Hikari Haruma ha quella
che, più che “passione”, sarebbe forse più corretto definire “vocazione”: l'arte.
Innamorato di Leonardo da Vinci, a scuola si distingue per stare sempre chinato
sul suo block notes a scarabocchiare ancora ed ancora senza mai fermarsi e
soprattutto senza mai cercare un contatto con la gente. I compagni, un po'
attoniti ed un po' divertiti, lo chiamano Picasso, soprannome che lo
irrita e lo indispone ancora di più. L'unica che – nemmeno troppo – riesce a
penetrare la barriera del nostro è Chiaki, sua compagna che crede in
egual misura sia al talento di Hikari che ai suoi studi di psicanalisi.
Sfortunatamente i due rimangono coinvolti in un assurdo incidente.
Chiaki muore, ma apparentemente Picasso ne è uscito illeso. Solo
apparentemente, però. La stessa ragazza, ora uno spiritello, gli fa capire la
verità: in realtà era morto anche lui ma gli dei, in virtù delle sue doti
artistiche, hanno deciso di salvargli la vita. Per sdebitarsi dovrà usare
l'arte come mezzo per aiutare le persone, una prospettiva che certo non gli
sorride... Ma è sempre meglio che vedere il proprio corpo marcire lentamente.
E' così che Hikari, accompagnato dalla fida Chiaki, comincia a tuffarsi
nell'oscurità di chi lo circonda, aiutando sé stesso e gli altri.
La recensione è positiva, ma è
meglio togliersi il dente subito ed affrontare l'unica, vera pecca di “Genkaku
Picasso”: la ripetitività. La premessa è interessantissima, i disegni di
Furuya valgono tutto il prezzo del biglietto (ma ne parleremo meglio dopo), i
personaggi sono ben caratterizzati... il problema è che compiono sempre le
stesse cose. Non ci vuole molto a vedere come i vari episodi abbiano sempre la
stessa struttura: Picasso sembra dimenticarsi della sua maledizione, Chiaki gli
fa invece vedere lo stato di rovina del suo corpo. In quel momento il nostro
nota un compagno di scuola con un'aura particolarmente negativa, presto
immortalata in un disegno. Con una scusa spesso assurda il nostro cerca di
venire a capo del problema senza per forza doversi tuffare nel disegno, ma le
cose non andranno come vuole... Seguono vari tentativi fino alla soluzione
dell'impasse. E ora ripetere.
Non è certo un difetto da poco,
anzi per alcuni l'opera risulta insopportabile proprio per questo motivo.
Tuttavia, dal punto di vista dei contenuti, gli episodi non vengono minimamente
inficiati dalla presenza del solito canovaccio: non brilleranno per
imprevedibilità, ma hanno tante altre qualità che li rendono godibili ed alle
volte decisamente belli. Quali?
Uno tra quelli che spicca per
primo è il desiderio di non rendere l'atmosfera troppo seriosa. La
storia è cupa, ma Furuya fa di tutto per trovarne i lati più divertenti, anche
riuscendoci. Ad esempio, ci sono un sacco di gag su come Picasso sia un inetto
dal punto di vista sociale: la sua maniera di affrontare i problemi degli altri
lo fanno sembrare un anormale, tant'è che all'interno della scuola è quasi
un'istituzione per questo. In una storia, ad esempio, un personaggio rassicura
un altro: non può essere peggio di Picasso! Più volte all'interno di un
disegno, inoltre, Hikari si abbandona a comportamenti decisamente inadatti al
contesto, come perdere tempo dietro a particolari inutili, ma belli dal punto
di vista artistico. Persino Chiaki, che ormai conosce bene le sue bizze, è
esasperata da certi suoi atteggiamenti.
Ma “Genkaku...”, ovviamente, è
un'opera seria, ed anche in questo caso non sfigura. Spesso molti manga con
aventi protagonisti adolescenti hanno delle tematiche anche troppo
importanti, non adatte all'età di chi le porta al lettore – i classici shojo
dove i bambini delle medie si dichiarano reciproco amore. Qui, invece, i
problemi sono a misura di adolescente: le turbe interiori sono plausibili, e
potrebbero facilmente essere state provate anche da noi. L'aver subito un rifiuto
importante per realizzare i propri sogni, amorosi e lavorativi, il doversi
scontrare con le aspettative dei genitori, spesso differenti dalle nostre, il
non accettare la propria sessualità, e questi sono solo alcuni. Ancora più
realistico è il fatto che chi cerca di risolverli è una persona anch'essa
problematica, che all'inizio non sa da che parte cominciare ma che alla fine
(anche con l'aiuto di Chiaki) opta per usare l'unica cosa che sappia davvero
fare nella vita: i dipinti. E' chiaro il messaggio che ci vuole lanciare
l'autore.
Anche Picasso è un
personaggio piuttosto curato, forse basato sul mangaka, a cui assomiglia un po'
fisicamente. Terribilmente misantropo, ma non si capisce quanto perché
assorbito dal suo amore per la pittura quanto perché non vuole essere ferito
dagli altri più di quanto sia necessario. Per intenderci, per lui la giornata
perfetta è quella in cui può passare tutto il tempo a disegnare e a
fantasticare sul suo Leonardo. Invece è costretto ad interagire con gli altri,
anzi di più: entrare letteralmente nel loro cuore. Una missione difficile già
di per sé, ma per lui più di tutti, incapace della minima empatia. Eppure,
dietro la scorza dura, si nasconde una persona spasmodica del contatto, che
aiuta gli altri non solo perché deve farlo altrimenti morirà, ma anche perché
in fondo lo desidera veramente. Purtroppo non sempre la gente se ne accorge,
quantomeno non consciamente, ma per fortuna tutti i nodi verranno al pettine.
Mai come in quest'opera il tratto
di Usamaru Furuya mostra i suoi veri colori (scusate per la pessima, ed
inconsapevole, battuta). In generale è molto limpido, grazioso, con un uso
molto sapiente dei retini ed un ottimo intuito per le inquadrature, ma rimane
comunque un disegno da manga. Quando invece i riflettori vengono puntati sulle
opere di Picasso, la musica cambia: lo stile diventa molto realistico,
attingente a piene mani da diverse correnti d'arte, a seconda della situazione.
I cuori delle persone sono rappresentazioni surreali, curatissime nei minimi
particolari, non sempre facili da interpretare, ma soprattutto ci mostrano un
mangaka che sa il fatto suo e che rispetta in maniera pedissequa le esigenze
della storia. Ce ne fossero di più come lui...
...E per oggi è tutto, cari
amici. Arrivederci alla prossima volta, con “Il Tempio degli Otaku!”
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