sabato 2 febbraio 2013

Il tempio degli Otaku #82: “Una vita tra i margini”






Salve a tutti, e benvenuti ad un'altra puntata de “Il tempio degli Otaku”. Oggi torniamo indietro nel tempo, e dico sul serio: andiamo infatti alla fine degli anni '50. A quell'epoca i manga erano quasi un fenomeno di nicchia, un po' come il rock 'n'roll prima dei Beatles: il target principale erano i bambini. Solo a loro erano indirizzate le opere di grandi come Osamu Tezuka (di cui abbiamo già ampiamente parlato) e le poche riviste in circolazione. Inoltre, i volumetti potevano essere letti quasi solo in biblioteca.
Sotto la spinta di alcuni autori, quindi, cominciò a formarsi un nuovo movimento artistico, che si proponeva di creare storie per un pubblico più adulto: il gekiga. Il suo ideatore fu Yoshihiro Tatsumi: e parleremo proprio di lui oggi, in quanto ha fatto un'autobiografia – a fumetti, ovviamente – in cui racconta di questa fantastica avventura, che ha contribuito a formare l'industria dei manga come la conosciamo ora. Signore e signori, “Una vita tra i margini” di Yoshihiro Tatsumi. Buona lettura!

Il manga copre un arco di tempo piuttosto ristretto, all'incirca dal 1948 al 1960, in cui seguiremo le vicende dell'alter ego di Tatsumi, Hiroshi Katsumi. Lo vedremo evolversi da ragazzino alle prime esperienze di disegno - insieme al fratello Okimasa - alla creazione del gekiga, risultato di una carriera fatta di alti e bassi e degli stimoli prodotti dalle opere occidentali, soprattutto in ambito cinematografico.

“Una vita tra i margini” ha toni molto pacati, quasi rassegnati. Come ogni artista che si rispetti, l'autore mette l'accento non sul risultato, non sulla grande opera finale, ma a come ci si è arrivati, senza tralasciare nessun tassello. Molto spazio, ad esempio, viene dato ai primissimi tentativi di Hiroshi, che consistono nel partecipare a quanti concorsi possibili di “cartoline manga”, ossia brevissime composizioni di carattere umoristico. Esperienze altamente formative, che lo porteranno addirittura a conoscere Osamu Tezuka, per cui nutre una vera e propria venerazione. In seguito,  vedremo Hiroshi “affilare le armi”: studiare le varie tecniche di disegno, leggere classici, guardare i film appena arrivati dall'Occidente.
La stessa cura viene usata al momento di parlare degli aspetti pratici del lavoro di mangaka. Viene sottolineato, ad esempio, come avere un ambiente confortevole, lontano il più possibile da stress e distrazioni, sia fondamentale per ottenere buoni risultati, come imparerà a sue spese il protagonista alle prese con i vizi di Tokyo. Non vengono dimenticate, inoltre, anche le conseguenze che questo lavoro – all'epoca così inusuale – comporta:  ritmi di lavoro estenuanti, non avere reali garanzie di successo e, in alcuni casi, di paga, rinuncia quasi totale alla propria vita sociale.
Tutto questo rende l'opera forse più appetibile a chi è interessato agli stimoli creativi e ne ha vissuti in prima persona. Non bisogna mai dimenticare, infatti, che l'autobiografia è fatta da un artista che parla di un artista.

Affiancate alle imprese artistiche del nostro abbiamo poi diversi riferimenti alla realtà dell'epoca: si parla spesso di film appena usciti – con tanto di riproduzione dettagliatissima di locandine – di libri, e naturalmente di eventi storici, che si concentrano più che altro sul difficile rapporto tra il Giappone e gli Stati Uniti nel dopoguerra. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, però, spesso il compito di questi avvenimenti nell'opera è soltanto di contestualizzazione temporale; non a torto, perché è piuttosto facile perdere il filo del discorso e rendersi conto in altro modo del passare del tempo.
Una vita tra i margini - Ill. 9Soprattutto per quanto riguarda i fatti “reali”, infatti, questi non hanno influenza sulla vita di Hiroshi, totalmente preso dalla febbre dei manga, come dice anche il titolo dell'opera. “Una vita tra i margini”, infatti, può avere due significati: il primo, quello letterale, si riferirebbe ai margini del foglio disegnato. Una vita vissuta tra e per i manga, quindi. Se però i margini fossero quelli della società? Il nostro, come dimostrano le sue povere storie d'amore, non ha dimestichezza con quella che un giapponese definirebbe una vita normale, costituita dal lavoro in ufficio, una bella casa, una famiglia, ecc.

Ma queste, ci tengo a sottolinearlo, sono mie interpretazioni personali, in quanto il titolo inglese, “A Drifting Life” - “Una vita trasportato dalla corrente” - racconta tutt'altro: del ruolo tutto sommato marginale che Tatsumi ritiene di aver avuto per i manga. Sia che si guardi al vero finale dell'opera, coincidente con il naufragio del gekiga, che al flashforward ambientato dopo la morte di Tezuka (1995) la fa da padrone un fortissimo pessimismo. Lo stesso vale leggendo la postfazione, in cui l'autore rivela le sue perplessità su sé stesso, sul suo operato, e su come ancora oggi il suo movimento venga osteggiato dal pubblico “per bene”, a tal punto che il nostro è sinceramente sorpreso dell'interesse all'estero per le sue opere. Tra parentesi, l'Italia non è tra le nazioni coinvolte, come dimostra la deprimente bibliografia in calce al volume, che comprende quasi esclusivamente opere del sempiterno Tezuka.

Come mai il giovane ed entusiasta Hiroshi, capace di discutere violentemente con il fratello-rivale sui suoi ideali di manga, è diventato l'adulto disilluso della fine del volume? Sicuramente il gekiga gioca un ruolo cruciale, in quanto nella sua breve vita si susseguono una sequenza di eventi negativi tali da mettere in crisi il nostro sognatore. Tanto per cominciare, l'ostilità del progetto da parte della casa editrice di fiducia di Hiroshi, che li porta a rompere i rapporti; dopodiché, gli interessi economici ed egoistici degli autori in causa, che non hanno la stessa passione e dedizione del loro capo. Dulcis in fundo, una severa campagna di demonizzazione da parte di chi, non capendo che quello non è il target di riferimento, si lamenta della violenza delle opere per bambini. Non so a voi, ma a me ricorda molto la battaglia combattuta a casa nostra negli anni '90 sugli anime... evidentemente la storia si ripete. In ogni caso, questo è abbastanza per portare alla fine del progetto di “un manga che non è un manga” e, a conti fatti, al passaggio definitivo tra l'adolescenza e l'età adulta.

Il tratto di Yoshihiro Tatsumi è molto semplice: fisionomie elementari dai pochi tratti distintivi, sfondi poveri, utilizzo quasi nullo dei retini. E', però, uno stile versatile, che diventa estremamente realistico quando si tratta di descrivere fatti al di là della vita ristretta di Hiroshi, come le manifestazioni politiche o i film. In questi frangenti, decisamente, si vede tutto il bagaglio tecnico dell'autore, che dà il meglio di sé. Ottima anche la costruzione della tavola, molto cinematografica e sempre al servizio della storia.

Nonostante la mole non indifferente dell'edizione italiana di Bao Publishing – dal prezzo non modico, ma di buona qualità - “Una vita tra i margini” si fa leggere molto rapidamente, senza mai stancare o annoiare. Forse non tutti gli eventi narrati saranno successi davvero in quel modo, tuttavia il titolo è un ottimo spaccato dei manga, e del Giappone, degli anni '50. Un'opera perfetta per chi è interessato a scoprire il cammino di questa forma d'arte nella storia.
...E con questo è tutto, cari amici. Arrivederci alla prossima volta, con il Tempio degli Otaku!

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