martedì 23 luglio 2013

Recensione: Autunno di Louis Bromfield




Autunno – Louis Bromfield
Per l'antica e illustre famiglia Pendleton, da tempo in declino, arriva finalmente il giorno per riaffermare il proprio ruolo nell'alta società di Boston. L'occasione è data dalla presentazione in società della giovane Sybil, appena tornata da un soggiorno di studio a Parigi. Non si tratta soltanto di un evento mondano ma della possibilità di rivitalizzare la dinastia attraverso la scelta di un buon partito per la ragazza. Il racconto si apre proprio nel giorno del ballo, tra i saloni adorni della dimora di famiglia, dove si muove con eleganza e discrezione la padrona di casa, Olivia Pendleton, madre di Sybil e prigioniera di un matrimonio noioso e sventurato. Intorno a Olivia ruotano una serie di personaggi alla ricerca di una felicità che sembra negarsi a ognuno di loro. Questa tetra atmosfera verrà spezzata da due eventi - l'innamoramento di Olivia per il giovane ed estroverso Michael O'Hara e la scoperta da parte della donna di un vergognoso segreto di famiglia contenuto in alcune vecchie lettere - due eventi che porteranno a un cambiamento radicale nella vita di ognuno dei protagonisti.
Editore: Elliot
Pagine: 249
Prezzo: € 18,00




Voto: 


Scrivo con difficoltà questa recensione, un po’ dispiaciuta perché mi trovo a dare un voto medio ad un autore Premio Pulitzer nel 1926. Ma non posso fare altrimenti: ho letto Autunno con molta difficoltà, perché ad una lettura quasi edificante e suggestiva si sono alternati fasi nelle quali non mi era psicologicamente possibile leggere più di una pagina al giorno. Ci sono voluti ben due mesi – giustificati anche dal periodo critico degli ultimi esami e della stesura della tesi – per terminarlo ed ora eccomi qui a mettere nero su bianco le mie impressioni.

La storia racconta la decadenza dell’aristocrazia americana agli inizi del XX secolo, in particolare della ricca famiglia Pendleton, che cerca in tutti i modi di attenersi ai canoni vittoriani di cui era impegnata la società americana a quel tempo – come ci ha insegnato la Wharton ne L’età dell’innocenza, gli americani criticavano le restrizioni inglesi per poi dimostrarsi ben più puritani e proibizionisti. Dopo la prima guerra mondiale, la famiglia ostenta un’antica ricchezza che non fa altro che mostrare al mondo il loro declino, mentre Anson, ultimo erede della famiglia rimane chiuso nel suo studio a cercare di risollevare la vecchia gloria del suo casato attraverso la stesura di una biografia di famiglia. A tentare di agire per il bene della figlia Sybil e del figlio Jack invece c’è Olivia, donna caparbia e intelligente, che tenta di insegnare alla figlia il valore di un matrimonio d’amore piuttosto che un contratto d’infelicità eterna stipulato attraverso nozze combinate. La stasi e l’impossibilità del cambiamento dominano la vita di Olivia, fin quando non compare sulla scena l’irlandese O’Hara, che le sconvolgerà la vita a tal punto da dover rivedere le proprie priorità e ricominciare a sperare nella possibilità dell’amore e della felicità.

Il romanzo è pieno di cliché, a partire dal modo in cui è ritratta la società, tipico della narrativa borghese degli anni Trenta, e dalla presenza del leitmotiv della donna costretta ad un matrimonio d’interesse che, ad un certo punto della sua vita, decide di perdersi tra le braccia di un amante. Olivia non è molto lontana da Emma Bovary, sebbene ami davvero la sua famiglia. L’autore traccia un vero e proprio profilo dei tanti tipi femminili: ad esempio ci sono la zia Cassie, considerata alla stregua di una donna pazza, e Sabine, che dapprima dà l’impressione di essere vagamente stupida, ma alla fine si rivela una figura altamente rivoluzionaria. 

La questione forse più importante e innovativa portata avanti nel romanzo è quella della possibilità del divorzio in una società così definita e perbenista quale quella americana. Per questo va il mio plauso all’autore, che ha saputo inserire bene nel testo un tema scottante, sebbene alla fine ciò che fanno i protagonisti risulti altamente scontato. L’intento di Bromfield era sicuramente analizzare a fondo una società fatta solo di “facciata”, dove l’unica cosa che conta è tenere a galla la propria rispettabilità per non compromettere le sorti di un’intera famiglia, in un meschino gioco nel quale non conta nulla se non il dio denaro. In maniera disillusa, l’autore racconta dei suoi contemporanei con un taglio elegante e seducente a tratti, ma per alcuni versi scontato e pesante. 

Devo ammettere di essere rimasta delusa dal finale, nel quale si ha una brusca interruzione del tenore tenutosi in tutto il romanzo, mentre i personaggi perdono di spessore e sembrano più intenti a blaterare piuttosto che darsi da fare agendo. Chiariamoci, non sono un tipo che disprezza la parola, ma il risultato è che alcuni di loro che all’inizio ci avevano dato l’impressione di essere altamente complessi, risultano assolutamente degli inetti. 

Ho letto questo romanzo in contemporanea con Il Grande Gatsby, romanzo dello stesso periodo e che per certi versi sembra aver avuto un certo influsso su Bromfield, e devo dire che ho apprezzato sicuramente il primo più del secondo. Autunno rimane, ad ogni modo, un romanzo interessante perché è scritto da un uomo ma racconta senza nessun pregiudizio una storia femminile, cosa davvero ammirevole per un romanziere degli anni Venti.



Louis Bromfield
Nato nel 1896 a Mansfield, in Ohio. È stato uno scrittore, saggista e riformatore agrario statunitense. Dopo gli studi in agraria e giornalismo, si unì agli American Ambulance Corps e all’esercito francese prestando servizio dal 1917 al 1919 e ricevendo la Croce di Guerra e la Legion d’Onore. Quindi ritornò a New York, dove si dedicò alla critica teatrale per «Time Magazine» e alla stesura di varie commedie che riscossero però scarso successo. Dopo la pubblicazione di The Green Bay Tree (1924), Bromfield si dedicò interamente alla narrativa e nel 1926 vinse il Premio Pulitzer con il romanzo Autunno. Entrambe le opere facevano parte di una quadrilogia, intitolata Escape e incentrata sulla figura di una donna forte e ribelle. Trasferitosi con la moglie e le tre figlie in Francia, nel 1931 conobbe Edith Wharton, con la quale intrattenne una lunga amicizia. Fu autore di oltre trenta romanzi, alcuni dei quali sono stati e continuano a essere long seller. Dalla più famosa delle sue opere, La grande pioggia, sono stati tratti due film. Morì a Columbus, in Ohio, il 18 marzo 1956.


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