sabato 16 febbraio 2013

Recensione: "Vederla morire" di Stephano Giacobini


Vederla morire – Stephano Giacobini
Clarissa era bella, giovane, generosa, neosposa e morta nel viaggio tra la chiesa e il ristorante. Drammatica fatalità oppure omicidio premeditato?
Una storia indecifrabile di intrecci, menzogne e verità ma l'oscurità non è altro che il lato opposto del giorno e alla luce delle indagini della magistratura la morte di una giovane donna appare per quello che è. Frammenti di verità emergono poco alla volta costantemente collegati con un angolo, un monumento o una via di una Torino sconosciuta agli stessi torinesi. E allora delinquenti di professione, operai e dirigenti Fiat, vecchi benpensanti e preti non allineati tornano a essere semplicemente ciò che sono: tessere di un puzzle di una città incredibilmente magica, caratterizzata da certezze e contraddizioni, stretta fra un passato glorioso e un futuro tutto da decifrare.
Casa Editrice: Spoon River
Pagine: 224
Prezzo: 9,90 euro

Voto:




Vederla morire è un romanzo dalle mille sfaccettature: possiamo considerarlo un giallo con spunti noir, uno spaccato della società italiana a confronto con un paese che non c'è più o addirittura un breve saggio filosofico e misterico sull'alchimia. Durante tutta la lettura si ha quasi l'impressione di essere inseguiti e perseguitati da una sorta di deus ex machina demoniaco che si nasconde dietro le pagine e respira in ogni statua o fregio scolpito sulle facciate di Torino. Grazie a questa presenza impalpabile che sembra quasi un personaggio vero e proprio, ogni azione e conseguenza diventa inevitabile e già decisa, accrescendo in questo modo il senso di claustrofobia che serpeggia per tutto il libro.
Nonostante la qualità e quantità di emozioni che il romanzo suscita, l'incipit di Vederla morire in realtà si basa su premesse molto semplici: Clarissa e Angelo, due giovani torinesi appartenenti a classi diverse, si sposano alla Gran Madre di Dio, chiesa neoclassica ricca di simboli non ortodossi e riconducibili a culti naturalistici o spiritisti. I due pronunciano il loro sì davanti ad una schiera di parenti che mal riescono a sopportare le origini borghesi degli uni e quelle operaie degli altri ma che rappresentano in ogni caso due lati della stessa catena produttiva. Clarissa però muore nel viaggio verso il ristorante lasciando un marito sconsolato e mille interrogativi: morte accidentale o omicidio premeditato? Questo è l'enigma a cui lo scrittore, coadiuvato dal sostituto procuratore Andrea Molteni, cerca di dare risposta: l'approccio investigativo è classico, con una strizzatina d'occhio al thriller legale e al noir. L'autore Stephano Giacobini, al secolo Roberto Castelli, ci conduce per mano attraverso le vie della sua Torino, città enigmatica e contraddittoria, famosa per essere al vertice del triangolo esoterico insieme a Lione e Praga per quanto riguarda la magia bianca e Londra e San Francisco per quanto riguarda la magia nera. Secondo le leggende esisterebbero anche una Torino sotterranea e, al di sotto di Palazzo Madama, le Grotte Alchemiche dove viene custodita la leggendaria pietra filosofale in grado di trasformare il metallo in oro e chissà quali altri prodigi.
I luoghi che visitiamo vengono di volta in volta presentati con l'occhio esperto e profondo di chi a Torino ci vive: al di là della mera descrizione oggettiva, comunque sempre puntuale e precisa, Stephano cerca di svelare i misteri della sua città e riesce a far sentire al lettore anche l'anima e le emozioni che si nascondono dietro alle vie e alle chiese, ridipingendo ogni facciata con un pathos che cresce di pagina in pagina.
I personaggi sono complessi e ben caratterizzati anche nelle loro mancanze: sono deboli e forti, possono sembrare buoni e nascondere la loro crudeltà, ma sono sempre e comunque lasciati in balia di forze oscure e più grandi di loro. Emergono tra tutti le figure di Pier Carlo Olivero, il padre di Clarissa, e Angelo Mistretta, lo sposo: perennemente in lotta ma capaci entrambi di soffrire a modo loro, il padre e il marito della vittima appartengono a due classi sociali opposte ed esprimono due modi diversi di vedere la vita. Si nota qui ancora di più la separazione tra due generazioni italiane a distanza di poco più di un ventennio: Angelo, che sogna un lavoro creativo e appagante, è diverso da Pier Carlo ma anche dal padre operaio Fiat e si distacca da quella gioventù che ha avuto negli anni '70 come obiettivo il posto fisso e ha fatto di Torino un grande polo industriale. In Vederla morire troviamo il riconoscimento del lavoro di tutta una generazione e la constatazione del cambiamento avvenuto tra padri e figli ma nessuna critica o condanna: semplicemente si è passati da un modello di società ad un'altra, spinti dal progresso e dalla coscienza sociale. L'incontro di Pier Carlo ed Angelo dà vita anche alla scena più toccante del libro in cui i due nemici si affrontano a viso aperto riuscendo a dirsi finalmente tutto quello che pensano: ne scaturisce un dialogo serrato e profondo, provocatorio e sincero, che dimostra come il libro di Stephano Giacobini possa essere letto come un giallo ma anche come uno spaccato della società e dei problemi del nostro tempo.
Lo stile dell'autore è semplice e diretto nei dialoghi sempre coerenti; si fa invece più ricercato ed ermetico nelle dissertazioni e nelle riflessioni dei personaggi. Il linguaggio è preciso e a tratti evocativo, rigoroso quando Giacobini utilizza il registro legale che risulta per lo più comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Il ritmo è un crescendo continuo verso lo scioglimento finale: all'inizio procediamo lentamente, lasciandoci quasi guidare dalla voce dello scrittore, poi cominciamo a correre a perdifiato per le vie di Torino alla ricerca della verità.
In conclusione Vederla morire è un romanzo molto visivo ed immediato e mi ha ricordato per questo alcuni sceneggiati del mistero trasmessi dalla Rai negli anni '70, uno su tutti Il dipinto di Domenico Campana: il libro di Stephano Giacobini è dotato infatti delle stesse atmosfere magiche e oniriche, dello stesso ritmo lento poi improvvisamente veloce e soprattutto dello stesso finale esplosivo e a tratti surreale.

Stephano Giacobini
È lo pseudonimo di Roberto Castelli, avvocato penalista torinese. Il suo primo romanzo è L’isola degli uomini superflui.


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