venerdì 27 settembre 2013

Recensioni in breve per piccoli racconti






Ultimamente ho trovato davvero poco tempo per leggere romanzi dalla media dalle duecento pagine in su: a volte mi sembra quasi mi scrutino con rimprovero dalla scrivania, altre imploranti, chiedendo solo di venir letti e compresi fino in fondo. Quando la combinazione tra scarsità del tempo si fonde ad una “malavoglia” inspiegabile, il lettore si trova davanti ad un bivio: sprofondare nell'oblio della pausa sabbatica dalla lettura o affidarsi ai racconti/romanzi brevi, che permettono una leggera soddisfazione nell'arrivare alla loro conclusione nel giro di quei dieci/trenta minuti che facilmente possono essere spesi, nel corso della giornata, per rilassarsi con la lettura – anche perché in genere è improprio dichiarare che non si sta leggendo nulla, visto che siamo circondati da scartoffie quotidianamente e, se si è studenti universitari, è quasi raro non trovarsi tra le mani un volume interminabile che non rappresenta una lettura altrettanto edificante quanto quella di un libro da noi designato.
Dopo la lettura in lingua originale di Tutti mi danno del bastardo di Nick Hornby, ho riscoperto la gioia del racconto/romanzo breve, al quale non mi approcciavo da diverso tempo – credo l’ultima raccolta di racconti letta risalga a circa quattro anni fa, ma non ricordo se si trattasse di quelli di Edgar Allan Poe o di Guy de Maupassant. Trovato dunque un buon compromesso tra il bisogno di evasione e la relatività del tempo, in contemporanea alla lettura di Né con te né senza di te di Paola Calvetti (la cui recensione leggerete prossimamente), mi sono affidata dunque alle storie one-shot.  Innanzi tutto ho finalmente concluso – e devo dire con un po’ di difficoltà – il secondo racconto del volumetto La casa stregata di Howard Phillips Lovecraft, che mi trascinavo dalla mia breve vacanza di una settimana, per poi passare alla lettura di Sono uno scrittore ma nessuno mi crede di Silvia Pillin, un simpatico vademecum per l’aspirante scrittore, per poi gettarmi a capofitto nel brevissimo Storia d’amore senza parole di Luis Sepúlveda e infine su Da tutte le strade si alzeranno lamenti di Kurt Vonnegut (del quale presto leggerò sicuramente Mattatoio n.5). 
In ultimo, su consiglio di quella grande appassionata dei fumetti americani Marvel di mia sorella minore, mi sono catapultata nel mondo dei comics trovando molto interessante la serie di Thor, dio del tuono appartenente alla nuova generazione di albi Marvel Now!, che non intendono cancellare un cinquantennio di storia del fumetto americana, bensì avvicinare i nuovi lettori alla realtà fumettistica – mossa di marketing ben architettata dato l’enorme successo delle pellicole cinematografiche che raccontano le storie di Spiderman, Thor, Captain America, Iron Man, gli Xmen, i Fantastici Quattro e tanti altri personaggi che saranno protagonisti dei prossimi film. Ho scelto proprio questa serie perché sono una grande appassionata della mitologia germanica e delle storie di Odino e dei suoi figli raccontate dall’Edda maggiore, testo inestimabile che ha permesso alle leggende norrene di giungere a noi. Di questo non vi posterò una recensione, poiché bisognerebbe scrivere qualcosa di ognuno degli albi già usciti (in tutto quattro) e comprendono una storia principale divisa in “puntate”, le avventure dei Young Avengers e due storie che cambiano di volta in volta (nel terzo comincia Journey into Mystery, saga che vede coinvolta Lady Sif, una dei miei personaggi preferiti).


La casa stregata – H.P. Lovecraft
Il volume si compone di due storie, la prima delle quali è omonima. Nonostante abbia apprezzato moltissimo lo stile di Lovecraft -  che tende a mantenersi esterno alla vicenda, raccontandola con una perizia quasi scientifica, carica di suspense e molto “fotografica”-, ritengo che le due storie non fossero egualmente interessanti. Ne La casa stregata è forte il topos del luogo maledetto che ha accumulato una lunga lista di abitanti morti in modo misterioso. Pare che le morti siano dovute ad un qualcosa che risiede in cantina. Mi sarei aspettata molta più azione, che la risoluzione della storia non fosse semplice, ma ne sono rimasta davvero delusa, tanto più che (OCCHIO ALLO SPOILER) il finale mi ricorda molto quei film in stile Final Destination. Inoltre ho trovato eccessive le descrizioni e ridondante l’elenco genealogico degli abitanti del maniero e ben poco terrificante il contenuto.
La seconda storia è L’orrore a Red Hook. Rispetto al primo racconto, questo è molto più coinvolgente, avvicinandosi al genere giallo per certi versi, gradevole nella sua descrizione di un quartiere malfamato e misteri irrisolti sui quali indaga il poliziotto Malone, che sembra quasi un “Hercule Poirot” del sovrannaturale. Ho trovato questa storia qualitativamente superiore alla prima, più vicina all’orrore che mi aspettavo dal “rivale” di Edgar Allan Poe.
Nel complesso, ho apprezzato e spero di riuscire a cimentarmi presto nella lettura delle storie di vampiri dello stesso autore.
Voto: 3 stelline

Sono uno scrittore ma nessuno mi crede – Silvia Pillin
«Se il vostro peggior nemico è il congiuntivo e fate un uso involontariamente creativo della consecutio temporum, beh il vostro romanzo ha davvero poche possibilità di essere selezionato».

Spero non pensiate di avere a che fare con un piccolo saggio di auto-aiuto per aspiranti scrittori, ma piuttosto ad un interessante, ironico, in alcuni casi pungente, vademecum per chi vorrebbe vedere la propria storia pubblicata da un editore. Questo brevissimo saggio, ben organizzato in alcuni capitoli, attraversa gli errori più comuni dell’aspirante scrittore, quali ad esempio quello di essere un cattivo lettore. Secondo la Pillin non si può scrivere un buon romanzo se non si è letto e analizzato ciò che si è letto in passato, poiché solo il lettore può rendersi conto di quali possono essere i punti forti di una trama, lo stile adeguato e il registro linguistico da utilizzare. Prima di tutto si parla di pianificazione della storia, della scelta del punto di vista e della caratterizzazione dei personaggi, per poi analizzare caratteristiche più tecniche quali l’interazione e le variazioni temporali. Segue una parte più interessante dedicata alla revisione e alla scelta dell’editore al quale inviare il proprio manoscritto, spiegando in modo semplice ma efficacie la differenza tra case editrici a pagamento e non, le problematiche relative all’editing e alla realizzazione della copertina, le caratteristiche del contratto d’edizione e interviste ad esperti del settore. Dunque un vero e proprio case study sul mondo editoriale per comuni mortali che vogliono averci a che fare.
Voto: 4 stelline

Storia d’amore senza parole – Luis Sepúlveda
«Con il passare del tempo passò il tempo sui miei passi, e pian piano mi colmai di cose dimenticate che pian piano mi dimenticarono. La città della quale ho parlato non esiste più, né le strade, né il negozio delle mute, né le cravatte larghe come remi, né le palme nane, né l’atmosfera proustiana senza decadenza. Tutto è scomparso. La musica, la sala da ballo, il cane chino accanto al grammofono. Tutto si è perso, l’ho perso».

Questo racconto è stato una piacevole sorpresa: una storia d’amore semplice tra un giocatore di biliardo e una donna muta che lo incanta con gesti e sguardi. Lo stile di Sepúlveda è altamente poetico, la sua scrittura è ricca di giochi di parole che avvincono il lettore fino alla fine, trascinandolo pienamente in un universo reale nella sua finzione narrativa. Ho apprezzato moltissimo il riferimento alle “atmosfere proustiane”, quella continua sensazione di vedere davanti a sé uno scenario fatto di macchie imprecise - ricordo che nel leggere i primi volumi di Proust trovai snervante scoprire, dopo circa novanta pagine, che in realtà l’autore stava parlando di un campanile – con la sola differenza, l’autore tiene a precisarlo, che ciò che abbiamo davanti a noi è «un’atmosfera proustiana priva di noia»: riesce infatti a scrivere un racconto semplice ma altamente evocativo. La vera dimostrazione che la parola può diventare storia.
Voto: 4 stelline

Da tutte le strade si alzeranno lamenti – Kurt Vonnegut
«Abbiamo colpito ogni chiesa benedetta, ospedale, scuola, museo, teatro, la vostra università, lo zoo, e ogni condominio della città, ma onestamente non era quello che volevamo. C’est la guerre. Scusateci, dunque. Inoltre il bombardamento a tappeto oggigiorno è di gran moda, lo sapete».

Ho la grossa lacuna di aver conosciuto Vonnegut solo leggendo Lo strano mondo di Alex Woods, dove veniva ampiamente citato. Nell’attesa di potermi addentrare in Mattatoio n.5, mi sono fiondata su questo brevissimo testo che racconta la vera storia della distruzione di Desdra da parte degli americani durante la seconda guerra mondiale, evento snocciolato nei minimi dettagli da un soldato americano prigioniero dei tedeschi che ha vissuto sulla propria pelle l’epilogo della città pacifica (le memorie dello stesso Vonnegut). Si tratta di un report di guerra, altamente critico nei confronti della sua stessa nazione, nella quale Vonnegut avanza l’ipotesi di una più veloce risoluzione del conflitto se gli americani non avessero dato atto allo stragismo e alla distruzione incondizionata di una delle poche città dichiaratamente antinaziste. Lo stile di Vonnegut è asciutto e essenziale, con picchi di ironia dosata ma fortemente esplicita e biasimo per la guerra e le azioni di potere – ricordo che i testi di Vonnegut, primo tra tutti Mattatoio n.5, sono considerati le pietre miliari della letteratura pacifista. Un testo breve, ma intenso, da leggere assolutamente.
Voto: 5 stelline


giovedì 26 settembre 2013

W...w...w... Wednesday! (51)


www...wednesdays è stato creato da MizB di ShouldBeReading


What are you currently reading? (Cosa stai leggendo?)
What did you recently finish reading? (Quale libro hai finito di recente?)
What do you think you’ll read next? (Quale libro pensi sarà la tua prossima lettura?)



Riesco finalmente ad aggiornare con decenza questa rubrica, visto che, dal mio ultimo esame due settimane fa con conseguente blocco del lettore - a causa del senso di spossatezza che segue ogni sessione -, ho ripreso sono da poco le fila della lettura. In realtà ho cominciato a tartassarmi di libri e a finirne uno ogni due giorni, ma ho trovato quello che mi sta leggermente fermando: Resistere non serve a niente, di Walter Siti, vincitore del premio Strega di quest'anno. Ho letto cinquanta pagine soltanto, e, per il momento, pongo un bel punto interrogativo: lo stile è particolare e si è subito immersi in un'atmosfera poco "narrativa", molto contemporanea e attuale (in una sorta di post-modernismo). Sono propensa a un parere positivo, se questi aspetti saranno ben sviluppati - nel frattempo, mi sembra tutto così veloce e dinamico che devo prestare molta attenzione a ciò che leggo, per non saltare passaggi mentali.
In realtà, però, Resistere non serve a niente non è l'unico libro che sto leggendo. Ho troppi libri sul comodino in questo momento, che apro nei momenti più diversi della giornata. Ho La libreria di Penelope Fitzgerald che aveva avuto una buona partenza, ma dopo sole venti pagine si è arenato. Ho Una certa idea del mondo di Alessandro Baricco - mi piace molto il suo modo di parlare di libri - che leggo quando ho solo due minuti di tempo (per chi non lo sapesse, si tratta di cinquanta recensioni uscite per Repubblica). Ho ancora I miserabili di Hugo e Muses di Francesco Falconi che, per qualche motivo a me medesima ignoto, ho interrotto l'anno scorso e ancora non ripreso. Ho, di nuovo, La letteratura fantastica di Todorov, che mi piace davvero molto ma sembra ci sia sempre qualcosa di più urgente da leggere. Poi ho anche i racconti di Cechov, che pensavo mi avrebbero preso di più - e invece sono ferma al secondo.
Quello che ho appena finito di leggere è un elenco molto più breve: La schiuma dei giorni di Boris Vian, che mi ha incantato; E' così che la perdi, di Junot Diaz, a cui vi avevo accennato QUI; Morti di fama (avete letto la recensione nel post di prima); e finalmente ho finito La grande notte di Chris Adrian - è scritto divinamente, ma non sono sicura di averci capito molto.
Di tutto questo arriveranno le recensioni - e non so quando scriverle, né, ohibò, mi sento ispirata. 
I prossimi libri da leggere, invece, causano la solita confusione. Innanzitutto mi piacerebbe finire quello che sto leggendo (XD) e mi piacerebbe anche finirne tre o quattro entro il 30 settembre - ma è impossibile, se sono bloccata con Siti. E poi devo ricominciare a studiare. Dopo, comunque, mi tocca il saggio sul fantastico di Antonella Albano e Le colpe dei padri di Alessandro Perissinotto, a meno che non arrivi qualche altra lettura del blog - che arriverà sicuramente - mi darò a un libro random (che è un privilegio così raro). Voi, invece, cosa leggete? :)


What are you currently reading?



 


What did you recently finish reading?



What do you think you’ll read next?





Morti di fama: la popolarità nell'era del web 2.0



In the future, everyone will be world-famous for 15 minutes” sono le celeberrime  e profetiche parole che Andy Warhol pronunciava nel 1968.

Microfama” era una parola ancora inesistente, ma di cui si cominciava a subodorare la potenzialità che, di lì a una quarantina d’anni, avrebbe espresso: nel 2008 Rex Sorgatz sul New York Magazine la definiva così:
“It wasn't exactly fame. It was more like microfame. But though I was content to let the moment pass, countless other people are trying to manufacture microfame, over and over again, to various ends—be it a book deal, a reality show, or just the simple ego gratification of having a lot of Facebook friends”.

Microfama è l’ambizione dell’individuo degli anni zero di raggiungere una popolarità che si rivela effimera e poco duratura, con mezzi facilmente accessibili: aprire un blog, o un canale youtube, o una pagina facebook, esporsi  e svendersi sulla rete (vita, passioni e hobbies, aspetto fisico), denota, nella maggior parte dei casi, la ricerca – anche inconscia – di fama. È la conclusione sottintesa di Morti di fama (Corbaccio,  250 pagine, 12,90 euro, in libreria da oggi) o, per meglio dire, il suo punto di partenza: dalla caccia spasmodica di fama si generano una serie di processi che ci rendono vittime del meccanismo mediatico, della reazione altrui e di noi stessi.
Ogni sfumatura di questo fenomeno viene sviscerato da Giovanni Arduino e Loredana Lipperini, in un breve e conciso saggio (nonostante non voglia essere tale, come è evidenziato nell’introduzione) che esamina casi eclatanti e conseguenze della microfama. Ma che, parlando a tu per tu con esponenti noti del microcosmo italiano, rivela anche le contraddizioni di questo sistema innaffiato di narcisismo e egocentrismo – talvolta, nel caso di minori, persino di ingenuità.

Così, leggendo le parole di Barbie Xanax, nota youtuber che dichiara di aver finito la triennale e voler fare il critico cinematografico, viene spontaneo chiedersi per quale motivo una ragazza di venticinque anni con determinate ambizioni accetti e persegua l’immagine da eterna svampita: tutto per amore della microfama?
Non certo per soldi: sono molto pochi quelli che si guadagnano – duecento euro in due mesi tra blog e Youtube, dichiara. Forse, per il salto di qualità da youtuber a conduttore/attore/comico in tv/scrittore (scrivere un libro ci fa sempre sentire molto intelligenti)?
Nulla di questo c’entra però con la nostra Barbie Xanax, che nei suoi video parla di tutto – anche di libri e film – ma che non esprime nulla di inerente alla critica cinematografica o alle speranze di successo in tal senso.
La risposta, forse, sta davvero lì: nel desiderio di sentir parlare di sé – qualsiasi cosa dicano, purché se ne parli.
Identica  sembra la politica degli haters: sfruttare la popolarità altrui, di riflesso, per incrementare la propria attraverso non la banale critica, ma il vero e proprio odio. L’hating, perpetrato attraverso i social network, ha dimensioni ingenti: Morti di fama racconta l’esperienza di Kiki Kannibal, tredicenne quando approda in rete, vittima di haters terrificanti che la minacciano di morte, la picchiano e le vandalizzano casa, non facendole mancare sevizie psicologiche.
Twitter e ask soprattutto sono fertili campi d’azione degli haters. Mi sono chiesta più volte quale sia il meccanismo che spinge all’hating – mi sono chiesta fino a che punto si possa arrivare cercando di ferire qualcuno. Ho aperto un account su ask, come blogger, per capirlo: sono giunta alla conclusione che si tratta di fantocci e che, in una prima fase, dovrebbero essere considerati irreali. Dietro internet le personalità diventano masse, un’unica voce senza distinguo. Nella maggior parte dei casi è il motore stesso di internet a spingere alla trasmutazione che, nella vita reale, non avverrebbe. Quando gli haters sono accaniti e numerosi, però, com’è successo a Kiki, possono rovinarti la vita – e il fenomeno non è da sottovalutare tra gli adolescenti, dove la cultura dell’odio sembra amplificarsi.

In che modo, però, si diventa microfamosi?
La parte più interessante di Morti di fama è sicuramente questa: se non si è interessati a odiare qualcuno, l'acquisizione della popolarità è legata alla capacità di pubblicizzarsi, di assumere il ruolo sponsor di se stessi.

“Nel momento in cui siamo su Internet, rilanciamo tweet, rispondiamo alla domanda retorica di Facebook «come va oggi?», postiamo un commento su Youtube, persino mentre apriamo la Gmail di Google siamo, insieme, promotori di noi stessi e vincolo pubblicitario. Meglio ci promuoviamo, più le aziende saranno interessate a contattarci per promuovere anche i loro prodotti: in cambio, quasi sempre, di un piatto di lenticchie”.

Sono considerazioni che, in quanto blogger, mi sono più volte trovata a fare: nel web diventi qualcuno se sei bravo a crearti un personaggio – possibilmente sorridente, simpatico, spontaneo, “trasparente”. Importante non è quello che si dice, ma il modo in cui si appare: fondamentale, quindi, condividere e parlare il più possibile della propria vita privata e dei  gusti personali, cercando di costruire una storia intorno a se stessi, rendendosi un modello accessibile, normale (“è uno/a di noi”) e quindi beneamato perché facilmente sostituibile da uno qualsiasi dei propri seguaci. In poche parole l’immagine di una persona comune alimenta la convinzione che sia possibile per tutti raggiungere gli stessi risultati, e questo allarga il consenso.  Ciò passa anche attraverso la banalizzazione del proprio linguaggio e del proprio livello di cultura: la massa preferisce la semplificazione.
Tuttavia è solo uno degli stratagemmi: Fai da te (pubblica un blog, un libro, un sito, un video), Trova uno stile, Esagera (e dunque promuoviti ovunque, su Twitter e Tumblr, su Facebook, Freak e FriendFeed), Comunica (rispondi a tutti, sempre, mail, commenti, tutto, non negarti mai), Allèati (crea un team, un ecosistema, un gruppo di adoratori che investa nel brand che sei tu e moltiplichino la tua popolarità), Diversìficati (ovvero fai rebranding, riciclati quando il tuo personaggio mostra la corda nel campo di azione prescelto), Polemizza, Insisti (perché il dramma dei microfamosi è la rapidità del proprio successo).

Morti di fama non si limita a questo: prende in esame il self publishing e la politica aziendale di Amazon, fa leva sulla vanità degli scrittori e sul fenomeno delle recensioni false su piattaforme come Anobii e Goodreads, fornisce innumerevoli esempi di casi di microfama – talvolta tendendo alla divagazione – rendendo un quadro destrutturato del complesso universo delle web celebrities.

Un mondo di cui si evince soprattutto la tristezza, la pochezza e la crudeltà. Sembrerebbe naturale e logico allontanarsene. Eppure, ci siamo dentro tutti. 



mercoledì 25 settembre 2013

L’era degli ebook: Apple condannata per violazione dell'antitrust



Che gli ebook stiano rivoluzionando il mondo dell’editoria è certo, ma pare che in America la cosa abbia assunto un certo peso, tanto da trascinare niente poco di meno che la Apple in tribunale. La famosissima azienda del fu Steve Jobs, è stata accusata infatti  dal Dipartimento di Giustizia Statunitense (DOJ) di aver cospirato con cinque case editrici per alzare i prezzi degli ebook. Ciò implica un cartello, volto per altro a sbaragliare la principale concorrente nella vendita di libri elettronici e non: Amazon. 
E’ cartello che la politica americana non tollera, come dimostra la sentenza emessa dal giudice Denise Cote di Manhattan a conclusione del processo iniziato il 3 Giugno 2010, che prevede un forte rimborso danni a spese del colosso di Silicon Valley. 

Andiamo però con ordine: tutto comincia dal ritrovamento di alcune mail, tra cui una di Jobs a Steve Mardoch, della NewCorp, società proprietaria di Harper Collins. 

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In questa simpatica comunicazione del Gennaio 2010, il beneamato fondatore della Mela elenca le possibilità
che si parano davanti alla  Harper Collins, mostrando quella che prevede la collaborazione con la Apple come la più vantaggiosa. La prima possibilità è infatti quella di unirsi a Apple e creare un mercato di massa degli ebook a 12,99 e 14,99 dollari. La seconda possibilità prevede di rimanere con Amazon e guadagnare di più a breve termine, ma con un guadagno del 70% sui 9,99 dollari a cui Amazon vende gli ebook.  La terza è di abbandonare Amazon, ma senza abbandonare parimenti i canali di vendita che dovrebbero essere affidati –è sottinteso- a Apple, per evitare la pirateria da parte degli utenti. 
A due giorni dalla mail, stando alle prove raccolte, l’editore della Harper Collins firmò l’accordo e così fecero altre quattro case editrici: Hachette, Mcmillan, Penguin e Simon&Schuster. Tutto in previsione del lancio dell’iPad e dell’iBookstore di che in un’altra mail incriminata viene dichiarato  da Steve Jobs non competitivo proprio a causa di Amazon.

Quest’ultimo retailer infatti, stipula con le case editrici un tipo di contratto detto “wholesale”, che prevede una quota fissa agli editori e la libera scelta del prezzo degli ebook. La Apple invece si serve di un tipo di contratto detto “agency pricing”, per il quale gli editori stabiliscono un prezzo per gli ebook e il retailer (la Apple in questo caso) prende una percentuale su ogni singola vendita.  

Il piano, per nulla semplice, consisteva nel contratto agency pricing tra la Apple e le case editrici che avrebbero dunque abbandonato Amazon se questo non fosse passato dal wholesale al modello agency pricing, dovendo di conseguenza innalzare il prezzo degli ebook a 9,99 dollari a 14-15 dollari. Il tutto si sarebbe tradotto - secondo il giudice - in prezzi più alti per i consumatori -anche del 50%- e in profitti illeciti per Apple e per gli editori, che avrebbero trovato un alleato per rallentare Amazon.

La Apple ovviamente si è difesa, affermando di aver trattato con ogni  editore separatamente –quindi senza l’intenzione di fare cartello-e di aver puntato a un livellamento dei prezzi che non favorisse solamente Amazon. La cosa non ha convinto il giudice che alla fine del processo, il 10 Luglio 2013, ha giudicato  Apple colpevole di aver violato le norme antitrust e di aver complottato con cinque case editrici –che hanno preferito patteggiare e fare da testimoni- per alzare il prezzo degli ebook in corrispondenza del lancio dell’Ipad. Battagliera, la Apple ha annunciato che presenterà ricorso e ha definito il tutto una “montagna di false accuse”. 

 Sia come sia, è possibile toccare con mano quanto l’avvento degli ebook stia sconvolgendo il mondo dell’editoria. Non è stata infatti trovata  ancora una strategia che possa far contenti editori e consumatori e in questo campo vige una sostanziale anarchia. I primi tentativi, tra quelli che puntano sulla quantità e quelli che vogliono mantenersi a un prezzo più basso del cartaceo ma senza esagerare, si sono rivelati poco soddisfacenti. Alcuni addirittura loschi. C’è quindi chi si chiede se il verdetto del giudice Cote non abbia minato la fiducia del pubblico nelle case editrici, ma è pronta la risposta di chi fa notare che di rado i lettori distinguono le case editrici l’una dall’altra e ancor più raramente ne seguono le traversie, come le innovazioni. Triste verità. 
A contare veramente per i lettori sono i prezzi, dunque quello che bisogna chiedersi è se fa bene Amazon a contare sulla quantità o fanno bene le case editrici a mantenere prezzi più alti, scoraggiate dalla pirateria che, è innegabile, coinvolge ogni cosa riguardi la rete e i prodotti elettronici. 
Gli ebook sono quindi un bene o un danno per l’editoria? Molti, fatalisti, propendono per la seconda opzione. Altri vedono nella maggiore fruibilità dei libri elettronici, così come nei prezzi chiaramente più contenuti, un incentivo alla lettura, già in netto declino di questi tempi. 
Non c’è però da stupirsi. Come ogni innovazione l’ebook è un’arma a doppio taglio. Bisogna capire solo qual è il modo corretto di utilizzarla, a vantaggio di tutti. 
In ballo, stavolta, c’è la rinascita o la morte dell’editoria.  

sabato 21 settembre 2013

Novità e anteprime di settembre #2


Mi sono accorta che le anteprime della scorsa puntata erano molto meno di quello che effettivamente si può trovare in giro riguardo il mese di settembre - e mi perdonerete se non vi do un appunto per tutti i libri, questa volta, ma sapete bene che, se ho deciso di pubblicarne l'anteprima, è perché penso ci siano spunti interessanti. Devo dire un grazie all'amica e collega Girasonia di Cuore d'inchiostro, che mi ha suggerito due o tre titoli (anche se saremmo contenti se li comunicasse lei personalmente sul suo blog), in particolare uno molto ghiotto di cui non è ancora disponibile la copertina, nonostante esca a giorni: si tratta di Alice Adams, di Booth Tarkington  - da cui sono stati tratti anche un film (1923) e un remake (1935) - premiato con niente poco di meno che col Pulitzer nel 1922. Interessantissimo, è, a mio avviso, un altro romanzo dei primi del Novecento, Vecchi amici e nuovi amori (Old friends and new fancies) di Sybil G. Brinton, il primo sequel dei romanzi di Jane Austen apparso nella storia. Sicuramente epurato da cupcake e colazioni improvvisate con Mr Darcy - in un periodo in cui, per fortuna, non avevano ancora preso piede - il romanzo della scrittrice inglese, di cui non si hanno notizie, mescola i romanzi e i personaggi di Jane Austen per dare vita a una garbata e abbastanza fedele riproduzione.

Restando nel 1913 - questa volta non per data di nascita dell'autrice che è giovanissima, classe 1980, ma solo per ambientazione - vi propongo un intrigante romanzo d'esordio... e non storcete il naso, quando sentirete la parola "vampiri"! Morte di un autore è un thriller dallo humor nero che mi attrae moltissimo, soprattutto per i rimandi a Bram Stoker, al folclore e ai giochi letterari.

De La bellezza delle cose fragili (Ghana must go), vi avevamo già parlato in un articolo sugli scrittori Afropolitan, anticipandovi che il libro di Taiye Selasi sarebbe approdato in autunno. E, infatti, potremo gustarcelo tra qualche giorno edito da Einaudi: una saga familiare che ha scatenato recensioni entusiastiche e speriamo non rimanga indifferente ai palati dei lettori italiani.

Abbastanza singolare è la vicenda raccontata in Intemperie - per non parlare della copertina che mi ricorda la trama dei libri di Coelho... -. Diciamola tutta: il libro mi sembra proprio strano, e già lo immagino dallo stile asciutto e onirico - uno di quelli che non sei sicuro di aver capito, una volta terminata la lettura. Le pagine sono poche, il prezzo medio alto... ne varrà la pena?

Per ultimo, unici italiani presenti nella rubrica sono Enzo Verrengia e Claudia Durastanti: nessuno dei due è un esordiente - il primo un giornalista con all'attivo molti racconti e due romanzi, la seconda già autrice di Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra, con cui ha vinto il premio Mondello Giovani nel 2011 -, appartengono a due generazioni diverse e scrivono di cose assolutamente differenti: Verrengia pubblica con Piemme una rivisitazione de Lo strano caso del Dr. Jeckyll e Mr Hide, la Durastanti riprende le atmosfere americane del suo precedente romanzo e promette di dar vita ad un'opera di pari bellezza.

E così, pur non accennandovi agli altri libri, spero di aver finalmente dato una panoramica interessante delle ghiotte uscite di settembre! Cosa acquisterete questo mese?




Vecchi amici nuovi amori - Sybil G. Brinton
“I libri che amiamo finiscono sempre troppo presto. Girata anche l’ultima pagina, siamo invasi da una pungente malinconia per quel racconto che ha toccato la nostra vita e poi si è chiuso per sempre. Questo è ciò che prova un devoto Janeite alla fine di ogni storia nata dalla penna di Jane Austen. Esattamente un secolo fa, lo stesso sentimento deve aver tormentato Sybil Grace Brinton, spingendola, inconsapevole di dare inizio a un genere letterario fortunatissimo, a scrivere Vecchi amici e nuovi amori, il primo sequel austeniano di cui si abbia notizia, pubblicato proprio nel 1913 dall’editore londinese Holden & Hardingham. Un gioco letterario che tenta di portare tutti in una volta sulla scena i personaggi principali dei romanzi canonici della “cara zia Jane” e «di tenere le fila della vicenda, mettendoli in relazione tra loro con un andamento narrativo che non fa mai pensare a forzature, ma conduce con naturalezza a far diventare James Morland (L’abbazia di Northanger) rettore della parrocchia dove abitano i Bingley (Orgoglio e pregiudizio) e a far apparire Edward Ferrars e la moglie Elinor (Ragione e sentimento) nella vicina Pemberley con lo stesso incarico, o a far incontrare William Price (Mansfield Park) con i Knightley (Emma) a Londra, per poi passare dai suoi amici Wentworth (Persuasione) a Winchester. Ci ritroviamo così in una sorta di famiglia allargata, molto simile, per inciso, a quella reale di Jane Austen, dove i rapporti di parentela si uniscono a quelli riguardanti amici e conoscenti, in una ragnatela di relazioni che porta a compimento molti dei destini, in  particolare matrimoniali, lasciati in sospeso nei romanzi austeniani» [dall’Introduzione].”
Data di uscita: 26 settembre
Editore: Jo March
Pagine: 352
Prezzo: 14,00 euro


Morte di un autore - Marija Elifërova
Londra, 1913. Grazie a un libro di successo dello scrittore Alistair Mopper, un romeno misterioso di nome Miroslav Eminovic è diventato una stella nell'ambiente letterario inglese. Tutti vogliono conoscerlo, ma non sanno che Miroslav è veramente il vampiro descritto nel romanzo che lo vede come protagonista, e questo riserva qualche brutta sorpresa a chi lo avvicina con troppa leggerezza... Immerso in un'atmosfera tragica ma al tempo stesso ricca di humor nero, "Morte di un autore" è un thriller in stile retrò, che mescola sapientemente l'horror in stile Bram Stoker e il gioco letterario per bibliofili, riproducendo un'epoca che, insieme al genere del libro, rappresenta uno snodo fondamentale nella storia della letteratura popolare, ormai parte del nostro immaginario collettivo.
Data di uscita: 26 settembre
Editore: Voland
Pagine: 272
Prezzo: 15,00 euro


Alice Adams - Booth Tarkington
Alice Adams apparve nel 1921, qualche anno prima della Grande Depressione, in un’America ancora ottimista ma inconsapevolmente avviata allo sconquasso. L’anno dopo, il romanzo vinse il Pulitzer e nel ’35 venne trasposto in pellicola da George Stevens (con Katharine Hepburn nel ruolo di Alice). Quella di cui Booth Tarkington scriveva era però una borghesia già spaventata, e forse non è un caso che abbia creato un personaggio come Alice, la giovane eroina allo sbaraglio, che nella propria mediocre middle-class vede agitarsi lo spettro della recessione economica e di classe. L’ossessione della scalata sociale, la pietosa sofferenza per le rinunce, la danza ipnotica del grande moloch del guadagno: tutto questo si abbatte sulla protagonista, che desidera a ogni costo essere diversa da ciò che è, ma che troverà ciò che cerca solo nel momento in cui accetterà la sua condizione senza vergogna.
Data di uscita: 25 settembre
Editore: Elliot
Pagine: 224
Prezzo: 17,050 euro


La bellezza delle cose fragili
La bellezza delle cose fragili - Taiye Selasi
Kweku Sai è morto all'alba, davanti al mare della sua casa in Ghana. Quella casa l'aveva disegnata lui stesso su un tovagliolino di carta, tanti anni prima: un rapido schizzo, poco più che un appunto, come quando si annota un sogno prima che svanisca. Il suo sogno era avere accanto a sé, ognuno in una stanza, i quattro figli e la moglie Fola. Una casa che fosse contenuta in una casa piú grande - il Ghana, da cui era fuggito giovanissimo - e che, a sua volta, contenesse una casa più piccola, la sua famiglia.
Ma quella mattina Kweku è lontano dai suoi figli e da Fola. Tra loro, adesso, ci sono «chilometri, oceani, fusi orari (e altri tipi di distanze piú difficili da coprire, come il cuore spezzato, la rabbia, il dolore calcificato e domande che per troppo tempo nessuno ha fatto)». Perché il chirurgo più geniale di Boston, il ragazzo prodigio che da un villaggio africano era riuscito a scalare le più importanti università statunitensi, il padre premuroso e venerato, il marito fedele e innamorato, oggi muore lontano dalla sua famiglia? Lontano da Olu, il figlio maggiore, che ha seguito le orme del padre per vivere la vita che il genitore avrebbe dovuto vivere. Lontano dai gemelli, Taiwo e Kehinde, la cui miracolosa bellezza non riesce a nascondere le loro ferite. Lontano da Sadie, dalla sua inquietudine, dal suo sentimento di costante inadeguatezza. E lontano da Fola, la sua Fola.
Ma le cose che sembrano piú fragili, come i sogni, come certe famiglie, a volte sono quelle che si rivelano piú resistenti, quelle che si scoprono piú forti della Storia (delle sue guerre, delle sue ingiustizie) e del Tempo.
L'esordio di Taiye Selasi è un romanzo su una famiglia contemporanea, un affresco potente e vertiginoso del mondo globalizzato (non a caso è stata proprio lei a coniare il termine, subito entrato nel linguaggio comune, di «afropolitan» per descrivere quei figli dell'immigrazione degli anni Sessanta e Settanta, brillanti, privi di complessi d'inferiorità, lontani da ogni stereotipo «etnico»), ma anche un'elegia, delicata, intima, sulla perdita e sulla bellezza.
Data di uscita: 24 settembre
Editore: Einaudi
Pagine: 344
Prezzo: 19,00 euro


I segreti di Amber House - Moore Kelly; Reed Larkin; Reed Tucker
Quando Sarah, suo fratello e la loro algida madre si stabiliscono ad Amber House, la ragazza rimane ammaliata dal fascinoso Richard, che la introduce in un mondo di ricchezze e privilegi, ma è anche attratta dall'enigmatico Jackson, che la coinvolge in un'eccitante caccia ai diamanti scomparsi. Sarah scopre di riuscire a "vedere" la storia della casa e delle persone che vi hanno abitato: vede sua madre da ragazza, incredibilmente affettuosa e felice, o il crudele capitano di mare che perse il tesoro tanti anni prima. E ricomponendo piano piano tutti i pezzi del mosaico, scopre che Amber House nasconde molti segreti, antichissimi crimini e più recenti tradimenti. Dove sono nascosti i diamanti? Chi è responsabile dell'infelicità di sua madre? E quale tragedia riecheggia ancora nelle stanze della casa? Sarah ha bisogno di risposte, in fretta. Perché le sue visioni minacciano la persona che ama di più e lei deve districare la ragnatela del passato, prima che sia troppo tardi.
Data di uscita: 24 settembre
Editore: Feltrinelli
Pagine: 365
Prezzo: 15,00 euro


L'eredità di Hyde - Enzo Verrengia
Londra, 1885. Il dottor Jekyll è riuscito nel suo esperimento e ha dato vita a Hyde, essere demoniaco e malvagio, puro distillato del Male. «C’è qualcosa che non va nel suo aspetto; qualcosa di sgradevole, qualcosa di veramente detestabile. Non avevo mai visto un uomo che mi ispirasse tanta repellenza, eppure non saprei dire perché.»Questa storia inizia dove finisce il romanzo di Robert Louis Stevenson.Il lucernario aperto, gocce di pioggia che picchiettano il pavimento. Il corpo di Hyde che poco prima giaceva riverso a terra nel laboratorio di Jekyll è scomparso. Un inganno, la sua morte. E se è vivo, ora è libero di infierire sul mondo. Una strage di cani, un neonato rapito dalla culla, una giovane insidiata nella sua carrozza sono i primi segni del suo passaggio. Prima che Londra soccomba al suo flagello, qualcuno deve fermarlo. È la polizia di Scotland Yard, con l’aiuto di un giovane e zelante medico di nome Conan Doyle, a mettersi sulle sue tracce. Non sanno, loro, che quella creatura non è preda dell’istinto ma agisce secondo un lucido piano. Un disegno che richiede diabolica perseveranza e dedizione. E che minaccia di consegnare al Male l’umanità intera.
Data di uscita: 24 settembre
Editore: Piemme
Pagine: 392
Prezzo: 16,50 euro


Intemperie - Jesus Carrasco
Rannicchiato sul fondo di un nascondiglio, un bambino ascolta le grida degli uomini che lo cercano. Quando se ne vanno, davanti a lui si apre una pianura sconfinata e arida, che dovrà attraversare se vorrà allontanarsi una volta per tutte da ciò che lo ha indotto a fuggire. Una notte il suo cammino incrocia quello di un vecchio capraio e da quel momento per entrambi nulla sarà più lo stesso.
Un bambino, un capraio, un ufficiale di giustizia: è tutto così scarno e essenziale in questo romanzo da assumere una dimensione mitica; una storia commovente che è solo la superficie di un oceano profondo, oscuro e carico di suggestioni, al cui centro si staglia la figura di un bambino in fuga.
Un racconto senza tempo, ambientato in un luogo legato alle radici mediterranee e alla memoria di tutti noi, che fa tornare il lettore bambino. Un romanzo che parla all’essere umano con acume e profondità; un protagonista unico che riesce a mantenere la sua purezza. Una storia universale.
Data di uscita: 18 settembre
Editore: Salani
Pagine: 192
Prezzo: 13,90 euro



Miele amaro e mandorle dolci - Maha Akhtar
Sembra un giorno uguale a tutti gli altri, al salone di bellezza Cleopatra. Mouna che apre in ritardo, tanto nessuno è in attesa per entrare. Le anziane signore del quartiere che si presentano per la messa in piega, promettendo di pagare con dolcetti fatti in casa. E ancora Mouna che si tormenta al pensiero di perdere tutti i suoi risparmi, visto che, se continuerà così, presto sarà costretta a chiudere. Sembra un giorno uguale a tutti gli altri, ma non lo è. Perché una serie di coincidenze fortuite (o forse il destino?) fa incontrare davanti al Cleopatra tre donne: Lailah Hayek, la bellissima ex Miss Libano; Imaan Sayah, appena nominata ambasciatrice in Gran Bretagna; e Nina Abboud, moglie di uno degli uomini più ricchi del Paese. Tre donne di successo e dalla vita apparentemente perfetta, che rimangono subito conquistate dall'atmosfera intima e accogliente di quel luogo. Inebriate dal profumo di essenze di miele e olio di mandorle, e coccolate dalle mani esperte di Mouna, poco a poco Lailah, Imaan e Nina si liberano di ogni ipocrisia e iniziano a confessarsi le loro paure più segrete, a raccontarsi i loro problemi d'amore, a condividere i rimpianti per le occasioni perdute. Sono entrate al Cleopatra per prendersi cura del loro corpo, ne usciranno consapevoli che esiste un balsamo in grado di guarire anche le ferite dell'anima: l'amicizia. Mentre Mouna scoprirà che ci sono giorni uguali a tutti gli altri, e poi ci sono giorni che ti cambiano la vita...
Data di uscita: 5 settembre
Editore: Nord
Pagine: 451
Prezzo: 14,90 euro


A Chloe, per le ragioni sbagliate - Claudia Durastanti
Il 14 settembre del 2003, nell'affollata subway newyorkese, l'incontro casuale tra Mark Lowe e Chloe Gilbert si conclude a letto. E nonostante qualche giorno dopo Chloe venga ricoverata in una clinica per tentato suicidio, i ragazzi cominciano una relazione che li vede, tre anni dopo, vivere insieme, indaffarati nel tentativo di condurre una vita emancipata dal dolore. Sullo sfondo di una Brooklyn lontana dai circuiti hip, tra cliniche mentali, famiglie italoamericane, madri scrittrici ritiratesi dalle scene, casinò, amici che vogliono mettere in commercio chewing­gum organiche e bambine che ricevono pistole per il compleanno, le vicende di Mark e Chloe si alternano a quelle dei loro genitori, in un confronto tra generazioni in cui le responsabilità di traumi e dolori emergono solo in un cortocircuito sociale e culturale.
Data di uscita: 4 settembre
Editore: Marsilio
Pagine: 240
Prezzo: 18,00 euro


La galleria dei mariti scomparsi - Solomons Natasha 
Juliet Greene è cresciuta nel Kent negli anni Quaranta secondo i crismi della figlia perfetta: mai un atto di ribellione, mai un gesto scomposto. Poi si è sposata negli anni Cinquanta e ha fatto le cose giuste per diventare una moglie irreprensibile, ordinata e obbediente. Però suo marito George, a un certo punto, svanisce nel nulla, e per la sua piccola, laboriosa e molto conservatrice comunità anche lei dovrebbe diventare invisibile. Soprattutto non dovrebbe avere niente a che fare con un altro uomo finché George non verrà rintracciato. Ma sono gli anni Sessanta, le ragazze indossano minigonne, i Beatles rivoluzionano la musica e si sente profumo di libertà. Così Juliet, il giorno del suo trentesimo compleanno, esce per acquistare un frigorifero, e finisce per regalarsi il ritratto che le fa un affascinante quanto alternativo pittore. È l'inizio di un'altra vita: colorata, stimolante, elettrizzante, psichedelica in un mondo fatto di arte, talento e uomini irresistibilmente pazzi. Per entrare a farne parte, però, Juliet deve sciogliere un ultimo nodo con il passato. Deve ritrovare il marito scomparso.
Data di uscita: 3 settembre
Editore: Frassinelli
Pagine: 344
Prezzo: 18,50 euro


Trascurabili contrattempi di un giovane scrittore in cerca di gloria - Michael Dahlie 
La picaresche avventure di un aspirante scrittore alla conquista di Brooklyn. Tra happening culturali, ristoranti europei alla moda e tendenze alternative, Michael Dahlie, già autore di "Guida per gentiluomini all'arte di vivere con eleganza", racconta le peripezie di un personaggio mite e goffo, ma a suo modo indomito, alla difficile ricerca di un posto nel mondo. Un romanzo sul potere imprevedibile dell'innocenza.
Data di uscita: 1 settembre
Editore: Nutrimenti
Pagine: 296
Prezzo: 18,00 euro

venerdì 20 settembre 2013

Il tempio degli otaku #90: “A lollipop or a bullet”








Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il Tempio degli Otaku”! Ospite di oggi una serie del 2007 che soltanto cinque anni dopo è approdata in Italia. A mettere il dito nella piaga di questo poco piacevole ritardo, aggiungiamoci anche un'edizione dai bordi delle pagine colorati in toni sgargianti e dal prezzo un po' troppo alto: e voilà, la reputazione negativa del titolo è servita. Così non è stato, però, perché gli appassionati, nonostante tutto, si sono avvicinati a quest'opera, ne sono rimasti soddisfatti, hanno sparso la voce, convincendo persino una scettica patentata come me a provare l'esperimento. A dire il vero speravo in un risultato migliore, ma non c'è dubbio che l'opera di oggi, “A lollipop or a bullet” di Kazuki Sakuraba (sceneggiatura) e Igura Sugimoto (disegni). meriti il suo posto al sole nel Tempio. Buona lettura!

Nagisa Yamada, per la sua giovane età - tredici anni - ha un bel carico di problemi da affrontare. Il padre pescatore è morto dieci anni prima in una tempesta, lasciando una moglie che fa quel che può per far vivere la famiglia con il suo misero stipendio, un figlio hikikomori che passa tutto il tempo in camera sua e un'altra figlia – Nagisa, appunto - tra questi due poli. Non c'è da stupirsi, perciò, se voglia, una volta finite le medie, iscriversi ad un'accademia militare per potere mantenere i suoi cari. La sua vita all'insegna della noia e del nichilismo viene turbata dall'arrivo nella sua classe di Mozuku Umino, il cui padre è un cantante famoso per una canzone su una sirena che mischia in modo inquietante romanticismo e morbosità. Mozuku non perde occasione di dire a Nagisa – che paradossalmente sembra aver scelto come amica – di essere lei stessa una sirena, e che presto, nel corso di una tempesta, ritornerà nel mare. L'altra è tutto fuorché lusingata da queste attenzioni non richieste: non le interessa una ragazza ricca e strampalata che, inconsapevolmente, non fa altro che gettare fango sul suo dolore. Tuttavia, trascinata dagli avvenimenti, sarà costretta a rendersi conto che sotto la pelle da sirena si nasconde una grande sofferenza...

Se voleste leggere questo titolo, meglio levarsi subito il dente dolente: questa non è una storia fantastica, ma uno slice of life, e chi vuole intendere intenda. L'ambiziosa Sakuraba, infatti – autrice anche del racconto da cui è stato tratto il manga – vuole costruire una trama di attualità, dalle pesanti tematiche sociali. La violenza sui minori, con tutte le implicazioni psicologiche del caso, il reagire ad un lutto che potrebbe minare per sempre il tuo futuro, non caricarsi di pesi che non si è in grado di reggere...La carne al fuoco rimane comunque troppa per due soli volumi, che infatti a dire la verità tendono ad avere un calo narrativo nell'ultima parte, che adotta scelte opinabili per l'economia della storia. 

Ma cari quattro gatti che ancora seguono questa rubrica (ciao, fatevi sentire di tanto in tanto!), non abbiate paura. In fondo sapete che se state leggendo questa recensione significa che il titolo ha delle corde al suo arco. E, nonostante la narrazione un po' farraginosa e la trama un po' esagerata, “A lollipop or a bullet” ne ha una molto importante. Ormai lo sapete: l'introspezione psicologica

Nagisa e Umino, infatti, hanno un carattere ricco di sfaccettature, che va oltre le decisioni a volte azzardate della sceneggiatura, e che merita di essere approfondito. Nagisa, ad esempio, è partita decisamente col piede sbagliato con me: la classica ragazzina tipica di anime e manga che già a tredici anni non crede più in niente e guarda con occhi storti gli altri soltanto perché hanno una vita migliore della sua. E' dal '95 circa, con “Neon Genesis Evangelion”, che siamo assediati da questo tipo di protagonisti, che a dire il vero non mi hanno mai fatto impazzire. Questioni personali a parte, la nostra ha una caratterizzazione coerente con la sua età e con il suo trascorso: la tragedia di suo padre l'ha costretta a crescere troppo in fretta. 

Questo si nota soprattutto dal rapporto con il fratello Tomohiko, studente brillante ora diventato hikikomori. Da un lato lo ammira, perché sa che nonostante tutto rimane un ragazzo intelligente e soprattutto perché capisce la sua decisione di estraniarsi dal mondo, anche se non la convidide. Dall'altro lato, però, non può fare a meno di provare rancore per lui, perché avrebbe potuto evitare di spendere tutti i soldi dell'eredità del padre, e soprattutto avrebbe potuto aiutare non poco il resto della famiglia. E' un rancore molto sotterraneo, che probabilmente nemmeno la stessa Nagisa riconosce, visto che tende a difenderlo sempre, ma presente.

Ma il vero asso nella manica del manga è Mozuku. A volte sembra una bambina: innocente, un po' invadente e rompiscatole, sempre a raccontare delle frottole sulle sirene e a trovare una scusa per chi le fa del male. A volte invece la maschera si rompe ed emerge una ragazzina profondamente segnata, disperata, in una situazione talmente estrema da adottare la dissociazione e crearsi una specie di falsa identità, quella sirena bellissima che a breve tornerà nel mare con le sue sorelle e non soffrirà mai più. Anche molto sola: come del resto anche Nagisa pensava, tutti la vedono come la svampita e ricchissima figlia di un cantante altrettanto svampito, la cui vita è così perfettamente noiosa che la impiega nel prendere in giro il prossimo. Anche se è ovvio la faccenda della sirena non sia minimamente credibile, mai nessuno che si chieda il perché di questo comportamento, che cerchi di aiutarla. 

I pochi adulti presenti nell'opera se ne lavano completamente le mani, e lo stesso fanno i suoi coetanei – le sue nuove compagne la isolano dopo pochissimi giorni. L'unica che le rimane è Nagisa, che lei stessa, per chissà quale motivo, si è scelta: forse perché l'ha sentita più simile a lei di quello che sembrava. Non è un sano rapporto di amicizia, il loro: è piuttosto possessivo, basato sulla sofferenza che hanno in comune, pieno di momenti difficili che, invece che superati, vengono accantonati in attesa di dimenticarsene del tutto. E' una dualità che Mozuku non vede, ma che è perfettamente chiara a Nagisa, sopraffatta dagli eventi ed incapace di formarsi un'opinione univoca su quella strana ragazza. Anche il rapporto con il suo carnefice – come ci viene a dire il vero in maniera un po' pedante Tomohiko – è ricco di sfumature sempre plausibili, per quanto crudeli. Se leviamo tutte le scene esagerate ed inutilmente morbose, di “A lollipop or a bullet” rimane un manga dalle situazioni fin troppo realistiche ed attuali. 
E' venuto il momento di parlare anche dei disegni di Igura Sugimoto. Si sposano alla perfezione alla storia pur essendo morbidi e delicati, molto shojo, con un character design riconoscibile e gradevole alla vista. Ottime inoltre le inquadrature, che interpretano alla perfezione le scene dandogli sempre un tocco in più e valorizzando al massimo ogni situazione. Senza dubbio uno dei fiori all'occhiello del manga.


… E per oggi è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima settimana, con il Tempio degli Otaku!

giovedì 19 settembre 2013

Quando si oscurano i blog. Articolo-traduzione sulla monetizzazione dei blog personali

Abbiamo tradotto questo articolo - che poco ha a che fare con i blog letterari - comparso su Salon.com il 28 luglio. L'argomento abbraccia alcuni aspetti della vita del blogger: la necessità di "staccare la spina", la paura di non ritrovare il proprio seguito al ritorno, o di raccontare fallimenti personali a numerosissime persone che nutrono delle aspettative; ma anche l'incremento di blog che sprizzano gioia e positività piuttosto inverosimili, soprattutto se legati alla "monetizzazione", cioè al guadagno oggettivo ricavato dalle visite sul blog - e la monetizzazione potrebbe avere facce diverse, non per forza dipendenti da un guadagno immediatamente economico. 

When blogs go dark


Nell'epoca dei “blog come marchi”, prendersi una pausa potrebbe essere una maledizione. Ma a volte è proprio ciò di cui gli scrittori hanno bisogno.

Di Anna North

Quando Allie Brosh pubblicò il famoso resoconto illustrato sulla depressione sul suo sito Hyperbole and a Half, ricevette molti apprezzamenti, e tutti meritati, per aver prodotto una delle descrizioni più commoventi sulla malattia dai tempi di David Foster Wallace. Ma ciò che è degno di nota di questo brano è che la sua pubblicazione è avvenuta un anno e mezzo dopo il suo ultimo importante post: un'eternità ai tempi di internet. Da ottobre 2011 a Maggio 2013, Allie Brosh è infatti sparita dalla faccia del web.
Non si tratta di pigrizia – il suo primo romanzo uscirà questo autunno – ma questa lunga interruzione ci ricorda come il ritmo delle pubblicazioni via internet possa oggi farci sentire come se vivessimo, in tempo reale, la vita di un estraneo. Fino a che, improvvisamente, ci accorgiamo che non è così.

È possibile che, in una certa misura, Twitter e Facebook abbiamo rimpiazzato i blog personali, ma per molti scrittori i siti personali rimangono importanti, soprattutto se sperano di ricavare denaro dal proprio lavoro. E l'atmosfera da confessionale dei primi anni 2000 è stata, secondo alcuni, eclissata da una più professionale, in cui ogni post è un'opportunità di promozione del proprio “marchio”: voltare le spalle a tutto questo, o persino ammettere di desiderare di farlo, può essere particolarmente difficile.

Kelly Diels
“Se non scrivo” afferma Kelly Diels, fondatrice del popolare sito Cleavage, “allora sapete che sono davvero nei guai.” Nel 2012, nel corso della sua lotta contro la depressione, si è presa una lunga pausa. “Anche se ho smesso di aggiornare il blog per 7 mesi – che parevano 7 anni – non ho mai preso la decisione solenne e consapevole di ritirarmi dalla scrittura e di smettere di pubblicare.” continua, “Quello che succede, invece, è che non decido nulla, niente di niente. Non ammetto di essere nei guai, non decido se scrivere o meno, improvvisamente non riesco più a pubblicare. […] Non voglio attenzioni, non voglio responsabilità, semplicemente non voglio.”

Carrie Arnold
Per Carrie Arnold, blogger di lungo corso che parla di disturbi alimentari su ED Bites, il tempo di una sorta di pausa imposta è giunto in occasione di una ricaduta. Dovette lasciare il lavoro e l'appartamento e non ebbe il tempo di aggiornare il blog per almeno una settimana. I suoi erano lettori fedeli e, come del resto sostiene lei stessa: “Sapevo che una settimana di assenza sarebbe stata notata.” Quando diede inizio al blog, fece “una promessa a me stessa e ai miei lettori che non avrei mai mentito riguardo ai [disturbi con il cibo], ai sintomi e a cosa vuol dire guarire.” Decise quindi di aggiornare il blog con le ragioni alla base della sua assenza, ma afferma: “Ero preoccupata perché sapevo che molte persone cercavano nel mio blog una speranza di guarigione, ma io ero caduta di nuovo e avevo scampato per un pelo un altro ricovero in ospedale. Ho sentito che sarebbero rimasti delusi e che si sarebbero arresi.”

Un timore condiviso anche da Kelly Diels: “Ecco che cosa mi risuonava in mia testa, come il nastro di una telescrivente: che razza di leader sono? Non riesco a ricomporre nemmeno le mie stronzate. È dura ammettere pubblicamente fallimenti o malessere, soprattutto quando la blogosfera sembra essere trascinata da un'ondata implacabile di positività. Rose e fiori! Stupendo! Sonocosìfelice,felice,chegioia,chegioia!”

Esme Weijun Wang
La natura mutevole di internet può rendere più difficile per gli scrittori condividere i propri problemi. Esme Weijun Wang, blogger e autrice che scrive sul proprio sito eponimo, ha parlato di malattia mentale fin dagli esordi d'oro del social network LiveJournal, nei primi anni 2000. Per lei quei giorni offrivano una maggior sensazione di comunità circoscritta, quindi sicura. “[LiveJournal] forniva un'illusione di privacy, cosa che la maggior parte delle realtà in internet non offre oggi; LJ permetteva di propri iscritti di scrivere quelli che erano chiamati “post solo per gli amici” (“freinds-only post”), ciò significa che tutti coloro che leggevano il tuo diario giornaliero erano stati da te precedentemente autorizzati a leggere il tuo materiale (spesso intensamente) personale. Spesso ci conoscevamo solo con il nome che usavamo su LJ: conoscevo i miei amici più cari su LJ con il loro nome e cognome, ma io stessa, per esempio, ho pubblicato per anni con un nome dal suono caucasico”. Oggi che molti blog sono aperti a chiunque voglia leggerli, afferma: “Mi sento più isolata ora che ai bei tempi di LJ, quando tutti erano ugualmente aperti e non si preoccupavano del fatto che, per esempio, il loro capo potesse leggere di notti passati a piangere disperatamente.”

Aggiunge inoltre: “La sempre più ampia monetizzazione dei blog, e con questo intendo la tormentosa sensazione che non ci sia più spazio in Internet per quei blogger che non sono interessati al guadagno, influenza anche il modo che oggi ho di rapportarmi con la rete.” Coloro che cercano di ricavare denaro dal proprio blog potrebbero essere meno inclini a rivelare gli aspetti bui della vita, e più propensi a usare l'approccio “rose e fiori”.

Avere un blog per chi intende monetizzare il proprio sito è, ovviamente, un lavoro ed è difficile voltare le spalle al lavoro, per le molteplici ragioni per cui non si può fare (possono anche non esserci capi con cui giustificarsi, ma nemmeno coperture assicurative). E per i molti blogger che si sono costruiti un certo seguito, è come essere un po' una celebrità: non puoi lasciare senza che gli altri non se ne accorgano. Eleazar Eusebio, terapista e professore in psicologia, ha notato come postare sulle malattie mentali crei una certa aspettativa: “Se metti qualcosa là fuori, alla fine devi quasi portare un qualche tipo di prodotto finito. Siamo sempre alla ricerca di quello che è successo poi.” E se non lo otteniamo, “ci sentiamo come se pensassimo: ma che fine ha fatto quella persona?”

Per alcuni, franchezza e trasparenza possono essere l'antidoto. Dice Carrie Arnold: “Ho realizzato che le versioni della guarigione troppo zuccherose e felici non mi “suonavano”. Non sembravano realistiche”. Alla fine, si è sentita orgogliosa della decisione di scrivere delle ragioni per cui è  sparita per una settimana: “Sento davvero che presentare la realtà con tutte le sue imperfezioni è molto più d'aiuto che fingere che le ricadute non avvengano.”

Kelly Diels, che è ritornata dal suo periodo off e ha in seguito scritto un brano profondamente personale riguardo ai suoi conflitti, afferma: “Sono impegnata a scrivere mentre sono ancora nel pieno della depressione. Non sto cercando di rendere accettabile la mia esperienza o di insistere nel confezionare un lieto fine quando non ce n'è uno. E, spero, che parlare in toni reali della depressione possa aiutare anche altre persone che ne soffrono.”

Se torniamo indietro ai tempi di Live Journal come fa Esme Wang, allora vediamo che pubblicare sui blog non è iniziato come un lavoro o come una strada per raggiungere la fama, seppur limitata. Tutto è iniziato come un modo di condividere le emozioni, a volte esagerando. E sebbene alcuni settori della blogosfera siano ormai stati travolti da un' “ondata implacabile di positività”, ci saranno sempre quei lettori che si avvicinano ai blog in primo luogo per la personalità di chi scrive, per dare uno sguardo, seppur breve, alla sua vita. E a volte, quella vita richiede semplicemente di prendersi una pausa dalla scrittura. La Wang dice di sentirsi in ansia quando ha bisogno di lasciare “incolto” il suo sito, preoccupata “dal timore che, quando ritornerò, i miei lettori non si ricorderanno più di me.” Ma poi aggiunge: “Ma ho scoperto che i miei lettori tendono ad essere fedeli, e di solito, quando ritorno, li ritrovo lì.”


Qualche informazione sulle blogger citate

Alice Brosh
http://hyperboleandahalf.blogspot.it
Americana, autrice del blog Hyperbole and a Half, dove, inserendo molti elementi grafici, parla con umorismo delle sue esperienze di vita in Montana e della sua depressione.

Kelly Diels
Dal Canada, madre di ben 4 figli, scrive di tutto ciò che è importante (per lei): sesso, denaro, vita... senza dimenticareil femminismo.

Carrie Arnold
Americana, si definisce scrittrice freelance di materie scientifiche e disegnatrice di gioielli. Sta uscendo da una battaglia contro l'anoressia lunga ben 10 anni. Finora ha pubblicato 3 libri.

Esme Weijung Wang
Americana di origine taiwanese, anni fa le fu diagnosticato un disturbo dell'umore. Nel suo blog si parla di disturbi mentali, ma non solo!


Traduzione a cura di Gloria Pluricelli.

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