venerdì 13 maggio 2011

Il tempio degli Otaku... Quindicesimo appuntamento "Hiroshima, nel paese dei fiori di ciliegio"


Scritto da Surymae Rossweisse.

Salve a tutti! Eccoci di nuovo qui, ancora con “Il tempio degli Otaku”. Come la scorsa settimana, anche oggi parliamo di un argomento pesante, seppure molto diverso da quello precedente. Questo venerdì trattiamo una pagina orribile della storia giapponese: la bomba atomica caduta su Hiroshima nel 1945. Potrebbe essere che la mia cultura di manga, pur leggendoli da un anno e mezzo, non è ancora molto grande, ma non riesco a ricordare opere che ne parlino, pur essendo stato un avvenimento di grandissima importanza. Per fare un esempio: mi vengono in mente diversi titoli riguardanti i terremoti – a cui il Giappone, come purtroppo abbiamo visto quest'anno, è soggetto – ma non su questo argomento. L'unico manga che ricordo è proprio questo di cui parliamo oggi: “Hiroshima, nel paese dei fiori di ciliegio” di Kouno Fumiyo.

Il manga – un volume unico – non è formato né da storie autoconclusive né da una storia unitaria, bensì da uno strano ibrido che, prima di leggerlo, non credevo si potesse fare. Come definirlo, altrimenti? Il volume è formato da una storia che occupa un capitolo, e da un altro episodio collegato al precedente spezzato in due capitoli. Nella trama sintetizzerò tutti e due. Nel primo capitolo siamo nel 1955, ad Hiroshima dieci anni dopo la tragedia. Seguiamo la vita di una giovane di ventitré anni, Minami Hirano. La vediamo mentre lavora; la vediamo cercare di migliorare le scarse condizioni di vita di lei e sua madre; la vediamo raggranellare i soldi nella speranza di poter andare a trovare il fratello Asahi, che vive lontano; la vediamo avvicinarsi all'amore, grazie all'affetto – ricambiato – per un suo collega (lei è un impiegata). Vista così, potrebbe sembrare una vita tutto sommato normale. Ma non lo è. Dieci anni prima, a Minami sono morti praticamente davanti agli occhi il padre e le sorelle Midori e Kasumi. Lei è sopravvissuta, così come sua madre, ma il gioco non sembra valere la candela. Da quell'agosto del 1945, le due donne vivono in una condizione di povertà e discriminazione. Per paura  egli effetti delle radiazioni, infatti, sono in pochi ad ardire di stare vicino a Minami e la sua genitrice, e di aiutarle ad avere una vita migliore. Tra questi pochi, quello più deciso è Uchikoshi, il sopraccitato collega: segretamente innamorato di lei, cerca spesso di dichiararsi e di aiutare per quanto possibile Minami. Anche lei prova qualcosa per lui, ma non vuole ammetterlo: non per orgoglio, ma per qualcosa di molto più grave. Ogni piccolo istante di felicità provato, infatti, viene cancellato dal ricordo dei parenti perduti, dal senso di colpa e nella sorpresa nel constatare che lei è sopravvissuta ma i suoi cari no. Il rapporto con Uchikoshi è quindi in stallo, perché Minami è sempre in bilico fra la vita e la morte. Quale delle due avrà la meglio?

 La seconda storia narra della famiglia che il fratello di Minami, Asahi, ha fondato. Adesso siamo nel 1987 e la nostra protagonista è un simpatico maschiaccio chiamata Nanami Ishikawa (detta Goemon, per l'assonanza con un personaggio storico il ci nome è appunto Ishikawa Goemon). Nella prima parte entriamo nella vita di Nanami, del suo essere “hikabusha” - sopravvissuta alla tragedia della bomba - di seconda generazione: in particolare del rapporto con il fratellino Nagio, quasi più in ospedale che a casa, e della grande amica Toko Tone. Nel frattempo la Fumiyo ci introduce la storia dei genitori di Nanami. Nella seconda parte, ancora avanti nel tempo: 2004. Nagio sembra guarito dalla malattia che lo aveva colpito, Goemon rimane ancora indomabile: la cosa più preoccupante è però il padre, che ha comportamenti molto strani. Quando egli va improvvisamente ad Hiroshima senza darle spiegazioni, Nanami decide di prendere il treno e di seguirlo. Qui incontra una vecchia conoscenza: Toko Tone, di cui aveva perso le tracce – o meglio, di cui aveva fatto in modo di perdere le tracce. Ma perché la ragazza è su quel treno? C'entra qualcosa con la famiglia Ishikawa? E perché il padre vuole a tutti i costi andare nella sua città natale?

Dal punto di vista prettamente emotivo, un manga sulla bomba di Hiroshima gioca in casa, e vince pure a tavolino. Purtroppo (o per fortuna?) noi lettori siamo piuttosto sensibili, soprattutto alcuni: il minimo cenno ad una qualsiasi sfortuna ed ecco che imbrattiamo la pagina di lacrime. A volte alcuni autori ne approfittano, puntando tutto sulla tragedia di turno ben sapendo che i lettori avranno la vista talmente appannata di lacrime che non noteranno che oltre alla bieca strumentalizzazione in quell'opera non c'è altro da leggere, da dire, da riflettere.

Per nostra fortuna, “Hiroshima nel paese dei fiori di ciliegio” non è così. Addirittura la mangaka racconta che all'inizio era riluttante ad affrontare un tale tema: non se ne sentiva all'altezza. Soltanto la spinta dell'editor l'ha fatta decidere, e ha deciso per il meglio. Grazie al suo rispetto per l'argomento il manga è un'opera sensibile e toccante, ben lontana dalle strumentalizzazioni di cui sopra. Nel leggerlo il lettore ha l'impressione che la tragedia non sia messa per “fare audience”, ma perché in quel momento c'era bisogno di quell'evento lì, anche se è triste. E poi, quando si parla di Hiroshima uno si aspetta la tristezza. 

Quello che non si aspetta è la vita quotidiana, che nel manga occupa un ruolo di primo piano, così come uno non ci si aspetta le gag che invece qui sono presenti e, udite udite, fanno pure ridere. Del resto nella vita quotidiana non ci sono soltanto le sfighe; e perché nei manga dovrebbe essere diverso? In ogni caso, ovviamente nell'opera ci sono scene piuttosto drammatiche; anche queste, però, trattate con delicatezza ma proprio per questo sono ancora più strazianti. Intensissima, ad esempio, la scena in cui Uchikoshi bacia Minami su un ponte e lei vede i morti nel fiume e per la strada. A parole non rende bene quanto a disegno, ma proprio per questo esistono i manga... A proposito del tratto, questo a mio parere è l'unico difetto dell'opera della Fumiyo. Delicato e grazioso come il resto, ma purtroppo i personaggi hanno tutti la stessa fisiologia: non solo hanno tutti le stesse facce - a parte alcune eccezioni, come ad esempio la terribile Goemon – e quindi già si fanno fatica a distinguere, ma soprattutto l'autrice fa fatica ad evidenziare il tempo che passa. Risultato? Non sempre i piani temporali della seconda storia sono efficienti, ed a volte alcuni passaggi sono proprio chiari. Un buon motivo per leggere una seconda volta il manga. Naturalmente, però, tutti questi cose sarebbero nulla senza una buona... dai che lo sapete, ne parlo sempre... sì, introspezione psicologica! Beh, qui non c'è nulla da lamentarsi. I personaggi sono caratterizzati con pochi tratti, ma ben efficaci: e il linguaggio non verbale è ancora più importante di quello verbale. Vedi ad esempio il rapporto tra Toko e Nanami, che va ben oltre alla narrazione. L'unico punto debole è probabilmente la relazione tra la sopraccitata Toko e Nagio, che avrebbe meritato molto più approfondimento. Per il resto, pollice su per il passato di Asahi, e il disagio della povera Minami. Quindi, l'operazione ha risultato positivo. E per fortuna.

Con ciò, ci lasciamo anche questo venerdì. Niente paura, però: ci rivediamo la prossima settimana.
Arrivederci con “Il tempio degli Otaku”!

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