Lo scorso 6 Giugno mi sono recata presso la libreria Modusvivendi di Palermo per assistere ad un incontro con Paolo Di Paolo, finalista del prestigioso Premio Strega 2013 (terzo classificato). Non avevo mai visitato quel luogo, ma in precedenza ero stata affascinata dalle sue ricercate vetrine. L’atmosfera era impregnata di arte e cultura, mentre sui tavoli e negli scaffali campeggiavano libri interessanti, relegando le trovate commerciali nelle collocazioni più recondite in favore di buone letture.
Mi sono aggirata come un tipo di biblioteca curiosando e aggiornandomi sui volumi candidati ai premi letterari e venendo attratta dal fornitissimo reparto di saggistica. Ho atteso, composta e impaziente, l’inizio dell’incontro, stringendo la mia copia di Mandami tanta vita – che avevo concluso da qualche settimana, e di cui trovate la mia recensione QUI.
Qualcuno nell’attesa discuteva di Pennac e le insegnanti presenti si consultavano sui libri da assegnare per le vacanze agli alunni, altri sfogliavano i romanzi meno recenti dello scrittore romano. Io stringevo in modo fiero il io taccuino e la mia copia di Mandami tanta vita, contenta di non essere impreparata e piacevolmente colpita dalla disponibilità che Di Paolo ha dimostrato al suo arrivo, conversando amabilmente con chi gli poneva le sue domande prima dell’inizio ufficiale dell’incontro.
A prendere per prima la parola è stata la poetessa Beatrice Agnello, che ha riportato il pubblico all’atmosfera del romanzo, la Torino umiliata degli anni Venti, senza dimenticare il confronto con la contemporaneità. I personaggi di Di Paolo, a suo avviso, ricordano non solo una fetta di storia della letteratura, riferendosi chiaramente ai personaggi di Vittorini e Moravia, ma anche al cinema italiano di Fellini, in particolare al film I Vitelloni. Il risultato è «un romanzo di grande sensibilità», conclude la Agnello, «la storia di due personaggi antipodici».
Il microfono è passato a Paolo Di Paolo, che ammette immediatamente di aver scelto di scrivere una storia volendo togliersi dal presente, lavorando su temi che, per evitare di rendere didascalici, ha preferito fungessero da atmosfera. Voleva raccontare la storia di Piero Gobetti, dapprima pensando al genere saggistico, decidendo poi di farne un racconto. Si è parlato dell’importanza che gli scritti di Croce avevano per Gobetti – che gli scrisse una lettera a soli diciassette anni -, con una piccola critica ai programmi universitari che tendono ad escludere l’insegnamento del filosofo. Di Paolo era affascinato dalla vita breve di Gobetti, morto a soli venticinque anni; ha recuperato nel 2008 l’epistolario tenuto con la moglie Ada ed è rimasto conquistato dal “tempo delle lettere”.
Si è parlato del primo incontro tra i protagonisti del romanzo, Piero e Moraldo: il primo tiene una conferenza sul bolscevismo con dei dotti e il pubblico lo contesta. Si tratta di una verità storica, che Di Paolo ha sfruttato trasformandola in verità immaginaria, aggiungendo al pubblico Moraldo, ragazzo che vuole assomigliare a Gobetti e scisso dalla volontà di avvicinarlo e nello stesso tempo dal rancore per non essere al suo posto. Questo personaggio che ricorda un po’ l’inetto di Svevo è servito per raccontare una diversa sensibilità umana, riuscendo a mettere a nudo due anime molto differenti e svelando la dolcezza sotto l’«aridezza» e l’austerità di Gobetti (emblematica l’esortazione finale di Piero ad Ada: «Mandami tanta vita»).
Alla fine dell’incontro i presenti hanno posto le loro domande e poi si è passato alla “sessione di autografi”.
In seguito all’incontro e successivamente al risultato ottenuto al Premio Strega, abbiamo avuto l’onore di poter intervistare Paolo Di Paolo.
Interview with...
Paolo di Paolo
1. Il suo ultimo romanzo, “Mandami tanta vita”, è stato candidato al Premio Strega 2013, aggiudicandosi il terzo posto nella cinquina finalista. Un bel risultato, che segue il Premio Mondello Opera italiana e il Superpremio Vittorini 2012 per “Dove eravate tutti”. Si aspettava di arrivare sul podio?
Naturalmente è stata una bella sorpresa. E anche una grande emozione. Lo Strega dà al libro un'ampia visibilità e sono più che soddisfatto del risultato che ho avuto.
2. “Mandami tanta vita” è la storia di due uomini antitetici: Piero e Moraldo, l’uno reale e l’altro immaginario, il primo è risoluto e il secondo è perso nella sua indecisione. Due uomini diversi, che mostrano una diversa sensibilità. Com’è nata l’idea di questo percorso parallelo dei due protagonisti?
Volevo evitare il romanzo storico-biografico tradizionale, trovare un modo diverso per raccontare la storia di un personaggio ispirato a un personaggio storico. Ho inventato così Moraldo, che doveva appunto essere l'opposto di Piero e allo stesso tempo il mio "filtro" romanzesco per accostare la grande personalità di Piero (Gobetti).
3. Piero è, come abbiamo già detto, un personaggio realmente esistito: Piero Gobetti, giornalista italiano antifascista morto alla giovane età di 25 anni. Come si è approcciato alla sua storia? Ha utilizzato delle fonti storiche?
La prima lettura che mi ha avvicinato a Gobetti è stata quella del bellissimo epistolario fra Piero e sua moglie Ada. Sono lettere straordinarie (e il titolo del mio romanzo viene da lì). Poi ovviamente ho letto tantissimo (la bibliografia su Gobetti è sterminata), fino al punto in cui ho sentito che potevo cominciare a raccontare la mia storia senza più essere vincolato alle fonti.
4. Nel romanzo, la parte “viva” è rappresentata dal “tempo delle lettere” tra Piero e la moglie Ada. In questo epistolario che si amalgama al resto del racconto, la parola ci regala bellissimi giochi semantici che lasciano intendere il forte legame tra i due: Piero riesce quasi ad esprimere il grande valore del loro rapporto solo attraverso la scrittura, tanto che il titolo del romanzo è tratto da un’esortazione che Piero lascia ad Ada in una delle sue ultime lettere…
Sì, è proprio così. Mi ha colpito questa comunicazione tanto intensa che passava per una via così "fragile". Le lettere non sono semplici lettere d'amore, ma sono segni di una complicità, di un autentico sodalizio che si costruisce giorno per giorno. C'è – oltre a un progetto familiare – anche un progetto intellettuale da portare a compimento.
5. Gobetti parla di crisi dell’editoria, sostenendo che sia solo “un alibi” in un mondo che ha deciso di smettere di produrre cultura. È anche il suo pensiero?
È una frase che ho trovato nei suoi scritti e mi è sembrato giusto riproporla in un tempo come il nostro: le difficoltà ci sono, sono oggettive, ma spesso le usiamo come alibi e attenuante per non avere osato qualcosa in più.
6. Che ruolo ha avuto la contemporaneità e la sua complessità in questo romanzo che sembra raccontare una storia in realtà non molto lontana da quello che viviamo oggi giorno?
Mentre scrivevo, non volevo alludere al presente, non volevo nemmeno attualizzare una storia di quasi un secolo fa. Ma mi rendevo conto che c'erano infinite connessioni con l'oggi. E anzi, posso dire che mi esplodevano fra le mani.
7. Piero “dialoga” con Croce, Nietzsche e Gogol. Quali sono gli scrittori e filosofi con cui Paolo Di Paolo ama “conversare”?
Fin da adolescente ho cercato anche io di dialogare con personalità del passato e del presente. Quelle del passato le cercavo, oltre che nei loro libri, anche negli epistolari, nelle tracce della loro vita "privata". Quelle del presente spesso le ho avvicinate in modo diretto, provando ad aprire un dialogo effettivo. È capitato per esempio con Montanelli, con Dacia Maraini, con Tabucchi, con Debenedetti. Persone molto diverse da cui ho imparato molto.
8. Nei suoi personaggi c’è l’eco della storia e della letteratura, nel caso di “Mandami tanta vita” penso specialmente ai protagonisti dei romanzi di Vittorini e Moravia. La sua conoscenza del Novecento letterario italiano ha in qualche modo contribuito al risultato finale di questo romanzo?
Sì, senza dubbio. Non ho solo letto libri storiografici, documenti ecc. Ma ho provato a reimmergermi nei romanzi scritti negli anni che raccontavo. Mi fa piacere la citazione di Vittorini, perché uno dei romanzi a cui pensavo era "Il garofano rosso". Poi Moravia, certo, e Pavese, Lalla Romano. Ma anche – su un piano perfino "concettuale" - "Una questione privata" di Fenoglio.
9. Lei è uno scrittore molto prolifico nonostante la giovane età, ma nella sua produzione, oltre che romanzi, vi sono numerosi libri-intervista. Qual è stato il personaggio che ha trovato più stimolante intervistare?
Da ciascuno ho appreso qualcosa. Non credo che l'intervista sia un genere minore. Se ben fatta, è un'occasione di dialogo e di confronto di grande valore. Tra le interviste più sorprendenti, posso citare un'intervista telefonica a Gianni Celati, che diceva cose bellissime, e una di persona a Salman Rushdie, di cui mi ha colpito il distacco auto-ironico. Se ne hanno tracce nell'ultimo suo romanzo, "Joseph Anton" (Mondadori), che mi ha molto colpito.
10. L'anno scorso è venuto a mancare un grande letterato italiano, Antonio Tabucchi, che lei ha avuto modo di intervistare in "Ogni viaggio è un romanzo", ricordare in "Una giornata con Tabucchi" e che ha scritto proprio del suo romanzo "Dove eravate tutti" nel 2011 per Repubblica. Quale è stato il suo rapporto con questo personaggio?
Tabucchi mi manca moltissimo. Era, nei miei confronti, paterno. E dunque protettivo ma anche brusco come un padre-maestro. Senza di lui ho la sensazione che manchi lo scrittore italiano nella cui letteratura mi specchiavo completamente. Lo cerco nei suoi libri, li rileggo, li sfoglio spesso. Ma non basta.
Paolo di Paolo (Roma, 1983)
Scrittore italiano. Nel 2003 entra in finale al Premio Italo Calvino per l'inedito, con i racconti "Nuovi cieli, nuove carte". Ha pubblicato libri-intervista con scrittori italiani come Antonio Debenedetti, Raffaele La Capria e Dacia Maraini. È autore di "Ogni viaggio è un romanzo. Libri, partenze, arrivi" (2007) e di "Raccontami la notte in cui sono nato" (2008). Ha lavorato anche per la televisione e per il teatro: "Il respiro leggero dell'Abruzzo" (2001), scritto per Franca Valeri; "L'innocenza dei postini", messo in scena al Napoli Teatro Festival Italia 2010. Nel 2011 pubblica "Dove eravate tutti" (Feltrinelli, vincitore del premio Mondello, Superpremio Vittorini e finalista al premio Zocca Giovani), nel 2012 nella collana di ebook "Zoom" Feltrinelli "La miracolosa stranezza di essere vivi" e nel 2013 "Mandami tanta vita" (Feltrinelli), finalista al Premio Strega 2013.
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