mercoledì 4 maggio 2011

Recensione Delirium di Lauren Oliver



 

(leggi trama e info qui)

Voto:

Per “Delirium amoris nervosum”, nel mondo di Lena, si intende una gravissima malattia che è possibile debellare solo all’età di diciotto anni, grazie ad un’operazione chirurgica. Il Delirium causa ansia, distrazione, capogiri, insicurezza, “comportamenti eccentrici”, “fantasie violente” e morte. La madre di Lena è stata infettata, e si è suicidata quando lei aveva sei anni.
Da allora la ragazza vive con gli zii, ha una vita normale, le piace correre e trascorrere il tempo con la sua migliore amica, Hana. Bella, bionda, simpatica e perfetta.
Ok, forse questo è il primo punto su cui dovrei soffermarmi. Ciò che sicuramente si evince dalle prime…diciamo… 70 pagine, è quanto questa ragazza sia complessata. Complessata per la triste storia familiare, complessata nei confronti della sua stupenda amica –lei, dice, non è né grassa né magra, né bella né brutta, né carne né pesce… insomma, non vale niente-, complessata e terrorizzata da questo mostruoso virus –“amoris”… questo sconosciuto… che sarà mai? Vi do un suggerimento: sul dizionario di latino esce “amor, is”-. Letteralmente atterrita da aver ereditato il gene dalla madre. Di essere come lei.
Ma andiamo avanti.
Il giorno più importante della vita di Lena è quello della sua valutazione: mezza nuda, coperta solo da un camice di plastica semi-trasparente, deve rispondere nel modo più corretto possibile a quattro tizi seduti dietro ad un tavolo che le proiettano addosso fari accecanti stile interrogatorio. Lo scopo è quella di essere accoppiata ad un ragazzo che dovrà, un giorno, sposare. E, se sarà abbastanza brava, potrà addirittura andare all’università!
Lena risponde adeguatamente a tutto, ma si impappina su quella che sembra la domanda più stupida.

<<Raccontaci qualcosa di semplice. Tipo qual è il tuo colore preferito, per esempio.>>
Una parte del mio cervello, quella razionale, educata, la parte logica di me, strilla “Azzurro! Rispondi Azzurro!” Ma quest’altra cosa più vecchia, dentro di me sta cavalcando le onde del suono, sollevandosi con il rumore che aumenta. <<Il grigio>> rispondo senza riflettere.
<<Il grigio?>> risponde farfugliando il Valutatore Numero Quattro. […]
<<Non proprio il grigio… Appena prima che sorga il sole c’è un momento in cui tutto il cielo diventa di un colore indefinito, non grigio ma una specie, o una specie di bianco, e mi è sempre piaciuto davvero tanto perché mi ricorda quando stai aspettando che succede qualcosa di bello.>>

E donde giunge questo sorprendente romanticismo? Ma prima che Lena possa essere chiusa in una casa di cura, irrompono dentro lo studio alcune mucche marchiate di slogan che interrompono il colloquio.
Sì, proprio delle mucche!
Ed è così che, per la prima volta, Lena incrocia lo sguardo di Alex: in piedi in galleria, se la ride mentre osserva il caos e le fa l’occhiolino.
Non sto qui a dirvi come continua, ma lo potete immaginare. Il finale, quello no, non è immaginabile.

Come ho accennato all’inizio, le prima settanta pagine sono lente. Lentissime. Il personaggio di Lena mi è sembrato quasi insopportabile, il suo vittimismo, la viltà, gli atteggiamenti tipicamente adolescenziali –complessi di inferiorità e quant’altro- mi hanno fatto temere un “ritorno” di Bella Swan.
Quando, però, Lena e Alex si innamorano, la trama ed i pensieri della ragazza cominciano ad alleggerirsi. In questo senso c’è un grande lavoro psicologico da parte dell’autrice: se in una prima parte Lena è appesantita da se stessa tanto da rendere il romanzo ugualmente poco scorrevole, nei 2/3 successivi del libro insieme al cambiamento della ragazza avviene quello della narrazione. E, per una volta, non è un cambiamento che avviene nel lasso di tempo di cinque secondi. E’ graduale e coinvolgente. Così come l’amore di Lena per Alex non sboccia subito, ma ha bisogno di maturare.
E’ qualcosa di sentito, e l’avversione della protagonista per gli inganni della società è progressiva. Insomma, Lena non diventa nemica dello stato, di cui fino a poco prima era stata una felicissima seguace –in particolare nella lotta al Delirium- da un momento all’altro!
E il fatto che io sottolinei una cosa che dovrebbe essere OVVIA mi spinge a fare una riflessione su quanto gravi siano le lacune degli autori con cui mi sono imbattuta di recente. Non dovrebbe essere pregevole che la Lauren abbia fatto tale lavoro -dovrebbe essere dato per scontato!- ed invece in questo contesto lo è perché molti autori non si preoccupano di farlo.
L’introspezione psicologica -la sacrosanta introspezione psicologica- in Delirium c’è e si legge.
Il fatto che poi sia un’introspezione forse prevedibile perché improntata su un modello tipicamente adolescenziale, è un altro discorso.

La trama, comunque, devia quella che poteva essere una pericolosa discesa verso la banalità sorprendendoci con un paio di colpi di scena ed un finale sconvolgente.
Delirium non è esente da difetti, ma si discosta dal mare di libri distopici di recente uscita per le peculiari caratteristiche sopraccitate.

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