L'ultima favola russa - Francis Spufford
È con un punto di vista originalissimo, che Francis Spufford racconta la storia dell'Unione Sovietica tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Una serie di personaggi veri e inventati si muovono sullo sfondo di vicende storiche ben documentate per darci il quadro generale di un periodo intricato, spesso falsato dalla propaganda politica: la corsa dell'"economia pianificata" in gara con quella americana per il primato di ricchezza e progresso. Il racconto comincia con un personaggio reale, Leonid Kantorovic, matematico geniale, premio Nobel per l'economia: è il 1938, il giovane Leonid è a Mosca, in tram, pensa a come ottimizzare la produzione di compensato e... a come comperarsi un paio di scarpe nuove. Un altro personaggio ben noto, Nikita Krusciov, sta sorvolando l'Atlantico con un Tupolev, diretto per la prima volta negli Stati Uniti, quando si accorge che c'è il rischio di un incidente diplomatico già all'aeroporto di Washington... E poi le storie, tragiche, comiche, tragicomiche, di Emil, Galina, Fyodor, Zoya, personaggi "inventati ma veri", che rappresentano la generazione stregata dalla promessa del "radioso avvenire". Fino al 1968, quando Zoya viene espulsa dal laboratorio di ricerca di Akademgorok, sul mare di Ob', per aver firmato una lettera di protesta pubblicata dal "New York Times". L'autore racconta la storia di un'idea con un tono leggero, spesso ironico: il dramma di un popolo che crede nelle favole prende forma da solo, senza bisogno di enfasi o di scene tragiche.
Casa Editrice: Bollati Boringhieri
Pagine: 484
Prezzo: 19,90 euro.
Quando mi sono accostata all’opera di Spufford avevo appena concluso la lettura di una pietra miliare della letteratura, più in particolare della letteratura russa: Anna Karenina. E’ stato proprio il fatto fossi impregnata dell’atmosfera della Russia tardo ottocentesca ad accendere l’entusiasmo per l’esplorazione di una Russia diversa, più vicina nella memoria, quale è quella raccontataci dal docente londinese: la Russia dell’Unione Sovietica, la Russia Comunista degli anni Cinquanta e Sessanta.
La lettura è stata lunga e pesante, quasi il tomo non fosse uscito dalle sapienti mani di un uomo inglese, ma da uno dei grandi maestri della letteratura russa. Uno di quelli che, per quanto siano lenti e pesanti i suoi scritti, alla fine non si può non ammirare.
“L’ultima favola russa” è divisa in sei parti, di varia lunghezza. Ogni parte rappresenta una tappa di un percorso storico che va dall’avvento di Nikita Krushov, alla caduta dello stesso, con il conseguente tentativo dei ministri suoi successori di mantenere vivo il sogno del comunismo, della pianificazione, della lotta al capitalismo, il tutto unito alla ricerca di un sistema economico migliore, come quello suggerito da Marx. A disegnare il contesto storico, economico e sociale in cui ciascuna delle sei parti si svolge, pensa un’introduzione posta all’inizio di ogni sezione, carica di informazioni dettagliate che, al di là di quello che i protagonisti del romanzo vedono e comprendono soggettivamente, cerca di darci con oggettività l’idea di ciò che accadeva in quegli anni nelle terre di Russia.
L’intera storia, poi, è raccontata attraverso chi effettivamente l’ha vissuta.
Personaggi realmente esistiti, come Kantorovic e Krushov, ma anche gente comune, tutti legati da un’idea che nasce, si rafforza, si scontra con la realtà e poi muore.
E’ quello che succede a Krushov, ingloriosamente deposto e mandato in pensione, è quello che succede a giovani con delle aspirazioni, menti in tumulto che credono nel sogno dell’abbondanza e che poi crescono e comprendono, da adulti, come il sogno di Marx fosse, alla fine, solo un sogno, un’idea. Niente a che vedere insomma con la dura e sporca realtà, dove è tutt’altro che facile piegare l’economia e la matematica alle esigenze del comunismo. Nella miriade di personaggi che Spufford delinea, si vede anche chi, ispirato dal genio della letteratura e dell’osservazione antropologica, non si fa accecare dal sogno della ricca cornucopia e osserva che, in fondo, il comunismo si basa su sangue, sfruttamento e repressione, proprio come il capitalismo. Si vede chi, inoltre, resosi conto che il sogno è solo sogno, si arrangia come può e si adegua alla realtà che lo stato comunista ha creato. Una realtà in cui si è tutti uguali…a meno che non si abbiano aiuti ai piani alti.
Sono scorci di vita reale, tutti slegati tra loro ma messi in comune dal contesto in cui si svolgono. Il sogno, la favola russa, nasce e poi si ridimensiona, fino a cadere. Da qui la rappresentazione di diversi modi di vivere e interpretare l’esperienza, rappresentati con cura meticolosa da Spufford, il quale è in grado di intrufolarsi nei più complessi apparati amministrativi tipici del periodo e renderceli chiari. Arricchisce in questo modo il quadro che delinea nel corso dell’opera con particolari complessi, resi tuttavia con semplicità.
E’ proprio questa la forza di Spufford: saper rendere un qualcosa di estremamente complesso in modo chiaro e semplice.
Tuttavia, all’interno di un romanzo così strutturato, si riscontra una pecca non indifferente. Si può dire infatti di trovarsi in presenza di un mosaico dove le tessere si incastrano tutte alla perfezione, ma si risente dell’isolamento di ognuna di queste. Le storie singole si incastrano bene nel contesto, ma non hanno inizio, svolgimento e fine. Sono scorci e raramente – quasi mai - si evolvono nel corso del romanzo. Ciò rende difficile appassionarsi alla lettura, seguirla con quel senso di curiosa scoperta che è tipico di un romanzo. Ogni scena è descritta in modo vivace e avvincente, ma è isolata in sé e dunque, lungo le quasi cinquecento pagine del romanzo, è molto facile stancarsi e arenarsi nelle anse lente del lungo racconto.
E’ per questo che mi sento d’affermare che “L’ultima favola russa” è una lettura impegnata, da riservarsi in un momento in cui, più che un romanzo storico si cerchi un saggio storico più che valido, con uno sguardo dall’alto che delinei la Storia – quella con la S maiuscola - dall’interno, e uno al basso, intriso di storie di gente comune.
è docente al Goldsmiths College di Londra. Nominato nel 1997 Giovane scrittore dell’anno dal «Sunday Times», è autore di I Maybe Some Time. Ice and English Imagination (1996), vincitore del Somerset Maugham Award; di The Child That Books Built (2002), antologia letteraria sui testi di formazione per ragazzi; di Backroom Boys. The Secret Return of the British Boffin (2003) finalista per l’Aventis Prize; e di Unapologetic. Why, Despite Everything, Christianity Can Still Make Surprising Emotional Sense (2012), un saggio sul senso dell’essere cristiani oggi. L’ultima favola russa ha vinto l’Orwell Prize 2011.
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