esagera (e dunque promuoviti ovunque, su Twitter e Tumblr,
su Facebook, Freak e FriendFeed), Comunica
(rispondi a tutti, sempre, mail, commenti,
tutto, non negarti mai), Allèati (crea un team, un ecosistema, un gruppo di
adoratori che investa nel brand che sei tu e moltiplichino la tua popolarità),
Diversìficati (ovvero fai rebranding, riciclati quando il tuo personaggio mostra la corda
nel campo di azione prescelto), Polemizza,
Insisti (perché il dramma dei microfamosi è la rapidità del proprio successo).
Morti di fama non
si limita a questo: prende in esame il self publishing e la politica aziendale
di Amazon, fa leva sulla vanità degli scrittori e sul fenomeno delle recensioni
false su piattaforme come Anobii e Goodreads, fornisce innumerevoli esempi di
casi di microfama – talvolta tendendo alla divagazione – rendendo un quadro
destrutturato del complesso universo delle web
celebrities.
Un mondo di cui si evince soprattutto la tristezza, la
pochezza e la crudeltà. Sembrerebbe naturale e logico allontanarsene. Eppure,
ci siamo dentro tutti.
Barbie Xanax al di là del look, ognuno ha il suo, sembra meno svampita di come appare. Molto meno
RispondiEliminaSicuramente lo è, ma non è questa l'impressione che vuole dare
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