Ultimamente
ho trovato davvero poco tempo per leggere romanzi dalla media dalle duecento
pagine in su: a volte mi sembra quasi mi scrutino con rimprovero dalla
scrivania, altre imploranti, chiedendo solo di venir letti e compresi fino in
fondo. Quando la combinazione tra scarsità del tempo si fonde ad una “malavoglia”
inspiegabile, il lettore si trova davanti ad un bivio: sprofondare nell'oblio della
pausa sabbatica dalla lettura o affidarsi ai racconti/romanzi brevi, che permettono
una leggera soddisfazione nell'arrivare alla loro conclusione nel giro di quei dieci/trenta minuti che facilmente possono essere spesi, nel corso della giornata, per rilassarsi con la lettura – anche perché in genere è improprio dichiarare
che non si sta leggendo nulla, visto che siamo circondati da scartoffie
quotidianamente e, se si è studenti universitari, è quasi raro non trovarsi tra
le mani un volume interminabile che non rappresenta una lettura altrettanto edificante
quanto quella di un libro da noi designato.
Dopo
la lettura in lingua originale di Tutti mi danno del bastardo di Nick Hornby, ho riscoperto la gioia del racconto/romanzo breve, al quale non mi approcciavo
da diverso tempo – credo l’ultima raccolta di racconti letta risalga a circa
quattro anni fa, ma non ricordo se si trattasse di quelli di Edgar Allan Poe o
di Guy de Maupassant. Trovato dunque un buon compromesso tra il bisogno di
evasione e la relatività del tempo, in contemporanea alla lettura di Né con te né senza di te di Paola
Calvetti (la cui recensione leggerete prossimamente), mi sono affidata dunque
alle storie one-shot. Innanzi tutto ho finalmente concluso – e devo
dire con un po’ di difficoltà – il secondo racconto del volumetto La
casa stregata di Howard Phillips
Lovecraft, che mi trascinavo dalla mia breve vacanza di una settimana, per
poi passare alla lettura di Sono uno scrittore ma nessuno mi crede
di Silvia Pillin, un simpatico vademecum
per l’aspirante scrittore, per poi gettarmi a capofitto nel brevissimo Storia
d’amore senza parole di Luis
Sepúlveda e infine su Da tutte le strade si alzeranno lamenti
di Kurt Vonnegut (del quale presto
leggerò sicuramente Mattatoio n.5).
In ultimo, su consiglio di quella grande
appassionata dei fumetti americani Marvel
di mia sorella minore, mi sono catapultata nel mondo dei comics trovando molto
interessante la serie di Thor, dio del
tuono appartenente alla nuova generazione di albi Marvel Now!, che non intendono cancellare un cinquantennio di
storia del fumetto americana, bensì avvicinare i nuovi lettori alla realtà
fumettistica – mossa di marketing ben architettata dato l’enorme successo delle
pellicole cinematografiche che raccontano le storie di Spiderman, Thor, Captain
America, Iron Man, gli Xmen, i Fantastici Quattro e tanti altri personaggi che
saranno protagonisti dei prossimi film. Ho scelto proprio questa serie perché
sono una grande appassionata della mitologia germanica e delle storie di Odino
e dei suoi figli raccontate dall’Edda
maggiore, testo inestimabile che ha permesso alle leggende norrene di
giungere a noi. Di questo non vi posterò una recensione, poiché bisognerebbe
scrivere qualcosa di ognuno degli albi già usciti (in tutto quattro) e
comprendono una storia principale divisa in “puntate”, le avventure dei Young
Avengers e due storie che cambiano di volta in volta (nel terzo comincia Journey
into Mystery, saga che vede coinvolta Lady Sif, una dei miei personaggi
preferiti).
La casa stregata – H.P.
Lovecraft
Il
volume si compone di due storie, la prima delle quali è omonima. Nonostante
abbia apprezzato moltissimo lo stile di Lovecraft - che tende a mantenersi esterno alla vicenda,
raccontandola con una perizia quasi scientifica, carica di suspense e molto “fotografica”-, ritengo che le due storie non
fossero egualmente interessanti. Ne La casa stregata è forte il topos del luogo maledetto che ha
accumulato una lunga lista di abitanti morti in modo misterioso. Pare che le
morti siano dovute ad un qualcosa che risiede in cantina. Mi sarei aspettata
molta più azione, che la risoluzione della storia non fosse semplice, ma ne
sono rimasta davvero delusa, tanto più che (OCCHIO ALLO SPOILER) il finale mi
ricorda molto quei film in stile Final Destination. Inoltre ho trovato
eccessive le descrizioni e ridondante l’elenco genealogico degli abitanti del
maniero e ben poco terrificante il contenuto.
La
seconda storia è L’orrore a Red Hook. Rispetto al primo racconto, questo è molto
più coinvolgente, avvicinandosi al genere giallo per certi versi, gradevole
nella sua descrizione di un quartiere malfamato e misteri irrisolti sui quali
indaga il poliziotto Malone, che sembra quasi un “Hercule Poirot” del
sovrannaturale. Ho trovato questa storia qualitativamente superiore alla prima,
più vicina all’orrore che mi aspettavo dal “rivale” di Edgar Allan Poe.
Nel
complesso, ho apprezzato e spero di riuscire a cimentarmi presto nella lettura
delle storie di vampiri dello stesso autore.
Voto: 3 stelline
Sono uno scrittore ma
nessuno mi crede – Silvia Pillin
«Se il vostro peggior
nemico è il congiuntivo e fate un uso involontariamente creativo della
consecutio temporum, beh il vostro romanzo ha davvero poche possibilità di
essere selezionato».
Spero
non pensiate di avere a che fare con un piccolo saggio di auto-aiuto per
aspiranti scrittori, ma piuttosto ad un interessante, ironico, in alcuni casi
pungente, vademecum per chi vorrebbe vedere la propria storia pubblicata da un
editore. Questo brevissimo saggio, ben organizzato in alcuni capitoli,
attraversa gli errori più comuni dell’aspirante scrittore, quali ad esempio
quello di essere un cattivo lettore. Secondo la Pillin non si può scrivere un
buon romanzo se non si è letto e analizzato ciò che si è letto in passato,
poiché solo il lettore può rendersi conto di quali possono essere i punti forti
di una trama, lo stile adeguato e il registro linguistico da utilizzare. Prima
di tutto si parla di pianificazione della storia, della scelta del punto di
vista e della caratterizzazione dei personaggi, per poi analizzare
caratteristiche più tecniche quali l’interazione e le variazioni temporali.
Segue una parte più interessante dedicata alla revisione e alla scelta
dell’editore al quale inviare il proprio manoscritto, spiegando in modo
semplice ma efficacie la differenza tra case editrici a pagamento e non, le
problematiche relative all’editing e alla realizzazione della copertina, le
caratteristiche del contratto d’edizione e interviste ad esperti del settore.
Dunque un vero e proprio case study
sul mondo editoriale per comuni mortali che vogliono averci a che fare.
Voto: 4 stelline
«Con il passare del
tempo passò il tempo sui miei passi, e pian piano mi colmai di cose dimenticate
che pian piano mi dimenticarono. La città della quale ho parlato non esiste più,
né le strade, né il negozio delle mute, né le cravatte larghe come remi, né le
palme nane, né l’atmosfera proustiana senza decadenza. Tutto è scomparso. La
musica, la sala da ballo, il cane chino accanto al grammofono. Tutto si è
perso, l’ho perso».
Questo
racconto è stato una piacevole sorpresa: una storia d’amore semplice tra un
giocatore di biliardo e una donna muta che lo incanta con gesti e sguardi. Lo
stile di Sepúlveda è altamente poetico, la sua scrittura è ricca di giochi di
parole che avvincono il lettore fino alla fine, trascinandolo pienamente in un
universo reale nella sua finzione narrativa. Ho apprezzato moltissimo il
riferimento alle “atmosfere proustiane”, quella continua sensazione di vedere
davanti a sé uno scenario fatto di macchie imprecise - ricordo che nel leggere
i primi volumi di Proust trovai snervante scoprire, dopo circa novanta pagine,
che in realtà l’autore stava parlando di un campanile – con la sola differenza,
l’autore tiene a precisarlo, che ciò che abbiamo davanti a noi è «un’atmosfera
proustiana priva di noia»: riesce infatti a scrivere un racconto semplice ma
altamente evocativo. La vera dimostrazione che la parola può diventare storia.
Voto: 4 stelline
Da tutte le strade si
alzeranno lamenti – Kurt Vonnegut
«Abbiamo colpito ogni
chiesa benedetta, ospedale, scuola, museo, teatro, la vostra università, lo
zoo, e ogni condominio della città, ma onestamente non era quello che volevamo.
C’est
la guerre. Scusateci, dunque. Inoltre il
bombardamento a tappeto oggigiorno è di gran moda, lo sapete».
Ho
la grossa lacuna di aver conosciuto Vonnegut solo leggendo Lo strano mondo di Alex Woods, dove veniva ampiamente citato.
Nell’attesa di potermi addentrare in Mattatoio n.5, mi sono fiondata su
questo brevissimo testo che racconta la vera storia della distruzione di Desdra
da parte degli americani durante la seconda guerra mondiale, evento snocciolato
nei minimi dettagli da un soldato americano prigioniero dei tedeschi che ha vissuto
sulla propria pelle l’epilogo della città pacifica (le memorie dello stesso
Vonnegut). Si tratta di un report di
guerra, altamente critico nei confronti della sua stessa nazione, nella quale
Vonnegut avanza l’ipotesi di una più veloce risoluzione del conflitto se gli
americani non avessero dato atto allo stragismo e alla distruzione
incondizionata di una delle poche città dichiaratamente antinaziste. Lo stile
di Vonnegut è asciutto e essenziale, con picchi di ironia dosata ma fortemente
esplicita e biasimo per la guerra e le azioni di potere – ricordo che i testi
di Vonnegut, primo tra tutti Mattatoio
n.5, sono considerati le pietre miliari della letteratura pacifista. Un
testo breve, ma intenso, da leggere assolutamente.
Voto: 5 stelline